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Autore: Wild imagination    23/06/2014    5 recensioni
Kurt e Blaine, con una storia un po' diversa da quella che conosciamo, questa volta sono separati da qualcosa che sembra davvero più grande di loro.
E pensare che c'è ancora qualcuno che dice: "lontano dagli occhi, lontano dal cuore".
Dal testo:
"Quando tornerai a casa?"
"Tra soli quattro mesi"
120 giorni...
2880 ore...
"10 milioni e 368 mila secondi, Kurt", interruppe i suoi calcoli il moro, con uno sbuffo divertito. "Posso sentire il tuo cervello macinare da qui".
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I'll come back to you


Il ragazzo si sistemò a gambe incrociate sul letto, raddrizzando la schiena e iniziando a gesticolare ampiamente con le mani. Il pc in bilico sulle sue ginocchia dondolava pericolosamente.
"... e poi Rachel ha iniziato questo strano regime pre-spettacolo in cui manda giù litri e litri di the ai fiori di loto (che si ostina a chiamare Nelumbi), che, ovviamente, deve coltivare sul balcone e..."
Si interruppe all'improvviso, spostando di nuovo lo sguardo sullo schermo del computer. 
Incontrò due occhi color miele leggermente sfuocati, che gli restituirono un'occhiata silenziosa. 
Blaine aveva il mento appoggiato sul palmo della mano, e il viso illuminato da una luce artificiale verdognola, che dava alla sua pelle ambrata una sfumatura impalpabile. Le sue labbra erano leggermente arricciate verso l'alto, in un sorriso dolce.
"Ti amo", sospirarono contemporaneamente dopo qualche istante. 
Una lacrima scivolò velocemente lungo la guancia di Kurt, bagnandogli il colletto della camicia, e lui distolse lo sguardo, fissandolo in un punto qualsiasi del muro accanto a sè. Il riccio poteva vedere il suo petto scosso da tremori, come se stesse tentando di non singhiozzare. 
"Ehi, ehi. Non piangere, amore. Guardami", lo richiamò, avvicinando una mano allo schermo come se volesse asciugargli le lacrime; esattamente come avrebbe fatto se fosse stato lì con lui. Il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore quando si rese conto che non avrebbe potuto consolarlo. Sentì il cuore stringerglisi in una morsa quando quegli occhi color del cielo, arrossati e gonfi, tornarono a specchiarsi nei suoi. 
"Io... sì, scusami", soffiò Kurt con voce provata, passandosi una mano sul viso. "E' solo che..." Indicò con un gesto vago l'uniforme verde militare di Anderson, e inspirò rumorosamente. 
Blaine seguì con gli occhi il punto indicato dalle sue mani, e sembrò ricordarsi solo in quel momento di avere ancora addosso la cintura con le cartucce, gli anfibi neri e il giubbotto antiproiettile. L'elmetto giaceva sul letto accanto a lui, rovesciato, e sul fondo di esso si poteva distinguere una fotografia.
Entrambi sorrisero teneramente al ricordo. 
Era stata scattata durante il loro primo appuntamento, da alcuni amici appostati dietro ad un cespuglio. 
Come al solito. 
Li ritraeva in una calda e limpida sera di giugno; il cielo era terso e spirava una leggera brezza che scompigliava loro i capelli, e che profumava di sole. Erano appoggiati al bancone di uno stand della fiera, uno di quelli in cui devi sparare a delle lattine ammaccate che si muovono in circolo e vincere un orsacchiotto di peluche sgangherato. 

Inutile sottolineare che Kurt era completamente negato. A sua discolpa bisogna dire che la pistola finta era dannatamente simile a quelle vere, e i bersagli si trovavano a circa sette metri di distanza. 
Perchè non aveva scelto una cosa più semplice come la pesca delle paperelle?
All'ennesimo colpo mancato, Blaine aveva tentato di mascherare una risata con un colpo di tosse, guadagnandosi un'occhiata omicida dal compagno.
Solo a quel punto il riccio gli si era avvicinato, facendo aderire il proprio busto alla sua schiena.
Aveva sentito il più alto irrigidirsi per la sorpresa, per poi recuperare un minimo di contegno e tentare di rialzarsi dal bancone su cui si era piegato. Aveva sorriso emozionato, avvertendo il proprio cuore aumentare i battiti. 
Nonostante l'evidente complicazione della sua altezza, Blaine aveva avvicinato le labbra all'orecchio di Kurt, posizionando le mani sulla sua vita e trattenendolo vicino a sè. Poteva sentire il calore emanato dalla pelle dell'altro, che aveva assunto un'imbarazzata tonalità bordeaux.
"Devi impugnarla così", aveva sussurrato con voce calda, aggiustando la presa delle sue mani sulla pistola. 
Le dita affusolate di Kurt tremavano a contatto con le sue.
"Tieni il medio, l'anulare e il mignolo sotto il guardamano del grilletto...", mentre parlava, si tratteneva a malapena dallo strofinare la punta del naso contro il collo del più alto: aveva un profumo meraviglioso.
Quest'ultimo aveva deglutito rumorosamente, facendo come gli veniva detto. 
"Ora assicurati che il mirino anteriore sia leggermente più in basso rispetto al punto che vuoi colpire, e mettilo a fuoco"
Hummel aveva eseguito, tentando di mantere il respiro regolare. Aveva socchiuso l'occhio sinistro, evitando di focalizzarsi sulla mano abbronzata del moro che accarezzava la sua. 
"Al mio tre... 1...2... 3"
Si era sentito uno scatto secco e, quasi nello stesso istante, una lattina arancione era caduta dalla sua postazione con un rumore metallico. 
"Ce l'ho fatta!" aveva esclamato Kurt, spalancando gli occhi azzurri e girandosi solo per ritrovarsi faccia a faccia con Blaine.
"Ce l'hai fatta", affermò questo, gli occhi luminosi che non riuscivano a lasciare le labbra rosee dell'altro. 
Non capirono mai chi dei due si fosse avvicinato per primo, ma un secondo dopo si stavano baciando dolcemente. 


"Te lo ricordi?", chiese all'improvviso Anderson, prendendo l'elmetto in mano e accarezzando distrattamente la foto stropicciata. 
Kurt sollevò un sopracciglio in risposta, gli occhi quasi completamente asciutti. "Penso che non riuscirei a dimenticarmente neanche volendo", borbottò. "In senso buono, ovviamente. Sei sempre stato un esibizionista", si sentì in dovere di aggiungere, notanto l'occhiata stranita del riccio al di là dello schermo. Questo si aprì in un sorriso a trentadue denti, che probabilmente illuminò tutto il dormitorio in cui erano accampate la truppe americane. 
"Mi manchi", fu solo un sospiro spezzato, quello di Kurt. Il suo viso si fece ancora più pallido del solito, e le sue labbra divennero esangui. Iniziò a tormentarsi le mani, come pentendosi di esserselo lasciato sfuggire, di essersi mostrato così debole. Era Blaine quello d'istanza in Afghanistan, lui avrebbe dovuto sostenerlo, incoraggiarlo, farlo sentire al sicuro... 
Ma era più forte di lui. Non poteva sopportare, non poteva concepire l'idea di non vederlo tornare a casa. Probabilmente si sarebbe rifiutato di crederci; avrebbe continuato ad aspettare, giorno dopo giorno, che ricomparisse sotto la loro veranda, magari con un mazzo di fiori e una scusa farfugliata che sarebbe stata soffocata dalle labbra di Kurt. Al solo pensiero il suo stomaco si contrasse dolorosamente, portando con sè una sensazione di nausea che gli invase la gola.  Molti dicono che perdere qualcuno che si ama equivalga a rimanere mutilati, ma Kurt sapeva che non era così. Perdere Blaine avrebbe significato morire continuando a vivere. O vivere continuando a morire. Magari questo non aveva alcun senso, ma era così che si sentiva. 
"Anche tu, Kurt", rispose il moro, i suoi occhi divenuti un lago di tristezza. "Mi dispiace che tu debba soffrire in questo modo..."
Il castano si ritrovò a sorridere con aria esasperata, nonostante tutto. "Oh, Blaine", lo rimproverò, "quando imparerai a preoccuparti per te stesso?"
Anderson si strinse nelle spalle con aria imbarazzata, mugugnando qualcosa di incomprensibile e iniziando a giocherellare con un filo che penzolava dalla manica dell'uniforme. Sembrava davvero un ragazzino in quel momento, e Kurt si innamorò di lui un po' di più.  "Quando tornerai a casa?"
"Tra soli quattro mesi"
120 giorni...
2880 ore...

"10 milioni e 368 mila secondi, Kurt", interruppe i suoi calcoli il moro, con uno sbuffo divertito. "Posso sentire il tuo cervello macinare da qui".
Hummel gli fece una linguaccia, sorridendo suo malgrado. 
Si preoccupò quando vide le sopracciglia perfettamente triangolari del suo fidanzato contratte e il suo viso adombrato. "Odio non poter essere lì per il tuo debutto a Broadway",  sbottò questo, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
"Non preoccuparti, amore. Ti prometto che ti racconterò tutti i dettagli quando tornerai a casa", lo rassicurò Kurt, scrollando le spalle.
"Ma io dovrei essere lì a dirti che sei adorabile, a tirare ombrellate ai fan che si avvicinano troppo, a farti arrossire davanti alle telecamere, a portarti i fiori in camerino perchè sei il più grande cantante che Broadway abbia mai avuto, e..."
"Ti amo", interruppe il suo sproloquio il castano, poggiando il pc ai piedi del letto e distendendosi prono. Gli regalò un sorriso innamorato, inclinando la testa su una spalla, e Blaine potè quasi sentirlo accanto a sè.
"Ti amo anch'io", si portò una mano alle labbra, mimando un bacio, e poi la poggiò sullo schermo del laptop. Qualche istante dopo Kurt fece lo stesso, sovrapponendo le proprie dita affusolate alle sue.
E per un momento, solo uno, gli sembrò percepire il calore di quei polpastrelli attraverso il freddo monitor.
"Tornerò da te, te lo prometto".


Kurt era al centro del palco, nascosto dal sipario borgogna che oscillava avanti e indietro, in un movimento quasi ipnotico. Inspirò profondamente, scogliendo i muscoli irrigiditi delle spalle e tentando di fermare il battito forsennato del proprio cuore. Lisciò delle pieghe immaginarie sul proprio costume di scena.
Sognava quel momento da tutta una vita, e non poteva fare altro che dare il meglio di sè.
Le quinte erano buie e silenziose, mentre dall'uditorio proveniva un mormorio concitato attutito dallo spesso tendaggio. 
Uno dei tecnici richiamò la sua attenzione, facendogli capire che tra un minuto avrebbero aperto il sipario.
Kurt annuì rigidamente, la mascella serrata. Sentiva il sangue, l'adrenalina e l'ansia scorrergli velocemente nelle vene in un unico, agitato flusso. 
Aveva bisogno di Blaine come non mai. 
Aveva bisogno che lo prendesse per mano e strofinasse le labbra sulla sua tempia, avvolgendolo col suo familiare profumo. 
Se fosse stato lì, Hummel si sarebbe rifiutato di farsi baciare. Poi mi distraggo e dimentico le parole, avrebbe detto, con un sorriso imbarazzato. Blaine avrebbe fatto finta di assecondarlo, annuendo con serietà, per poi scoccargli un bacio all'angolo della bocca e correre giù dal palco prima che il sipario fosse completamente aperto, lasciandolo interdetto e con le pupille dilatate. 
Il controtenore sorrise, mentre le luci iniziavano a filtrare attraverso lo spacco che si stava formando fra le tende borgogna.
Coraggio.
La sua entrata in scena fu accolta da un fragoroso applauso, e Kurt potè vedere Rachel seduta in prima fila, che accarezzava la spalla di un Burt già sull'orlo delle lacrime.
Quella sera cantò per suo padre, per Carole, e per i ragazzi del Glee seduti nelle prime file, che si stavano evidentemente trattenendo dall'alzarsi in piedi e cominciare a fischiare come forsennati, agitando striscioni che, ne era sicuro, avevano nascosto sotto le poltrone di velluto. 
Cantò per il se stesso di sedici anni, che guardava a ripetizione il musical di Evita, senza riuscire a trovare il proprio posto nel mondo, ma che non si era mai arreso.
Cantò per sua madre.
Ma soprattutto, quella sera cantò per Blaine. 

Kurt si inchinò per l'ennesima volta, con le lacrime agli occhi.
Il pubblico si era alzato in piedi e si stava esibendo in una standing ovation. I ragazzi del Glee erano quasi riusciti a far partire la hola in tutta la platea, e li si poteva sentire intonare un orgoglioso 'Ku-urt Ku-urt'.
Quando il sipario fu chiuso, il controtenore si affrettò a scendere dal palco,  senza curarsi di usare le scale.
Cercò di attraversare il più velocemente possibile le quinte, sebbene fosse ostacolato da tecnici, co-protagonisti e comparse che lo fermavano per congratularsi e tirargli pacche amichevoli sulle spalle. 
Arrivò al piccolo salotto su cui si affacciavano i camerini degli attori principali, e riconobbe immediatamente le voci concitate dei suoi amici che tentavano di convincere il membro della sicurezza a farli accedere dall'uditorio.
"Ma lo sa da dove vengo io? Io vengo da Lima Heights Adjacent, e le assicuro che la prenderò a calci nel sedere se non mi lascerà andare a salutare Lady Face!"
"Io sono Rachel Berry, per Barbra! Ha visto il revival di Funny Girl? Indovini chi è la protagonista? IO!"
"Susu, buon uomo. Le pulirò gratis la piscina... Non ha una piscina...?"
Kurt decise di fermare quello scempio quando Puck iniziò a racimolare soldi per corrompere il pover'uomo.
"Josh, lasciali passare!"
Il membro della sicurezza si spostò da una parte, con espressione allucinata, permettendo a quella fiumana di pazzi di riversarsi nel salotto. "E ci voleva tanto?", mugugnò qualcuno, passandogli accanto. 
Hummel fu sorpreso di non essere stato subito assalito da venti paia di braccia, mentre osservava il gruppo compatto a pochi metri da lui esibirsi in un ghigno divertito. Burt e Rachel, in particolare, lo squadravano con occhi lucidi e pieni di aspettativa.
"Ragazzi...?", domandò, sollevando un sopracciglio con aria interrogativa. "Ma non mi avete portato neanche dei fiori!", aggiunse ridacchiando dopo qualche istante, accennando alle loro mani vuote. "Potrei offendermi seriamente..."
"Veramente, io li ho portati". Lo interruppe una voce nascosta in mezzo agli altri.
Kurt si congelò sul posto, e il suo cuore perse una dozzina di battiti.
Il respiro gli si mozzò in gola quando realizzò che quello era...
Il sorriso sul volto dei suoi amici si tese mentre si aprivano in due ali, mostrando una figura impacciata, in parte ancora coperta da un enorme mazzo di rose rosse e gialle. 
"Blaine", le labbra di Hummel si mossero senza emettere alcun suono.
Non era possibile che fosse lì, non poteva crederci, non--
Il riccio inclinò la testa sulla spalla, guardandolo con occhi pieni di qualcosa impossibile da definire. "Sorpresa", sussurrò impercettibilmente. 
Due grandi lacrimoni scivolarono lungo le guance nivee del controtenore, mentre le sue ginocchia iniziavano a tremare, minacciando di farlo cadere. 
Non c'erano più i tecnici che correvano su e giù per i corridoio, Carole che singhiozzava, il pubblico che usciva dal teatro accompagnato da un chiacchiericcio costante, le luci che si spegnevano... C'era solo Blaine. 
Lì, a meno di due metri da lui, con il sorriso più bello che avesse mai visto. 
Aprì e richiuse la bocca, annaspando per l'emozione, senza sapere cosa dire o come dirlo.
Stava provando così tanto e  tutto insieme che faceva quasi male.
Sbattè velocemente le palpebre, giusto per essere sicuro di non star sognando. Blaine era ancora lì, con la mano tesa verso di lui e le iridi in tempesta. 
Kurt si avvicinò lentamente, passo dopo passo, senza staccare gli occhi dai suoi. Quando gli fu abbastanza vicino intrecciò le dita alle sue, calde e rassicuranti; entrambi socchiusero gli occhi al contatto, sospirando.
Un istante dopo, il castano si era lanciato su di lui, intrecciandogli le braccia al collo e affondando il naso fra i suoi ricci. Blaine lo sostenne per la vita, facendo cadere il mazzo di fiori. 
"Ti sei messo il mio profumo", commentò dopo qualche istante, strofinando il naso sul suo collo.
"No, non è vero", borbottò Kurt, con aria poco convinta. 
Anderson ridacchiò, soffiando aria calda sulla sua gola. "Mi dispiace non essere riuscito a cambiarmi prima di venire, ma ero in ritard---"
Il controtenore si accorse solo in quel momento che l'altro stava ancora indossando l'uniforme verde militare.
Soffocò le sue scuse premendo le labbra sulle sue, e avvertì l'altro sciogliersi fra le sue braccia. "Sei tornato, è tutto quello che importa."
"Sono tornato da te".









-Note dell'autrice-
Come sempre, un grazie enorme va a quelle persone che sono state costrette a leggere in anteprima la ff e hanno coraggiosamente rischiato di farsi venire il diabete, e a quelle che sono arrivate alla fine.

 
  
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