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Autore: Conny Guitar    21/06/2014    0 recensioni
Ricordo ancora quando, all'età di dieci anni, vidi
sopprimere Lucky, il mio labrador. Aveva un tumore all'intestino. I
suoi occhi, che sopperivano alla mancanza della parola, mi seguono
tutt'ora, ho sempre visto il suo fantasma, che, ogni notte, viene a
vegliare su di me dal fondo del letto. Credo sia stato l'unico
sentimentalismo a cui mi sia abbandonato, oh, come sono cinico!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qua. Finalmente ho smesso di comportarmi come un vigliacco nascondendomi come una pantegana dal gatto dietro alle menzogne ed all'omologazione. Le persone normali potranno pensare che sia un vigliacco perché ho paura di affrontare la vita con tutte le sue difficoltà ed altre cazzate da perdigiorno dei social networks, ma in realtà la verità è tutto il contrario. Quando ti ostini ad andare avanti solo pensando alla morte, allora lì hai paura. Quando ormai nel tuo cervello c'è un'insegna al neon che diventa ogni giorno più luminosa: "SUICIDIO". Lo chiamano anche eutanasia attiva, ma che si usino pure tutti i termini più astrusi perché fa figo, rimane sempre la stessa, identica cosa. E mi chiedo anche perché sto scrivendo questo: potrebbe sembrare una specie di giustificazione, oppure un inutile tentativo di autocommiserazione.
Tanti piccoli tagli occupano i miei avambracci, memorie dell'altroieri, quando, rasandomi, ho sentito l'irrefrenabile impulso che non provavo da anni, quello di autolesionarmi. Non esiste un perché, è come aver voglia di Nutella. Avrei potuto farla finita lì, ma si dice che ognuno abbia dentro di sè una sorta di "termometro", per cui, finché non si arriva a dieci, non si prende una decisione. Io l'altroieri ero a nove.
Quando facevo il liceo, ovvero quando mi tagliavo, mi venne chiesto che cosa pensassi dell'eutanasia in un programma organizzato per discutere dei problemi adolescenziali e varie. Risposi che sinceramente non mi fregava proprio niente della giustizia che c'è nell'uccidere un poveraccio in coma. Erano i tempi di Eluana Englaro. Mi dissero che alla mia età dovevo assolutamente prendere una posizione sulle "importanti questioni della società". Risposi che a me della società non importava un fico secco. Non me ne importa granché neanche adesso. Però la mia idea di oggi, prima di suicidarmi, era quella di parlare di questa cosa, giusto per vedere se, dopo anni, mi frega qualcosa di più della società. Non sarà granché, ma a parlare solo del mio suicidio voi vi stancate ed a me passa la voglia.
Se devo proprio esprimermi con una pistola puntata alla testa... no, non è proprio il mio caso, ma prendetelo come un esempio per persone normali; comunque, se avessi un parente in quelle condizioni, ridotto ad una carota, lo farei subito uccidere. Che si dica ciò che si vuole, ma mostriamo più umanità nei confronti degli animali, che porti dal veterinario in fin di vita e quello te li sopprime senza neanche uno stramaledetto documento. In fondo, quanto vale la vita umana più di quella animale? Nulla, forse anche meno, se proprio vogliamo fare i cinici anti-società. Non sarà divertente decidere della vita di una persona cara, ma meglio che farla soffrire. Ricordo ancora quando, all'età di dieci anni, vidi sopprimere Lucky, il mio labrador. Aveva un tumore all'intestino. I suoi occhi, che sopperivano alla mancanza della parola, mi seguono tutt'ora, ho sempre visto il suo fantasma, che, ogni notte, viene a vegliare su di me dal fondo del letto. Credo sia stato l'unico sentimentalismo a cui mi sia abbandonato, oh, come sono cinico!
Orbene, poiché ho detto cosa pensavo dell'eutanasia e forse vi ho pure strappato una lacrima con la storia del mio cane morto quando avevo la metà degli anni che ho ora, potrei anche farla finita. Eppure qualcosa mi tattiene, sento che devo ancora dire qualcosa.
In quella famosa lezione scolastica in cui parlammo dell'eutanasia (ma non solo: nel pacchetto erano comprei sesso, drog, niente rock n' roll, alcool e fumo) si parlò anche dell'eutanasia attiva, il benedetto suicidio. Esistono le cliniche del suicidio, sapete? Vai lì, paghi l'ira di dio per degli strizzacervelli che te la menano sul'assurdità e l'improduttività del gesto (siamo 7 miliardi sulla Terra, e staremmo meglio se fossimo di meno), poi, se ti hanno convinto levi le tende, altrimenti di bevi un po' dei loro barbiturici e levi le tende lo stesso. Solo che vai al camposanto. Non capisco perché certa gente abbia bisogno della clinica. Se ne sei convinto non hai bisogno di nessuno. È una perdita di tempo, in più, se fai marcia indietro in quello che dovrebbe essere il viaggio del non-ritorno, quelli t'hanno pure spennato il conto per bene. A me verrebbe voglia di suicidarmi se dovessi parlare con quella gente e non fossi esattamente come quei pazienti. Sarà a convivere con me stesso che mi è venuta voglia. E poi devi per forza avvelenarti, non puoi, che so, spararti o buttarti da una finestra. La gente pensa che una morte valga l'altra, ma non è così, e d'altra parte sono tutti talmente presi dalla vita quotidiana che non ci pensano. Magari parleranno un po' di me, perché sono giovane ed apparentemente non ho nessuno motivo, ma in fondo a nessuno frega veramente qualcosa, l'uomo è l'animale egoista per eccellenza. Diranno: -Poveraccio, meno male che non l'ha fatto mio figlio o mia sorella, poveri genitori-, per poi continuare con la vita di sempre e non pensarci più. Siamo l'emblema dell'egoismo, tant'è che mi chiedo se per caso l'amore non esista. In latino vuol dire "senza morte". Vorrebbe dire che due persone, se si amano, dovrebbero farlo incondizionatamente, per il resto delle loro esistenze? Una canzone di Shakira dice che "no puedo pedirle lo eterno a un simple mortal", non posso chiedere l'eterno ad un semplice mortale. L'amore, inoltre, dovrebbe andare oltre alla morte, ma se dopo non ci fosse nulla? Io presto lo scoprirò, ma in tanto la favoletta sull'amore continua a non attechire su di me. Non ho mai neanche amato la mia famiglia, e poiché io, animale egoista, non ho ricevuto l'affetto di cui avevo bisogno, voglio morire. E poi questa società mi così schifo, probabilmente il problema ce l'ho io, democraticamente è così, e se urlassi a tutti che è la società ad avere il problema, verrei etichettato come "pazzo egocentrico sovversivo". Mi accontento di essere un pazzo suicida. Tanto potrebbe esserci chi afferma che dico di avere problemi per fare la povera vittima.
Mi rendo conto ch forse mi sono dilungato troppo quando avrei voluto fare qualcosa di breve e ciao a tutti. Meglio farla finita che pensare.
In fede,
il ragazzo che si è buttato da via Garibaldi n°3
   
 
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