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Autore: D per Dolcetta    22/06/2014    3 recensioni
Sette one-shot scritte da sette dolcette diverse. Stavolta le mogli dei ragazzi di dolce flirt ci parleranno della loro vita di coppia. Questa raccolta di os contiene anche due os delle tre vincitrici del concorso d per dolcetta.
1- Dipendenza
2- Chi è causa del suo mal pianga se stesso
3- Salsiccia
4- Questione di Scelta.
5- Eppure...
6- ...
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- DIPENDENZA –

Autrice Vikctoria
Seconda classificata al concorso di OS di D per Dolcetta

Gli occhi segnati da due ombre nere rivelano le notti insonni che ho alle spalle. La narice destra si arriccia a intervalli costanti, seguita dal polso passato sullo zigomo che comincia a inumidirsi. Quest’ultimo gesto mi fa sempre sussultare. La chiazza rossastra che aleggiava sul punto che sto sfiorando è sparita da tempo. Anche il dolore in realtà. Ma indipendentemente dal fatto che siano ormai passati mesi da quando mi ha colpita, non distinguo più le carezze date dalle mie mani e la violenza del Suo di tocco.

Il riflesso sullo specchio mostra le mie labbra quasi accartocciate su un angolo della bocca. Un piccolo inganno dato dalle fratture sul vetro. L’illusione di un sorriso inesistente. E sento le sue parole echeggiarmi ancora nella testa, insieme al suono dello specchio che si infrange. Le schegge di vetro che volano ad ornare il pavimento – se sono volate: Ero troppo occupata a tapparmi le orecchie con le mani e sigillare le palpebre con forza per notarlo veramente. Non era la prima volta che rompeva qualcosa.

Traccio dei cerchi sulle guance, riesco a sentire quasi perfettamente la forma dei denti con le dita attraverso la pelle… Quello non può essere un viso. Smunto in modo eccessivo, cupo. Non sembrava nascondere alcuna storia nonostante tutto ciò che aveva passato. Un semplice volto privo di vitalità. Di quelli che fa venire voglia di girare lo sguardo appena lo incontri, o di metterti a fissarlo insistentemente. La cosa mi divertiva: sentirmi indesiderabile quando Lui mi pretendeva in modo maniacale.

Del resto ero sempre stata parecchio complicata.

Era la sua scusa preferita per mandare giù i miei rifiuti. L’aggettivo che aveva sempre pronto da tirarmi dietro. Sapeva dargli carattere positivo e negativo a seconda dei casi. Mi ha definita così anche durante le promesse sotto l’altare. Forse le cose sono cambiate proprio quando ha smesso di farlo.

Perché lascio che i ricordi si impossessino dei miei pensieri? Non mi è mai mancato da quando è partito con l’esercito. Non in un modo diverso dal solito almeno, non nel modo in cui avrebbe dovuto. Non riesco a trovare nulla che mi leghi all’uomo partito circa un mese fa, se non la sola sensazione di una sorta di dipendenza. Dettata unicamente dall’idea di non essere niente senza di lui. La vera mancanza che mi perseguita ogni giorno risale a molto tempo prima della sua partenza. Voglio indietro l’uomo che ho sposato… anzi, il ragazzino occhialuto che mi faceva la corte al liceo senza darsi mai per vinto. Quello che lottava – in un modo impacciatamente tutto suo - per avermi, non che pretendeva fossi sua perché era ciò che voleva.

Si è iscritto all’accademia militare per volere di suo padre. Poi ci è tornato di sua spontanea volontà. Ogni anno non faceva altro che dire di stare diventando più forte, più bello, più sicuro di sé. Era sempre più in qualcosa a detta sua. Eppure ai miei occhi erano solo le sue debolezze ad aumentare. Tornava più irruento, tornava urlandomi contro, tornava lanciandomi oggetti...  

Ma se questa volta non tornasse? È un chiodo fisso in questi giorni: un’auto nera che si parcheggia sul mio vialetto. A scendere è un uomo mai visto prima, suonerebbe il campanello. “Suo marito è morto per la patria”, direbbe. O comunque qualcosa di simile. Sarebbe impacciato, come era Lui un tempo. Non capisco perché ad annunciarmi la Sua morte debba essere qualcuno che gli assomigli. Ma non ci do importanza. La cosa peggiore sono io: una semplice figura sfocata che assorbe la notizia passivamente. Non piango, non mi dispero. Forse mi andrebbe bene anche vedermi sospirare di sollievo. Ma non so come reagirei alla notizia della sua scomparsa, ciò che provo pensandoci è confuso come la mia sagoma in quella scena immaginaria.

La sua assenza mi tranquillizza, eppure mi ritrovo ogni giorno in posizione fetale sul suo lato del letto. Le mani che torturano nervose ciocche di capelli sparse sul cuscino. I denti affondati nel labbro che, ormai, ha assunto la loro forma. Mi conficco le unghie nelle braccia con forza di proposito. Ferirmi da sola comincia a venirmi naturale, sento che è ciò che farebbe Lui se fosse qui, di conseguenza è la cosa giusta. Pensavo di poter decidere da sola, che sarebbe stato facile. Ma senza di Lui è come se fossi persa, incapace. In assenza di una sua dritta mi ritrovo a vacillare davanti a tutto. Temo di non disporre dell’autocontrollo necessario per stare da sola. Non più almeno. Non sapendo che lui è da qualche parte pronto a tornare e punirmi. È molto più semplice non provare a prendere le mie decisioni, aspettare a occhi chiusi che lui sia di nuovo qui e riporti l’ordine in questa casa. Non voglio che sia Lui a scendere da quell’auto, ma ne ho bisogno.

Dev’essere un’auto nera, perché in ogni caso porterà con sé cattive notizie.

Se Lui torna, non voglio sprecare fiato parlandogli di cambiamenti. Sono stanca di questo. Riprenderò la mia vita da dove si era interrotta, a poco prima della sua partenza. Tornerà e tirerà oggetti… Tornerà e riprenderà il suo mantenere l’ordine mandando me nel caos. Ma mi accontenterei comunque, perché il poter controllare la mia vita non mi sta aiutando a ritrovare me stessa, mi sento anzi scivolare sempre più lontano da quella che dovrebbe essere la pace interiore. Che mi piaccia o meno, ora è quella la mia vita. E io sono quella donna senza volto che ancora mi punta gli occhi vacui addosso.

Senza di Lui sarebbe tutto diverso, troppo diverso. Non sono pronta a qualcosa di così drastico, non voglio che Lui muoia. E chi mai lo vorrebbe per il proprio marito?

Sono sempre stata troppo complicata per prendere decisioni. Per mettere a posto le mie emozioni. È molto più semplice lasciare che qualcun altro lo faccia al posto mio. In ogni caso, non sarebbero mai le scelte giuste per me. Sono troppo complicata per sapere cosa voglio. Il mondo è troppo complicato, perché riesca ad affrontarlo da sola.

Il rombo del motore di una macchina mi trascina all’ingresso, il naso schiacciato contro il vetro della finestra che dà sul vialetto. La narice che ancora si arriccia ai soliti e costanti intervalli di tempo, che segno con un dito sulla parete trasparente.

Tic, tic, tic

L’auto ha i vetri oscurati, le donano un aspetto quasi severo. Anche chi la guida dev’essere di una noia mortale. Spegne la macchina dopo un minuto dall’aver parcheggiato, apre una portiera di qualche centimetro. Poi si ferma, una gamba sollevata che si vede a malapena e non accenna a poggiarsi sul marciapiede. Come se sapesse che io sono lì a fissarlo, che quell’attesa mi sta distruggendo.

Tic, tic, tic

Magari lo sa davvero. Le finestre sono trasparenti, forse mi ha visto e lo fa apposta per infastidirmi.

In contrasto con la studiata lentezza di poco prima, quando esce lo fa di colpo. Ogni sua mossa è stata totalmente priva di tatto: prima lascia che mi crogioli nello strazio dell’aspettare che si mostri, poi mi sbatte la notizia in faccia senza lasciarmi il minimo tempo per prepararmi a elaborarla. Deglutisco rumorosamente, appena ne riesco a osservare la faccia. E la vista di quell’uomo mi mette al corrente di una verità piuttosto scomoda, ma alla quale ormai credo di essere sufficientemente pronta mentalmente.

 
  
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