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Autore: Thilwen    18/08/2008    6 recensioni
“Lo vedeva, glielo leggeva fra gli occhi e la bocca, nella pelle tesa lungo gli zigomi, nel pallore inusuale delle gote.
Tratteneva il respiro e le labbra tremavano appena.
Poi in petto le si scioglieva un sollievo che non sapeva nascondere e un sospiro le sfuggiva dalla bocca.
Era un momento. Il suo momento per Severus”.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un momento per Severus

 

Disclaimer: I diritti di Harry Potter and co. non mi appartengono, ma sono detenuti da J.K.Rowling, dalla Warner Bros e da tantissima altra gente. Io non scrivo assolutamente a scopo lucro il mio è soltanto un modo creativo di utilizzare la mia fantasia.

Titolo: Un momento per Severus

Autore: Thilwen.

Beta Reader: mise_keith.

Avvertenze: Spoiler Harry Potter and the Deathly Hallows

Note:

Ho scritto questa breve storia nell’autunno scorso e soltanto adesso l’ho riletta e rivista sul serio per poterla pubblicare. Non tanto perché non mi piacesse, ma perché non riuscivo a trovare il famoso momento giusto.

La verità è che i momenti giusti non bisogna aspettarli, ma saperseli creare all’interno della propria quotidianità.

Ecco che la correggo e la mando. Non è una fan fiction a sfondo romantico e non vuole proporsi di difendere nessun paring. Si limita soltanto ad essere una riflessione sull’amicizia e l’affetto che si prova nei confronti di una persona, a prescindere dal rapporto che si intrattiene con questa.

 Spero possiate gradirla.

Ringraziamenti e dediche:

A un amico perduto.

A un amico da vivere.

E alla migliore amiche che si possa immaginare.

.

Un momento per Severus

.

James Potter sapeva che l’avrebbe trovata in quella posizione ancor prima di materializzarsi nel soggiorno della loro abitazione in Godric Hallows.

Lo sapeva perché la ritrovava quasi sempre così quando tornava dalle missioni indette dall’Ordine della Fenice: seduta sulla poltrona vicino alla finestra, la tenda leggermente scostata, uno spiraglio di visuale per spiare la via, lo sguardo perso oltre il giardino e il viale polveroso, a non vedere nulla, ma ad attendere, nel silenzio di una tensione incontrastabile, il suo ritorno.

Le mani, bianche e lisce, incrociate sul ventre gravido, in un gesto forse più di consolazione che di protezione. Restava probabilmente in quella posizione per tutta la durata della sua assenza, costringendosi a non pensare e provando disperatamente a tenere sottocontrollo la paura, l’ansia, la soggezione.

Erano ore interminabili e si allargavano oltre le maglie del tempo. Attendeva lì, alla finestra, come se sperasse di vederlo attraversare la strada per tornare a casa, nonostante sapesse che si sarebbe materializzato dentro.

James riuscì a immaginarla ancor prima di arrivare e quando la vide, accucciata su se stessa con il volto impietrito, gli angoli delle labbra gli si piegarono in un sorriso di vittoria. “Proprio come avevo detto”, pensò, e attese con gioia quella frazione di secondo che lei impiegava per voltarsi velocemente, guardarlo con tutto il sollievo del quale era capace e alzarsi accarezzando il ventre teso, con un’espressione di dolce abbandono in volto.

-James- sussurrò altrettanto dolcemente, mentre lui si toglieva il mantello impolverato e sgualcito in un angolo, scrollandosi di dosso alla meglio tutta la stanchezza, la paura e la commiserazione che gli avevano divorato corpo e spirito nelle ultime ore.

Quando fu al suo fianco, si limitò ad accarezzarle i capelli e darle un lieve bacio, felice, finalmente, di essere a casa.

-Come stai?- le chiese, guardando quel colorito pallido di chi ha i nervi abbastanza provati, -Sei stata molto in pensiero?-

Lily non gli rispose. Si morse il labbro inferiore subito sfuggito in un sorriso che, in realtà, era una smorfia di dolore.

-Sei qui, no?- la sua voce era quasi rauca mentre lo accompagnava al divano e gli prendeva una mano fra le sue, disegnando con l’indice percorsi immaginari di sensazioni.

-Come è andata?- gli domandò con tono basso, come se fosse indecisa se fare quella domanda - ti va di parlarne subito?-

Era solita chiedere al marito un resoconto degli avvenimenti di guerra non appena rientrava, nonostante egli non fosse sempre disposto a raccontare tutto subito; talvolta la sua prima necessità era quella di segnare un netto margine di distacco fra tutto ciò che era accaduto prima e l’inverosimile pace del suo salotto. E allora taceva, e con il suo tono irriverente da eterno bambino iniziava a parlare di tutte le stupidaggini alle quali, ormai, si limitava solo a fingere di credere.

Alla domanda di Lily, James annuì con poca convinzione, ma poi, evidentemente per temporeggiare, disse: –Ti spiace se prima preparo il tè?-

Si alzò lasciandola sola in soggiorno non attendendo una risposta, trascinandosi in cucina e procurandosi l’occorrente per preparare il tè senza sfiorare la bacchetta posta nella tasca interna della tunica: l’aveva impugnata per troppo tempo e troppi incantesimi aveva pronunciato quel pomeriggio.

Prese il bollitore, lo mise sul fuoco e attese.

Quando Dumbledore, parecchie ore prima, aveva chiamato a raccolta l’Ordine della Fenice, nessuno era ancora al corrente della portata dell’attacco dei Death Eaters. Il Patronus di Moody era apparso nel suo salotto, davanti a una Lily agitata, per pronunciare poche parole che annunciavano un attacco degli uomini di Voldemort nel pieno centro di Londra. James aveva dato velocemente un abbraccio alla moglie, quasi temendo di incontrare lo smarrimento nei suoi occhi. Poi, preso il mantello, era andato via, impreparato di fronte alla carneficina che lo aspettava.

Venne distolto dai suoi pensieri vedendo il bollitore fumare. Spense il fornello e finì di preparare il tè distrattamente.

Quando, pochi minuti dopo, rientrò in salotto con un vassoio in mano, trovò Lily ad accarezzare il suo pancione di sette mesi, molto più rilassata rispetto a come l’aveva ritrovata poco prima.

Posò il vassoio sul tavolino basso davanti al divano.

-Ho portato anche dei biscotti- disse.

-Grazie.-

Spinse una mano verso il ventre della moglie, accarezzando lievemente la pancia gonfia sotto la veste. –Come sta?-

-Turbolento, come il padre.-

Risero entrambi per qualche secondo. Poi presero le tazze di tè. Lily, prima di berlo, vi soffiò sopra un paio di volte, osservando il marito intensamente.

-È stato così terribile oggi?- chiese infine, non riuscendo a trattenersi.

James si umettò le labbra, poi, prima di parlare, ingurgitò una lunga sorsata di tè caldo.

-Siamo arrivati tardi… avevano già colpito…-

-Cosa?-

Fece un gesto approssimativo con la mano. –Un grande negozio di abbigliamento babbano, in centro,  a Londra, dove probabilmente si serve… serviva una parte facoltosa di popolazione.-

Restarono in silenzio un minuto, lo sguardo immerso dentro le tazze del tè.

-Quanti?- chiese infine Lily senza esplicitare il soggetto,  alzando la testa e stringendo le labbra.

 James alzò impercettibilmente le spalle –Una quindicina di morti circa, il numero preciso non è ancora stato divulgato. Ci sono molti feriti, anche gravi.-

Lily chiuse gli occhi mormorando qualche parola incomprensibile.

James le prese la mano, provando a sorriderle, non riuscendoci, tuttavia, in maniera credibile.

-Il resto?-

Egli si rigirò la tazza fra le mani. –Nessuna vittima fra di noi, per fortuna, solo qualche ferito, niente che sembri grave.- si passò, per abitudine o per imbarazzo, una mano fra i capelli –Anche Sirius, ma… nulla di preoccupante- si affrettò ad aggiungere vedendo gli occhi della moglie incupirsi -Fra qualche giorno sarà come nuovo. Anzi, faceva già lo sbruffone …-

Lily annuì e, finalmente, pose le labbra sull’orlo della sua tazza che, ormai da diversi minuti, teneva in mano senza bere. Ma l’abbassò quasi subito, rivolgendo uno sguardo diretto al marito.

-Hai detto che non ci sono state vittime fra di voi, ma… fra i Death Eaters?-

James sapeva che quella domanda sarebbe giunta. Bevette un altro sorso di tè cercando il suo tono di indifferenza più puro.

-Uno- disse infine, fissando avanti a sé. Al suo fianco percepì il tintinnio lieve della porcellana, come quando una tazza cozza impercettibilmente contro il piattino per un debole ed incontrollato movimento della mano. Si voltò verso di lei per fissarla e finalmente, con tono neutro e distaccato, concluse –Non era lui.-

E anche in questo caso sapeva, ancor prima di voltarsi e di parlare, cosa ci sarebbe stato, per una frazione di secondo, sul volto della sua donna.

E quando lo vide, non ci fu stupore.

Lo sapeva, glielo leggeva fra gli occhi e la bocca, nella pelle tesa lungo gli zigomi, nel pallore inusuale delle gote.

Tratteneva il respiro e le labbra tremavano appena.

Poi in petto le si scioglieva un sollievo che non sapeva nascondere e un sospiro le sfuggiva dalla bocca.

Era un momento. Il suo momento per Severus.

Severus. Non si trattava di Snape, Snivellus, un Death Eater.

In quel momento, fra la paura e la consolazione, era Severus, il suo confidente, amico d’infanzia, che le scivolava in gola e le bloccava il fiato, e quel momento, fra gli innumerevoli delle sua giornata che divideva fra il suo amore per James e per il figlio, era solo ed esclusivamente dedicato a lui.

Integralmente intatto come l’affetto incorruttibile di due bambini.

James sapeva che non poteva fare nulla per impedirlo. L’intensità di quel momento lo stordiva e accecava di rabbia e gelosia. Lo ingoiava, chinava il capo e l’accettava.

Era per questo che Lily l’aveva amato; per questa sua forma di pacato rispetto e riservata accoglienza di lei in ogni suo anfratto.

Perché anche quel momento era Lily.

Perché anche quel Severus era Lily.

Faceva male, in profondità, un dolore sordo che si mutava in lieve calore umano, polvere d’amore. Un sacrificio, un pegno di eroica sopportazione.

Fu per questo che non disse nulla. Si limitò a scostarle una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio con la mano libera.

Lily, finalmente, prese a bere il suo tè.

-Chi era il Death Eater ucciso?-

-Non lo so,- ammise James posando la sua tazza ormai vuota sul vassoio. –Non era sicuramente Snape, era un uomo robusto, con i capelli chiari e corti… ma non abbiamo avuto modo di accertarci della sua identità nella foga della battaglia e il corpo lo hanno portato via loro.-

Per tutto il resto del tempo che impiegò Lily a finire il suo tè restarono in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri.

-Mi dispiacerebbe se morisse,- gli disse improvvisamente, come chi esprime un pensiero prima di pensare, con voce impastata, senza guardalo, posando anche lei la tazza vuota. –So che potreste essere costretti a…- bloccò James con un gesto della mano e un sorriso mesto.

-So che non mi credi, James- continuò inseguendo il filo di un ricordo nostalgico. –Ma Severus Snape era una brava persona, io lo conoscevo. Di lui mi fidavo.-

Il modo in cui smise di parlare fu doloroso per entrambi.

James avrebbe voluto dirle che le persone cambiano, che Snape non valeva nulla, che capita a tutti di sbagliarsi; le parole gli morirono in bocca.

-Non so perché gli sia successo tutto questo; non era così un tempo.-

Anche questa volta non le disse nulla. Mise un braccio intorno alle spalle della moglie e lasciò il che suo capo prendesse posto sulla sua spalla.

-Mi dispiace, Lily.- riuscì a sussurrare solamente, vincendo se stesso di fronte alla carezza morbida dei capelli di lei alla sua guancia ruvida.

Ella non rispose. Dopo un po’ si limitò semplicemente a dire, con voce leggermente soffocata:

-Che sciocchi, non abbiamo mangiato i biscotti.-

 

  
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