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Autore: WrongandRight    23/06/2014    1 recensioni
Lelouche è un potente capo bancario di fama pressoché mondiale, con molti al suo controllo. Ma quanto ci vuole a far vacillare questa sua sicurezza?
Avvertimenti: AU
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: C.C., Kururugi Suzaku, Lelouch Lamperouge
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi approdare sui lidi di Code Geass, con questo racconto creato per il contest di AmahyP. Il mio tema era "la paura" e dunque ho cercato di dare vita a qualcosa che non fosse un horror (in pratica ho creato una pappa informe senza significato alcuno).
Spero che possa interessare qualcuno e che possiate riempirmi di consigli (che sono sempre, estremamente apprezzati). xD
A qusto punto... I diritti dei personaggi appartengono ai loro creatori, che ho visto essere tantissimi, per cui cito solo le meravigliose CLAMP... E buona lettura! ^_^


 

Gabbia di metallo

 

Non sapeva perché. Il motivo per cui in quel momento si ritrovava fradicio nel suo ufficio dopo una corsa a perdifiato nella tempesta.
Non sapeva perché le sue gambe stessero tremando... La sua anima stesse tremando. Non riusciva a capacitarsi di come i suoi occhi bruciassero o del motivo per cui era fuggito via, come una lepre, nonostante la sua completa incompetenza nelle attività fisiche.
In quel momento Lelouche Vi Britannia, rampollo di una delle più potenti famiglie bancarie d'Europa, era solo, seduto sulla poltrona davanti alla sua scrivania, in preda al panico. Ed ancora non trovava soluzione ai suoi dilemmi.
Era dunque possibile che proprio lui, capace di esternare le più crudeli bugie senza battere ciglio, di fingere qualsiasi tipo di sentimento ai fini dell'azienda, proprio lui fosse vittima della paura?
Paura di cosa, poi?
Questa era la domanda che più lo preoccupava, perché avrebbe dovuto scavare, ed anche a fondo per capirne la causa.

Si tolse la raffinata giacca in velluto nero e la lasciò gocciolare su una delle sedie per gli ospiti. Il debole suono delle gocce che celeri percorrevano il tessuto fino a cadere sul lindo pavimento veniva amplificato dalla stanza vuota e a luci spente. Quello ed il suono del suo respiro affannato spezzavano la cappa di silenzio che vibrava nell'ufficio.
Si sedette sulla sua di sedia, quella dietro alla scrivania dalla quale dettava legge, e ancora tremante e fradicio appoggiò i gomiti sui bracciali di essa e mise le mani nei capelli cercando di pensare. A come potesse essere giunto a quella situazione: nella quale il suo miglior amico lo tradiva senza troppe remore e diventava segretario dell'acerrimo nemico economico della sua famiglia.
Una pugnalata alle spalle, ecco cosa aveva ricevuto.
E continuava a fremere, forse anche di rabbia, o forse semplicemente perché sapeva di essere rimasto solo.

“Fissare il vuoto tentando di buttare giù la parete con lo sguardo, non ti aiuterà a sbrogliare i tuoi pensieri. O ad asciugarti se è per questo.”
“Non è il momento adatto per i tuoi consigli ironici, Claire.”

Persino la sua voce, nonostante anni di allenamento contro i più feroci banchieri americani, ora sembrava celare un velo d'incertezza. U soffio tremolante e quasi inudibile che lui sentiva attraversare le sue corde vocali senza trovare ostacoli nel suo percorso.
Non era mai stato un debole. E non lo sarebbe diventato ora.
Non per un narcisista che aveva deciso di cambiare strada ed abbandonare tutti. E che, tra l'altro, lo aveva accusato di prendere posizioni estremiste e “rivoluzionarie” che andavano, a volte a collidere con gli interessi dei lavoratori. Lui faceva i suoi di interessi, era un banchiere non un mecenate e poi, una volta raggiunta la cima, poteva permettersi di aiutare gli altri come andava a lui.
Per farlo doveva passare per il cattivo, per il personaggio nel torto... E forse era proprio questo ad attanagliarli le viscere: pensare di essere veramente nel torto.
Scosse la testa come a cercare di rimuovere tutti quei fastidiosi pensieri dalla mente; aveva sempre seguito la sua strada, non sarebbe stato un amico traditore a fargli cambiare idea.
Lelouche non si era mai fermato davanti a niente e non si sarebbe fermato a metà dell'opera.

“Sei un bambino.”
“E tu un'impicciona.”
“Ti prenderai una broncopolmonite.”
“E sia.”

Un'esile figura dai lunghi capelli lisci e lucenti, il cui colore sfuggiva alla vista nella stanza ancora buia, si mosse lentamente e silenziosa verso la scrivania, il suo sguardo costantemente rivolto verso il suo gocciolante e scontroso capo. Come un gatto scivolò verso la sedia destinata agli ospiti e, accortasi dello stato in cui versava la giacca, la sollevò con delicatezza e la pose su uno dei termosifoni alla sua destra. La forma moderna dell'oggetto non aiutava a posizionare l'indumento ma, forse avvezza a queste situazioni, la ragazza riusci a mantenere in bilico l'abito senza farlo cadere rovinosamente a terra.

“Allora, signor maschera di ghiaccio? Vuoi raccontarmi cos'è successo o devo tirare ad indovinare?”

Un grugnito fu l'unica risposta che ebbe. E quando il suo loquace boss non parlava c'era indubbiamente qualcosa che non andava. Tanto più che l'espressione che aveva in volto, una di quelle che ricordava un cerbiatto bastonato davanti al suo persecutore, non era esattamente una delle più comuni. Tutt'altro, era la prima volta che lo vedeva ridotto in quello stato.

“Ok, ho capito. Vado per tentativi.”
“Nessuno te l'ha chiesto.”
“Io invece penso che tu avresti bisogno di un buon psicologo.”
“Oh, si giusto, e saresti tu? Non farmi ridere!”
“Come se fosse possibile farti ridere... Dallo stato in cui ti trovi devo dedurre che c'entri qualcosa tua sorella?”

Stavolta a farle da risposta fu uno sguardo annoiato ed ironico. Il quale stava per un NO secco.
A volte si chiedeva come fosse possibile che nessuno riuscisse a superare le sue maschere, eppure bastava solo un po' di pazienza per vedere al suo interno.

“Dunque deduco che abbia a che fare con Suzaku.”
“Perché devi saltare a queste conclusioni? Cosa sei Sherlock?”
“Ho fatto centro.”
“No.”
“Quanto sei infantile.”

Dalle labbra della giovane uscì una lieve risata, divertita dal comportamento così poco professionale ed immaturo che stava avendo il suo interlocutore. Dal canto suo, il rampollo dei Britannia sembrava seccato ed ancora più agitato. Sapeva che tra le uniche persone in grado di capirlo vi era la sua segretaria, la sua quasi-amante, ma non pensava di essere un libro così aperto da essere compreso con poche frasi. Neppure la sua cara sorellina riusciva a capire i suoi pensieri. Nemmeno il suo migliore amico. Ex-amico, ad oggi.

“Sei tornato correndo in mezzo ad una bufera. E già il fatto che tu abbia corso è rappresentativo di quanto la cosa ti abbia sconvolto.”
“Come fai a sapere che ho corso?”
“Avevi il fiatone”
“Ah, già.”
“Dunque hai intenzione di raccontarmi tutto? O devo andare avanti col terzo grado?”

Un cenno della mano del giovane uomo la fermò dal continuare col suo attacco aggressivo e, alla luce dei lampi che facevano tremare le grandi finestre , era visibile uno scintillio di curiosità e di preoccupazione nelle pupille dilatate. Niente nella sua posizione faceva però pensare ad un atteggiamento impaziente. Calma ed immobile, silenziosa così come era arrivata, aspettava di udire una spiegazione.

“Molto... Molto tempo fa, quando ancora ero un ignaro bambino pieno di sogni e speranze... Anzi, quando entrambi, sia io che Suzaku, eravamo irrecuperabili sognatori, facemmo una promessa. Noi eravamo bambini fortunati, persone agiate, dato che la compagnia di mio padre aveva preso in affidamento quella del nostro fedele maggiordomo a cui permetteva di vivere nel benessere, ma sapevamo che molti altri versavano in pessime condizioni. Così, spinti da uno strano spirito misericordioso, promettemmo a noi stessi che avremmo fatto di tutto per migliorare questo paese.
Poco tempo dopo, sarà stato un annetto, venimmo a scoprire che il mio magnanimo padre... Ecco, non era poi così magnanimo.”
“Non avete poi fatto una grande scoperta. Ti riferisci alla morte della famiglia del tuo amico, vero? Ma non capisco come questo ci porti ad oggi.”
“Se non interrompi forse potrei anche proseguire! Comunque sì... Scoprimmo che l'incidente in auto non era proprio un incidente, ma era mirato a tenere il loro figlio all'interno della famiglia per ereditare le ricchezze di un loro parente in fin di vita. Un parente che non sapevano di avere e di vasta influenza sul mondo politico. Così promisi a Suzaku di tenerlo al sicuro e di aiutarlo a realizzare quel sogno che condividevamo. E lui mi promise di restare al mio fianco. Già ai tempi avevo difficoltà ad inserirmi nei gruppi e a fare amicizia.”
“Non l'avrei mai detto...”
“Vuoi ascoltare o ti caccio fuori dallo studio?”
“Va bene, va bene... Cercavo di allentare l'atmosfera...”

Uno sguardo infuocato le fece chiudere bocca e scomparire il ghigno sulla faccia. Quando era così dannatamente serio non era il caso di mettersi a bisticciare, anche se rendeva l'atmosfera eccessivamente pesante. Aveva sempre avuto un debole per l'effetto drammatico, quel ragazzo.

“Ritornando ad oggi... Ero al café nella Piazza Grande come d'appuntamento. Speravo di trovarmi nuovamente faccia a faccia con Suzaku per una chiacchierata da amici come non facevamo da tempo e invece... Ero anche uscito con questo temporale, nonostante detesti uscire con la pioggia, tutto per incontrarlo e lui... Sai cosa mi dice?! Che ho tradito la nostra promessa, che mi comporto come mio padre! Ha aggiunto che non vuole più rivedermi... Che è stato contattato da un qualche stupido politico e che vuole candidarsi... Beh, certamente non avrà il mio voto!”
“Capisco. A quanto pare non conosce il perché dietro alle tue mosse ed ai tuoi complotti. Come mai non gli hai mai detto niente?”
“Pensavo capisse! E poi... Non potevo certo sapere che la sua parola valesse così poco. Sì, è proprio degno di diventare un politico. Lui ha tradito... Dopo tanti anni...!!”

La rabbia prese il sopravvento e fece sbattere con ferocia il pugno sulla scrivania, facendo sobbalzare la segretaria davanti a lui. Si alzò dalla sedia e si diresse verso le finestre, miscelando il dolore che provava con le nubi cupe del cielo. Forse avevano scelto quella giornata apposta per fasi vedere. E mentre il rombare dei tuoni faceva tremare la stanza, lui sentiva nuovamente quella strana sensazione di paura, quello smarrimento e quell'angoscia che non riusciva a spiegarsi da dove proveniva.

“Ed oltre a ciò? Oltre alla rabbia... C'è qualcos'altro che ti angustia, non è vero?”
“Angustiare... Che razza di termine hai tirato fuori...”
“Non è forse così?”
“Io...”

Nonostante non si fidasse di nessuno e nonostante fosse restio a parlare proprio con quella donna che lo conosceva fin troppo bene, il suo desiderio di togliersi quel dilemma dalle ossa tremanti ebbe il sopravvento. Forse se ne sarebbe pentito a vita, ma aveva bisogno di sapere, di essere sicuro, di non essere nel torto. Voleva essere sicuro di non aver sprecato anni, invano.

“Ho paura. Non so di cosa né perché e non capisco come mai mi lasci così scosso... Ma ho paura.”

Per qualche attimo il silenzio regnò nella stanza, una cappa di domande senza risposta e di stupore che riempiva in maniera fisica la stanza. Poi, una lieve risata divertita, leggera come un soffio sbriciolò quella parete invisibile.

“Non mi sarei mai aspettata una reazione simile da te. Vuoi sapere perché hai paura?”
”Tu lo sai?!”
“Certamente. Hai paura per tutto... e per niente. È naturale provare questo timore ed allo stesso tempo... È stupido. Perché non è qualcosa per la quale dovresti spaventarti.”

Lelouch aggrottò la fronte pensando lì per lì di essere stato sottilmente preso in giro; poi, osservando lo sguardo comprensivo della ragazza iniziò a pensare che ella avesse un qualche contorto pensiero in mente al quale lui non poteva accedere. Forse reggeva il filo della matassa che creava quel fastidioso groppo alla gola. E forse, avrebbe dovuto promuovere quella giovane donna a psicologa della banca piuttosto che farla lavorare come segretaria.

“Ti sembra una gabbia di metallo, vero?”
“Cos..?”
“Questo posto, la tua vita... Ti sembrano una grossa gabbia di metallo da cui non puoi fuggire. O sbaglio? Qualunque cosa fai è un passo in avanti in una direzione ed un passo indietro in un altra. Stai portando avanti il tuo obiettivo, ma le persone accanto iniziano a sparire e... Torni al punto di partenza. Come un cerchio. Come imprigionato. Hai paura di non poter far nulla, di rimanere sempre bloccato in quella gabbia, vero?”
“Forse...”
“Ti stai chiedendo se tutto quello per cui hai lottato non sia in realtà sbagliato, se il tuo cercare di rompere le pareti con le tue forze sia da sostituirsi ad una ricerca della chiave o allo stare fermi. Se tutte le fatiche che hai affrontato fossero vane e se i tuoi sogni non fossero illusioni di un mondo utopico ed irraggiungibile oltre quelle sbarre. Hai paura di te stesso e di dove ti trovi.”

Claire raggiunse con pochi passi il giovane con ancora addosso quell'elegante abito bagnato che stava lasciando pozze sul pavimento. La mano di lei andò a toccargli la spalla e poté sentire sotto ai sui polpastrelli quanto fradicia fosse ancor la camicia e quanto il suo corpo stesse tremando anche se il movimento era impercettibile alla vista.

“Non ho mai avuto paura di niente, e non l'avrò ora! Sono convinto della mia strada e...”
“Non mentire a te stesso. Questo fatto ti ha sconvolto più di quello che pensi.”
“Allora non è una cosa stupida, no? Prima... Prima hai detto che non dovrei spaventarmi, ma...”
“Certo che è sciocco! Pensaci, tutti gli esseri umani vivono in questa condizione, ne hanno dunque paura? No, perché l'hanno accettato. Hanno accettato la loro vita per quello che è, hanno accettato il rischio delle loro azioni, delle loro parole. Lo danno tanto per scontato che anche se lo sanno non ci pensano per niente. Ed è quello che devi fare tu. Non hai niente di cui devi aver timore... Se quello che fai è per una causa che ritieni giusta, se quello che fai è per sostenere qualcuno, continua!
Chissà che quel tuo acido, le sbarre, non le consumi davvero.”
“Credo di non voler più pensare a questo argomento.”
“Ed io cedo che sia la soluzione migliore. Ed ora va a cambiarti! Se i tuoi avversari ti vedessero così... Abbiamo molte cose da fare, c'è anche una conferenza a cui dobbiamo prendere parte. Se ancora credi nelle tue battaglie.”

Il giovane le rispose con un semplice cenno della testa, ma con uno sguardo freddo che non lasciava dubbi: avrebbe superato anche quella sfida, senza remore e con sguardo alto. Attraversò la sala, diretto alla porta d'ingresso per prendere il corridoio che l'avrebbe portato ai bagni. Sulla soglia si fermò un'ultima volt a guardare la sagoma dell'incredibile persona che aveva ad aiutarlo. E se non era il suo amico a capire le sue azioni, in un lontano futuro chissà... Forse sarebbe stato chiaro al mondo.
Chiuse la porta dietro di sé, lasciando nuovamente la stanza nella penombra ed ai guizzi luminosi delle folgori.

La ragazza dai capelli lunghi guardò a lungo l'orizzonte, lo sguardo perso nel vuoto e la mente che naufragava nel tutto. Un sorriso malinconico si dipinse sotto agli occhi che per un baleno parvero color d'ambra, mentre le sue dita giocavano con una ciocca di capelli.

“In questo mondo che non teme niente è proprio chi fa del bene che ha paura di tutto. C'è molto lavoro da fare, ancora.”

   
 
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