Salve
a tutte! Passato un buon ferragosto? Mi auguro di si XD
Visto che non vi ho fatto attendere molto? Ecco infatti il capitolo
23!!! E finalmente, uno degli eventi principali della storia si compie!
Ma cosa succederà adesso? Sarà data la
possibilità ai nostri vampirucci teneri di vivere felici e
in pace? Mmm … insomma, mi conoscete! Preparate le bombole
d'ossigeno e prenotate un posto in cardiochirurgia a Forks, dove un
bellissimo dottore sarà tutto intento a rianimarvi a suon di
baci!
Insomma, si prevede bufera! (in realtà, la mia piccola mente
perversa ha elaborato, - molto prima che uscisse BD, tanto per
assicurarvi che 1 questa storia non contiene spoiler e 2 non ho copiato
niente … tendo a ripetermi, ma alle elementari *trauma non
elaborato* la mia maestra mi accusò di aver copiato, che non
poteva essere farina del mio sacco perché il compito era
fatto troppo bene. Insomma, vi assicuro, questa storia ha il marchio
certificato: Made in Erika's mind. Controllato dall'origine allo
schermo.)
Beh, preparate le cinture. Per intanto, farò vivere qualche
tempo felice alla nostra coppia che, ormai, di coppia ha ben poco. E
poi si sa, quando nascono i figli, finisce la pace! Ma la domanda
è: E se la pace non c'è mai stata? Allora cosa
può succedere? Lo scoprirete presto! (Erika si sfrega le
mani con gli occhietti sbirluccicanti e lo sguardo da sadica
assassina.) uno spoiler? Beh, ci sarà un po' di sangue in
futuro *Erika's style* e non solo quello del parto!
Volevo ringraziare voi che, nonostante fosse Ferragosto, avete letto la
mia storiella. E un grazie anche a tutte coloro che hanno commentato.
Un ultima cosa, sono così felice! Questa ficcy ha raggiunto
quota 152 preferiti!
È, è … splendido! Davvero!
È un regalo bellissimo per me! GRAZIE DI CUORE
Cassandra
*con gli occhi pieni di lacrimucce di gioia*
PS: Io adoro Emmett!
Bella's POV
<
Bella … Stenditi un attimo. >
< No! Esme, sono troppo agitata! Ho bisogno di camminare.
> Percorrevo la stanza avanti ed indietro a passi veloci,
tenendo le mani all'altezza dei reni, sulla schiena. Ogni volta che
arrivava una contrazione, stringevo i denti e serravo gli occhi.
< Lascia che faccia quello che si sente di fare. Se camminare le
fa bene …Come ti senti, Bella? >
< Mi sembra di avere il ciclo … > sospirai e
poi aggiunsi:
< Carlisle … >
< Sì, Bella? >
< Senti, ma sei sicuro di poterlo fare? Non è che
possiamo andare all'ospedale? > la mia voce tremava.
< Bella, è vero, non sono un ginecologo ma ti
assicuro, sono perfettamente in grado di gestire questa situazione. Non
è il primo bambino che aiuto a nascere. Anzi, sappi che
negli ultimi mesi ho anche riletto tutti i manuali per tenermi
aggiornato. E qui abbiamo tutto l'occorrente … Certo, se
preferisci possiamo sempre andare all'ospedale. Abbiamo dei documenti
falsi anche per te. Se andarci ti può aiutare ad essere
più sicura … ti assicuro però che qui
né tu ne la bambina correte alcun rischio. >
"Rischio" A quella parola tremai.
Ero stata calma riguardo al parto fino al momento in cui, in mezzo alla
cucina, non mi si erano rotte le acque.
Poi, una volta resami conto che stavo davvero partorendo, dopo aver
visto la piccola scia di sangue mescolata ad un liquido dal colore
indefinito lungo la mia coscia e aver sentito Carlisle dire: <
Sì, si è rotto il tappo. Adesso dobbiamo
aspettare finché non ti sarai dilatata … Dobbiamo
tenere sotto controllo le contrazioni. >, a quel punto realizzai
che stavo davvero partorendo, che la bambina sarebbe nata di li a poco.
E tutto quello che, fino a quel momento, appariva ai miei occhi come un
futuro indistinto e sfocato, divenne immediatamente reale, troppo reale.
All'improvviso non mi sentii pronta. Era troppo presto, avevo bisogno
di altro tempo. Non mi sentivo ancora pronta.
Dopo averlo gridato dietro ad Esme che, poverina, cercava di
rassicurarmi, Carlisle era intervenuto e aveva cercato di convincermi
che questa paura era del tutto normale e che, sebbene mancassero ancora
circa tre settimane alla data prevista, non c'era niente di cui
preoccuparsi. Ero giovane ed evidentemente la bambina era pronta, dato
che non c'erano stati eventi traumatici che avessero indotto il parto.
Mi aveva visitato e tutto pareva normale. E comunque, mi continuava a
ripetere, erano pronti ad ogni eventualità.
< Ah! > gemetti tenendomi la pancia. Un attimo dopo
Carlisle fu al mio fianco e, tenendomi per mano, mi portò a
sedere sul letto e mi sentì il polso.
Sorrideva.
< Ah! > un'altra contrazione.
Alice era tornata e tentava di nuovo di chiamare Edward.
Sbuffò e riappoggiò il telefono sul comodino, poi
si voltò e, rivolgendomi un sorriso smagliante, disse:
< Se le contrazioni sono regolari, potremmo spostarci in bagno.
>
Era stata sua l'idea dell'acqua calda. Negli ultimi 5 mesi, aveva
frequentato un paio di corsi per gestanti. Diceva che, visto che io non
potevo, sarebbe andata lei e mi avrebbe fatto poi rifare esattamente
gli stessi esercizi. Ed infatti molti miei pomeriggi erano trascorsi
con lei come personal trainer … sotto lo sguardo attento di
Edward. Sono certa che, se non avesse fatto così freddo, lui
mi avrebbe fatto costruire una piscina in giardino.
Naturalmente, in quei corsi di cui Alice era tanto entusiasta, le
signorine elogiavano il parto in acqua e, visto che Carlisle era
d'accordo …
A fatica entrai nella grande vasca con idromassaggio e mi abbandonai
alla ceramica fresca. L'acqua era calda e rilassante.
Ad occhi chiusi facevo dei respiri profondi. Seguivo il ritmo di Esme.
< Dai, Bella, respiri profondi. > La guardai malissimo.
Povera Esme, sapevo che non se lo meritava, ma avrei tanto voluto
tirarle dietro tutto ciò che avevo a portata di mano.
Strinsi i denti quando sentii arrivare l'ennesima contrazione.
Vidi Carlisle armeggiare con una siringa ed improvvisamente, mi sentii
subito meglio, o per lo meno speravo lo credessero gli altri.
< Carlisle, mettila via, non occorre … >gli
feci sorridente.
< Bella, questa ti aiuterà a tenere sotto controllo
il dolore. > e si avvicinò di più a me.
< Esme, aiutala a girarsi … >
< No no no! Va bene così! > dissi
avvinghiandomi ai bordi della vasca.
< Va bene. > mi sorrise e poi aggiunse, appoggiando il
maledetto, piccolo oggetto di vetro sul fasciatoio che, da alcune
settimane si era aggiunto agli arredi del mio bagno.
< avvisami quando ti sentirai pronta. >
Ormai ansimavo. Le goccioline di sudore sulla mia faccia mi
appiccicavano i capelli alla fronte. Era stato inutile legarli in un
alto codino, ormai erano bagnati fradici.
< Alice, quel debosciato non ti ha ancora richiamato? >
Le chiesi al limite della sopportazione.
< C'è la segreteria telefonica. >
< Allora, registra sulla segreteria che sto partorendo.
P.A.R.T.O.R.E.N.D.O. fagli lo spelling, mandagli un videomessaggio, fa
come vuoi, ma cacchio fallo venire qui! >
< Bella, il telefono è ancora spento … ma
ti assicuro, appena lo riaccende, vedrà i messaggi e si
fonderà qui. >
< Me lo auguro per lui. >
Mentre ero lì, con l'acqua che mi arrivava alle ascelle e
gli occhi chiusi, lasciavo che Alice mi massaggiasse le braccia e le
gambe.
< Quanto tempo è passato? > chiesi tra uno
spasmo e l'altro.
< Le doglie sono iniziate circa tre ore fa … >
Aprii gli occhi e sbuffai, espirando.
< Bella, non è colpa mia … >
cercò di giustificarsi lei.
< No, lo so. È colpa sua! Perché tiene il
cellulare spento? Cavolo! >
Alice non mi rispose e continuò a frizionarmi le spalle,
insieme ad Esme.
Quando la sentii irrigidirsi, alzai lo sguardo terrorizzata e la
fissai, nei suoi occhi vitrei.
Carlisle la prese gentilmente per le spalle e la fece sedere per terra.
Le si inginocchiò davanti e, con calma apparente, le
domandò piatto: < Alice, cosa vedi? >
Io mi ero letteralmente irrigidita e cercai di mettermi meglio per
poter spiare da oltre il bordo della vasca.
Esme mi trattenne ma io gridai tra le lacrime: < Alice!
È la mia bambina? Alice? >
Carlisle copriva la sagoma della mia migliore amica, ma alla fine, la
sentii sospirare:
< Ha visto il telefono. Ora ci chiamerà. > a
quelle parole, sentii tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi
contemporaneamente. Risprofondai nell'acqua calda sorretta dalle
braccia di Esme.
Dopo neanche un minuto, il telefonino vibrò.
Carlisle lo afferrò all'istante e se lo avvicinò
all'orecchio.
< Pronto? > si era intanto portato al mio fianco, seduto
sul bordo della vasca.
Sentii chiaramente la voce di Edward, provenire dal piccolo apparecchio.
< Carlisle? Carlisle cosa succede? > era agitato.
< Sta tranquillo. Bella sta partorendo ma va tutto bene. Le si
sono rotte le acque circa tre ore e mezza fa. Voi quanto ci metterete
ad arrivare? >
Ci furono alcuni istanti di silenzio e poi, con voce roca, Edward
bisbigliò:
< La bambina … Elizabeth … è
già nata? >
< No, evidentemente, tutte e due ti stanno aspettando. >
e nello stesso istante, mi accarezzò i capelli.
< Bella sta bene? >
< Passamelo! > bisbigliai e lui mi porse il telefonino,
dopo avermi asciugato la mano con un asciugamano.
Sospirai nell'apparecchio: < Edward? >
< Bella? >
< Tra quanto torni? >
< Sono già sulla strada. > lo sentii
bisbigliare velocissimo qualcosa ad Emmett e poi continuò
velocissimo: < A che punto sei? Ogni quanto hai le contrazioni?
Sei già dilatata? Si vede già la testa? >
< Edward, non sono un medico, non lo so, non lo so! Quindi
è inutile che lo chiedi a me. Chiedilo a tuo padre! >
E gli passai Carlisle. Parlarono per alcuni minuti, durante i quali
Carlisle gli fece un resoconto dettagliato della situazione e,
probabilmente su richiesta di Edward, mi sentii il polso. Quando
finalmente mi restituì il telefonino, mi disse: <
Scusa per prima, solo non mi aspettavo, così presto
… non sarei mai dovuto andare … Oddio, sono
così agitato. >
Nella mia testa pensai: "Certo cretino. Avresti dovuto andare prima,
quando te lo dicevo io." Ma non glie lo avrei certo detto. Si sarebbe
sentito in colpa per i prossimi … diciamo cent'anni?
< Ma no, anzi, è proprio un bene invece. Ci
sarà tanto di quel sangue … > gli dissi
scossa tra un tremito alla sola idea.
< Sì, certo … come ti senti? >
< Edward … come diavolo credi che mi senta? Sto
partorendo! >
< Bella, fa dei respiri profondi … sarò da
te tra pochissimo. Non ti preoccupare. >
< Mi raccomando. > sussurrai prima che arrivasse un'altra
fitta e con essa, un mio grido.
< Cos'hai? > mi chiese terrorizzato.
< Una contrazione. > dissi a denti stretti.
< Ok, ok … sta calma. > dal tono della sua
voce, mi parve che stesse cercando di tranquillizzare più
sé stesso che me.
< Edward, non preoccuparti, va tutto bene … >
dissi. Carlisle mi sorrise, divertito dal fatto che fossi io a
rassicurare mio marito. Mi bisbigliò: < è
sempre così. Alla fine sono le madri a rassicurare i padri.
> sorridemmo entrambi e poi sentii la voce di Emmett nel
telefono. Lui ed Edward stavano litigando.
Alice scosse il capo.
< Bella, stiamo arrivando … >
< Ti stiamo aspettiamo per il gran finale. > gli dissi
ironica.
< Non dovrete attendere molto. >
Prima che le mie orecchie potessero cogliere alcun suono nuovo, Esme,
Alice e Carlisle voltarono il capo verso la finestra che dava sul
cortile. Poi, il rombo lontano di un motore.
< Edward? > gli chiesi interrompendo il suo discorso
riguardo il calore dell'acqua.
Cercava di tenermi occupata.
< Eccoci. > disse mentre il suono si fece più
forte.
Improvvisamente si arrestò e poi sentii una portiera
sbattere. Un istante dopo, la porta del soggiorno cigolò e
poi si spalancò quella del bagno. Carlisle mi
sfilò il cellulare e spense la chiamata. 17 minuti.
Sorrisi ad Edward che corse a lavarsi le mani con del disinfettante.
Subito dopo, si inginocchiò vicino a me e mi
carezzò le guance.
Gli baciai la fronte e lo abbracciai, bagnandogli la camicia pulita,
che sapeva di bucato.
< Bella, Amore … vado su a farmi una doccia.
Così poi potrò aiutarti anche io. Non vorrei che
tu o la bambina entraste in contatto con del sangue …
>
< Sì, non ti preoccupare, non scusarti. Torna presto.
>
Mi baciò la mano e poi scomparve, seguito da Carlisle.
Emmett si sporse nel bagno e, dopo avermi vista nella vasca,irò immediatamente il capo e, con voce imbarazzata cercò di scusarsi: < Scusa Bella scusa, non volevo!
>scappò in camera.
Esme appoggiò sul mio corpo un asciugamano enorme, lasciando
che si inzuppasse completamente, e poi disse:
< Se vuoi, vieni a salutarla … >
Emmett si sporse di nuovo un pochino e, dopo aver controllato che tutto fosse a posto spostando lentamente la
mano che si era messo sugli occhi, mi disse:
< Davvero, Bella, mi spiace tantissimo. Se avessi saputo! Ma come potevo pensare che tu …
proprio questa notte …>
Se non fosse che era grande e
grosso, sarebbe potuto benissimo sembrare un bambino. Ero certa che se
avesse potuto, sarebbe arrossito.
< Beh, fai sempre lo sbruffone … e adesso non vieni a
salutare tua sorella che sta facendo nascere tua nipote? >
Alice rise e poi Emmett entrò, lentamente come se ci fosse
una bomba. Stava trattenendo il respiro. Nonostante il mio sangue fosse
disperso nell'acqua, il suo odore doveva essere molto forte.
Strinsi l'asciugamano al mio corpo, ancora immersa fino al seno.
Emmett mi diede una pacca gentile sulla spalla e poi mi disse:
< Beh, senti … allora … > grande,
grosso ed impacciato. Mi faceva persino tenerezza.
< Ehm … vedi di far nascere questa mocciosetta in
fretta … eh, auguri, sì insomma, hai capito
… >
< Certo Emmett, grazie. >
< Prego. > si fissava le scarpe mentre mi parlava.
< Em. > era la voce di Edward.
< Emmett, è arrabbiato con te? > Gli chiesi
preoccupata. Lui scosse le spalle e disse:
< Sai, non ha apprezzato il fatto che gli avessi spento il
cellulare di nascosto. In realtà, ero in buona fede. Volevo
che si distraesse completamente. Ed è per lo stesso motivo
che ho lasciato a casa il mio. Quando se ne è accorto, non
ne è stato proprio entusiasta. Se non fosse che gli servivo
per guidare mentre era intento a parlarti, sono certo che mi avrebbe
staccato la testa. > risi per poi sentire un'altra contrazione,
più forte delle precedenti, tanto forte da togliermi il
fiato.
Le mie mani corsero al pancione mentre Emmett si allontanava spaventato.
Quando riuscii a parlare di nuovo lo presi in giro: < Ma come,
fratellone, ti diverti a cacciare i Grizzlie e poi hai paura di una
donna che partorisce? >
Lui non mi rispose e poi Edward entrò nella stanza. Adesso
indossava una tuta. Fulminò Emmett con lo sguardo e poi si
accovacciò al mio fianco.
< Senti, Bella, io vado … di là
… >
< Va bene, Emmett, ci vediamo dopo. >
< Sì, due ragazzine al prezzo di una >
scherzò lui prima di sparire in un lampo.
Arrivò anche Carlisle, anche lui si era cambiato ed
indossava una tuta.
Esme ed Alice andarono a mettersi dei vestiti più comodi.
< Perché questo assalto al guardaroba? >
chiesi preoccupata.
< Sta per cominciare la parte più …
diciamo che è meglio avere degli abiti facilmente lavabili.
>
< Ah … > fu la mia risposta. A giudicare dalla
reazione di Edward, presumo che il mio sguardo fosse carico di terrore.
Si chinò su di me e mi abbracciò stretto,
accarezzandomi la schiena lentamente. All'orecchio mi
sussurrò: < Andrà tutto bene. >
Mi appoggiai a lui e cercai di rilassarmi. L'acqua era ancora
caldissima e il contrasto con la pelle gelata di Edward era notevole.
Chiusi gli occhi e lasciai che Edward cantasse la mia ninnananna.
Quando, all'ennesima contrazione, emisi un urlo strozzato, sentii Alice
dire: < La portiamo in camera adesso? > erano tornate.
< No, è ancora presto. Ne avrà ancora per
un bel po'. >
< Cosa? > urlai io. < No! Ma come? >
< Eh sì, sei solo all'inizio. >
< Ma quanto tempo è passato?>
< Circa quattro ore e un quarto.>
< E immagino che più andrà avanti,
più farà male … > a quella mia
affermazione, Carlisle ammiccò verso il fasciatoio e la
siringa luccicò alla luce dell'alba, minacciosa.
Mi strinsi ad Edward e poi venni colpita da un'altra ondata di dolore.
Il grido scivolò dai miei denti serrati. Cominciai a capire
mia madre che, quando mi facevo male, mi diceva: "con tutta la fatica
che ho fatto per partorirti, per
favore vedi di fare più attenzione"
Cavolo che male. Passò altro tempo, non so quanto.
Ormai le contrazioni si erano fatte sempre più vicine.
Quando ormai passava talmente poco tempo tra una e l'altra che a stento capivo quando il dolore finiva e quando ricominciava, Edward mi
prese in braccio ed Esme mi diede un'asciugata veloce. Poco dopo
eravamo in camera. Carlisle voleva che la parte finale del parto avesse luogo in un posto asciutto, dove potesse seguirmi ed aiutarmi meglio.
Sul letto i cuscini formavano un muro a cui Edward
mi fece appoggiare con la schiena. Sotto le ginocchia Alice mi
posizionò altri cuscini.
Stare lì, con le gambe divaricate era a dir poco
imbarazzante, ma l'imbarazzo svanì nello stesso istante in
cui tutto il mio copro fu avvolto da un altro spasmo. Edward era seduto
al mio fianco e mi teneva la mano. Il suo braccio libero mi cingeva le
spalle. Appena il dolore si fu placato un attimo, mi infilò una larga camicia da notte.
Ogni volta che arrivava il dolore, mi piegavo in avanti.
I miei capelli e il mio corpo erano percorsi da rivoli di sudore.
Senza che neanche me ne fossi resa conto, cominciai ad urlare a tutti
polmoni.
Sentii Carlisle dire: < Ok, è in travaglio
… >
Appena ripresi fiato, sentii la porta d'ingresso sbattere di colpo.
Fissai Edward stupita e lui disse: < Emmett non sopporta le
urla. Credo sia scappato. > Alice fissava oltre la finestra suo
fratello che andava a prendere una boccata d'aria.
< E così lo avevi visto, Alice … >
e lei annui sorridente. Sorrisi anche io, prima di ricominciare ad
urlare, all'ennesima contrazione. Con la mano libera strinsi il lenzuolo.
Non feci a tempo a rilassarmi che di nuovo, mi ritrovai ad urlare con
il sudore che mi gocciolava dalla fronte. Sentii le lacrime agli angoli
degli occhi e non provai neanche a fermarle.
Quando ormai era mattina, Carlisle finalmente disse, in una
pausa tra le mie urla:
< Ecco, ora riesco a vedere la testa. > a quelle parole,
cercai di respirare più profondamente. Aprii gli occhi
bagnati e vidi Esme. Sembrava così emozionata …
ed in attesa, con un asciugamano bianco e soffice tra le mani, pronta
ad accogliere la mia bambina. Un'ombra di tristezza le velava il viso.
Chiusi immediatamente gli occhi quando mi sembrò che il mio
ventre venisse squarciato.
Invece del solito urlo, gridai: < Edward! Primo e ultimo figlio!
> Appoggiò le sue labbra sulla mia guancia e non mi
rispose. Cercai di guardarlo negli occhi e vidi che erano nerissimi.
< Bella, spingi. > Questo era Carlisle. < Spingi
forte quando te lo dico. > Annuii.
< Ora. > e io obbedii urlando. Sentivo il sangue che
bagnava le lenzuola. < Ferma … > e mi
rilassai, buttandomi contro i cuscini. Troppo presto Carlisle mi disse:
< Ancora. > ed io spinsi.
Ogni volta m'irrigidivo per poi rilassarmi.
< Ancora qualche spinta, forte … dai che sta
nascendo. Segui il mio respiro. > mi diceva Edward. Provavo
l'istinto di tirargli un pugno ma feci come mi diceva.
< AAAAAAAAHHHHHHHH > gridai mentre spingevo con tutta la
forza che avevo in corpo. Se ci fosse stata una seconda volta, avrei
implorato Carlisle di farmi quella maledettissima puntura.
< Spingi > Mio suocero era calmissimo, mentre Edward mi
stringeva convulso la mano.
L'ultima spinta fu accompagnata da un dolore persino più
atroce dei precedenti. Uno spasmo terribile.
Quando al mio urlo acutissimo sentii unirsi, dopo quello che mi parve
il suono di uno schiaffo, un altro grido, disperato, sentii che il mio
cuore perse un battito. Edward, che guardava davanti a noi rapito, si
voltò velocissimo ad osservarmi, per assicurarsi che stessi
bene. Mi sorrise mentre io piangevo come una scema. L'ombra del dolore
era ancora presente nel mio ventre adesso piatto. Ansimavo ancora.
Edward mi tenne seduta mentre Alice toglieva i tanti cuscini da dietro
la mia schiena, lasciandone solo uno. Mio marito mi
riaccompagnò sdraiata e mi accarezzò il volto.
Tenendo gli occhi chiusi, sussurrai:
< La bambina, voglio vederla. > la sentivo urlare.
Gridava così forte …
poi, qualcosa di caldo e bagnato venne appoggiato al mio petto, Dopo
che Edward mi ebbe slacciato la parte superiore della maglietta,
lasciando scoperto il seno. Nonostante la stanchezza, aprii gli occhi e
sorrisi quando vidi quella piccola creatura coperta di sangue. Era
minuscola. Tutta grinzosa e ricoperta di sangue e di uno strano liquido
biancastro. Vidi che le era già stato reciso il cordone
ombelicale.
Le appoggiai le mani sul capo e la cullai lentamente, piangente. Lei
continuava a gridare, e quel suono mi riempì il cuore di
gioia.
Teneva i pugnetti stretti e la boccuccia aperta, ma non sembrava
cercare il mio seno. Tremava.
< Ha freddo? > chiesi spaesata. Carlisle
l'allontanò da me, togliendola dalle mie braccia ed
affidandola ad Esme. Al mio sguardo preoccupato, mi disse: < Tu
intanto riposa, io la devo visitare e le dobbiamo fare il bagno.
> mi voltai lentamente verso Edward. Gli dissi: <
Faglielo tu … > Sapevo quanto ci tenesse. Mi
accarezzò la fronte e, dopo un bacio sulle labbra,
svanì. Il pianto proveniva ora dal bagno.
Senza che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, Carlisle si avvicinò e, senza preavviso o spiegazione, premette
il dito indice sotto l'ombelico.
Gridai. tra due lacrime sfuggite alle mie palpebre, lo fissai sorpresa e adirata.
Lui mi accarezzò e mi disse: < Va tutto bene, semplice controllo di routine. >
Poi, dopo avermi dato un bacio sulla fronte sudata, si diresse in bagno.
Esausta, chiusi gli occhi e, ormai lontana dal dolore del travaglio, mi
addormentai, persino troppo stanca per sognare.