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Autore: __lesbianquinn    25/06/2014    0 recensioni
Una one shot, probabilmente con i personaggi un po' fuori dai loro caratteri, ma c'è da dire che sono passati anni, da quando andavano a scuola, anche se non lo specifico nella storia, dovrebbe comunque capirsi. Ci sarà un accenno, ma proprio un accenno, di una coppia già vista nel telefilm, ma non vi aspettate chissà cosa. Spero comunque che vi possa piacere.
***
Dalla shot: Lentamente le sue labbra si incresparono in un sorriso e i suoi bellissimi occhi si chiusero, lì mi trovai a deglutire, portando una mano sul mio petto, come se volessi trattenere il mio povero cuore, il quale, presto, si sarebbe infranto nuovamente al suolo [...]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kitty Wilde, Quinn Fabray
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sfioro il paradiso,
                        ma poi torno all'inferno.

 

Il suo respiro caldo sfiorava la mia pelle, si infrangeva direttamente sul mio collo, in modo irregolare. Le sue mani si muovevano velocemente sul mio corpo, ma in modo talmente tanto naturale da far sembrare che mi conoscesse quasi a memoria, come se, anche ad occhi chiusi, potesse delineare in modo perfetto i miei contorni. Le sue labbra si posarono sulla mia gola, baciandola, mentre io chiudevo gli occhi e pregavo mentalmente il mio stupido cuore di darci un taglio, di rallentare un po'. Non sopportavo quell'espressione compiaciuta che spuntava sul suo volto, non appena si rendeva conto quanto fossi presa da tutto quello.

Le mie labbra si socchiusero, cercando di far penetrare più ossigeno possibile, visto che i miei polmoni lo richiedevano disperatamente. Le mie mani si chiusero con forza attorno alle lenzuola, tirandole, mentre ancora si muoveva contro di me, come se fosse cullata dalle onde del mare, sfiorando e scontrando i nostri corpi.

Deglutii, piano, sentendo quel calore prendermi in pieno, mentre il cuore, ormai, sembrava come se volesse esplodere, come se non ce la facesse più. Aprii lentamente i miei occhi e mi paralizzai, notando i suoi occhi così belli, lucidi per l'eccitazione, per la passione che aveva travolto entrambe e che ancora ci travolgeva. Lentamente le sue labbra si incresparono in un sorriso e i suoi bellissimi occhi si chiusero, lì mi trovai a deglutire, portando una mano sul mio petto, come se volessi trattenere il mio povero cuore, il quale, presto, si sarebbe infranto nuovamente al suolo, cadendo e dividendosi in tanti piccoli pezzettini, ma non sapevo quanto ancora avrei resistito, quante altre volte ancora sarei riuscita a ripararlo, a metterlo insieme con colla e garze.

Era inutile illudersi, era inutile farsi mille film mentali, ma cosa ci potevo fare, io ero fatta così, potevo anche impormi di non viaggiare con la fantasia, per non rimanerci male, ma non ce l'avrei mai fatta, avrei continuato a fantasticare, anche contro la mia volontà, e, immancabilmente, mi sarei fatta male, per l'ennesima volta.

Lentamente spostai una mia mano, portandola al suo volto, accarezzandoglielo piano, osservandola ancora, scrutandola. Era bellissima. Il suo volto era rilassato, ma allo stesso tempo costretto, in un certo senso, in un espressione di falsa tranquillità, come se non mi volesse fare notare che, tutto quello, le stava piacendo, anche troppo, probabilmente. La mia mano si spostò fra i suoi capelli, le mie dita giocarono con quelle ciocche morbide. Sospirai, chiudendo i miei occhi, con lentezza, mentre mi abbandonavo ai suoi tocchi e al forte piacere che, subito dopo, arrivò, travolgendomi, portandomi ad ansimare il suo nome, come ogni volta, con la speranza che, magari, quel giorno sarebbe stato diverso, dopo il raggiungimento dell'apice del nostro piacere. Avevo paura ad aprire gli occhi, ma lo feci lo stesso, mi obbligai a farlo, puntando il mio sguardo nel suo, così serio, quasi duro. E quello sguardo, quei suoi occhi, avevano sempre il potere di distruggermi, di abbattere il mio dolce e illusorio castello di carta.

«Non si ripeterà mai più», disse lei, con voce sicura, leggermente roca per quello che era appena successo. Deglutii e annuii, piano, mentre, lentamente, sentivo i pezzi del mio cuore staccarsi.

«Sto per sposarmi, non deve più accadere», continuò, allontanandosi dal mio corpo, allontanandosi da me, e quello non fece altro che accrescere il mio dolore. Presi un respiro profondo, poi posai la mia mano sulla sua spalla, allontanandola definitivamente, sedendomi su quel materasso che, ancora una volta, aveva accolto il mio piacere e la mia disperazione.

«Non dipende da me. Sei tu che mi cerchi», non potevo credere che ero sul serio riuscita a parlare, ma in fondo io ero fatta così, riuscivo a stupire anche me stessa. La più grande sorpresa che mi ero mai fatta era stata quella, innamorarmi di una donna che mai mi avrebbe amata. I suoi occhi si puntarono su di me, seri, quasi innervositi dalle mie parole, forse perché lei sapeva benissimo che avevo detto solo la verità, in quel momento.
«Sta pur certa che non verrò più a cercarti», affermò e, pur non sapendolo, fu proprio quello il colpo di grazia. Sentii chiaramente il mio cuore disfarsi, rompersi ancora una volta, mentre in me nasceva la speranza, speranza di riuscire a ripararlo nuovamente, magari senza permetterle di romperlo ancora.
«Ne sono contenta», dissi lentamente, alzandomi e prendendo i miei vestiti, iniziando a ricompormi. Avevo il fiatone, gli occhi lucidi, le guance rosse e i capelli in disordine, ma non avrei passato un altro istante lì, con lei, l'artefice del mio dolore. «Perché se verrai, sarò io a cacciarti. Non dovrà succedere mai più, ma questa volta perché sono io a deciderlo», conclusi, con voce talmente tanto ferma che, in un primo momento, non capii bene se fossi stata realmente io a parlare, o lei. Finii le mie cose nel più totale dei silenzi, poi, non appena ebbi finito di vestirmi, presi le mie cose e uscii dalla sua camera, poi da casa sua, senza voltarmi indietro. I miei piedi mi portarono lontano da quella tortura e, quando fui sicura che non mi avrebbe più vista, mi lasciai andare; lacrime calde rigarono il mio volto, infrangendosi sulla mia pelle, lasciando dei segni quasi invisibili sulle mie guance ancora rosse. Mai avevo permesso a qualcuno di farmi soffrire tanto e, soprattutto, mai avrei pensato che potessi essere capace di innamorarmi a tal punto da offrire il mio corpo, da donare il mio cuore a quella persona, permetterle di pugnalarlo, più volte. Forse era una ricerca di un sadico piacere. O forse era solo quel dannato e fottuto amore che mi portava all'autodistruzione. Quell'amore che non avrebbe mai permesso alle mie mani di chiuderle la porta in faccia, nel momento in cui lei sarebbe venuta a bussare.
Mi fermai, posando le mie spalle al muro e stringendo la mia mano contro al mio petto, graffiando il tessuto della maglietta, tremando. I miei occhi si chiusero e una fitta attraversò il mio cuore, facendomi sussultare, per poi rendermi conto che quel sussulto era solo l'accompagnamento di un singhiozzo alquanto rumoroso, anche troppo. Altre lacrime scesero, ma scossi con forza il capo, portando le mie mani ad asciugare tutte quelle gocce salate, quelle piccole traditrici.
I suoi occhi erano entrati nel mio cuore, nella mia mente; vedevo il suo sorriso anche ad occhi chiusi, le sue labbra sottili, anche se non troppo, chiare, quelle labbra che avevo trovato così dolci, ma che, man mano che gli anni passavano, non facevano altro che indurire il suo sorriso angelico. Aveva subito molto, aveva sopportato delusioni d'amore di ogni tipo, aveva affrontato dolori forti, ma non ero sicura che ne avesse mai affrontato uno come quello che sentivo in quel momento, al pensiero della donna dei miei sogni stretta fra le braccia di un altro, un'altra persona, che sorrideva a qualcuno che non ero io, che baciava labbra non mie...che faceva l'amore, ma non con me.

«Dannazione, Quinn Fabray, sei una maledizione», sibilai, tremando, mentre, finalmente, le lacrime smettevano di scendere e un sospiro sfuggì alle mie labbra. Era ora di darsi una mossa, era giunto il momento di andare oltre, me lo dovevo. Sospirai nuovamente, in modo pesante, dopo di che mi allontanai a passo svelto, ma sicuro, sperando che, almeno quella volta, sarei riuscita sul serio a buttarmi l'amore alle spalle, ma non solo quello. Dovevo scaricare tutti i nostri ricordi, i sorrisi, gli abbracci...tutti quei giorni che avevo passato, alle superiori, ad osservarla al suo ultimo anno, per poi trovarmi ad idolatrarla, a venerarla come una Dea, ad imitarla, quasi. Per me era un punto di riferimento, un idolo, poi, non so come, divenne altro. Ma non potevo permettermi di provare amore, non per una donna che stava per coronare i suoi sogni, sposandosi con quello che era stato il suo primo amore e, sicuramente, sarebbe stato anche l'ultimo. Dovevo mettermelo in testa: lei non potrà mai amarti, Kitty Wilde.




Salve a tutti. Sono tornata ancora una volta con una one shot un po' particolare, che, questa volta, vede come protagoniste Quinn e Kitty. Io penso di essere la ragazza che si innamora delle coppie più improbabili di sempre e loro due, insieme, mi piacciono da morire, per questo ho deciso di scrivere questa one shot.

Il titolo si riferisce a come si sente Kitty, ovvero che quando sta con lei, quando la sfiora, quando la bacia, si sente in paradiso, ma ogni volta che tutto finisce, quando la guarda negli occhi il momento dopo, si sente come se fosse risucchiata all'inferno.

In caso non si fosse capito, sono passati degli anni, da quando tutti erano a scuola e Quinn si sposerà, sempre se non fosse stato chiaro, con Noah Puckerman, quello che, secondo Kitty, è e sarà il primo amore della ragazza. 

La storia è chiaramente una one shot - e un momento di pazzia generale, ma lasciamo perdere -, per questo non avrà un continuo, ma non ve lo garantisco. Perché se mi girano, e se vedo che piace, potrei anche fare il continuo. 

Detto questo, vi saluto e vi invito a recensire, per farmi capire se vi è piaciuta oppure no.

Distinti saluti.

 

LesbianQuinn.
   
 
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