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Autore: Ultimo Puffo    22/06/2014    0 recensioni
I romanzi della Austen divennero presto famosi ma se i personaggi descritti nei suoi racconti non fossero solo il risultato della sua fantasia ma esistessero davvero? e se non avessero vissuto quegli eventi in quel preciso modo? E se un famiglia venisse rovinata dallo scandalo per colpa del libro "orgoglio e pregiudizio" continuando a vivere la loro vita e se una loro erede abbia la possibilità di vendicarsi finalmente? Daisy è la pronipote di Mary Bennet ma la sua condizione non è delle migliori, partendo dall'ombra dello scandalo che aveva colpito la bisnonna, il nonno, alla situazione precaria in cui era sempre vissuta. il suo cognome non era certo quello dei Bennet ma la società non ha memoria breve come si crede, sopratutto se i fatti venivano continuamente rivangati da nuovi lettori...
spero vi piaccia e, siccome è la prima volta che scrivo un testo storico, se trovate incongruenze fatemi il piacere di segnalarmele. buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo l'uscita e il favoloso successo degli scritti della Austen molte famiglie furono distrutte dallo scandalo e dai ricami fantastici che erano stati pubblicati.

Una di queste fu la mia.

Il nome della mia famiglia fu distrutto da un racconto che non raccontava affatto la verità, anzi denigrava le persone della mia famiglia e le mise in ridicolo davanti alla società e al Ton.

Purtroppo la Austen non fece altro che riportare in parte gli eventi effettivamente avvenuti, condendoli con succosi dettagli di pura immaginazione; cosa che si trausse, per noi, nella perdita di tutte la nostre conoscenze e della nostra piccola fortuna.

I suoi discendenti invece si arricchirono e si elevarono al di sopra di molte famiglie centenarie mentre noi ricademmo a picco pian piano come una nave destinata ad affondare negli abissi della disperazione.

La grande scrittrice mise in ridicolo le due sorelle maggiori Elisabeth e Jane costringendole a fare una vita ritirata visto che le loro prospettive di matrimonio non erano state grandiose come descritte nel romanzo piuttosto molto modeste visto che si erano congiunte con due signorotti di campagna con una discreta rendita ma non troppo presentabili in società; infatti i matrimoni non furono d'"amore" bensì per puro bisogno di una sistemazione per via dei genitori ormai prossimi alla morte.

Lizzy, che nel romanzo era scappata con il Colonello, in realtà era semplicemente andata a far visita dei conoscenti insieme a lui ed ad una amica, ma una volta scoppiato lo scandalo si ritrovò a dover celebrare le nozze in tutta fretta per non soccombere, rinunciando per sempre all'amore da poco trovato. Tuttavia furono le due sorelle minori a subire più danni dalla pubblicazione della storia perchè Kitty e Mary riuscirono solamente in tarda età a maritarsi con due uomini dalla dubbia reputazione pur di non dare più peso alle sorelle maggiori e per Mary fu davvero difficile avre i suoi due figli Jane e Patrich.

Da quella situazione a dir poco scomoda per la nostra famiglia venne fuori uno scandalo a dir poco eclatante: Patrich, mio nonno, sposò una donna dell'alta borghesia con l'inganno tenendo la povera moglie sempre segregatae con l'influenza del titolo acquisito cercò in ogni modo di rovinare i parenti della scrittrice ormai morta da cinque anni senza ottenere nessun successo, anzi, avvenne il contrario abbissando sempre più il nome di famiglia.

Naturalmente il cognome era quello del padre e ciò gli pemise di scappare dalla capitale per rifugiarsi in campagna e rinchiudersi nel cottege ereditato dalla moglie senza essere disturbato dalle male lingue.

Mia madre nacque proprio in quel periodo e, dopo un infanzia solitaria, si trasferì di nuovo nella capitale accompagnata da una cugina della nonna con cui convisse per divesi anni.

Di come si sono conosciuti i miei genitori non mi ricordo molto, forse mio dratello Jack si ricorda meglio ma non ho il coraggio di rivangare il passato a così pochi giorni dal funerale.

Mio padre comunque non fu l'uomo pio che mia madre si aspettava e molto spesso spariva per mesi interi tornando poi a casa solamente per assicurasi che non scappassimo chissà dove, visto che la mamma ultimamente aveva risollevato le finanze scoprendo il giacimento di carbone sulla nostra terra.

Qualcuno mi stava tirando per la manica e quindi mi dovetti risquotere per non inciampare in qualche buca o avvallamento del viale sabbiso.

Matthew indicava le bancarelle poco distanti e mi incitava a muovermi prima che la merce migliore fosse stata venduta. Con un sospiro e un sorriso tirato lo seguii, d'altronde aveva ragione, non sarebe servito a nulla comprare dei viveri scadenti.

Il mercato era già molto pieno e alcune bancarelle avevano già finito la mercanzia; mio fratello si fece largo tra la folla e mi aiutò a scegliere i prodotti migliori, d'altronde era lui il cuoco in casa anche se sarebbe spettato a me ogni tanto lui mi aiutava e creava delle meravigliose leccornie di cui solamente la mamma conosceva le ricette.

Matthew era il più piccolo e il meno fortunato su questo punto di vista, aveva dovuto rinuncare al college e studiare in casa con me come institutrice ed ormai all'età di tredici anni era già diventato un uomo scaltro ed intuitivo. Aveva preso molto dalla mamma, sopratutto il carattere; per fortuna d'aspetto era quasi identico a nostro padre anche se ciò non era spesso una fortuna.

Anche Jack aveva ripreso la bellezza classica di nostro padre anche se il suo carattere era molto difficile decifrarlo per affermare con esattezza da chi lo avesse ereditato; era un buon lavoratore come la mamma ma adorava anche gli sfizi come nostro padre ed a volte avevo il timore che si potesse ritrovare in grossi guai sopratutto per le compagnie che frequentava.

Io, al contrario, non avevo una bellezza classica e assomigliavo alla mamma anche se il mio fisico non era certo appetibile come il suo e ad ormai 23 anni potevo essere considerata una zitella.

Stavamo scegliendo un poco di verdure quando una carrozza passò di corsa sfiorandomi la gonna e rovinandomela irrimediabilmente.

Mentre cercavo un modo per ricompormi mio fratello si stava già dirigendo verso la vettura che si era fermata alla locanda un poco più avanti per peronare la mia causa.

Non potei evitare ciò che accadde poco dopo, mio fratello si azzuffò con il cocchiere mentra un elegante uomo scendeva dalla carrozza fissando la gente lì riunita per vedere la scena con un aria di superirità irritante.

Matthew non era molto avezzo alle angherie del Ton visto che non aveva mai sentito veramente la storia di famiglia e attribuiva gli sguardi derisori che la gente ci rifilava come conseguenza del comportamento paterno, purtroppo anche se le voci che circondano il bel mondo parlano di eventi dimenticati dopo pochi mesi difficilmente una storia che veniva riproposta da ogni nuovo lettore poteva essere del tutto celata dalle ligue biforcute ed era proprio questo che ancora non avevo il coraggio di dirgli, che ovunque saremmo andati lo scandalo ci avrebbe perseguitati anche se avessimo acquisito un altro cognome e un altro aspetto.

Tentai di avvicinarmi alla carrozza il più infretta possibile per fermare quella testa calda del mio fratellino ma non riuscii a raggiungerlo e quello che vidi mi fece gelare il sangue.

 

Matthew sporco di sangue con un sopracciglio rotto cercava ancora di azzuffarsi con il signore che era sceso dalla carrozza e questo lo guardava divertito quando, con mia enorme sorpresa, non scansò il cocchiere per poi tenete mio fratello per il collo della camicia e sfilare dalla cinta del cocchiere il frustino.

No! La frusta no!

In quel momento scattai pestando i piedi a molta gente, incurate degli improperi che mi raggiungevo le orecchie.

Lo avrei raggiunto se il cocchiere non mi si fosse parato davanti con la sua robusta stazza. Cercai di guardare Matthew ma lui aveva gli occhi sgranati sull'uomo che un attimo prima voleva aggredire e che ora lo stava insultando come se non fosse che un animale randagio.

La rabbia montò come mai prima di allora, mi ero sempre ritenuta una persona tranquilla ma per la mia famiglia avrei fatto tutto.

Allora mi feci coraggio e aggirai l'uomo che si era parato davanti a me proprio quando mio fartello veniva inginocchiato di schiena davanto allo straniero. Feci quattro passi e l'uomo tirò su il broccio caricandolo con tutta la potenza dei suoi muscoli che anche se non allenati dovevano essere abbastanza forti visto come maneggiava un pesante bastone d'ebano di moda nei vestiari dei ricchi.

Riuscii a pararmi davanti a Matthew ma non riuscii ad evitare io stessa la frustata che mi prese in pieno volto.

Dolore, rabbia e vergogna mi avvelenarono il sangue.

L'uomo non parve sorpreso del mio intervento invece alzò nuovamente il braccio per colpire ancora. Ma io non sarei stata ancora lì a subire ed infatti prendendo un respiro profondo e ricacciando indietro le lacrime iniziai il mio discorso: "Signore, vi prego! Non voleva farvi nulla di male, la vostra carrozza mi è quasi passata addosso e lui desiderava solamente che poteste fare più attenzione in seguito".

Certo la frustata l'avevo subita io e Jack si sarebbe arrabbiato moltissimo nel vedermi con il viso sfigurato ma al momento era più importante uscire da quella situazione.

L'uomo non sembrava propenso a darmi retta e per un momento temetti che avrebbe calato di nuovo la frusta, infatti lo fece, ma solamente dopo che mi fece toglire da davanti a Matthew per infierire sulla sua schiena.

"No! Vi prego, non lo fate, no!". Urlai mentre la frusta calava ancora e ancora sulla schiena del mio fratellino scosso dal dolore.

Il cocchiere mi aveva afferrato e mi teneva ferma mentre il suo padrone finiva il lavoro.

Venti frustate e la promessa che ne avrebbe ricevute delle altre se avesse osato rivogerglisi una seconda volta in quel modo.

Fissai l'anta della carrozza in silenzio mentre mi inginocchiavo vicino a Matthew e potei riconoscere quel simbolo tanto nefasto per la mia famiglia.

Il simbolo degli Austen.

Un ruggito sfuggi dalle mie labbra, non avrei permesso che quell'essere se la passasse liscia così.

Mi alzai in piedi e mi voltai mentre lo straniero stava entrando nella taverna ed urlai: "Che tu possa morire!".

Gran parte del villaggio mi guardò impallidendo pensando chissà forse ad una strega o più probabilmente ad una pazza.

L'uomo non si voltò nè si femò, così non mi rimase che cercare di sollevare Matthew e portarlo a forza verso casa insieme alle poche provviste che eravamo riusciti a comprare.

Dopo un buon quarto d'ora finalmente rientrammo nella casetta.

Cercando di non farmi prendere dall'ansia feci sdraiare Mat sul suo letto nella stanza che condivideva con Jack e facendo molta attenzione lo aiutai a torgliersi la camicia.

Nonostante fosse mio fratello arrossii, facendo sì che gli si stampasse un sorrisino impertinente sul volto nonostante il dolore che stava potendo.  

  
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