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Autore: linduz    22/06/2014    3 recensioni
Lilly Kerson, ragazzina con qualche "disagio", viene mandata da uno psicanalista che le fa raccontare ogni sua imbarazzante esperienza nel corso della sua breve vita: dal suo primo "bavoso" bacio alla volta in cui, dimenticandosi di togliere il flash, fece una foto "nascosta" al suo amore platonico. Un percoso delirante verso la sanità mentale di una ragazza al quanto sfortunata e dei suoi amici un po' tordi che le faranno vivere delle avventure al limite dell'impossibile.
ATTENZIONE PUÒ CAUSARE DANNI AL SISTEMA NERVOSO. ALTO TASSO DI DEMENZIALITÀ.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Figura 1

Le mie 101 figure di merda.

Entrai nella stanza. 

Era piena di quadri con dei diplomi alla parete.

La cosa più vistosa però stava sopra la sua scrivania: un cartello enorme con sopra inciso "dott. G. Brown specialista in psicoanalisi"

Rabbrividì alla lettura di quelle parole.
Mi trovavo veramente da uno psicanalista e per di più in una brutta giornata piovosa con i lampi e i corvi e i pipistrelli e l'atmosfera giusta per un film su Frankenstein.

Il dottore si girò di scatto nella sua sedia girevole.

-"Lei dev'essere Lilly Kerson, prego si sdrai nella poltroncina"-

Goffamente mi sdraiai nella poltrona, che devo dire era anche comoda, e chiusi gli occhi. Per concentrarmi, ovvio.

D'un tratto, un possente braccio mi scosse le spalle violentemente.

-"Signorina, deve parlarmi non dormire"-

-"Oh, mi scusi, l'ho fatto davvero?"-

-"Ha dormito per un quarto d'ora"-

-" Oh, le chiedo ancora perdono"-

-" Non importa. Mi dica, perchè è qui?"-

Ne seguì una pausa imbarazzante nella quale cercai di riordinare i miei pensieri per formulare una frase di senso compiuto, ma l'unica cosa che uscì dalla mia bocca fu -"Faccio tante figure di merda"-

Il dottore spalancò gli occhi, non abituato a questo gergo colloquiale giovanile, quindi decisi di metterlo più a suo agio formulando una frase forse un po' più complessa.

-" All'inizio pensavamo fosse perchè ero molto goffa, ma poi alcuni dottori dedussero che era un problema più grave e profondo di quanto tutti pensassero. Quindi mi hanno mandato da lei"-

Il dottore annuiva e scriveva sulla sua cartellina ogni mia singola parola e sorrideva, forse pensando che non sarei stato un caso così grave, e che se la sarebbe cavata con alcune sedute e via.
Magari.

-" Bene, perchè non me ne racconta una?"-

-" Ne ho molte, la avverto"-

-"Parta da quella meno recente"-

"-Ok, se lo dice lei"-

 

***

 

 

Figura di merda n.1

-" Attendevo tutti gli anni la cena di lavoro di papà. Sa, organizzano ogni anno una festa enorme in un castello antico e lussuoso dove servono come minimo 46 portate di piatti vari e  di tipo medioevali. Per quella sera mi ero vestita con un vestitino nero di lana fino a metà coscia, degli stivaletti con il tacco e i capelli lisci, sciolti e lunghi sulle spalle. Mi ero truccata sostanzialmente poco, per non dare molto nell'occhio a quella gente con la puzza sotto il naso. Ha presente quelle signore con la pelliccia di volpe delle paludi fossilizzata nelle Alpi, che si dipingono gli occhi di blu e mettono quel rossetto rosso Chanel acceso che sembrano dei clown con la diarrea? Ecco, loro. Beh, appena giunti a destinazione, davanti all'entrata del cancello c'erano proprio loro ad aspettarci. Erano tutte disposte in fila lasciando al centro una specie di navata dove non persi l'occasione di attraversarla trionfante. Mentre ci passavo attraverso le signore e i loro mariti mi guardavano con degli occhi da omicidio e probabilmente mi avrebbero voluto strozzare. Non riuscivo veramente a capire quale fosse il motivo finché una signora con la minigonna e le calze a rete (da precisare con tutta la cellulite che le usciva dai buchi delle calze come uno scolapasta) non salutò con un inchino una persona dietro di me. Mi girai e vidi un anzianotto, quasi pervertito, che salutava tutti. Mi guardò come per farmi cenno di salutarlo, ma mi girai con fare presuntuoso, tanto per tirarmela un po',  e proseguì la mia camminata.

«Tu sei Lilly, la figlia di Christopher, ma come sei cresciuta» mi fermò la voce dell'anziano signore.

«Si sono io. Desidera?»

Vidi mio padre e mia madre correre verso di noi con aria preoccupata. Appena giunsero tra noi mi afferrarono per un braccio e presero parola.

«Lilly, lui è il padrone dell'azienda, il signor Wernest.Saluta il signore per bene» disse mia madre dandomi una gomitata.

Penso che mia madre e mio padre avessero già preveduto ciò che poteva succedere, e per fortuna mi fermarono appena in tempo prima che lo chiamassi “vecchio pervertito”. Oh si dottore, lo avrei fatto, mi creda.

«Oh signorWernest, ma che piacere, che onore conoscerla, mi scusi ma non l'avevo riconosciuta, sono mortificata» mi scusai.

In verità ho sempre odiato dare importanza a persone che non conoscevo, ma in quel caso ne valeva il posto di lavoro di mio padre. Mi spostai per far passare il vecchio e continuai la mia camminata.

Aspettai che tutti i vecchi fossero andati via e io rimasi per ultima nella fila. 
Appena il campo fu libero approfittai per fare la mia sfilata sul tappeto rosso che si estendeva davanti a me. 
Una gamba dopo l'altra, mi sentivo una modella di Victoria's Secret, una specie di Barbara Palvin.
Si, una Barbara Palvin che inciampa in un increspatura del tappeto. 
Caddi con la faccia rivolta al pavimento e credo mi si fossero appiccicati ai capelli dei cumuli di polvere perché iniziai a starnutire come un tricheco raffreddato.

Con fare andicappato raggiunsi mia madre e mio padre, che stavano tranquillamente prendendo un aperitivo con altre persone importanti.

Alla vista della scena dei miei con i bicchieri da cocktail scoppiai in una risata quasi oscena che fece voltare tutte le signore, Sopratutto quella che odiavo a morte: quella delle calze a rete e la cellulite che le usciva come pongo.

Mi guardai intorno tanto per ambientarmi un po' nella stanza enorme in cui mi trovavo. 
Il mio sguardo di posò sul vassoio della pizza. 
Ovviamente ad una cena di quel calibro la pizza era stata servita solo per gli eventuali bambini. 
E come può ben immaginare... Non persi l'invitante occasione.

Il vassoio era centrato su un tavolino molto basso e colorato, all'angolo della stanza, nascosto da tutto e da tutti, con delle sedioline piccolissime intorno tutte colorate.

Cercai di sedermi nella sediolina azzurra nel modo più normale possibile, ma finì per assomigliare ad un cammello indocinese alle prese con un monociclo.

Per tutto il quarto d'ora che passai seduta in quella sediolina azzurra, ogni persona che si avvicinava a me mi guardava strano. In seguito capì il perché: come può ben vedere le mie gambe sono lunghe e finì per sedermi a mo' di ragno, con le ginocchia che mi arrivavano alle orecchie.

-" È stata progettata per i bambini con età inferiore ai 3 anni"-

Sentì questa voce, al che alzai lo sguardo.

Dottore vorrei farle una domanda: ha mai provato la sensazione di star facendo qualcosa di imbarazzante, inconscio e che la persona vicino a lei è una delle più belle del pianeta?  

Io mi sotterrerei. Ed era propio quello che avrei voluto fare in quel momento.

Come le dicevo, avevo alzato lo sguardo, e mi ritrovo due occhi verdi e un sorriso smagliante che mi fissano dall'alto.

La sua immagine era a dir poco perfetta. La mia... Ero seduta come un ragno in una sedia progettata per i bambini di 3 anni con la bocca piena di pizza e con del formaggio che mi colava dal mento.

-" PjdbiakcereLidclly"-

Scusi dottore, avevo la bocca piena e non sapevo cosa fare, quindi anche il ricordo di quello che dovevo dire è un po' confuso.

Rise.

Si spostò i capelli che gli cadevano sugli occhi e mi tese la mano.

-" Piacere Noah"-

Noah, Noah, Noah.

Quel nome mi rimbombò in testa per tre volte. Pensavo di sentire tipo delle voci angeliche, ma era soltanto la signora con le calze a rete e la cellulite che lo stava chiamando.

-"Scusa, è mia madre, torno subito splendore"-

In quel momento mi turbarono due cose:

1) Splendore? Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. Ok ho finito.

2) La donna con le calze a rete e la cellulite del pongo era sua madre? (Cioè, non mi fraintenda, penso sia ancora sua madre)

Continuai a fissarlo per un po' di tempo.

Era alto, molto alto. Aveva i capelli di un castano chiaro, quasi miele, che gli cadevano spesso in fronte e che lo costringevano a spostarli continuamente. Aveva il mare (con le alghe perché sono verdi) negli occhi, per dire che erano stupendi. Portava uno smoking che devo dire, gli stava alla perfezione.

Comunque non mi meravigliai del fatto che fosse venuto a parlare con me. Ero l'unica sua apparente coetanea mentre attorno a noi c'erano solo vecchiacci con la gobba. Anche se devo ammettere che ce n'era uno che sembrava ne avesse due di gobbe. Vede?! La mia teoria sul cammello indocinese non sbaglia mai.

Dopo aver parlato per un po' con la madre e qualche dromedario, tornò vicino a me.

-" Ti va un drink?"-

Dottore, non potevo rifiutare nonostante la mia incapacità di assimilare l'alcol, era un invito che non si sarebbe ripresentato mai più.

Quindi accettai.

Mi guidò verso il tavolo dei cocktail e ordinò uno di quelli strani, con dei nomi esotici.

-" Tu che prendi?"-

Volevo fare anche io una bella figura dicendo il nome di un cocktail molto "swag", quindi tutta sicura di me dissi...

-" Un succo d'arancia"-

Noah e il ragazzo al bancone mi guardarono storto per qualche secondo.

-" Non si dimentichi l'ombrellino"-

Rimasero in silenzio.

-" Sa, mio fratello"-

Non ho nessun fratello a dire il vero, ma amo gli ombrellini dei drink, ne faccio la collezione, se vuole un giorno gliela porto!

Comunque il ragazzo del bancone decise finalmente di darsi una mossa e dopo cinque minuti di imbarazzante silenzio, arrivò un mojito-tequila-samba-rumba-insommailnomedelcocktailchehapresoquelpezzodifigo e un succo d'arancia che sapeva di limoni.

 Parlammo del più e del meno. E non mi trovò impreparata sull'argomento.

-" Ero una frana in matematica, ma l'unica cosa che ti so dire è che l'unica cosa che riuscivo a fare erano i simboli"-

Presi un pezzo di carta e con il bagnato della cannuccia del succo d'arancia (si, mi sono fatta dare pure quella) feci i simboli "+" e "-"

-" Belli no?"-

Ecco come parlare letteralmente del più e del meno.

Si portò una mano sui capelli mentre non smetteva di ridere.

-" Stupendi. Come qualcuno qui stasera"-

Disse facendomi l'occhiolino e sorridendo avvicinandosi sempre di più.

-" Non intenderai tua  madre spero"- risposi io innocentemente.

Sono cretina a volte, non capisco che i complimenti li fanno a me, mi capisca.

Scoppiò a ridere per la milionesima vota in mezz'ora, tutta colpa delle mie figure di cacca.

-" Greg fa un ottima tequila, ti va se ne ordino due?"-

Pensai seriamente poi di dover affrontare uno di quei programmi per alcolisti anonimi dove ti siedi in cerchio con delle sedie stile "barboni si nasce non si diventa", visto che non avevo mai provato un alcolico in vita mia, a parte da piccola, quando bevvi la bottiglia di vino di plastica che vendevano negli accessori per la cucina giocattolo. Mi diede alla testa. Già.

-" Come vuoi"-

E in pochi minuti di imbarazzante silenzio il barman ci servì due strani bicchieri.

Noah la bevve senza problemi, io appena ne assaggiai un sorso la sputai su un tovagliolo dimenticandomi che il tovagliolo era di carta leggera e che il liquido lo poteva attraversare facilmente. E così tutto il cocktail si sparpagliò per terra dando luogo ad un fenomenale e stupefacente nonché ironico "Lago di Garda 2 la vendetta, prossimamente nelle sale cinematografiche e sui pavimenti".

Menomale Noah non se ne accorse e io cercai di coprire tutto con il tacco e un sorriso disinvolto.

Poi però uno sciagurato e curioso bimbo maledetto ebbe la brillante idea e la malasorte di guardare sotto il tacco ed esclamò:

-" La tata ha fatto pipì sul pavimento, che chifo"-

Ah dottore, lei non sa quanto avrei voluto sciogliermi insieme alla tequila, non se lo immagina nemmeno.

E così la "tata" diventò tutta rossa mentre metà sala guardava inorridita. Indietreggiai con passo felpato andandomi a nascondere in bagno laddove nessun essere vivente mi avrebbe mai trovato.

Ma sa, dottore, io non penso mai alle conseguenze, di fatto mi ero scordata che il bagno non era la mia suite e che qualsiasi signora sarebbe potuta entrare. O almeno pensavo soltanto le signore potessero entrare.

Mi accasciai vicino al water cercando un po' di consolazione da quel pezzo di marmo che non si dimostrava molto loquace o affettuoso.

Sentì la porta bussare (cioè, hanno bussato alla porta, non la porta che bussa alle persone non so se le è chiaro).

-" Tutto bene li dentro?"-

Era Noah. Era un sollievo sentire la sua voce.

-" Come vuoi che vada? Sono accasciata su un cesso, fai due conti"-

Rise.

-" Non per farti sentire ancora più in imbarazzo, ma mi sa che non hai guardato bene la porta prima di entrare"-

-" Che vuoi dire?"-

-" Sei nel bagno degli uomini"-

 

***

 

La serata sembrava procedere tranquilla e per qualche attimo mi ero illusa di poter superare indenne il tempo che rimaneva prima di andarcene a casa a ronfare.

Ero seduta al tavolo 4 con i miei e di tanto in tanto lanciavo qualche rapida e sfuggente occhiata a Noah, che era seduto al tavolo del "vecchio pervertito" nonché capo dell'azienda e ultimo ma non per importanza pure suo padre.

D'un tratto sentì una specie di richiamo:

-"Lilly psst"

Sobbalzai come un idiota andando a scontrarmi contro il cameriere che serviva la minestra di jota e non so quale altro disgustoso essere. In seguito scoprì che la jota è un legume e non un animale.

Insomma, la minestra si sparpagliò sul parquet dell'800 insieme al cameriere che si muoveva come se avesse degli spasmi al quanto satanici.

Mi alzai nel tentativo di soccorrere il cameriere ma feci peggio visto che scivolai pure io in mezzo alla jota. Allora arrivò mia madre che mi tese un braccio e mi trascinò in bagno.

-"Ora basta. Vuoi far perdere il lavoro a tuo padre?"-

Guardai in basso sconfitta mentre mi toglievo alcune alghe dalla spalla e dal fondoschiena.

-"Mi dispiace mamma, prometto che starò più attenta"-

Detto fatto tornammo in sala con il nostro miglior falso sorriso mentre alcuni inservienti ripulivano il pavimento dalla jota.

Finita l'ultima portata io mia madre e mio padre ci alzammo velocemente dirigendoci verso la porta per evitare che io commettessi qualche passo falso e far perdere il lavoro di papà.

-"Andate via così presto?"-

Si avvicinò il vecchio pervertito con Noah che sembrava più bello che mai.

-"Christopher, le voglio presentare mio figlio Noah"-

Mio padre tese la mano al ragazzo mentre sfoggiava uno dei suoi migliori sorrisi.

Nel frattempo, mentre mio padre continuava a parlare con il signor Wernerst, Noah mi fece cenno di seguirlo.

Percorremmo un lungo corridoio all'interno del castello con un lungo tappeto rosso.

In quel momento ero seriamente preoccupata che la figura da modella di Victoria Secret di qualche ora prima potesse riaccadere. Ma non fu così, Noah mi prese per la mano e mi guidò fino al giardino principale del castello.

Aldilà delle mura che circondavano il castello la vista era stupenda: c'era tutta la città sottostante illuminata dai lampioni, dalle vetrine e dalle decorazioni natalizie.

Per una volta, dottore, rimasi senza fiato: Noah e la vista erano le due cose più perfette che mi sarebbero mai potute capitare nello stesso momento.

Noah soffocò una risatina.

-"Oh no, ti prego, dimmi che non ho un filo di carta igienica che mi cade dal vestito"- esclamai preoccupata vedendolo ridere.

-"No no, tranquilla, è solo che è la prima volta che sono così sottopressione con una ragazza"-

Alla parola "sottopressione" lo immaginai in una pentola a pressione che fischia insieme alle patate, alle carote e alle zucchine con la maionese che fa mia madre.

Scossi la testa per cancellare quello strano pensiero.

-"Vorrei baciarti"- disse all'improvviso Noah.

Dottore, lei non sa quanto disagio provai in quel momento. L'imbarazzo era indescrivibile.

Noah si avvicinò lentamente mentre io andavo in contro ad un arresto cardiaco, o al contrario, ad iperventilazione visto che ero terrorizzata dal fatto che non avevo mai baciato nessuno, a parte il gatto in una notte di sonnambulismo pensando fosse Zac Efron.

Le sue labbra si appoggiarono lentamente alle mie e di colpo mi pervase un vortice di farfalle nello stomaco (anche se penso che più che farfalle, quello che si muoveva dentro di me era la jota).

Era una sorta di estasi, non so come spiegargliela doc, posso chiamarla doc, vero? Ok.

Dopo svariati secondi di paradisiaca apnea, Noah staccò dolcemente le nostre labbra... Mentre un filo di bava colava dalla mia bocca.

Alla vista Noah si scandalizzò un po' e poi iniziò a ridere.

Cavolo Doc, il primo bacio con la puntuale figura di merda. Oh scusi, brutta figura, ecco.

Corsi via per l'imbarazzo raggiungendo i miei genitori che nel frattempo avevano già preso la macchina.

E cosi finirono le mie brutte figure, almeno per quella giornata.

 

 

 

 

 

***

Il dottore continuava a scrivere sulla cartellina e per poco non credevo che forse stesse disegnando qualche gatto obeso e pacioccoso.

Scosse la testa e chiese:

-"E dimmi, in quanto tempo si è svolto tutto quello che mi hai appena raccontato?"-

-"All'incirca tre ore"-

Il Doc sobbalzò dalla sedia.

-"Quindi lei mi sta dicendo che in tre ore ha combinato tutto questo?"

-"Le ho detto che ero un caso grave"-

Il Doc fece una lunga pausa silenziosa.

-"Vedo signorina, vedo"-

Prese dei fogli ed iniziò a frugarci dentro.

-"Bene Lilly, ci vediamo il prossimo mercoledì alla stessa ora"-

Mi alzai dalla poltroncina e..

-"Ah, e sono €170,00 iva inclusa"-

-"Porca miseria"- esclamai silenziosamente mentre sganciavo il bottino.

 

'Ah, chissà quante Goleador avrei potuto prendere con €170...' pensai, ed uscì dallo studio.

   
 
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