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Autore: ToraStrife    22/06/2014    1 recensioni
(Video Girl Ai)
Tributo a Natsumi
Anche dopo così tanto tempo dalla tragica scomparsa della loro amica Natsumi, Yota ed Ai si preparano alla consueta visita annuale alla sua tomba, dove già Takashi e Koji Shimizu attendono.
Presente e passato si intrecciano e si faranno da parte al momento opportuno, per presentare il futuro che la mano tesa dell'amica defunta ha indiscutibilmente contribuito a creare.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Love you to Death
Love You To Death



Era una mattina come tante a casa Moteuchi.
Una lieve brezza accarezzava le pareti, facendo capolino dalle finestre spalancate.
Il rinomato illustratore era intento ad inchiostrare un recente lavoro.
Le scuole erano chiuse per via delle vacanze, ma le finanze erano sempre quello che erano, così era necessario arrotondare con qualche entrata extra.
L'artista era così concentrato che l'urlo che si propagò nella stanza lo fece sobbalzare come un grillo.
Lo scatto fece urtare il corpo con il tavolo, e di conseguenza rovesciare la boccetta d'inchiostro, che si propagò sul foglio come la macchia nera di una petroliera affondata.
L'uomo lanciò una imprecazione, poi sospirò, ben sapendo a chi apparteneva il grido stridulo del gabbiano che aveva mandato a picco tutta la baracca.

- Micione! - Ripeté l'intruso. - Che ci fai ancora lì?

- Stavo portando a casa i soldi per il prossimo affitto, - la rimproverò il "micio". - E me li hai appena fatti buttare all'aria. Ora devo rifare tutto da capo. Complimenti, Ai!

Ciononostante, il rimproverò gli uscì a mezza bocca, non riuscendo a resistere al faccino di sua moglie mentre tirava fuori la punta della lingua e faceva l'occhiolino con fare civettuolo.


- Scusami, Yota! - Si scusò Ai.

Un istante dopo, la donna aveva già sostituito la smorfia ruffiana con un'espressione severa.

- Lo rifarai più tardi. - Tuonò la donna. -Ti sei dimenticato che giorno è oggi?

Quella domanda zittì Yota, che esitò a rispondere.

- Certo che no. Ma forse preferivo dimenticarlo.

Ai sospirò.

- Non fare il bambino! - Disse la ex-videogirl, prendendo il marito per le spalle e spingendolo verso la camera da letto. - Cosa direbbe la tua amica d'infanzia, se sapesse che vuoi darle buca?

Yota si arrese, convenendo con un sorriso accennato. - Mi riempirebbe sicuramente di pugni.

- Già! - Confermò Ai con un sorriso dolce e lo sguardo perso in qualche ricordo lontano.

Ma fu solo un attimo, poi la donna tornò con la sua usuale energia. - Vai a prepararti, micione. Io intanto vado a vestire la bambina.

***

La famiglia stava camminando in mezzo alle lapidi.
Ai era particolarmente elegante, nella sua gonna lunga a fiori e la camicetta azzurra avvolta da uno scialle indumento che a Yota parve eccessivo.

- Siamo ad Agosto, non sei un po' esagerata?

- Vuoi scherzare? - Rise Ai. - E' perfetto! - Precisò, mentre grondava copiosamente sudore.

Yota si mise una mano sulla faccia, sospirando.

- Sei senza speranza. - Commentò. E cambiando interlocutore, si rivolse alla piccola creatura che passeggiava di fianco a loro.

- Mi raccomando, signorina, non diventare mai come questa testona! - Disse con un sorriso, mentre con una mano teneva la testa di Ai e con l'altra la indicava.

La bambina accolse con stupore l'avvertimento di Yota.

- Papà, perché non devo diventare come la mamma?

- Oh, piantala! - Ribatté Ai, stufa di essere tenuta per la testa. Afferrò il braccio del marito e glielo storse dietro la sua schiena.

- Tanto è già tutta sua madre! Sei solo invidioso!

- Spero solo che crescendo non si ritrovi un torace piatto come il tuo! - Ribatté Yota con una risata.

La frecciatina irritò la donna, che cambiò posizione ed effettuò un perfetto Cobra Twist ai danni del povero illustratore.

- Cos'avrebbe che non va il mio seno? - Domandò la dolce mogliettina. - E poi ti ricordo che è colpa tua e della tua dannata piastra rotta. Ridammi i miei ottantasei centimetri!

La bambina guardava con sempre maggiore stupore il grottesco spettacolo di una ben poco femminile pro wrestler in tenuta elegante e una virile marionetta che implorava inutilmente pietà.

La scena era così buffa che la spettatrice stava per scoppiare a ridere, ma fu preceduta da qualcun altro.

- Ma voi non cambiate proprio mai?

I due lottatori improvvisati interruppero il match per controllare il pubblico sopraggiunto.

Ai mollò immediatamente la presa, lasciando cadere il povero avversario con un tonfo.

Yota protestò per il brusco trattamento, mentre Ai cinguettava i suoi saluti al nuovo arrivato: nel riconoscerlo, tuttavia, Moteuchi dimenticò tutto il resto.

Era vestito con giacca leggera e pantaloni di un formale grigio scuro, tradito solo dalla mancanza di una cravatta, evitata per il troppo caldo.
Rispondendo con educata formalità all'entusiasta Ai, che scuoteva saltellando la sua mano tesa come una ragazzina, l'uomo d'affari incrociò gli occhi di Yota, e subito li distolse, abbassandoli.

Il saluto di Yota fu solo un sussurro.

- Takashi Niimai.



L'atmosfera, a dispetto del caldo circostante, si era fatta davvero fredda.
Il quartetto camminava lentamente, Ai tenendo per mano la figlia, e i due vecchi amici camminando parallelamente, senza guardarsi né parlare.
Ad un certo punto Ai non né poté davvero più. Lasciò la mano della bambina, si pose di scatto dietro i due uomini e li spinse vigorosamente entrambi, una mano per schiena.

La pressione era così forte che entrambi vennero sbilanciati, e dovettero avanzare di un passo per evitare di cadere.
O meglio, questo riuscì al robusto Takashi, Yota invece perse del tutto l'equilibrio e si apprestò a un bel ruzzolone per terra.
Fu un attimo: Moteuchi si sentì afferrare di scatto ad un braccio. La presa lo strinse e lo tirò all'indietro.
La presa si allentò solamente quando Yota si mostrò di nuovo stabile su entrambe le gambe.
D'istinto l'artista si rivolse immediatamente alla colpevole dello spintone.

- Ai, ma che diavolo....?

La signora dai capelli corti sorrise, come per giustificarsi. Yota le tirò un'occhiataccia, poi si girò e disse solo una parola.

- Grazie.

La parola era venuta naturale, mentre l'uomo si sistemava i vestiti, salvo poi accorgersi di Takahashi che lo fissava con aria interdetta.

- Ho qualcosa che non va? - Chiese.

Richiamato dalla domanda, Niimai scosse la testa. - No, niente... - E sentì il bisogno di aggiungere. - Forse non ero più abituato...

La spiegazione non soddisfò Yota. - Abituato a cosa?

- Ad essere ringraziato.

- Ma che dici? - Incalzò Moteuchi.

- Intendo dire, da te.

- Mi sembri strano. - Commentò il disegnatore. - E' naturale ringraziarti. Dopotutto mi hai salvato da una caduta... da parte di quella sciocca di Ai!

L'ultima affermazione la sottolineò alzando il tono di voce contro la colpevole, che si nascose scherzosamente dietro Niimai.
Poi, intuendo il reale significato della frase dell'amico, Moteuchi alzò un sopracciglio.

- Non... - Esitò, poi decise di venire al sodo. - Non dirmi che pensi ancora a quella vecchia storia del tifone e di Moemi?

L'intuizione colpì in pieno Niimai, più taciturno del solito, che si limitò ad abbassare lo sguardo ed annuire.

- Ma è passato troppo tempo! - Sostenne Yota. Tentò anche una risata sdrammatizzante, ma suonò nervosa.

Un silenzio di tomba calò sulla scena, poi Takashi ricevette uno spintone sulla schiena, che lo sbilanciò, costringendolo ad un passo in avanti.  Si voltò.
Era Ai, con le braccia distese e le mani aperte, che lo accolse con un sorriso.

- Guardi troppo al passato. - Sussurrò la ex-video girl. - Forse hai bisogno di una spinta verso il futuro.

Da dietro, la voce di Yota raggiunse i suoi timpani, preceduto da un sospiro.

- E poi, che ti credi? So tutto su quello che è successo quella volta.

Niimai si voltò per accogliere la rivelazione con incredulità. E la prima cosa che fece fu di tornare con uno sguardo di rimprovero ai danni di Ai.
Il rimprovero di una promessa infranta: quella di non parlarne a nessuno.
Ai nascose il suo imbarazzo dentro la solita linguetta imbarazzata.
Fu ancora Yota a parlare.

- Già, caro mio. Ho una moglie che non sa proprio tenere il becco chiuso.

Takashi si voltò in direzione dell'amico, senza sapere come giustificarsi o altro. Lo accolse un sorriso. Un sorriso sereno.

Yota si mise dietro Takashi, e cominciò a spingerlo dalla schiena. Ai si aggregò. - Ora basta, tormentarsi, musone.

Il trio riprese il cammino, ma Niimai era confuso.

- Mi stai dicendo, che nonostante io non ti abbia detto niente, tu mi perdoni?

- Non è questione di perdono. - Spiegò Yota. - Ma nella mia vita c'è sempre stato qualcuno che mi ha teso una mano, quando mi sentivo in difficoltà. Tu, Moemi, Nobuko, Ai e... - Fece una pausa. - ... la persona che stiamo andando a trovare. Non mi tiro indietro, quando è il mio turno.

- Sei sempre stato troppo altruista. - Commentò ironicamente Takashi. Di nascosto, si preoccupò di passare la mano per asciugare qualcosa di bagnato che gli stava appannando gli occhi.

- Papà, Mamma!  - Protestò una voce squillante. Il trio si girò verso la bambina, ingiustamente dimenticata.
Ai sorrise, e la abbracciò.



Dopo alcuni minuti di cammino, la stessa bimba stava cominciando a dare segni di impazienza.

- Manca ancora molto?

- No, siamo praticamente arrivati. - La tranquillizzò Ai.

A confermare le sue parole, il gruppo vide l'oggetto della loro destinazione.
Sul posto, già ad attenderli, vi era un uomo robusto,  la pelle di colore leggermente scuro, vestito di un paio di jeans e una maglietta grigia, abbigliamento decisamente informale rispetto alle circostanze.
I lunghi capelli erano raccolti in un codino che batté sulla schiena non appena alzò e girò il capo verso i nuovi arrivati.

Fu Takashi a salutare per primo.

- Buongiorno, Shimizu-san.

L'uomo sorrise.

- Niimai, signori Moteuchi, benvenuti. Vi aspettavamo.


***


La stanza era asettica.
Lei , che era abituata a vivere nel lerciume di una tenda, sullo sterrato di un parco o il cemento di un cortile, si sentiva fuori posto.
A volte le sembrava di essere stata rapita dagli alieni, e di essere incatenata ad un lettino, in attesa della vivisezione.
Il macigno maggiore che la costringeva dentro quelle pallide lenzuola, però, era il suo stesso cuore.
"Il cuore è il problema minore" Aveva sentito bisbigliare da un paio di infermiere in corridoio mentre parlottavano tra loro.
Sapeva che il suo tempo era vicino allo scadere, che presto l'esile fiamma che alimentava il suo impeto non ce l'avrebbe più fatta.
Ma proprio per questo non poteva permettersi di compiangersi o esitare.
Aveva mandato via Ai, la ragazza, anzi, la videogirl attaccata a sua volta al sottile filo di un videonastro.
Quell'inguaribile altruista stava sprecando il poco tempo rimastole a preoccuparsi per una moribonda come lei.
Aveva dovuto mentire, farla sentire un fastidio importuno, costringerla moralmente a un distacco forzato.
Per lei, Ai era invece l'esatto opposto: orfana dei genitori, abbandonata dai parenti, scaricata dal fidanzato e non compresa da quell'imbranato del suo amico d'infanzia, la vivace videogirl sapeva, come magicamente faceva con tutti, donare un raggio di felicità, capace di far fiorire anche la pianta più trascurata.
Ma quello di Ai era un altruismo ai limiti del martirio, di quel passo la ragazza catodica avrebbe sprecato la sua straordinaria esistenza per unire Yota ad un'altra, a prezzo di infelicità e rimpianti.
Non era così che doveva andare: Ai doveva lottare per la propria felicità, ne aveva il diritto e il dovere. Anche a costo di farla soffrire.

Lasciami in pace.

Avrebbe preferito morire piuttosto che ferire Ai con quella gelida stilettata, ma davvero non c'era più tempo, inoltre bisognava ancora dare una mano, nel vero senso della parola, a quell'imbranato di Yota
Toccava a lei fare il Cupido che avvicinasse due cuori che si amavano, era evidente, ma che negavano questo sentimento, ognuno nell'assurda illusione di far del male all'altro.

Doveva assolutamente alzarsi da quel letto, raggiungere un telefono e chiamare Moteuchi.
Maledetto quel cuore che si bloccò, come un orologio scarico, nel momento cruciale.
Perché doveva nascere con un muscolo così debole, lei, così ambiziosa di vita?
La snella figura della ragazza si irrigidì, e poi cadde su un fianco.
Passarono alcuni minuti prima che un'infermiera si accorgesse dell'incidente e chiamasse aiuto.
Le attaccarono tubi di tutti i tipi, mentre complicati macchinari si misero in funzione per monitorare le sue condizioni.
Come un feto, tuttavia, sentiva una strana pace interiore, mentre il mondo esterno esplodeva in un caos di massaggi cardiaci, iniezioni, flebo ed elettrocardiogramma.

Fece anche uno strano sogno, dove finalmente riusciva nell'intento che si era prefissa prima di svenire.
Abbandonato il delicato pigiama, era tornata a vestire i consueti scaldamuscoli e lo smanicato di jeans, la generosa maglietta e il cappello, dono del suo ex.
Koji Shimizu, il ragazzo che era partito con l'intento di diventare un ballerino famoso, che aveva promesso di racimolare denaro per curarla e poi sposarla. E che alla fine si era dimenticato di lei.
Ma era meglio così: una ragazza morente è solo  un peso, un ostacolo.
Lo amava a tal punto da essere felice se lui poteva realizzare il suo sogno, anche se lei soffriva.
Forse sì, anche lei aveva un po' di quell'amore che porta al martirio, come Ai: un motivo in più per spingere la videogirl verso la sua felicità.
Il sogno continuava.
Lei che teneva ancora una volta la mano a quell'indeciso cronico di Yota.

- Questa è l'ultima volta. - Gli precisò.

Quell'arzigogolato sempliciotto, perennemente tormentato dai dubbi, il cui cuore batteva per Ai, ma la coscienza si faceva scrupoli per Moemi, Nobuko, Takahashi.
Colui che non prendeva mai una direzione per non ferire nessuno, finendo poi per fare del male a tutti.
Il gentile, il troppo altruista, l'eterno bambino.
Gli tese la mano per l'ultima volta, ponendogli quella semplice domanda che ogni persona dovrebbe imparare a farsi.
La chiave che semplifica tutti i dilemmi, il quesito a cui una risposta sincera e impulsiva fugherebbe da sola tutti i dubbi.

Di chi hai più bisogno, ora?

Distinguere amore da affetto, compassione, gentilezza, sensi di colpa e paura di soffrire e far soffrire.
In breve, essere sinceri e coerenti con sé stessi, accettandone in modo naturale le conseguenze.
Gli esseri umani, quelli che hanno più paura a dire "ti amo" che a ricevere un pugno.
E lei, non aveva mai avuto paura, né a dire "ti amo", né a tirare o ricevere pugni.

Il sogno terminò.

Quando riaprì gli occhi, Natsumi si ritrovò davanti agli occhi una scena così surreale che le parve di essere passata da un sogno all'altro.

Ai in lacrime, in primo piano, che la fissava negli occhi. In lei vi era un misto di agitazione e sollievo.
Natsumi si tolse il respiratore. 

- Non piangere... - Disse alla video girl. Dopo averla calmata, continuò a parlare.


- Ti ho detto tutte quelle cose cattive... Me lo merito. - Disse, con un respiro debole. - Non mi resta ormai molto... Mi dispiace di averti gridato in quel modo.

- No, non ti perdono! - Le rispose Ai in modo concitato. - Quando starai meglio, ti picchierò!

Natsumi sorrise. La video girl si stava aggrappando a una falsa speranza, ma entrambe sapevano l'inevitabile destino.

- Solo una cosa...

- No! - Urlò Ai, scuotendo la testa. - Non voglio sentirla!

- Sii buona con Yota. Costruitevi dei bei ricordi, assieme.

- Va bene. - Annuì Ai. - Ma tu in cambio starai meglio, vero?

La retorica domanda della video girl rimase in sospeso, perché Natsumi aveva improvvisamente mutato espressione.

Ai si accorse che non stava più guardando lei, ma oltre lei.
Improvvisamente, la paziente scoppiò in lacrime.

- Grazie! - Cominciò a singhiozzare. - Grazie, Ai.

L'amica ricambiò lo sguardo con aria stupita: non riusciva a capire.
Un respiro affannoso alle sue spalle la fece voltare, e comprese.

Koji Shimizu,  il  ragazzo che in tutto questo tempo sembrava aver dimenticato quella povera moribonda, era là, ansimante, appoggiato allo stipite della porta.
Il fiatone era inframezzato da qualche gemito: in faccia gli si potevano vedere alcuni lividi: doveva aver affrontato qualche colluttazione per poter essere lì.

Il ragazzo spezzò il ghiaccio con una falsa battuta cinica.

- Guardati, non sembri nemmeno tu...

L'infermeriera avvertì subito il medico:

- Dottore, le condizioni della paziente si sono stabilizzate!

- Koji... -  Sussurrò Natsumi in preda all'emozione, gli occhi inondati dalle lacrime. - Koji... - Ripeté, mentre tendeva la mano tremante.

Il ragazzo l'afferrò prontamente, tenendola stretta tra le sue.

- Scusami, Natsumi. - Implorò. - Non ti lascerò mai più. Starò con te per sempre!

- No... - Lo fermò Natsumi, mentre le lacrime continuavano a inondare il viso come un torrente in piena, mentre un gran sorriso le dipingeva il volto sempre più provato dalla fatica. - E' il tuo sogno, giusto?

La ragazza non voleva, nonostante la felicità che provava per la vicinanza di Shimizu, il fatto che lui sacrificasse il suo futuro di ballerino per lei.

- Ormai io non sarò più un peso.

Koji strinse forse la mano, mentre Ai alle spalle tentò una protesta.
Natsumi li guardò entrambi, e sorridendo, volle rassicurarli.

- Sono felice...

Poi, chiuse gli occhi.

Shimizu emise un gemito silenzioso. Gli occhi lucidi, le sue mani lasciarono improvvisamente andare quella della ragazza, che  cadde inerme lungo il fianco del letto.

Natsumi non sentì più nulla. Forse aveva ripreso a sognare, chissà.
Non poté perciò ascoltare le urla di Ai rimaste a riecheggiare nella stanza, invocando il suo nome e chiedendosi inutilmente il Perché di quell'ingiusto destino.

***


- Ehylà! - Salutò Ai, alzando la mano verso la lapide. - Come butta?

Takashi guardò un po' corrucciato la ragazza.
Koji alzò una mano, come a giustificarla.

- Va tutto bene. - Disse. - Lei ha sempre detestato i toni formali.

Yota si limitò a fare spallucce: perché stupirsi ancora?

Ma la Videogirl non scordò di togliersi il cappello.
Lo tenne per qualche minuto vicino al viso, in silenzio.
Poi si rilassò, e lo abbassò.

- Scusa. - Disse con un sorriso forzato, mentre con un dito si asciugava gli occhi lucidi. - L'emozione, sai...

- Mamma?

La bambina osservava la scena con una punta di preoccupazione. Ma Yota le cinse le spalle e la rassicurò con un sorriso.

Ai intanto aveva ripreso coraggio, e continuò.

-  Sono passati così tanti anni, eppure  sentiamo ancora tutti la tua mancanza...

Si interruppe: le sue stesse parole le stavano facendo tornare il magone.
Scosse la testa e  si passò la mano per asciugare il nuovo principio di lacrime.

- Scusa se non veniamo a trovarti più spesso. Sono passati... - Cominciò a contarli, ma preferì lasciar perdere. - ... Tanti anni. E ancora voglio ringraziarti...

- ... Noi tutti. - Corresse Yota.

Ai guardò il marito, e annuì.

- ...E ancora noi tutti vogliamo ringraziarti per ciò che ci hai insegnato, per le spinte che ci hai dato nelle giuste direzioni della nostra vita.

Yota sorrise. Niimai distolse lo sguardo, e Koji abbassò il capo e chiuse gli occhi.
La figlioletta si limitò a guardarsi attorno, con aria interrogativa, mentre la madre continuava.



- Ci hai insegnato a vivere la nostra vita nella sua pienezza, senza esitazioni né rimpianti, proprio come hai fatto tu. Proprio come...

Non poté dire altro, un'altra ondata di lacrime si riversò negli occhi della Video Girl.

- Sono senza speranza. - Si canzonò in un misto tra ironia e tristezza. -  Mi ero ripromessa di non piangere, ma...

- Devi scusarla, amica mia.

Era stato Yota a parlare. Tenendo per mano la figlia, si era avvicinato alle spalle di Ai, e le aveva messo una mano sulla testa.
Lo sguardo sereno e il lieve sorriso erano indirizzati tuttavia alla lapide.

- Ai vuole sempre fare l'allegrona per non far soffrire gli altri, ma anche lei soffre. Anche io avrei tante cose da dirti, cara amica. Ma quello che tu hai davanti è il risultato, che vale più di mille parole.

Tolse la mano dalla testa della videogirl, le prese il cappello e glielo mise sulla testa, dopodiché la cinse per una spalla e la strinse a sé insieme alla figlia.

- Oggi, - Continuò. - Vogliamo presentarti nostra figlia. E' il frutto dell'amore che tu hai aiutato a rendere possibile tra me e questa testona.

Ai ricambiò Yota con un sopracciglio alzato. Non sapeva se sentirsi commossa per le belle parole del marito o indispettita per quel 'testona'.
Yota rise sotto i baffi, sapendo che la provocazione era andata a segno.
Ma fu solo un attimo, perché continuò a parlare alla lapide.

- Ti presento nostra figlia.

Spinse lievemente la piccola per le spalle, e la guardò con tenerezza.

- Natsumi, saluta.

La bimba, pur non capendo, obbedì, si inchinò lo stesso verso la pietra tombale.

- Buongiorno, signor - La bambina si interruppe. -...signora...?

- Si chiama Natsumi. - Intervenne Ai. - Yamaguchi Natsumi.

- Si chiama come me! - Commentò la figlia.

- Sì. - Le confermò Yota con un sorriso. Poi si rivolse alla lapide.

- Ti piace come nome?

- Sai? Così, un po', è come se tu vivessi insieme a noi ogni giorno. - Si giustificò Ai nei confronti della defunta.

- O forse è qualcosa di lei che vive dall'amore che è nato da voi. - Aggiunse Niimai, che insieme a Koji si erano avvicinati alla famigliola.

Koji guardò stupito Takashi. - Ma lo sai che hai dannatamente ragione? - Commentò entusiasta. - Sono sicuro che Natsumi da lassù approva!


Trascorsero tutti ancora alcuni istanti insieme, spensieratamente, prima di dirsi addio, per un altro anno.

Ma Natsumi non sarebbe mai stata dimenticata.
 
La quotidianità in cui quel nome veniva pronunciato per casa, donava l'illusione che la loro amica fosse ancora lì, da qualche parte, a vegliare su di loro e a tendere la mano, in caso di bisogno.

Senza rimpianti, senza tristezze.


END




Dedicato alla memoria di Natsumi Yamaguchi...
                                          
,,, e di Peter Steele


  
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