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Autore: EmmaAlicia79    22/06/2014    3 recensioni
[Attori vari]
Ho usato la sezione Farrelleto perché era l'unica presente per uno dei pairing, ma qui abbiamo Cockles (Misha Collins/Jensen Ackles - Supernatural), Farrelleto (Colin Farrell/Jared Leto) e PanDa (Pana Hema Taylor/Dan Feuerriegel - Spartacus).
Stralci di vita di queste coppie adorabilmente sgangherate e disastrate...
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il giro delle conventions stava finalmente terminando. Non che Jensen non ci si divertisse, ma sentiva pressante il bisogno di tornare da Danneel e dalla piccola JJ.
C’era solo un neo: tornando da loro, avrebbe dovuto abbandonare l’altra persona di cui non poteva fare a meno nella propria vita.
Ed era un bel problema: c’erano un po’ troppe persone di cui Jensen non poteva fare a meno.
Prima o poi avrebbe dovuto scegliere.
Meglio poi che prima.
Ingollò un sorso di birra sull’aereo che lo stava riportando a casa.
Da Danneel e JJ.
Su un sedile poco più avanti una testa scompigliata fece capolino da un lato.
Due delle labbra più belle che Jensen avesse mai visto si incurvarono in un sorriso un po’ crudele e un po’ ironico, come era loro uso fare, rivolgendosi a Jared, sul sedile accanto.
A Jensen si attorcigliò lo stomaco.
Misha non si accorse di niente.
Jensen bevve un altro sorso.



Pana stava controllando le email.
Ad un certo punto sgranò i begli occhi scuri.
Non era possibile!
Aprì il messaggio e lesse.
Si sentì mancare.
Perché? Perché tornava dopo averlo mollato? Perché girava il coltello nella piaga? Cosa voleva da lui?
Gli occhi scorrevano sul testo, ma senza vederlo realmente.
“… Convention a Parigi…” “… Perché hai rifiutato?… ” “… Agron non è nessuno senza Nasir…” “… Mi avrebbe fatto piacere vederti…” “… Mi manchi.”
Pana chiuse il laptop con una manata, mentre due lacrime trasparenti scendevano sulle sue guance.
Improvvisamente gli mancava il fiato.
Si accasciò tremante sulla scrivania.



Nonostante fossero passati mesi, Jared continuava ancora a ricevere regali e biglietti di congratulazioni per la sua vittoria agli Academy Awards per “Dallas Buyers Club”.
E nonostante riconoscesse fra sé e sé - senza falsa modestia - di essere un discreto artista, ancora lui stesso non se ne capacitava.
(Anche se dopo la vittoria ai Golden Globe una piccola parte di sé un po’ se l’aspettava.)
Gli arrivava di tutto: brevi note da parte di colleghi o registi, telefonate od email da parenti o amici, biglietti ultra formali da case di produzione, proposte di collaborazione da sedicenti agenti… Ma soprattutto l’ufficio del suo staff era invaso da valanghe di regali da parte degli Echelon, i fans dei 30 Seconds to Mars. Peluches, foto, magliette, lunghe lettere, video, compilations, scatoloni con un sacco di roba dentro… Ed era una cosa che riscaldava il cuore.
Mentre se ne stava seduto in terra circondato da tutto quel mare di amore, lo smartphone gli segnalò l’arrivo di un sms.
Era un mittente sconosciuto. Si affrettò comunque ad aprire il messaggio. Solo pochi intimi avevano il suo numero privato: poteva darsi che uno di loro avesse cambiato recapito senza avvisarlo.
Sono orgoglioso di te. Non te l’avevo ancora detto. Ai Golden Globe ci siamo comportati da idioti. E’ troppo tempo che non ci parliamo. Mi manchi. Sai dove trovarmi. C.
A Jared cadde il telefono di mano.



Misha si spupazzava Maison seduto sul divano mentre West giocava sdraiato in terra, ai suoi piedi.
Victoria era in tour promozionale per uno dei suoi libri.
Il loro era un equilibrio perfetto: se uno dei due doveva stare via per lavoro, si assicuravano sempre che l’altro potesse stare coi figli il più possibile. Il che riduceva di molto il tempo che potevano passare insieme.
Ma forse era questo il loro segreto: poco tempo, ma di qualità.
C’era però un però che Victoria non sapeva: questo “però” aveva uno dei più bei sorrisi del mondo, delle labbra pornografiche, delle meravigliose lentiggini e gli occhi più verdi che Misha avesse mai visto.
Jensen Ackles era un vistoso “però”. Un vistoso però che aveva dormito nel suo stesso letto più volte durante il rutilante giro delle conventions.
E non solo durante l’ultimo giro; svariate volte anche durante i precedenti.
Erano in una situazione di stallo: nessuno dei due voleva rinunciare alla propria famiglia, ma nessuno dei due voleva anche rinunciare all’altro.
Era desolante.
Desolante e frustrante.
Ma Vicky era via…
Chissà se per una sera la baby sitter avrebbe fatto gli straordinari.
Misha guardò entrambi i suoi figli, e una morsa di senso di colpa gli strinse lo stomaco.
Chissà se anche Jensen sentiva la stessa cosa nei confronti di JJ.
Per saperlo, c’era un’unica cosa da fare.
L’uomo prese il telefono, e scorse la rubrica fino alla lettera J.
Il dito esitò incerto sul touch screen.



Dan si sentiva un cretino.
Come aveva avuto il coraggio di inviare quella mail a Pana, dopo… Beh, dopo che i loro percorsi si erano divisi così bruscamente?!? Dopo che lui aveva rovinato tutto? Pana gli aveva detto che lui sarebbe tornato a casa sua, in Nuova Zelanda, per prendersi un periodo sabbatico… E cosa ne diceva Dan di andare con lui? Dopotutto, Sydney e Christchurch non erano così lontane…
Ma no; Dan voleva sfondare. Dan aveva deciso di rimanere ad Hollywood.
Ed aveva lasciato andare Pana, con le lacrime che gli solcavano il volto, gli occhi scuri che non brillavano più, e quei capelli incredibilmente morbidi scompigliati dal vento.
Dan aveva rimpianto ogni singolo istante di quell’addio.
Ma non l’aveva più cercato, cosciente del fatto che gli avrebbe inferto ancora più dolore. La cosa migliore per il Little Man era quella di averlo a millemila miglia di distanza.
Solo che ad un certo punto Dan non ce l’aveva fatta più.
Ad ogni singola convention a cui aveva partecipato, aveva sempre sperato che l’altro intervenisse, e non aveva voluto sapere la lista degli ospiti fino al primo giorno di ogni evento, sperando fino all’ultimo che l’altro fosse presente.
Ma non era mai intervenuto. Mai.
Le comunicazioni ufficiali della sua agenzia parlavano di impegni presi altrove, oppure a volte gli staff degli organizzatori borbottavano scuse circa problemi di budget, ma era una scusa pietosa. Nessuno di loro era Robert De Niro, lui lo sapeva bene.
La verità vera era che Pana non partecipava alle conventions per una sola, unica, ragione.
Lui.
Per l’ennesima volta, Dan si maledisse per aver mandato in fumo l’unica possibilità che aveva di essere felice.
Perché Hollywood, i lustrini, i red carpets, le paillettes non erano niente se accanto a lui non c’era Pana.
L’uomo si strinse la testa tra le mani, gemendo.



Da quando aveva inviato quell’sms, Colin aveva smesso di vivere.
In realtà, aveva smesso di farlo da quando lui e Jared si erano definitivamente e reciprocamente mandati al diavolo; in maniera epocale, come era loro uso fare ogni cosa, quando la facevano insieme.
Anche l’amore.
Ed erano passati secoli da allora.
Nel frattempo ne era scorsa, di acqua sotto i ponti. Ma il suo rude cuore di irlandese sotto sotto non aveva mai smesso di battere per quello splendido zingaro eternamente giovane che rispondeva al nome di Jared Leto.
E quando se l’era visto di fronte ai Golden Globe, ironico, splendidamente scostante, bellissimo, il suo volto non aveva saputo reprimere una smorfia di dolore al pensiero di non poterlo più stringere a sé.
Quella sua espressione era stata totalmente fuori contesto in un momento di gioia come doveva essere quello: e le telecamere non se l’erano perso. La sua faccia era stata tutto un programma.
Fu proprio il rivedersi in TV che aveva fatto scattare qualcosa in lui.
Qualcosa che voleva riprendersi Jared, pretendeva di farlo.
E, dopo mesi di seghe mentali, era partito l’sms.
Ma nessuno aveva mai risposto.
E Colin si sentiva sprofondare sempre di più nell’abisso.
In quell’istante, la sua segretaria gli portò la posta del giorno.
L’uomo la scorse velocemente, annoiato. Un’anonima busta bianca attirò immediatamente la sua attenzione. L’indirizzo era scritto a mano.
E lui conosceva bene quella calligrafia.
La conosceva molto bene.
Con mani tremanti aprì l’involucro. Ne caddero fuori due cose: un biglietto per un concerto dei Mars, e un pass speciale per il backstage, post concerto.
Non che Colin avrebbe avuto bisogno di un pass, nel caso avesse voluto passare nei camerini.
Ma gliel’aveva inviato Jared.
E quello era un messaggio ben preciso.
O almeno così sperava Colin.



Jensen salutò JJ con un bacio sulla testolina e Danneel con uno sulla bocca.
Aveva raccontato la verità.
Sarebbe andato un paio di giorni da Misha.
Ufficialmente, per confrontarsi su idee per la decima - ed ultima - stagione di Supernatural, visto anche il fatto che ne avrebbero diretto alcune puntate, come del resto avevano già fatto in passato.
Ufficiosamente, per fare l’amore con lui.
Tutto qua.
Misha gli mancava in un modo che non avrebbe pensato possibile, e quando l’uomo l’aveva chiamato, e con quel tono roco e sensuale gli aveva proposto la cosa, prima di tutto Jensen aveva chiesto di Victoria e dei bimbi, anche se sotto sotto tremava solo all’udire quella voce, ma poi aveva capitolato quasi subito.
Misha aveva comunque risposto che non c’erano problemi, che i bimbi sarebbero rimasti in casa con la tata, e che loro sarebbero potuti stare in una piccola dépendance della tenuta.
Ufficialmente per raccogliere le idee lontani da distrazioni.
Ufficiosamente, per fare l’amore.
Appunto.
L’amore… Cosa avevano loro due? Amore? Sesso? Erano due uomini sposati, con tre figli in tutto, e due mogli adorabili.
Cosa c’era di sbagliato in loro? Niente, assolutamente niente, se non il fatto che nessuno dei due aveva il coraggio di uscire allo scoperto.
Era triste, squallido, e da codardi.
Ma non potevano - non volevano - fare diversamente.
Quando Misha gli aprì la porta, Jensen stava per vomitare da quanto si sentiva in colpa.
Poi la mano ferma dell’uomo gli afferrò un braccio e lo tirò dentro casa.
Qualche ora dopo, mentre giacevano entrambi sudati fradici tra le lenzuola del letto della dépendance, Jensen si sentiva malissimo.
Si sentiva malissimo perché si sentiva benissimo.
E questa cosa lo mandava fuori di testa.
Il torace caldo di Misha si spalmò contro la sua schiena.
Jensen ingoiò una lacrima, mentre delle labbra screpolate si posavano sul suo collo.



Pana si sentiva di merda.
Era così da giorni. Da quando aveva ricevuto la stramaledettissima email.
Nemmeno la sua allegramente rumorosa e numerosa famiglia era riuscita a tirarlo su; perfino il piccolo figlio di quattro anni, Te Ahi Ka, si era accorto che qualcosa non andava nel padre, e il ragazzo ogni tanto lo sorprendeva a guardarlo con gli occhioni tristi.
Ma lui non riusciva a scuotersi. Quell’email aveva smosso in lui cose che credeva sepolte da tempo.
E invece non era affatto così. Il dolore che aveva provato quando Dan aveva deciso per entrambi era stato devastante. Solo tornare a casa, all’altro capo del mondo, poteva aiutare.
E infatti così era stato. Almeno fino a quel momento.
Le parole di Dan avevano riportato a galla ricordi che Pana aveva tentato disperatamente di seppellire.
Il corpo dell’uomo su di lui, i morsi, i baci, il sudore, il piacere… L’amore.
Una lacrima traditrice scivolò sulla sua guancia scura.
Lui la scacciò con rabbia.
Perché Dan gli faceva questo. Perché?!? Voleva tormentarlo?!? Eppure non gli sembrava il tipo… La risposta sembrava essere una sola.
Ma Pana non ci credeva.
Non dopo tutto questo tempo.
Però, forse…
Il ragazzo si alzò dal letto, aprì il cassetto più in alto del comò (misura anti-Te Ahi Ka) e, frugando un po’, ne tirò fuori una busta.
La busta conteneva un biglietto aereo, aperto; era quello che aveva usato l’ultima volta che era tornato da Los Angeles, quasi un anno prima, dove si era recato per questioni lavorative in sospeso; non aveva cercato Dan, e Dan non aveva cercato lui; o almeno per quanto Pana ne sapesse.
Il ragazzo osservò il rettangolo di cartone. Fece per accartocciarlo, poi ci ripensò. Ci ripensò ulteriormente, e tentò di stracciarlo, ma senza riuscirci. Era come se quel biglietto fosse l’ultimo filo che lo legava a Daniel Gregory Feuerriegel.
E lui quel filo non era ancora pronto a spezzarlo.
E allora perché non correva all’aereoporto? Il ragazzo si sentiva i piedi avvitati al pavimento.
Che diavolo mi hai fatto, Daniel?!?” gemette il ragazzo, accasciandosi in terra, piangendo.
Il biglietto volò placido poco lontano… Dal cassetto era uscito… Chissà se presto o tardi sarebbe riuscito a raggiungere pure l’aereoporto.
Il ragazzo maori prostrato vicino ad esso non lo sapeva; proprio non lo sapeva.
Ma sentiva distintamente un paio di occhi verdi osservarlo da oltreoceano.
Pana gemette più forte.



Il concerto era andato benissimo, come sempre accadeva, del resto; i meet & greet erano stati emozionanti e coinvolgenti, e gli echelon splendidi, ma Jared quella sera aveva altro per la testa.
Era stato professionale e disponibile, ma il suo cervello ripeteva ossessivamente solo una parola.
Colin”.
Dal tracking del sito del corriere espresso aveva verificato che la busta era arrivata a destinazione, ma dal rude irlandese nessuna notizia.
Nonostante fosse il più anziano dei due, tra le braccia di Colin Jared si era sempre sentito un po’ il “giovane” della situazione. Colin ispirava solidità e sicurezza, anche quando era strafatto o sbronzo fradicio.
Aveva un fisico possente, da guerriero, che mandava Jared regolarmente su di giri.
Strano come quei dettagli fossero tornati a galla solo in quel periodo.
Da quando si erano mollati, il cantante dei Mars aveva fatto di tutto per annientare quello che provava per l’altro. L’aveva fatto stare troppo male, il loro era un rapporto distruttivo che non avrebbe portato da nessuna parte.
Tuttavia… Jared si perse nei ricordi delle notti (e i giorni) che i due avevano condiviso, dei dettagli bollenti e anche un po’ perversi di quello che avevano sperimentato.
Dopotutto, era così che entrambi concepivano la loro relazione: senza limiti, senza inibizioni… Finché la realtà non aveva bussato alla loro porta.
E lì erano stati cazzi amari.
E allora Jared si era concentrato sulla salute e sulla carriera.
Riuscendoci anche bene, a parer suo.
Ma l’sms di Colin aveva cambiato tutto. Erano bastate poche righe affidate all’etere per ribaltare tutto il suo mondo.
Lo splendente castello di certezze che si era costruito attorno si era rivelato essere fatto di carta velina, e al primo soffio di vento era crollato miseramente.
L’uomo gli mancava; gli mancava da spezzargli il cuore.
La relativa anestesia di quegli anni, dovuta al successo e al denaro, era stata annientata da un semplice messaggio di testo….
Se Colin quella sera si fosse presentato, Jared sapeva benissimo come sarebbe andata a finire.
Eccome se lo sapeva.
Non sarebbe cambiato niente, ecco come sarebbe andata; avrebbero scopato fino a svenire, poi Colin si sarebbe rivestito e se ne sarebbe andato.
Lasciando Jared in pezzi.
Di nuovo.
Ma quando una voce rispose “IO” alla domanda di Jared su chi fosse che bussava alla porta del suo camerino, gli occhi blu del cantante si illuminarono, e il suo volto perfetto e senza età si aprì in uno splendido sorriso.
Leto raddrizzò la schiena.
Arrivo!




h. 4.15 AM (Titolo: MA PERCHE’ CACCHIO NON SI DORMEEEE?!? Sottotitolo: EH, ME LO CHIEDO ANCH’IO!!!)
Ciaoooo!
Allora: ho fatto questo esperimento perché dato che ho tre ff in corso da terminare e l’ispirazione è pari a zero, mi sono detta: “perché non buttare giù sta schifezza senza troppe riletture, giusto per vedere se mi vengono ideuzze per le altre storie”? (di cui una è una Feuerriegel/Taylor, per la cronaca XD).
A parte scherzi, questi intrecci senza capo né coda mi sono venuti in mente perché tutti questi pairing a mio parere sono sfigatissimi, bellissimi e tristissimi. E siccome sono in un periodo un po’ - parecchio - affannoso della mia vita, una bella botta di angst era quello che mi ci voleva * gira il coltello nella piEga *.
Qui non c’è l’happy ending; qui c’è solo l’ineluttabilità dei fatti, che non sempre fa sentire in pace con se stessi, che molto spesso tendiamo a rifuggire, o a cui a volte ci arrendiamo, consapevoli però che sarà solo un momento, perché dopo si tornerà alla vita vera, e… Beh, sarà peggio di prima * allegria *!
Vabbè, ho delirato abbastanza...
Perdonatemi per la ff senza capo né coda, ma ogni tanto mi vengono ste cose di getto e non posso fare a meno di buttarle giù!
Non odiatemi troppo e fatemi sapere, se vi va.
Abbraccio forte tutte le disagiate come me… E anche quelle un po’ più “normali” XD!
Baci!
Notte!
Cate
PS: mi sono dimenticata la coppiettona Hiddlesworth... Magari aggiornerò la storia pure con loro... Vedremo!
  
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