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Autore: Lady Atena    22/06/2014    1 recensioni
Ispirata a “Mente divisa” di PurpleStarDream.
Captain America è stato un indiscusso eroe americano, capace di affrontare ogni nemico e sventare ogni minaccia. Steven Rogers soffre di stress post-traumatico, di visioni tanto sconvolgenti e tanto frequenti da far presagire una schizofrenia imminente; che le cure di Bucky e Natasha non riescono a fermare.
E poi c'è Tony, occhiali da sole e sogghigno beffardo, che nel suo essere irreale è l'unico appiglio che Steve riesce a stringere.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Scudi troppo spessi.'
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Credits: Ispirata alla fict “Mente divisa” di PurpleStarDream, pubblicata dopo il suo consenso scritto di farlo.
I personaggi Marvel&Co appartengono a chi di dovere, che ne detengono tutti i diritti e non mi passano nemmeno un centesimo; nonostante io passi più tempo con i loro personaggi che con mia madre. Gli OC di psicologhe/dottori/gente a caso sono miei, ma non ne sono gelosa, erano solo per far scena.

La dottoressa ticchettò con la penna sul blocco degli appunti, accavallò le gambe.
“Sta volta per quanto è rimasto sveglio?”.
Steve assottigliò le labbra, aderì con le spalle allo schienale della sedia.
“Tre settimane” rispose atono.
La dottoressa sospirò, si sfilò gli occhiali da vista poggiandoli sulla scrivania davanti a lei e scosse il capo.
“Steve. Questo non fa bene al suo organismo”.
Steve strofinò le labbra tra loro, spostò il peso dalla punta di un piede a quella dell'altro stringendo le mani sulle ginocchia.
“Il mio organismo non ne risente, il siero non lo permette. Non è il sonno il problema, sono i ricordi” spiegò.
La dottoressa si tolse una ciocca castana da davanti al volto, scrisse sul blocco degli appunti e alzò lo sguardo socchiudendo gli occhi azzurro chiaro.
“Le sue visioni sono aumentate d'intensità?” chiese.
Steve strinse di scatto i pugni fino a far sbiancare le nocche, trattenne il fiato tirandosi indietro sulla sedia.
“Di frequenza. L'altra volta stavo facendo il letto, ero molto rilassato, eppure quando ho sentito la caldaia azionarsi io ... non ho ragionato, ho afferrato lo scudo e la pistola, e ho sparato nascondendomi sotto il tavolo” ammise.
La dottoressa aggrottò le sopracciglia, scrisse un altro appunto e scosse il capo guardando l'altro negli occhi.
“Avevamo deciso che lasciasse le sue armi a lavoro”.
Steve sfregò i denti tra loro, deglutì e lanciò un'occhiata alla parete alla propria destra, osservò quella a sinistra e sospirò.
“Lo so, dottoressa. E mi creda, io l'avrei fatto, ma dopo il quinto attacco in un mese ...”.
La dottoressa annuì, si rimise gli occhiali scrivendo qualcos'altro e ticchettò con il piede in terra.
“Steve, lei non migliorerà mai continuando a vivere in questo stato di stress. Dovrebbe prendersi una pausa” consigliò.
Steve la guardò, gli occhi erano leggermente sgranati e le iridi azzurre venate di rosso.
“Ne ho già prese tre in sette mesi. Le persone che mi odiano, i criminali o i loro parenti, vengono comunque a farmi visita”.
Spostò il peso sulla sedia, strinse maggiormente i pugni premendo le unghie nei palmi. La dottoressa si tirò su gli occhiali, strinse la penna e lo indicò con la punta sporgendosi in avanti.
“Ha già cercato un appartamento più discreto? Meno ... rintracciabile?” domandò.
Steve espirò rumorosamente, socchiuse gli occhi e assottigliò le labbra.
“Prima ero a Brooklyn, ma lì era anche peggio. Ho traslocato cinque volte in tre anni. Mi sento come se stessi scappando”.
La dottoressa scrisse velocemente, osservò il foglio mordicchiandosi il labbro.
“Mi sa dire com'è nata la sua fobia per la fuga?”.
Steve si grattò il collo, ticchettò con le dita sul ginocchio e strusciò la punta dello stivaletto in terra.
“Non odio le fughe. Non sono abituato a scappare. Odio i luoghi chiusi, ma me la so cavare. Una volta prima del siero hanno rinchiuso me e il mio gruppo in una casa ed io essendo il più mingherlino sono riuscito a scappare dal camino, così sono sceso dal tetto e ho aperto la porta. Deve proprio prendere appunti?”.
La dottoressa alzò il capo, sorrise e si sistemò gli occhiali sul naso.
“Non badi a quel che faccio io, resti concentrato. Mi parli di questo gruppo. L'hanno mai fatta sentire a disagio? Le mettevano pressione perché era il più fragile fisicamente?” domandò.
“Abbiamo già parlato di questo. E mi ha consigliato gli esercizi di calisthenics ” sussurrò Steve. 
Piegò le spalle e ticchettò con i piedi per terra. Roteò gli occhi arrossati e sbuffò dalle narici ripetutamente. La dottoressa annuì, sfogliò alcune pagine all'indietro e segnò un altro appunto.
“Non dovresti negarti la possibilità di ripetere una cosa due volte. Sei troppo rigido, Steve” lo rimproverò.
Chiuse il blocco, si tolse gli occhiali e mise una ciocca castana dietro l'orecchio.
“In ogni caso, continua la terapia un mese. Se non migliorerà, ti prescriverò dei farmaci”.
  
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