AD
OCCHI
CHIUSI
Capitolo
Due
La bellezza risplende nel cuore di colui che ad essa aspira più che negli occhi di colui che la vede.
Gibran, Kahalil
Accettare oppure
no?
Terence Ashling
era pur sempre uno sconosciuto. Un
ragazzo non vedente, conosciuto in un locale solo da poche ore, che si
era
dimostrato scontroso e snob.
Certo era, che
in qualche modo mi affascinava. Era
inutile negarlo…e poi ero curiosa. Sì curiosa,
perché in quel messaggio aveva
scritto che lo incuriosivo, e da più di una decina di minuti
stavo torturando
il mio cervello per capire come avessi interessato quel ragazzo
così strano.
Se non avessi
accettato il suo invito sarei stata a casa
a stressarmi davanti una pila di articoli da revisionare, con una bella
tazza
di cioccolata calda con tanto di marshmallow in mano, e poi avrei visto
un bel
dvd. Ma se non l’avessi fatto sarei rimasta con mille
dubbi…ed era risaputo che
Jane Ryan odiava avere pesi sullo stomaco, quindi l’invito
sarebbe stato
accettato, era deciso.
Così
pensato, presi il cellulare e scrissi:
Salve
Terence,
accetto
il tuo invito. Ci vediamo domani, alle 17:00 nel luogo da te scrittomi.
Jane
Ryan
A
quel punto, mi aggiustai le coperte e cercai di prendere
sonno, domani mi sarei fatta trovare pronta davanti a quel ragazzo.
***
-Quindi, oggi pomeriggio, vai
all’appuntamento?- gridò Abbie dalla
cucina per sovrastare
il rumore della
macchina del caffè.
-Sì penso proprio di sì. Sono
proprio curiosa di sapere perché l’ho attratto.
-Dovresti saperlo tu questo!
Cosa vi siete detti quando stavamo ballando?
-Bah niente di che…inizialmente
mi ha chiesto se avevo capito che era cieco, poi sentendosi osservato
mi ha
chiesto se lo ritenessi bello.- risposi mangiando del burro di
noccioline dal
barattolo con un cucchiaio.
-E tu?- chiese Abbie, versandosi
del caffè italiano e spalmando della marmellata su una
fettina di pane bianco.
-Gli ho risposto facendo un po’
la filosofa.- risi.- gli ho detto che non tendo a giudicare
l’esteriorità di
una persona se non conosco prima la sua interiorità.
-O-okay, Jane sei troppo forte. Solo tu potevi rispondere in una maniera del genere. Vabbè dai, io finisco la colazione poi mi preparo. Oggi ho un matrimonio.
-No, che barba! Quindi starai via almeno fino a mezzanotte?
Che pizza, ogni
qual volta che la mia migliore amica
aveva da fotografare auto d'epoca usate per qualche matrimonio, finivo per passare la serata in
solitudine.
Uff!
-Sì
baby, ma stai tranquilla, il tempo volerà con
Terence, ne sono sicura.
-Mhm…se lo dici tu! In ogni caso…come mi devo
comportare
con un ragazzo cieco? Non ho idea di come gestire la
situazione…
-Baby cosa c’è da gestire? E’ un ragazzo
come gli altri,
solo che ha avuto la sfortuna, per motivi che sta a te scoprire, di non
vederci
più. Ora non farti mille complessi, vai
all’appuntamento e quel che sarà sarà.
La faceva
facile, lei…
A quel punto prima che potessi risponderle iniziò a
cantare “Que sera sera” di Doris Day.
Un’amica più pazza non potevo trovarmela.
-Whatever
will be, will be…what will be, what will be.-
continuò a cantare.
Così presa
dalla sua gioia presi a cantare anch’io,
ballando con lei.
Okay, ero pronta! Jeans, camicetta, all stars,
lucidalabbra e due gocce di Chanel numero cinque…okay non
era Chanel, ma faceva
figo dirlo, e occhiali da sole.
Salutai la mia pazza
coinquilina, poi salita sull’autobus richiesi un biglietto al
conducente e poi
andai a obliterarlo.
Dunque per arrivare al bar “Gray’s
cup” mi sarei dovuta fermare tra quattro fermate.
Adocchiato un posto libero
vicino al finestrino, mi ti ci catapultai. Poi presi la mia borsa e
appoggiata
sulle mie cosce la usai come “tavolino” per
appoggiare la prima pagina di una
certa Elen, giornalista alle prime armi. Dovevo iniziare a togliermi un
po’ del
tanto lavoro che quel sadico di George mi aveva affibbiato.
Dopo una quindicina di minuti, vidi
molte persone andarsene, così sbirciando dal finestrino
notai che questa era la
mia fermata.
Sistemai gli articoli in borsa e
scesi dal bus. La zona era esattamente come la ricordavo.
Attivai il navigatore satellitare
sul mio cellulare e digitai: “Dorian’s
cup”. Era un bar che non avevo mai
visto. Vedendo la cartina notai che sarebbe dovuto essere presente in
una
stradina della Old Town, a pochi passi dal Royal Mile.
Dopo una passeggiata di qualche
minuto, con un occhio sulla strada e uno sul cellulare arrivai,
scorgendo
l’insegna del famoso bar e dei tavoli all’esterno
situati sotto un gazebo bianco
adornato da fiori fucsia.
Scorsi in lontananza un ragazzo
che poteva essere Terence…aveva il suo stesso
profilo…per quel che ricordavo.
Mi avvicinai con un po’ di
titubanza e dopo aver fatto un po’ di slalom mi avvicinai al
tavolo dove c’era
proprio lui. Il suo bastone era steso sotto la sedia su cui era seduto
e guardava,
se così potevo dire, sempre con gli occhi coperti da una
montatura nera, fisso
davanti a sé.
Mi schiarii un attimo la voce.
-Buonasera.- dissi con
decisione.
-Jane sei tu?
Aveva una bella voce.
Terence si alzò di scatto in
piedi, appoggiandosi al tavolino argentato di fronte a lui.
-Sì sono io.- risposi.
-Prego, accomodati.- disse
risedendosi.
-Grazie…
-Cosa posso farti portare?
-Un caffè andrà benissimo.-
risposi posando la mia borsa sul tavolino di fronte.
Evidentemente non aveva preso niente,
davanti a lui c’era solo un vasetto con dei fiori e un porta
tovagliolini.
Era ben vestito.
Indossava una giacca nera sopra una camicia bianca e dei jeans azzurri.
Lo vidi chiamare un certo
Samuel, che capii essere il cameriere, e dopo che il mio ordine fu
preso,
rimasi a guardarlo.
-Come sei vestita oggi?- mi
chiese, sorprendendomi.
Voleva forse parlarmi d’abiti?
-Perché?
-Per lo stesso motivo che ti ho
detto ieri…voglio immaginare ciò che mi
circonda…
Doveva essere davvero una
sensazione orribile e triste quella di non vedere più nulla.
Il nero, a circondarti
ogni attimo della tua vita.
-Ho una camicia azzurra a
maniche lunghe con dei bottoncini bianchi, dei blue jeans semplici con
due
piccole tasche anteriori e posteriori, un giubbotto di jeans con bottoni grandi, rossi e
lucidi, e delle All
Stars nere.
Avevo cercato di essere molto
precisa, cosicché potesse immaginarsi bene ogni cosa.
-Capisco…- disse mantenendo
dritto il capo verso di me.
-Ehm…senti…allora, dimmi tutto.
Perché mi hai invitato?
-Come ti ho scritto, mi
incuriosisci…tutto qui. Cos’è, ti
dà tanto fastidio fare compagnia ad un cieco?
Questo suo essere scontroso, mi
stava dando sui nervi. Perché se la prendeva con me?
-No, assolutamente no. E perché
ti ho incuriosito?
Sorrise.
-Non
saprei…forse per la tua risposta e il tuo riferimento
a Wilde. Sai, non è la prima volta che conosco nuove ragazze
e chiedo loro cosa
ne pensano di me. Fino a quando ho fatto la tua conoscenza, tutte mi
avevano
detto che sono il ragazzo più bello che avevano mai
incontrato…che fosse per
commiserazione, per i miei soldi, o altro non so. So solo che ricordo,
che
quando mi guardavo allo specchio non ero male.
Guardavo allo
specchio? Quindi non era cieco dalla
nascita.
-Ho
capito…quindi ti ha sorpreso il fatto che io non ti
abbia detto che sei bello?
-Sì…in un certo senso…il fatto che tu
non abbia proprio
esposto il tuo parere su di me mi ha incuriosito. Non giudicare la mia
esteriorità se prima non conosci la mia
interiorità. Sei il contrario di me…o
meglio di come ero prima.- concluse, sistemandosi il colletto della
giacca.
Nel frattempo il
mio caffè arrivò.
Ringraziai e il
cameriere si allontanò.
-Mhm…va
bene…
-Sei fidanzata?- mi interruppe chiedendomi.
-Sì- risposi prontamente.
In
realtà ero single, ma da quel che po’ che avevo
capito Terence era un ragazzo sbruffone e sicuramente mi avrebbe
stuzzicato se
avesse saputo che in realtà non avevo un ragazzo.
-Avanti spara,
ti ha lasciato lui o pure tu?
-Come prego? Ti ho appena detto che ho il ragazzo.
-Ed io ci vedo, allora.
Uff volevo
prenderlo a schiaffi, ma chi diamine credeva
di essere?
-Senti ragazzo,
non so perché tu ti diverta a prendermi
in giro, ma so che adesso me ne andrò.- dissi alzandomi.
-No, ti prego, non andare. Lo faccio perché sono cieco.-
disse seriamente.
Mi schiarii la
voce e mi risedetti.
-Non capisco,
scusa…cosa c’entra la tua disabilità
con
il tuo essere sbruffone?
-C’entra invece, perché…se non mi
comportassi come mi
comporto riceverei solo pietà e commiserazione, cose che non
voglio
assolutamente. Dimmi la verità…in tutta la nostra
discussione hai mai fatto
caso al fatto che non vedessi? Ti sei mai frenata la lingua per non
farmi
dispiacere?
Ci pensai un
attimo.
-No, assolutamente no.
-Visto?- sorrise. -Anzi non avrei dovuto parlartene...
-Ciò va benissimo.
-Dunque sei single, no?- cambiò discorso.
-Ti ho già detto di no.
-E io ti ho detto che non ti credo. Se tu fossi
fidanzata probabilmente non avresti neanche accettato il mio invito, e
avresti
portato il tuo ragazzo con te ieri sera.
-Perché tutti i ragazzi presenti ieri al locale sono
fidanzati?- chiesi inarcando le sopracciglia.
-Esatto. O meglio Mary Anne non è fidanzata, mi fa il
filo piuttosto, ma Russell le fa la corte.
-Mhm…comunque sono single, mi ha mollato lui.- conclusi,
arrendendomi.
Se
c’era una cosa che avevo capito era che con questo
ragazzo sarebbe stata sempre una battaglia persa.
-Lo sapevo.-
sorrise.- e come è successo?
-Beh…oh, ecco…lui mi ha lasciato
perché si è scoperto...
-Sì?- mi incitò.
-Beh…gay.
A quel punto
Terence scoppiò a ridere. Rise così tanto
che si appoggiò un braccio sulla pancia per calmarsi.
-Ehi tu,
calmati, ci stanno osservando.- dissi
sottovoce, ma quello spaccone non voleva smetterla.
-Scusa.- continuò a ridere.
Tanto fu il suo
divertimento che, ad un certo punto, si
tolse gli occhiali da sole e si asciugò delle lacrime dagli
occhi, dovuto al
troppo ridere.
E fu a quel
punto che vidi il colore delle sue iridi.
Erano
azzurre…no, forse verdi…erano un colore strano,
un
misto di verde e celeste…solo che, erano
spenti…erano molto chiari e…senza
vita, sì sembravano vitrei e tristi.
Dopo un
po’ si rimise gli occhiali neri sugli occhi.
-Oh Dio, sei
troppo buffa Jane.- disse.
Io non gli
risposi. Ero rimasta incantata a pensare alla
particolarità dei suoi occhi. Nonostante tutto, li ritenni
gli occhi più belli
che avessi mai visto.
-Ehi sei ancora
qui?- chiese diventando serio.
-Sì.- risposi subito.
-Ti andrebbe di accompagnarmi a fare una passeggiata?-
mi chiese sorprendendomi.
-Ehm…sì.
Terence
lasciò otto sterline sul tavolino, quindi molto
più del dovuto, e poi mi porse il suo braccio.
-Posso pagare
io, non c’è bisogno che tu…
-Oh suvvia Jane, non vorrai farmi fare la figura del
cafone, no?
-Non saresti un cafone, saresti solo giusto.
-Ah stai zitta Jane, andiamo al parco.
-Ora sì che sei cafone, ragazzo.- dissi poggiando la mia
mano sul suo braccio.
-Chiamami Terence, è un bel nome, non credi?
Curvò
le sue labbra in un suo sorriso. Sì perché avevo
notato che aveva un modo tutto suo di sorridere.
-Ah il tuo
bastone.- mi si accese una lampadina.
-Vorrai dire James, è così che chiamo il mio
fedele
amico di legno. Potresti prendermelo, per favore?
-Certo.
Mi abbassai e
presi “James” da sotto la sedia.
-Grazie.- disse
dopo che glielo porsi.
-Figurati- risposi dopo aver ripreso a camminare.
La mano destra
sosteneva il bastone, mentre la sinistra
era libera, c’ero io appoggiata al suo braccio.
-Come
è essere una giornalista di moda, Jane?
-Mah non saprei spiegarlo. E’ sicuramente stressante,
soprattutto se hai un datore di lavoro come il mio, ma è
anche soddisfacente e
interessante. Spesso si finisce anche per incontrare stilisti famosi
come
Versace, Calvin Klein, o Ralph Lauren e altri, che rilasciano
interviste in
merito a loro ultime sfilate e collezioni.
-Oh forte, tutti i miei jeans sono firmati Klein.
Doveva essere
molto ricco. Avrei dovuto informarmi sulla
famiglia Ashling. Barbie mi avrebbe sicuramente detto qualcosa in
merito,
quando sarei tornata in ufficio.
-Tu, invece?
Lavori?- chiesi fermandomi e fermandolo ad
un semaforo rosso. Menomale che si era fermato con facilità,
grazie anche al
suono che emettevano i
semafori.
-Mi sarei fermato comunque, fa tra bip quando è rosso.-
disse freddamente.
Dio che
responsabilità fare da guida ad un ragazzo
cieco. Il suo bastone non era “vivo”, non avrebbe
dunque potuto fermarlo o
aiutarlo a girare gli angoli con facilità. Molte volte era
successo che, sebbene il semaforo fosse rosso, molti pazzi
attraversavano...Come faceva quando era solo? Perché
passeggiava
da solo, no?
-Sono uno
speaker radiofonico per una piccola radio
locale. – continuò.
Dicevo che aveva
una bella voce.
-Ah
interessante. Per quale radio?
-Radio Capital…conosci?
-Sì credo di sì, per quel po’ che
ascolto la radio, devo
averla sentita qualche volta.
-Ottimo.
Dopo qualche
svolta a sinistra e destra, per fortuna la
passeggiata continuò lungo una via dritta.
-Perché
non prendi un cane per non vedenti?- chiesi,
interrompendo il silenzio tra
di noi e pentendomene
subito dopo.
-Ho intenzione di farlo, a breve, infatti. Il mio James
non mi ha mai tradito, ma mia sorella vuole un cane e a questo
punto…
-Capisco.- dissi riprendendo a camminare.
Alcune persone
si fermavano e giravano per guardarci.
Non avevano mai visto un ragazzo cieco? Boh.
-Dunque hai una
sorella?- continuai.
-Ho un fratello e una sorella.- rispose sempre
freddamente.
A quanto
sembrava, la famiglia e la sua disabilità erano
argomenti tabù.
-Beh dimmi Jane,
come ti ha mollato il tuo ragazzo?
Quali parole ha usato?- ora chiese ridendo.
Era chiaro come
il sole che volesse ridere e
non pensare ai suoi problemi.
-Oh e basta!-
dissi accelerando il passo e stringendo la
mia presa.
Scoppiò
a ridere.
-Eccoci al parco
di Holyrood.- continuai avvicinandomi
ad un grande cancello.
-Bene.- continuò sorridendo.
La nostra
passeggiata proseguì sempre allo stesso modo.
-E tu sei
fidanzato?- gli chiesi ammirando lo splendore
che mi circondava.
Peccato che
fossi l’unica a vederlo…
-No, credi che
sia scemo per caso? Nessuna ragazza si fidanzerebbe
con me per la mia disabilità. Le donne sono creature
vanitose e tutte amano
ricevere complimenti sui loro vestiti o sul loro corpo, cose che, ora
come ora,
non potrei mai fare. Non ti nego che abbia fila di ragazze che mi fanno
la
corte, Mary Anne compresa, come ti dicevo, ma lo fanno solo
perché sono ricco,
perché ho i soldi…tutto qui. Solo un pazzo
cadrebbe nella trappola di quelle
donne che si propongono come mie future compagne per la vita.
-Quindi…noto che non hai molta fiducia in
te…voglio
dire, pensi che tutte le donne che ti corteggiano lo facciano solo per
il
denaro, non per te…
-Esatto! Come ti dicevo, ricordo di essere un bel
ragazzo e fin da quando ero piccolo che ricevo complimenti per i tratti
eleganti e sofisticati del mio viso, e non è che non sia
sicuro di me
esteticamente, solo che…ora vengo colpito solo da pregiudizi
e altro, e sono
consapevole che avere gli occhi …morti…spaventi
molte donne.
-Dunque consideri la gente del mio sesso come delle
gallinelle frivole e interessate solo ai tuoi soldi?
-E’ quello che ho detto.
-E se qualcuna si innamorasse veramente di te? Della tua
interiorità, intendo?
-E chi è questa qualcuna? Tu, Jane?- chiese ridendo.
-Perché no? E’ così improbabile che una
come me si possa
innamorare di uno come te? Se tu mi facessi conoscere ogni lato del tuo
carattere ed io me ne innamorassi?
-Impossibile, fidati di me! Ho un carattere terribile e
sebbene non sia brutto, sono consapevole del fatto che i miei occhi
deturpino
il mio viso.
-Wow…vedo che hai un’alta considerazione di te
stesso.
Sorrise.
-Bah chi
sa…e ora dimmi cosa c’è intorno? Il mio
James
non tasta altro che pietre.
-Beh c’è la brughiera, poi alla nostra sinistra
c’è un
grande lago e tutt’intorno è verde, ci sono monti,
e campi estesi in cui
prevalgono fiori.
-Bello, molto bello, l’aria che si respira è
fantastica.- disse inspirando l’aria circostante e fermandosi.
-Okay Jane, direi che per oggi è tutto, sono un
po’
stanco. Chiamo Harrison cosicché ci venga a prendere.-
continuò fermandosi.
Tanta fatica per
accompagnarlo fin qui, e poi già se ne
voleva andare. Avevo già detto che era strano?
-Harrison?
Prendere?- chiesi curiosamente.
-Sì è il mio autista, se per te non ci sono
problemi,
tendo ad accompagnare coloro che mi fanno compagnia.- disse con la sua
aria
altezzosa.
-Va bene, allora ritorniamo al cancello e aspettiamo il
tuo autista.
Se avessi
rifiutato, avrebbe detto sicuramente la sua e
non mi andava di discutere.
Dopo una decina
di minuti, Harrison arrivò e dopo avermi
chiesto l’indirizzo di casa, il viaggio partì.
Arrivati,
Terence mi salutò.
-Bene,
Jane…grazie della compagnia, ci vediamo presto.-
disse guardando fisso davanti a sé.
-Grazie a te Terence e a lei signor Harrison- dissi
guardando lo specchietto anteriore da cui un occhiolino e un sorriso da
parte dell’
anziano autista, mi salutarono.
Scesa
dall’auto, quest’ultima non se ne andò
finché non
rientrai in casa, dove ad aspettarmi c’era lavoro, lavoro e
ancora lavoro.
CONTINUA…
Salve
ragazzi!:)
Mi
scuso per il tardo
aggiornamento, ma tra l’ultimo periodo scolastico e il
proseguimento dell’altra
mia storia e anche a causa della mancanza di ispirazione, non sono
riuscita a scrivere
nulla fino a pochi giorni fa.
Spero
che questo secondo
capitolo sia piaciuto e non abbia deluso nessuna aspettativa. Grazie di
cuore
per essere arrivati fin qua, e soprattutto grazie a : Sun_Rise93
e
Helmwige
per le splendide parole
nelle loro meravigliose recensioni. Grazie mille per il supporto :)
E
grazie anche a : Desyree92
, e alle già
citate Helmwige
e Sun_Rise93
per
aver messo la storia
tra le seguite ;)
Cosa
ne pensate di Jane e
Terence?
Alla
prossima ^^