Il ticchettio di un orologio risuonava nel corridoio,
scandendo il
ritmo dei suoi passi, che percorrevano il pavimento. Una massa di
capelli rossicci, ed una figura minuta, che appoggiava le punte dei
piedi a terra, una dietro l'altra. Ad ogni ombra, cigolio, o fruscio
tra le pareti, Ania sobbalzava, serrando le sue mani attorno al collo
del pugnale nascosto sotto l'abito.
«Non possono scoprirti, An. Non puoi permetterti di
farti
trovare!». Le
parole di Rin le
risuonavano nella mente, mentre il cuore che batteva all'impazzata la
costringeva a respirare in modo affannoso.
[...]
«Ci
vorrà un attimo, ce la farai!»
esclamarono Rin e Shiemi all'unisono. Ania aggrottò la
fronte,
incrociando le braccia sul petto. «Perché lo
chiedete a me? Voglio
dire, sono appena arrivata all'Accademia, e non posso
rischiare!».
"Ma che diavolo!" pensò
Ania, con uno sbuffo. "Perché continuano ad insistere?"
«Oh, oh, capelli rossi ha paura!»
risuonò una voce nell'aula.
«Bon!» esclamò Shiemi, sventolando
la mano in aria.
Ania strinse i pugni, alzandosi dal
banco: «Stà zitto, testa rasata!».
Bon si gettò su una sedia,
dondolandosi con un piede. «Beh, non vedo perché
le tue parole
possano insultarmi, dal momento che ho scelto io la
mia
pettinatura!».
«Piantala, Bon! Stiamo parlando di
cose serie, qui!» ruggì Rin, mollando un pugno sul
banco.
Shiemi prese la mano di Ania,
strizzandole l'occhio. «Aaany, abbiamo tutti visto cosa sai
fare,
hai delle doti davvero buone in...termini di acrobazia! Voglio dire,
forse nemmeno Rin si muove bene come te, e compie tutte quelle
acrobazie in combattimento!» si girò verso Rin, che
le lanciò
un'occhiataccia. «E poi » - continuò
Shiemi - «Siamo davvero
preoccupati riguardo alle voci che girano sulla comparsa di
entità
alla scuola, proprio ora che abbiamo ritrovato una pace!».
Shiemi
scosse la testa: «Non lo posso permettere! Tutti noi non lo
possiamo
permettere!» esclamò. Rin annuì,
fissandola negli occhi: «An,
devi solo entrare nei piani alti, con le chiavi che ti darò,
mentre
noi e il resto delle classi saremo impegnati a lezione, ricercando
informazioni, magari negli uffici degli esorcisti dei livelli
superiori. Se le voci sono vere, se davvero vi è qualcosa,
che siano
demoni o altre entità...» - il ragazzo si prese il
mento tra le
mani- «Beh, l'unica cosa a cui devi fare attenzione
è il Preside,
se scoprisse una new entry aggirarsi per quei corridoi...».
Ania
sospirò, picchiettando un dito sul banco: «Il
preside, dici...Non
credo sia un pericolo, voglio dire, non mi ha mai vista, non
sarà un
problema!».
Shiemi battè le mani, alzandosi dal
banco e iniziando a saltellare sul pavimento: «Allora
accetti? Sei
grandiosa!». Ania strinse le labbra, mentre Shiemi si tuffava
tra
le sue braccia. "Ma chi me l'ha fatto fare?" pensò,
alzando gli occhi al soffitto.
[...]
Sospiri...passi...passi...
"Passi dietro di me?"
sussultò Ania, arrestandosi lungo la parete, posando lo
sguardo su una
finestra, che si estendeva lungo tutto il muro, facendo intravedere
un pallido sole, che iniziava a sparire dietro le montagne.
«E'
tardi...» sussurrò la ragazza, guardandosi attorno
con uno scatto,
le mani serrate a pugno. I passi...non c'erano più?
Ania si alzò da terra, camminando con
la mano protesa in avanti, fino a sfiorare il gelido muro.
Accellerò
il passo, sempre più veloce, ed il gelo le entrò
nelle ossa quando
sentì quei passi dietro di lei. Si voltò di
scatto, trovandosi a
fissare le mura e le finestre. La luce del sole era stata inghiottita
dalle montagne. «Merda! E' tardi, muoviti An!»
tuonò la ragazza,
ritrovandosi a correre lungo il corridoio. Le mura si susseguivano
attorno a lei, ed una voce le rimbombò nella testa: "Non
c'è
più scampo, più scampo...più...".
Ania gettò lo sguardo
alle sue spalle con un gemito, mentre un'ombra si stagliò
davanti a
lei. «Y...ahh!» gridò la ragazza,
sbattendo contro una figura
sbucata da dietro un muro. S'irriggidì, non appena pose gli
occhi
sull'individuo: una figura alta e slanciata avvolta in un una specie di
giubotto
color bianco, seguito da un mantello prugna che gli scendeva lungo la
schiena, terminante in una serie
di bordature color rosa, due guanti fucsia che reggevano una tazzina
di ceramica, capelli blu scuro, con qualche sfumatura viola, nascosti
in parte sotto un cappello cilindrico bianco e rosa.
«Non
è possibile, è il
preside!» pensò Ania, allontanandosi di scatto.
Quello si schiarì
la voce, posando la tazzina su un piattino seguita da un tintinnio.
«Forse non hai notato che stavi quasi facendo cadere il mio
the a
terra, signorina...». I suoi occhi di un verde foresta si
soffermarono sul viso di lei: «Ma come, noi ci conosciamo,
dico
bene? Sei la nuova studentessa arrivata un mese fa!»
cinguettò.
"Cavolo, come fa a saperlo?"
pensò Ania, deglutendo. Il suo corpo fu scosso da tremiti,
che la
costrinsero ad arretrare ancora, mentre si ritrovò a fissare
il viso
del Preside, che la guardava a sua volta. Non aveva mai visto degli
occhi così verdi in una persona.
"Distogli lo sguardo, cretina!"
esclamò nella sua mente.
Ania abbassò gli occhi, mentre il suo
viso prese un colorito rossastro non appena il Preside le pose una
mano sulla spalla, spingendola verso una scalinata conducente verso
l'alto.
«Seguimi nel mio ufficio, prego.
Avremo modo di parlare» disse, sollevando il suo mantello da
terra
mentre saliva gli scalini, e fermandosi poco dopo.
«Pardonne-moi, mi
stavo quasi dimenticando. Il mio nome è Johann Faust V,
conosciuto
anche come Mephisto Pheles, l'illustre Preside di questa
Accademia!».
Ania sollevò le sopraciglia:
"Illustre?", pensò, seguendo la figura del Preside
incamminarsi, e guardandosi poi attorno, posando di nuovo gli occhi
sul corridoio alle sue spalle. Il pensiero le tornò ai passi
di
prima. Forse qualcosa era là fuori, ancora in attesa. Ancora
in
attesa. Rabbrividì, voltandosi con un sussulto,
non appena sentì
un alito di vento sul suo collo. Il suo sguardo si soffermò
sulla
finestra, sigillata al muro. Il sole era sparito, ed a malapena
s'intravedevano le sagome delle montagne. Ania si voltò, le
game
tremanti. I passi di Mephisto risuonavano nel corridoio, poco
più
avanti.
«Ehi!»-urlò la ragazza, balzando sui
gradini-«Aspettami!».