La sua bacchetta
magica… i libri… il cofanetto con gli ingredienti per Pozioni… il
diario… l’uniforme di Hogwarts… il Mantello dell’Invisibilità… la
cartellina con tutti i compiti delle vacanze… la sua borsa… l’Omniocolo…
lo Spioscopio… la penna d’aquila e l’inchiostro… la mappa degli astri…
e naturalmente due pacchi di mangime per la sua Edvige. Aveva tutto.
Harry Potter chiuse bene
il suo baule marrone e vi si sedette sopra, soddisfatto come non lo era da molto
tempo. Da quella posizione vedeva benissimo il misero calendario appeso sulla
porta: era il 30 luglio. La sera del 30 luglio, per essere precisi. Il giorno
dopo sarebbe stato il suo quindicesimo compleanno, e il più bello regalo che
potesse capitargli era il restante mese di vacanza da passare con i Weasley, la
sua famiglia preferita in assoluto.
Era da parecchio tempo
che non si sentiva così sereno… alla fine del quarto anno di scuola Voldemort
era risorto, ed erano previsti tempi bui. Harry sapeva che tutti i maghi si
stavano preoccupando almeno un po’ per lui… del resto, come non esserlo? Il
ragazzo aveva più volte rischiato di morire per mano sua, e tutti sapevano
della sua storia: Harry Potter, il bambino sopravvissuto.
La fine del quarto anno
era stata incredibilmente triste anche a causa della morte di Cedric Diggory, e
sempre per mano di Voldemort.
Poi erano iniziate le
vacanze, ed Harry si ritrovò solo nel suo dolore. Cioè, era a casa dei suoi
zii, ma era come essere solo, dato che loro quasi non lo consideravano un membro
della famiglia: era solo il parassita… mago, per di più, un altro buon motivo
per trattarlo senza nessun riguardo. Odiavano la magia, i Dursley, e tutto
quello che avesse a che fare con essa.
Ma ora Harry avrebbe
ritrovato il suo migliore amico Ron, che di sicuro sarebbe riuscito a tirarlo su
di morale col suo gran senso dell’umorismo.
Un frullio d’ali attirò
l’attenzione di Harry, che si voltò verso il davanzale della finestra,
aperta. Lì stava appoggiata Edvige, la sua amata, candida civetta. Stringeva
tra le zampe una piccola busta stropicciata, che Harry si affrettò ad aprire.
Caro Harry,
immagino bene quello
che stai passando, ma ti consiglio di non crucciarti troppo: ne abbiamo già
parlato. Goditi al meglio questo ultimo mese di vacanza con i tuoi amici, e poi
và ad Hogwarts. Sotto la protezione di Silente sarai più al sicuro! Ma questo
naturalmente lo sai già.
Solo non cacciarti nei
guai!
Ti saluto,
Sirius
Tsz, il suo padrino
Sirius… apprensivo come al solito. Ormai Harry non aveva più voglia di andare
a caccia di guai. Non ne aveva bisogno: erano i guai che gli correvano sempre
appresso, in qualsiasi momento e in qualsiasi forma. Non c’era da
preoccuparsi, per questo.
La mattina dopo, Harry si
svegliò tutto pimpante. Si alzò e si vestì in fretta, poi scese per preparare
la colazione per lui e per i suoi parenti.
In cucina trovò il suo
toresco zio Vernon, seduto al tavolo col naso immerso nel quotidiano, il suo
grosso cugino Dudley, tutto preso dal programma in tv, e sua zia Petunia, che
cercava senza successo di rammendare i pantaloni di Dudley in modo discreto.
Naturalmente nessuno si degnò di fargli gli auguri di buon compleanno, ma Harry
ci era ormai abituato.
Zio Vernon, non appena
notò la presenza di Harry (questo dopo dieci minuti dal suo arrivo in cucina),
bofonchiò:”A che ora hai detto che arrivano, ragazzo?”
“Hanno detto che
saranno qui per le dieci.”
“Ah.”
Seguì qualche istante di
silenzio, poi zio Vernon aggiunse, con tono minaccioso:”E… con COSA
arriveranno? Non come l’altra volta, voglio sperare…”
Harry trattenne un
sorrisino al pensiero della catastrofica irruzione dei Weasley dell’anno
scorso, che erano entrati in salotto attraverso il camino.
“Non saprei. Forse si
Smater…” si bloccò, ricordando che i Dursley esplodevano ogni volta che
veniva nominato qualcosa inerente alla magia “In qualche modo arriveranno.”
Zio Vernon bofonchiò
qualcosa in risposta, che Harry non capì e che tutto sommato non teneva a
capire.
“Sono le 9.55,
comunque…” fece notare zia Petunia, alzando lo sguardo dagli immensi
pantaloni del figliolo “Spero che saranno puntuali.”
“Credo di si!”
Appena la conversazione
finì, si udirono dei rumori provenienti dal salotto. I Dursley si precipitarono
a controllare, seguiti da Harry. Che siano i Weasley?
Arrivarono in salotto
appena in tempo per vedere quattro persone dai fiammanti capelli rossi e il viso
coperto di efelidi apparire vicino al tavolino, con le mani appoggiate su una
vecchia scarpa. Zia Petunia rabbrividì alla vista di quella lurida cosa
appoggiata sul suo scintillante pezzo d’arredamento.
Il viso di Harry si
allargò in un sorriso nel vederli. Il signor Weasley, padre di Ron, si guardò
intorno, compiaciuto per non aver distrutto nulla. Fred e George, i fratelli
gemelli di Ron, che ormai erano arrivati al settimo ed ultimo anno ad Hogwarts,
lanciarono a Dudley un’occhiata ambigua (facendo nascondere Dudley dietro la
poltrona, terrorizzato). Infine Ron, alto, dinoccolato e lentigginoso come al
solito, che subito esclamò:”Heilà, Harry!”
“Heilà Ron!”
“Tutto bene, spero!”
“Certamente.”
Il signor Weasley si voltò
verso i Dursley, regalando loro un immeritato sorriso e dicendo:”Buongiorno a
voi! Bè… saremo un po’ di fretta, quindi togliamo il disturbo. E non
preoccupatevi: tratteremo bene vostro nipote!”
I Dursley avevano
un’espressione come a dire “fa di lui quello che vuoi ma lungi da me e dalla
mia famiglia!”. Non cambieranno mai… ma questo ad Harry importava ben poco.
Salì di sopra e, aiutato
da Ron, portò giù il suo baule, che avvicinò al tavolino con la scarpa.
“Questa è una
Passaporta, signor Weasley?”
“Hai indovinato, ma lo
è solamente per oggi…” fece un occhiolino “Permesso speciale dal
Ministero! Su, sbrighiamoci!” aggiunse poi, rivolto ai suoi figli.
Tutti i Weasley più
Harry si avvicinarono alla Passaporta, e la toccarono tutti insieme. Qualche
istante dopo, sparirono nel nulla.
Dopo aver vorticato per
qualche secondo, Harry e tutto quello che lo circondava si fermò. Guardandosi
intorno, notò con estremo piacere di trovarsi proprio davanti alla Tana. Ogni
volta che vedeva quel luogo gli veniva da sorridere… la Tana, dimora della
famiglia Weasley, era stato il primo posto in cui si era sentito come in
famiglia.
Harry notò la signora
Weasley: era una donna piccola e grassottella, gentile ed affettuosa con tutti.
Infatti aveva da subito preso Harry sotto l’ala protettiva e lo trattava come
un figlio, facendogli perfino regali.
Stava appendendo una
quantità esorbitante di vestiti sgocciolanti ad una lunga corda per il bucato
che andava da un lato all’altro del cortile. Pareva molto indaffarata, ma
appena vide Harry gli corse incontro sorridente.
“Harry, caro!” lo
abbracciò “Sono così contenta di vederti. Vuoi mangiare qualcosa?”
“No, grazie, ho appena
fatto colazione”
“Sicuro? Nemmeno una
fetta di torta di mele? Penelope la sta sfornando proprio ora!”
“Chi?”
Ma la risposta alla
domanda arrivò subito. Dalla Tana uscì frettolosamente una ragazza alta dai
lunghi riccioli corvini, pulendosi le mani nel grembiule arancione ed esclamando
con tono agitato:”Signora, non riesco a trovare il piatto che mi ha detto, e
tra un po’ la torta si affloscia!!”
“Vi siete presi di
nuovo il piatto per i vostri stupidi giochetti?” abbaiò la signora Weasley,
rivolta ai gemelli. Questi non fecero in tempo a rispondere che la loro mamma
era già corsa in casa.
La ragazza ricciuta stava
ancora sulla porta, sospirando con i pugni puntati sui fianchi e un mezzo
sorriso sulla faccia. Poi vide Harry.
“Ah! Buongiorno, Harry! E’
da un pezzo che non ci vediamo.”
Fu in quel momento che la
riconobbe: era Penelope Light, la fidanzata di Percy, il terzo dei sette
fratelli. Effettivamente non la vedeva da un bel pezzo… due anni.
“Ciao Penelope!”
esclamò, sorpreso di vederla lì.
La ragazza parve intuire
la sua sorpresa, e sorrise:”Sono anche io ospite qui… per due settimane. I
signori Weasley sono così gentili, vero?”
Eh si, pensò Harry, i
Weasley erano persone davvero ospitali.
Ron gli diede una pacca
sul braccio:”Dai, saliamo da me. Ti faccio vedere una cosa!”
I due amici entrarono in
casa ed imboccarono l’alta scalinata. Al secondo piano Harry venne urtato da
una bestiolina marrone che corse giù per le scale come indemoniata.
“Ma che…??!”
“Quello è Sparkie,
l’ermellino di Penelope. Se resta più di un giorno lontano da lei cade in una
profonda depressione, quindi ha dovuto portarselo dietro.” spiegò Ron.
“E crea problemi?”
chiese Harry, sentendo Sparkie squittire nei pressi della cucina.
“Noo… anzi, io lo
trovo simpatico!”
Entrarono in camera di
Ron, dove Harry ormai non restava più shockato per essere colpito in pieno da
uno sfolgorio arancione. Anzi, notò subito che un nuovo poster dei Cannoni di
Chudley aveva sostituito quello vecchio e scolorito che prima troneggiava sopra
il letto di Ron.
Poi notò un abito da
cerimonia blu cobalto nuovo di stecca, appeso ad una gruccia.
“E questo?” chiese
“Ah…” bofonchiò
Ron “Me l’ hanno regalato Fred e George…”
A quel punto Harry si
ricordò di aver regalato la vincita in denaro del Torneo Tremaghi dell’anno
scorso ai gemelli, invitandoli a comprare a Ron un abito che sostituisse
l’obbrobrio marrone dell’anno scorso.
“Guarda!” chiamò
Ron, ed Harry si avvicinò: l’amico gli stava mostrando orgoglioso la grande
vasca di vetro che stava appoggiata sul davanzale della finestra. Conteneva un
grosso anfibio somigliante ad una rana, giallo e verde squillante, dalla pelle
liscia e lucida e con due piccole corna appuntite sulla fronte.
“È un Ranelonte
Acrobata! Proprio non mi aspettavo che da quelle uova di rana che George ha
trovato tre anni fa potesse uscirne uno…!”
“Perché? È
un’animale raro?”
“Bè, no… però è
comunque inusuale trovarne facilmente in giro per i campi! Guarda, è
fortissimo!” e la tirò fuori dalla vasca, appoggiandola sul pavimento. Il
Ranelonte guardò Harry con occhi incuriositi mentre Ron prendeva un lungo spago
dal comodino. Ne porse ad Harry un’estremità.
“Fallo girare!” ed
insieme presero a farlo girare.
Il Ranelonte prese a
saltare la corda con sorprendente agilità. Harry scoppiò a ridere. Per il
resto della mattinata i due si divertirono a far fare al Ranelonte un sacco di
buffe acrobazie, fino a che non furono chiamati a pranzo.
In cucina, Harry vide
Ginny, la minore e unica femmina dei fratelli Weasley, intenta ad apparecchiare
la tavola. Non appena Harry la salutò, lei arrossì vistosamente, squittì un
“ciao” in risposta e tornò a testa china a lavorare alla tavola. Il ragazzo
si offrì gentilmente di aiutarla ma lei rifiutò categoricamente.
Mamma Weasley, che stava
girando furiosamente il mestolo dentro un pentolone di spezzatino, lanciò
un’occhiata all’orologio:”Bè, Percy dovrebbe arrivare a minuti!”
L’orologio della
cucina, infatti, aveva una lancetta per ogni membro della famiglia. Due di
quelli erano puntati su ‘lavoro’ (erano quelle di Bill e Charlie, a lavorare
rispettivamente in Egitto e Romania), altre sei indicavano ‘casa’ e
l’ultima, quella di Percy, era rivolta alla scritta ‘viaggio’.
“Povero caro, lavora
troppo! Sarebbe in ferie, ma ha voluto andare in ufficio a sistemare le ultime
carte… bè, da domani resta a casa, dice.” sospirò la signora Weasley.
Penelope, che entrò in
cucina in quel momento con in mano una piccola ciotola vuota, sbottò:”Si, si
comporta in modo davvero carino! Quello stacanovista…”
“Ora tu cosa fai,
Penelope?” chiese Harry.
“Io? Gestisco la
libreria di famiglia, a Hogsmeade. Ce la passiamo da generazioni… ed ora tocca
a me!”
“Dev’essere un
bell’impegno…!”
“Ah, non troppo… mi
aiuta mio cugino Steven. E poi anche Ginny mi sta aiutando, quest’estate!”
aggiunse la ragazza, rivolgendo un sorriso radioso a Ginny, che sorrise di
rimando.
In quel momento la porta
della cucina che dava sul giardino si spalancò, facendo entrare Percy, che
aveva un’aria stanca.
“Salve a tutti. Santo
dio, fa un caldo… in ufficio, poi…”
“Ciao, caro!”
cinguettò mamma Weasley.
“Ciao mà.” poi Percy
notò Harry “Ah, ciao Harry!” si avvicinò e gli strinse la mano “Sono
felice di vederti. Tutto bene?”
“Benissimo. A te?”
“Pure.”
Poi il pranzo fu servito
e non ci fu più spazio per conversare.
“Hai notizie di
Hermione?” chiese Harry a Ron, nel pomeriggio.
Loro due, Fred, George e
Ginny erano usciti, diretti verso il piccolo campo erboso di proprietà dei
Weasley. Giocarono una sgangherata partita di Quidditch, dopodiché si stesero
sull’erba a crogiolarsi sotto il caldo sole di luglio.
“Hm… no… non manda
gufi da due settimane. Bè, è comprensibile… è dura per un gufo farsi tutta
la strada da qui alla Bulgaria!” borbottò Ron, evidentemente
contrariato.
La loro amica Hermione
Granger era stata infatti invitata dal bulgaro Viktor Krum a passare una vacanza
da lui. Hermione inizialmente pareva contraria all’idea, ma alla fine,
evidentemente, aveva accettato.
Harry decise però di non
dare troppo peso alla storia, anche per non far arrabbiare Ron.
Dopo aver giocato altre
tre partite di Quidditch, alle quali partecipò anche Ginny, ed aver giocato per
tre quarti d’ora buoni a Spara Schiocco, i cinque amici decisero di tornare in
casa.
In cucina trovarono Percy
e Penelope. Quest’ultima stava svuotando sul tavolo in contenuto di una serie
di borse di plastica, sottoponendoli al giudizio di Percy, che evidentemente si
era deciso a fare il fidanzato perbene e portare la sua ragazza a fare shopping.
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“Ciao!” li salutarono
i due, poi Percy prese dalla credenza una piccola pila di buste voluminose
“Ecco a voi, posta da Hogwarts!”
Tutti si misero a
consultare la lista di libri da comprare per il nuovo anno scolastico. Fred e
George, notò Harry, scrutavano sgomenti ed afflitti la lunga lista di libri che
avevano sotto mano. Quello per loro era l’ultimo anno, e dovevano studiare per
cercare di ottenere il M.A.G.O., anche se lo studio non era esattamente la loro
passione. Poi gli venne in mente che, ai prossimi esami, anche lui avrebbe
dovuto studiare per ottenere qualche G.U.F.O., ma ci contava davvero poco.
Hermione si, lei avrebbe ottenuto tutti e dodici i G.U.F.O. ottenibili, ma lui e
Ron al massimo ne avrebbero ottenuto due. Ma pazienza, l’importante era non
restare bocciati! Cosa che, con professori come Piton, si poteva considerare
un’impresa eroica.
Harry ripiegò il foglio
e lo reinfilò nella busta, appoggiandolo sul tavolo. Non voleva pensare alla
scuola, ora. I compiti li aveva già finiti il giorno prima, dai Dursley. Le sue
vacanze estive cominciavano solo ora.