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Autore: kloser88    19/08/2008    13 recensioni
è la storia, interpretata da me, del giorno in Chester Bennington, vocalist dei Linkin Park, se sentì male mentre era a casa e dovette essere portato all'ospedale.
Non sono sicura delle fonti di questo fatto ma ho avuto voglia di costruirci su una storia che risaltasse anche l'amicizia tra due componenti: Mike Shinoda e Chester Bennington.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Introduzione:È la storia, interpretata da me, del giorno in Chester Bennington, vocalist dei Linkin Park, se sentì male mentre era a casa con sua moglie e dovette essere portato all'ospedale.
Non sono sicura delle fonti di questo fatto ma ho avuto voglia di costruirci su una storia che risaltasse anche l'amicizia tra due componenti: Mike Shinoda e Chester Bennington.
Volevo anche descrivere come si sentisse il nostro Chazy Chaz prima e dopo l’esperienza...beh anche durante XD così per chi non capisse di chi o cosa si sta parlando dico a tutti che il personaggio in quei momenti ricorda gli abusi subiti durante la sua infanzia T_T (ho scritto la storia come se fosse il padre ad aver abusato di Chester ma in realtà non era lui)
Spero che vi piaccia commentate in tanti ^^

The Sign Of Time . . .

Era una giornata NO per Chester Bennington. Anzi, sarebbe stata una giornata NO per Chester Bennington...
Bellissima e splendente con un cielo limpidissimo ma anche una di quelle giornate che ti cambiano la vita e ti lasciano il segno...un segno profondo e soprattutto permanente.
Mike Shinoda si era svegliato con un perfetto ritardo per andare in studio e grazie a quel sole brillante i cui raggi gli colpivano la faccia era riuscito a capire che erano almeno le undici passate.
Tanto passate.
‘Questo mi costerà una cena da Mc Donald’s per tutti...’ pensò un po’ seccato mentre metteva il portafoglio in tasca ‘ bè oggi ho proprio voglia di Mc Donald’s’ concluse di botto. Era una cosa tipica di Mike Kenji Shinoda, ovvero Shinizle come lo chiamava il suo DJ... non si scoraggiava mai quel ragazzo dai lineamenti orientali, era un dono... anche se delle volte risultava assai imbarazzante essere gasato per un’idea che tutti trovano alquanto noiosa.
Ma quel giorno o meglio, a quell’ora che poi verrà nessuno che conoscesse Mike avrebbe mai detto che riuscisse ad essere cosi sensibile...vulnerabile e allo stesso tempo forte quando NESSUNO aveva il coraggio di esserlo.
Forse è contraddittorio ma Mike è un ragazzo che ti riusciva a sorprendere sempre.
Dopo una veloce colazione rigorosamente a base di frutta che aveva preparato Anna, Mike uscì con la brezza californiana che gli scompigliava i capelli castani...

12:47
“A quanto pare mancano solo Chaz e Mike, noi possiamo anche cominciare no?” suggerì Brad, il chitarrista, mentre girava sulla poltrona girevole sgranocchiando patatine a non finire “Cipster is now!!”urlò poi.
“Quei due non si degneranno mai di arrivare puntuali per una volta!” commentò Joe sbirciando il suo orologio.
“Non possiamo andare avanti quindi...” Dave fisso Brad e si mise a ridere.
“Yuppi!!” esclamò Brad dandosi una spinta con il piede per girare veloce.
“Tu rimarrai in eterno a girare su quella sedia...” commentò poi Dave
“che tra l’altro è mia” lo interruppe il loro manager.
Dave riprese più divertito “finche Chester non arriverà con le chiavi della nostra sala prove”

‘Giornata tipo’ pensò Rob fissando un punto vuoto ‘registrazione in ritardo, Brad si sta per suicidare o di infarto per obesità o perché cadrà da quel coso, Joe si lamenta, Dave inizia con il sarcasmo e Jay sta seriamente pensando di buttar giù dalla sua poltrona Brad...’ a quest’ultimo pensiero rise tra se e se.
Rob era forse uno dei pochi componenti “normali” della band, il ragazzo timido e riservato, il più piccolo... in età, perché Rob sebbene fosse quello giovane era quello più alto e atletico tra i sei amici. Troppo maturo e troppo bravo con la batteria per la sua età Rob si era ritrovato a cercare amici più grandi di lui, ecco come aveva conosciuto Mike, in realtà era Mike che veniva a sentirlo suonare ai tempi del liceo con una faccia da fesso allibito e Rob se ne compiaceva e anche tanto, anche se non lo dava a vedere...alla fine erano diventati ottimi amici.
Ma non così amici come Chaz e Mike, Chaz era l’ultimo arrivato, ‘la new entry’ della band e anzi che essere quello più sulle sue era risultato il più socievole attirando subito l’attenzione del MC.

Erano come gemelli differenti uno dall’altro in qualsiasi tipo di particolare ma identici sotto ogni punto di vista...Mike e Chaz.

12:53
Era stato il fato, era stato il fato quello che aveva fatto sognare a Chaz il suo migliore amico.
Chester la considerava una fissa questa cosa del fato ma ‘era bello lasciare un po’ di mistero a questo mondo ’ si ripeteva, lo emozionava tantissimo...ma forse ci credeva solo se di mezzo c’era Mike, per lui era speciale quel fottutissimo ragazzo, così speciale da sognarlo subito dopo la sbornia che ci aveva fatto. Beh, così non sembrava tanto speciale...
“Sam hai intenzione di farmi morire prima di svegliarmi?” sussurrò Chester Bennington al suo cane che gli leccava tutta la faccia.
Se ci pensate però è una domanda terribilissima da fare...
Il cucciolo di Draven continuava perennemente a lavare il suo padrone però, mentre Sam dormiva beata di fianco a suo marito.
“L’abbiamo già fatto ieri sera, tesoro lasciami dormire...” continuò il cantante semiaddormentato rigirandosi tra le lenzuola mentre il cucciolo di Draven continuava nella sua impresa.
Era il regalo di compleanno di Draven, Mike l’avevo portato su richiesta dell’amico e Chaz l’aveva nascosto nell’armadio, non era molto carino da fare ma doveva tenere nascosto il cane per un giorno a costo di farsi ammazzare da Samantha per qualche vestito strappato dal regalo di compleanno di suo figlio.
‘Papà voglio il cane della Scottex!!’ ripeteva in continuazione, così Chaz gli aveva preso il Labrador Retriver.
“Papaaaaaaaaaaaà...sveglia,sveglia,sveglia!!” urlò Draven entrando in camera e piombando tra i due sul letto.
“Hey, buongiorno ometto!” disse alzandosi a sedere e nascondendo il cucciolo sotto le lenzuola “dormito bene?” domandò per distratte il figlio dall’insolita protuberanza che scodinzolava tra le gambe.
“Eh,si... ma Mike e Joe ridevano troppo, erano ubriachi papà?” domandò il piccolo ‘m’è uscito troppo intelligente per avere tre anni, Dio’ pensò Chaz sorridendo.
“No. Erano felici...felici perché...”
“Perche oggi divento grande, giusto?” disse entusiasmandosi “tre anni!!” continuò mettendo davanti alla faccia del padre la sua mano con le tre ditina piccole.
“TRE anni a svegliarmi nel cuore della notte per i mostri nell’armadio e i fantasmi in soffitta!!” esclamò Chaz sotterrandolo tra i cuscini e facendogli il solletico.
“Oh, Chaz gli fai male!”, Sam si svegliò per le risate del figlio, ma anche se rideva si sa che le madri non approvano i giochi troppo movimentati tra padre e figlio.
“Ma se ride... guardalo come ride!!” rispose Chaz senza interrompere con il figlio.
“Chaaaz”
“Ok, ricevuto” lasciò il piccolo “vai a giocare di là” aggiunse facendolo scendere dal letto.
Draven era il suo angioletto, il suo unico figlio a cui voleva bene come solo un padre può fare... se gli fosse successo qualcosa sentiva che sarebbe morto, avrebbe dato tutto per suo figlio.

13:00
Mike era in coda nella cassa del mini-market meno MINI che avesse mai visto in tutta Los Angeles. Sembrava più il Wallmart... ‘da perdersi anche con il navigatore’ pensò.
Era entrato a prendere da mangiare ai ragazzi, altrimenti non lo perdonavano più per l’ennesimo ritardo da sbornia della domenica sera.
Sarebbe arrivato per l’ora di pranzo comunque così pensò bene di telefonare a Chester, ieri sera a casa sua si erano ubriacati perfino troppo, ma era stato divertentissimo fare a gavettoni con la birra... “idea brillante di Joe”, sembravano proprio ragazzini a volte.
“Come, prego?” chiese la commessa guardandolo male.
“Niente...” rispose allarmato con il cellulare in mano e il sottofondo di beep-beep-beep.
“Pronto?”rispose Chester a tavola.
“Hey, allora Draven ha già visto quel adorabile cucciolo che mi ha pisciato sulle scarpe ieri?”
“No... Sam ci metti il miele, tesoro?...è occupato a giocare con il videogioco che tu gli hai regalato mentre facciamo colazione!”
“Ma sei ancora a casa?” chiese Mike sbigottito “Oh, amico... i ragazzi ti fanno fuori!”
“I ragazzi, ma oggi non è domenica?” Gli si gelava il sangue alla sola idea di essere in ritardo senza nemmeno saperlo “Ok, calma Chester...ritardo involontario, sei in studio tu?”
Mike poteva benissimo dirgli di ‘si’ per fare disperare ancora di più il suo amico ma decise che forse era meglio soffrire in due le pene dell’inferno di Jay e il coniglio della Warner Bros, Bugs Bunny.
“Ritardo ‘involontario’ anch’io, ma credo che arriverò prima di te, passo...?”
“Va bene, non importa, io appena riesco a far capire a Draven che devo andare a lavorare sono con voi” rispose l’altro interrompendo Mike.
“allora non passo a prenderti, sei nelle mani di un bambino di due anni...”
tre anni!!” lo corresse Chaz.
“...tre anni...” ripeté assente Mike.
Gli era venuto un brutto presentimento...
Come nei film horror in cui il protagonista ha una visione terribile del futuro e nessuno gli crede... come se qualcosa quel giorno dovesse andare male, troppo male, ma non era certo cosa per esattezza.
“Chester...”
“Si?”
“Sta attento... per favore, ci vediamo” e riattaccò un po’ allarmato del suo comportamento stesso.
Il cantante rimase immobile con il cellulare tra le mani e il respiro mozzato. Si era spaventato...non sapeva perché ma quelle quattro parole messe in croce l’avevano fatto stare male. Come se da loro dipendesse il suo futuro o perfino qualcosa di più importante. Soprattutto se dette da Mike avevano più importanza, quel senso di benessere e voglia di fare l’aveva lasciato con una telefonata.

13:03
Richiamare il passato è una delle cose che ci rende speciali perché ognuno ne ha uno diverso, a volte si incrociano i ricordi, delle volte rimangono piatti e come protagonista ci sei solo tu e la tua coscienza che lotta contro i tuoi sentimenti.
A Chester succedeva spesso di ricordare quel presente o quel passato trascorso in una stanza buia, isolato da tutto e tutti tranne che dalla sua ombra che lentamente scompariva, con le lacrime che gli rigavano il volto lucido per il sudore freddo e con la paura come unica amica consolatrice, sperava che un giorno fosse tutto finito ma più sperava più si rendeva conto che nessuno l’avrebbe salvato mai da se stesso e da lui, la persona che da un giorno all’altro aveva reso la sua infanzia un inferno, un calvario eterno.
Si sentiva malissimo, per ben cinque minuti era rimasto a fissare il suo cellulare senza toccare cibo tra le occhiate perplesse di Samantha e si salti di gioia di suo figlio Draven in salotto.
“Samy devo andare a lavorare oggi, mangerò qualcosa per strada” aveva detto.
Non poteva dare a vedere che stava male proprio quel giorno, si era sforzato tantissimo perché quella frase sembrasse o avesse lo sfondo più normale possibile ma a lui sembrava tutto così falso anche se Sam non se ne era accorta “vado a parlare con Drave... spero che non ci rimanga male.”
Così si diresse verso suo figlio e mentre percorreva quel lungo corridoio ad ogni passo si sentiva più e più debole pensando che quel percorso fosse lo stesso di anni fa, tenendo a mente quell’odore di alcool che lo drogava sempre di più ad ogni singolo passo fatto nel corridoio di casa sua. E con i nervi assopiti...iniziava a piangere senza comandare alle gambe di fermarsi...oscillando incerto arrivava sempre al punto di rompere quel silenzio mostruoso con i singhiozzi ma non arrivava mai a quello di trovare il coraggio e la forza per voltare le spalle a quella porta e...scappare.
Scappare da una persona che gli avrebbe dovuto voler bene, suo padre.
Un altro ricordo...
All’improvviso fu abbagliato dalla luce che filtrava dalle finestre e bastò che suo figlio lo salutasse per strappargli un sorriso da quei sei minuti più realistici e orribili che gli fossero capitati da tempo.
Da molto tempo...
“Draven...”sussurrò appena vide il piccolo venirgli contro, guardandolo pensò che suo figlio era forse più forte di lui in quel momento.
“Si?”
“Ti voglio bene” anche questa volta sussurrò come se avesse paura di svegliare qualcuno, forse quel Chester Bennington che in quel momento voleva rompere in un pianto silenzioso per dimenticare.
anch’io, papà

13:03
Quella sensazione era sparita ‘l’aveva lasciato con una telefonata.’ Il brutto presentimento se n’era andato...
‘Chester starà bene...’ pensò Mike.

13:07
Mike varcò la soglia dell’atrio e guardò l’orologio posto tra i due ascensori davanti a lui ’13:07’ lesse, si affrettò a salire per raggiungere gli amici ma era distratto e preoccupato, adesso però sembrava una giornata normale, eppure lui continuava a richiamare la sensazione di vuoto e disperazione repressa che aveva provato parlando con Chester al pronunciare quelle quattro parole, si era sentito sollevato ma adesso pensava al suo amico in continuazione, senza riuscire a farne a meno.
A Chester non poteva succedere niente, era a casa sua al sicuro da tutti tranne che da suo figlio che di sicuro non lo lasciava andare.
Non gli sarebbe successo niente se rimaneva a casa.
“Non gli deve succedere niente...”
“Mike, fottuto figlio di...!”urlò Joe in mezzo al corridoio facendo sussultare Mike ancora nell’ascensore a porte aperte.
“Anch’io ti amo, Joe” rispose l’altro dopo lo spavento, sorridente.
“Ti sembra questa l’ora di arrivare?”
“Tu reggi gli alcolici meglio di me, lo sai perché sono arrivato in ritardo!! ”
Joe era un ragazzo veramente vanitoso, se sapeva fare meglio di te una cosa aveva l’abitudine di ricalcartela in continuazione... il che era seccante, lo era per Mike almeno.
Ecco come si erano conosciuti loro due alla scuola di disegno grafico, non c’entrava niente il fatto che Joe fosse un vero mago con i dischi ma Mike ce l’aveva con lui perché erano bravi in disegno ugualmente e Joe continuava a stuzzicarlo dicendo il contrario.
Con il tempo però Mike aveva imparato ad apprezzarlo per quello che veramente era, un ragazzo con tanta voglia di fare su cui contare nei momenti di rivoluzione e anche in quelli difficili. Mr. Hahn sapeva il fatto suo.
“Qualcuno si è svegliato con la luna storta, oggi!” commentò ancora Joe “Che c’è?...Anna ha fatto la difficile ieri notte?” sogghignò camminando al contrario per guardare Mike che si bloccava di botto. “Uhh...”
Mike fece una smorfia divertita e poi proseguì “A quanto pare Karen è abituata ai ritmi forti”
“Ok, vacci piano...a parte gli scherzi, hai idea di dove sia Chaz?” chiese mentre percorrevano il lungo corridoio con i dischi d’oro e platino alle pareti di svariati gruppi tra cui: Led Zeppelin, R.E.M, Red Hot Chili Peppers, Rolling Stones e Rod Stewart, i gioielli di famiglia della Warner.
“Si, a casa sua, oggi Draven fa tre anni e Chester è tutto preso che si è scordato del lavoro da fare qui...ma più tardi arriverà ” disse Mike all’apparenza tranquillo mentre apriva la porta dell’ufficio di Jay.
Era una stanza ben arredata, alle pareti c’erano tanti quadri d’arte moderna, la famosa poltrona girevole da doppio padrone “Jay Delson” con la scrivania e altre cianfrusaglie tipiche di un uomo che lavora per la Warner.
‘Da fare venire il vomito ’ pensarono Joe e Mike allo stesso momento.
La cosa buffa è che non sapevano neanche di essere abbastanza simili... e se lo sapevano, non l’avrebbero mai ammesso davanti a qualcuno.

“Mike!” esclamò Rob vedendolo entrare con Joe.
“cibo!” urlò Phe guardando la busta della spesa che reggeva Mike.
“birre!” lo imitò Brad alzandosi dalla sua giostra personale.
“no, quelle non ci sono... oggi sono off limits per me” proclamò Mike lasciando la busta nelle mani di Dave. “Comunque lo prendo come un ‘Ciao Mike, eravamo preoccupati perché non arrivavi!’
“Pretendi troppo amico!” disse Rob sorridendo “allora che facciamo, non vorrete sul serio abbuffarvi adesso?” continuò cambiando la sua espressione sorridente con una più schifata alla vista di Dave che metteva in bocca la polvere di cioccolata.
“Io passo...” disse Mike avvicinandosi a Jay e Rob.
“Idem...” si aggiunse Joe “troppo lavoro da fare in troppo poco tempo e poi... non c’è”
“Chester è a casa, sai Jay?... pensavo...” iniziò Mike.
Era la sua occasione per togliersi dalla testa una volta per tutte quella preoccupazione che aveva come centro Chaz.
“Mike, non pensare...agisci!” l’interruppe il loro manager con la solita frase da telefilm.
Joe e Rob sbuffarono. Si divertivano spesso a canzonare Jay.
“ma... in fondo oggi c’è lavoro solo per Joe e me, le basi... Chester non ci serve no? Io ho le chiavi doppie e potremmo anche lasciarlo a casa dove non...” all’improvviso si bloccò, stava dicendo più di quanto dovesse.
“dove non?” l’incoraggiò Rob preoccupato per la faccia di Mike che all’improvviso era come se avesse aperto gli occhi.
“...dove non combinerà casini!” aggiunse Mike abbassando lo sguardo a terra, gli risultava difficile dire bugie e la verità è che forse era meglio per tutti perché Mike quando era stressato aveva davvero bisogno d’aiuto... a quel punto di solito entrava Rob.
Mentre Jay approvava la sua idea e si affrettava di telefonare al loro frontman Mike iniziò a giocare con le chiavi dello studio, in disparte.
“Mike?” sussurrò Rob piano.
“Hey...” rispose Mike fingendosi entusiasta.
“Hey?A chi vuoi darla a bere...che succede?”
“è una cosa stupida, davvero!”
Rob sorrise leggermente “sono circondato da gente come voi, avete sempre idee stupide...”
“No, ma questa...sul serio... è una paranoia!” sussurrò Mike allarmato avvicinandosi all’orecchio di Rob.
Le paranoie bisogna affrontarle...”

13:10
“Ok, grazie...davvero, allora non verrò” rispose Chester a fine telefonata.
‘Ho bisogno di un posto calmo...forse qui starò meglio’ pensò fissando un punto fermo davanti a se e poi riattaccò senza notare il suo manager che parlava ancora come una segreteria ininterrotta.
“Sam, mi faccio una doccia” blaterò vedendola entrare in camera.
Era troppo abbattuto per vedere la faccia di qualcun altro...la peggiore di tutte forse quella di Samantha, falsa.
“Ok” rispose sua moglie con un’espressione impassibile, quasi fredda.
La verità è che Samantha aveva smesso di capirlo da molto tempo e questo Chester lo sapeva, lo percepiva dai suoi silenzi tra una frase inutile e l’altra... dai lunghi sguardi di cui era soggetto permanente quasi tutti i giorni, dal suo disinteresse disumano, ma lui l’amava nonostante tutto. Sarebbe stato così sempre...
Noncurante di tutto si diresse verso il bagno, non aveva intenzione di fare la doccia sul serio però, era ancora parecchio scosso e guardandosi intorno in quel preciso istante ogni cosa lo riportava indietro con un altro ricordo...
Sempre più indietro...
Come una ragnatela tessuta con i fotogrammi dei suoi ricordi, con altri momenti da sopportare... in silenzio, a soffrire da solo.

Credere di essere qualcun altro capita a tutti...rendersi conto che in realtà non lo si è, no.
È una fortuna se riesci ad aprire gli occhi. Davvero.
Quando scopri di non essere tu quello che si guarda allo specchio rimani deluso non solo dal tuo riflesso ma anche da te stesso e tenti di accettarti riflettendo, analizzando...pensando che tutte quelle bugie dette e servite a nascondere una persona più vulnerabile non sono servite a molto, a niente.
E piangi...perché hai smesso si essere te, di credere in te, nel momento in cui hai rinnegato la prima cosa appartenente al tuo passato.
Ma non puoi far altro che piangere, non vuoi piuttosto.
Mentre Chester si sedeva sul pavimento piastrellato freddo e sfilava una sigaretta dalla tasca dei jeans, pensava... pensava a tutte quelle volte che aveva detto:
“Se non fossi un cantante sarei un Normale americano che fa Normali cose americane”
‘normale, troppo normale...’ cosa che non era vera.
Mai sarebbe stato così... glielo ricordava il suo dannatissimo passato, la sua infanzia trascorsa in una ‘casa’ dove nessuno lo considerava un figlio, il cuscino su cui si addormentava tutte le notti... zuppo al suo risveglio, ogni singola lacrima che aveva versato su quello stupido cuscino ne valeva in realtà mille e ogni singolo secondo trascorso in quella camera asfissiante a chiedersi ‘perché?’ era una anno, un altr’anno da dimenticare.
Un’ altra strofa da aggiungere alla sua canzone.
Si vergognava di quello che aveva pensato, di essere diviso in un involucro duro come la roccia e in un interno vuoto fatto di verità.
A volte pensava di non riuscire a sopportare tutto quel dolore fisico e mentale e voleva solo smettere, smettere di pensare e fermare il tempo, farla finita... così per lui non ci sarebbe stato un futuro ne un passato.
“Farla finita sarebbe un modo” disse a se stesso pensando come l’aveva definito...‘un modo’... era orribile, se ne pentiva “ma non è la soluzione, questa” sussurrò dopo aver posato sulle labbra quella sigaretta che avrebbe fermato il tempo. In realtà Chester disprezzava quelle persone che si toglievano la vita...
Ma aveva espresso un desiderio che si stava per avverare...
Ma non del tutto. La droga è un composto chimico che ti fa dimenticare tutto... sul serio, tutto. Ma poi ti ricorda che quel minuto di felicità che hai provato è un minuto in meno sottratto alla tua vita.
E te lo ricorda quando vuole, non sai mai a che giorno e a che ora.
Quella sigaretta non era droga... era la sua adolescenza nascosta sotto forma di Marlboro, una qualsiasi marca di sigarette che gli stava per sottrarre i minuti.

13:12
“si tratta di Chester” parlò tranquillo guardando il luccichio delle chiavi nella sua mano.
“Chester? Il nostro Chaz?” chiese Rob serio.
“Si, Chester. È che io penso che gli stia per succedere qualcosa... lo penso in continuazione, davvero.”
“Capisco, siete molto amici voi due. A volte sembrate fratelli...” sussurrò il ragazzo rattristito di vedere il suo amico in uno stato così. Non stava bene, sul serio.
“Si, è per questo che io...” continuò guardando il batterista negli occhi abbozzando un sorriso imbarazzato.
“Mike?” Rob ricambiò il sorriso.
“...io ho paura.”sussurrò Mike con gli occhi bassi e lucidi.
Rob lo guardò ancora una volta, non sorpreso...perché quel ragazzo sapeva che era normale che tutti avessero paura e di certo non si prendeva gioco dei sentimenti degli altri, lo guardò e basta.
Mike si sentiva così idiota...
Così stupido...
Un bambino... per quanto aveva voglia di lasciarsi scappare almeno una lacrima.
Non ce la faceva più, si era reso conto che per lui Chester era importante.
“Vieni, dai” disse Rob portandolo fuori in corridoio. I due uscirono ignorando del tutto le domande assillanti dei compagni, si portarono in bagno dove Mike si appoggiò alla porta e chiuse gli occhi “Mi dispiace... non voglio preoccuparti”
Lasciò andare quella lacrima.
“Sei un idiota se ti dispiace...” commentò Rob osservando quella goccia scendere tranquilla sulle guance di Mike “...perché dovrebbe dispiacere a me invece, sono io quello che sta fottutamente bene e sei tu quello che sta male.”
Mike rise. Uno di quei sorrisi che ti rimangono impressi nella mente, non che il momento avesse più bisogno di particolarità per essere ricordato.
“Ok, allora mi dispiace che tu ti dispiaccia perché io sono dispiaciuto” abbozzò Mike appoggiando la testa alla porta più sollevato.
Questa volta fu Rob a ridere “Dai lavati quella faccia...sembri Brad con l’allergia, tutto rosso”
Mike si diresse verso il lavandino e aprì il rubinetto... l’acqua era fredda.

13:13:00
...Una sigaretta che si stava per spegnere, buttata a terra.
Chester la guardò mentre quella si consumava, si spegneva e poi si accendeva per catturare ancora un altro po’ d’ossigeno.
Si sentiva solo.

13:13:03
Era quello che gli stava per succedere e lui non lo sapeva.
Si sarebbe spento...per qualche secondo...forse minuto.
Chester si alzò lentamente da terra e guardò in basso.
Improvvisamente era diventato tutto molto più leggero...quasi sfocato, ‘forse è perché mi sono alzato troppo in fretta’ pensò.

13:13:05
Chiuse e aprì gli occhi, si ricredette subito...
Avvenne tutto così velocemente nella sua testa, nel momento in cui si rese conto che la luce si stava spegnendo via, via nella sua mente ebbe voglia di urlare, chiedere aiuto.
La voce non c’era, aveva paura...

13:13:07
Paura di accasciarsi a terra da un momento all’altro.
Cercava di afferrarsi a qualcosa ma afferrava solo l’aria inquinata dalla sigaretta ormai spenta.
Si stava spegnendo quel secondo...la sua vita.

13:13:11
Come tentare di afferrare il fumo...come tentare di afferrare il fumo a mani nude.
Si appoggiò alla parete del bagno con il sudore freddo che gli scendeva per la schiena.
Deglutì...
E per un ultima volta tentò di pronunciare almeno una parola, solo una... per paura.

13:13:13
Non ci riuscì.
Era orribile pensare al solo fatto che ti poteva capitare qualcosa di peggio o potresti morire.
Il buio e il freddo mescolato alla sua sofferenza lo spaventava.
Ma era troppo tardi...anche se non voleva mollare.
Non voleva cadere.
Si accasciò a terra perdendo tutti i sensi con lentezza.

Chester fu ritrovato da sua moglie sul pavimento del bagno, privo di sensi e tremante.
Quel giorno fu l’inferno in terra per tutti.

13:37
Rob l’osservava ancora.
Mike non aveva mai pianto davanti a qualcuno e adesso che l’aveva fatto Rob era riuscito a capire che Mike era davvero una persona speciale. Lo pensava già... quella era solo la conferma.
Adesso erano tutti in sala prove a fare le basi che poi avrebbero fatto ascoltare a Chester.
“Non mi viene, è impossibile...non mi era mai successo che non mi venisse!!” esclamò Joe, provando una serie di suoni che avevano l’assoluto bisogno di essere ritoccati, davanti al mixatore.
“Uhh... non gli viene” rise Dave.
Mike li guardò entrambi alzando gli occhi al cielo “e piantatela!” ma poi nascose un sorriso voltandosi a raccogliere una palla di gomma per terra.
La guardò serio.
Era di Chester, l’usava come anti-stress durante le tourneè... quasi lo ricordava come giocava con quel aggeggio rimbalzante prima dei live con quell’espressione assente, un misto di preoccupazione e soddisfazione. La mise in tasca e tornò a sedersi vicino a Rob.
“come ti senti?” chiese il ragazzo.
Osservate come lo dice una qualsiasi persona, noterete quel misto d’imbarazzo e falsità nella frase, nella domanda che vi stanno rivolgendo... Rob invece l’aveva detto con una semplicità quasi anomala ‘come ti senti?’ così...senza pensarci. Ma voleva saperlo sul serio.
Mike sorrise “bene,Rob...sai io non ti ho mai detto...”
“grazie?” l’interruppe l’amico.
“Già, ma non perché non volessi dirlo...mi vergognavo.”
Rob si distese da seduto sul divano pensando che Mike era sincero.
Lui l’aveva aiutato molte volte e Mike si limitava sempre a restare in un silenzio imbarazzante che solitamente poi rompeva con una battuta stupida che li faceva ridere entrambi. A volte non era da lui ma Rob lo capiva benissimo che pensava...
“Mike, non c’è mai stato bisogno di dire ‘grazie’ solo per dirlo tra noi due, lo dici quando ti viene...”
Brad si voltò improvvisamente e sogghignò “ogni venite tutti!”
Mike sospirò sconsolato “tra un po’ ti faccio venire io,Brad!!” rise calmo.
“un occhio nero...” aggiunse Joe.
“con la bacchetta di Rob” concluse Dave.
Dopo una pausa Mike decise che forse era meglio lasciare stare le basi disastrose di Joe e concentrasi sul testo.
Lui scriveva i testi delle loro canzoni insieme a Chester ma per una volta in vita sua avrebbe provato a violare le regole e fare qualcosa di estremamente suo da fare vedere ad un Chester entusiasta del suo lavoro ben fatto.
Era il momento giusto, lo sentiva dentro.
La musica era qualcosa che gli piaceva tantissimo, gli piaceva il fatto di non poterla controllare... gli piaceva quando l’ispirazione arrivava spontanea e limpida, trasparente e soprattutto improvvisamente, lo prendeva alle spalle e lo coinvolgeva come non mai.
Quando arrivava il momento della verità la cosa più facile era mettersi a nudo su carta.
Non potevi fare altro, dovevi sederti con una matita e una gomma in mano e avviare il flusso di pensieri.
Lasciando che la tua mano, il tuo cuore e la tua mente fossero una cosa sola.
Solo una. Il tutto e il nulla...
In quei secondi, minuti, ore ti smentivi da solo...potevi essere chi volevi e allo stesso tempo non smettevi di essere te stesso perché tutti potevano interpretare le tue parole a modo loro.
Era questa la cosa che l’aveva fatto innamorare perdutamente del suo lavoro.
Ogni volta che dalla sua bocca uscivano quelle rime lui sentiva che qualcosa stava avvenendo dentro di se, sentiva che non si poteva fermare e per il semplice motivo che sapeva che non poteva fermare il tutto ma a sua volta non voleva...era felice.
Era chiarissimo, scritto nell’anima quel nome...Linkin Park.
E tutto era rumore, tutto era suono...spazzi e parole trovate con semplicità impresse lì, dove nessuno le poteva prendere e trovare. Dove nessuno e tutti le potevano rubare.
Era qualcosa che solo tu avevi e solo tu ne capivi il significato vero...quello interno, un processo che andava alla velocità del suono e ti mostrava una cosa...la tua anima.

“Mike” si sentì chiamare da una voce fredda e trattenuta alle sue spalle.
Quando si voltò e vide Rob ebbe paura di guardarlo negli occhi...
Paura di afferrare quel cellulare che il ragazzo aveva tra le mani...
Perché sapeva...
Solo lui sapeva... e aveva sempre saputo...senza fare niente.
Rob teneva la testa bassa, si sentiva colpevole di una cosa che non avrebbe potuto controllare, colpevole di non aver avuto ragione e colpevole di averlo saputo per primo.
Prese le mani dell’amico e gli mise sopra il cellulare...nel display c’era la foto di Chester, era una chiamata.
Mike si guardò intorno e notò che tutti lo fissavano, doveva avere un’espressione vuota...spaventata.
Tirò fuori dalla sua tasca la pallina e la strinse.
Sapeva che non era Chester quello a cui stava per andare a parlare...
“Samantha...che sta succedendo?”

18:00
Dopo meno di 20 minuti era già arrivato all’ospedale assieme agli altri ma non l’avevano lasciato entrare nella stanza in cui c’era il suo amico.
“Per ora solo parenti stretti, mi dispiace”
“Lei non capisce, lo devo vedere!!” urlò Mike all’infermiera che si ritrasse scossa.
“Mike...” sussurrò Dave.
“Non scassare, lì dentro c’è il mio amico signorina, non può fare questo...si sposti!”
“Mike è inutile.” Continuò Dave
“Per te Chester non conta è per questo che ti sembra inutile!!” gli rispose il ragazzo voltandosi arrabbiato e poi tornò a guardare l’infermiera “le ho detto di farsi da parte!!”
“Mike, falla finita!!!” urlò Rob andandogli incontro.
Il ragazzo si bloccò come se qualcuno gli avesse tolto la voce all’improvviso e poi abbassò lo sguardo.
“Devi smetterla di agitarti... nessuno ti darà ascolto...” disse Rob tornato tranquillo dopo aver fermato la crisi dell’amico.
Erano tutti parecchio scossi di aver visto Mike disperarsi in quel modo “Mi dispiace” fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare e poi non parlò più...per ore.
Gli altri l’osservavano seduti alcuni sulle sedie o sul pavimento mentre si spostava per il corridoio a testa bassa... assorto nei suoi pensieri.
E quella porta non si apriva. Rimaneva perennemente chiusa, sigillata...dentro c’erano Sam e Chester, probabilmente addormentato.
Draven era rimasto con un’infermiera che gli faceva fare i giri per tutto l’ospedale.
Quando lo vide per la seconda volta fare il giro con la ragazza gli andò incontro e s’inginocchio davanti al piccoletto.
“Ehi, Draven...tutto bene?”
Il bambino annuì con la testa e lasciò la mano della ragazza per far vedere che voleva rimanere con Mike. Lui lo prese tra le braccia e lo portò con se per i corridoi.
“Tuo padre sta bene, si è solo addormentato mentre faceva la doccia, tutto qui” mentì Mike.
“Aveva freddo...tremava” rispose Draven, non sapeva quello che in realtà era successo.
Per Mike sentire quella piccola frase fu orribile.
“Anche se adesso siamo qui non vuol dire che abbiamo dimenticato il tuo compleanno lo sai?ti è piaciuto il mio regalo?” chiese Mike per deviare l’argomento
“Tantissimo, ci ho giocato per tutto il tempo”
“Bene...Brad mi ha detto che gli sono rimaste delle caramelle nelle tasche perché non vai a chiedergliele?” Il ragazzo mise giù il bambino e lo diresse verso gli altri che lo guardavano.
All’improvviso la porta si aprì e Samantha uscì guardando gli altri un po’ assente.

Quella notte Mike la passò nella stanza assegnata al suo amico con Rob che dormiva sulla poltrona scomoda mentre lui era sveglio ad osservare il cantante che ogni tanto si muoveva.
Chester aveva avuto un collasso, i dottori avevano detto che non era niente di troppo grave ma che a causa delle droghe usate da giovane adesso aveva una salute decisamente più cagionevole di quanto avesse dovuto avere.
A Mike continuava a frullare in testa ancora quello sguardo spaventato che aveva visto dipinto sul volto di Rob e poi si ripeteva che non era gravissimo un collasso...poteva succedere, tutto per convincere se stesso e calmare l’ansia.
Prima che arrivasse per l’ennesima volta il dottore a chiedere se andava tutto bene l’MC decise di addormentarsi in qualche modo per non pensare più e si diresse verso il bagno ma quando stava per chiudere la porta...
“Mike...”
Il rapper non ci fece caso pensando che doveva aver sentito male...si stava illudendo di sentire Chester,il vocalist era ancora troppo debole per riuscire a parlare.
“Mike...” la figura sul lettino si mosse e il rapper si trascinò davanti a quello.
“Chaz!?” chiese l’altro con un nodo alla gola che non lo lasciava parlare.
Voleva quasi piangere, ma non gli sembrava proprio il caso di fare il bambino davanti ad una persona che si sarebbe preoccupata subito.
“Si, è così che mi chiamano no?” rise l’altro un po’ debole.
“Fottuto figlio di puttana mi hai fatto spaventare come non hai idea!!!” ecco cosa riuscì a dire prima di abbracciarlo con tutte le sue forze e iniziare a piangere sulle spalle dell’amico.
Furono singhiozzi interrotti da pacate sulla schiena da parte di Chaz, era contento che Mike se ne fosse preoccupato ma non sopportava vederlo così.
Dicono che quando una persona muore si ferma il tempo, a Chester non era successo niente del genere ma aveva sentito il tempo fermarsi...per lui.
Aveva avuto paura come mai in vita sua, l’incertezza di non risvegliarsi l’aveva tormentato in quei momenti in cui si sforzava di parlare.
Temeva di perdere se stesso un’altra volta.
“Pensavi di liberarti così facilmente di me?” chiese l’altro mettendosi a sedere, ricordandosi quegli attimi insopportabili per poi scacciarli via subito.
“Tu sei Chazy Chaz...” rispose Mike tranquillo “ neanche se un orda di fan impazzite ti massacra ti succede qualcosa!!” rise.
“Ti eri preoccupato davvero...” iniziò Chaz “non è così?” chiese tentando di focalizzare il viso di Mike in quel buio.
Il rapper adesso teneva la testa bassa, sembrava quasi addormentato e quando parlò era diventato improvvisamente serio “Io lo sapevo già,lo so ch’è una cosa senza alcun senso ma sapevo che ti stava per succedere...e non ho fatto niente per fermarlo. Mi dispiace.”
“Se tu non fossi qui in questo momento probabilmente...”
“mi dispiace” ripeté quasi in labiale “ se vuoi me ne vado...”
“lasciami finire!” sussurrò Chester per non svegliare il batterista “se tu non fossi qui io non avrei voluto svegliarmi...Mike”
Il ragazzo guardò Chester e sorrise ‘anche al buio si sente il calore del suo sorriso’ pensò...

00:20

Non mi addormentai subito, come farlo poi... con un’esperienza così appena lasciata alle spalle.
Finalmente e per una volta nel passato...

Era già tardi e io ero girato sul letto, rivolgevo le spalle ai miei due amici e contavo i ticchettii dell’orologio.

Il tempo...
Passa veloce, è sempre passato veloce...siamo noi che crediamo sia lento. Io l’ho sempre creduto da bambino che il tempo non passasse mai...lo credevo anche prima di svegliarmi su un letto d’ospedale.
Adesso non più...
Non dormirò
Non dormirò finché non avrò finito di trovare la risposta
Non mi fermerò...mai.
Ho trascorso questo tempo a piangermi addosso e le ferite si sono aperte...
Ancora una volta.

A volte mi sentivo come se stessi per cadere
Nessuno a sorreggermi, nessuno ad ascoltarmi
Ero talmente disconnesso, disconnesso da me.
Mi sono stancato di cadere, di essere invisibile...
Voglio urlare!!
E tu mi starai a sentire... per una fottuta volta in questa vita voglio essere ME!!


Ho guardato, ho aspettato troppo il nulla
Nelle ombre della mia stanza, il mio tempo trascorso...
Ho cercato qualcuno che non c’era...non esisteva
Ho vissuto giorni paralleli
Il domani sarà diverso...diverso perché mi sono stancato di aspettare.
La mia vita non dipende dalle mie storie create, ma da quelle da scrivere.

Loro ti dicono di vivere la vita in quel modo...le droghe
Ma io, mi ammazzerei piuttosto che diventare loro schiavo

Ancora una volta.
Ho giocato ad un gioco senza nome per troppo tempo
Io non voglio più aspettare il miracolo, nessuno verrà.
Devo vivere il presente adesso.

Tutta la mia vita non è stata sprecata, sono ancora qui.
E conta.

Ultimamente ero una maschera, ho camminato tanto... in cerchi
Guardando l’orizzonte in cerca dell’alba, aspettando.

Non era mai arrivata... perché io non volevo arrivasse
La coprivo con il mio pianto, il mio dolore.
Adesso vedo, è lì...la sento...e mi sta guarendo.
Tutta la mia vita d’ora in poi...saranno quei raggi di sole.

È un’alba bellissima,
illumina quella spiaggia che prima non c’era.
Adesso andrò avanti e non rinnegherò più l’anima nera che avevo dentro.

Perché non è più nera...è bianca.

  
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