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Autore: Pachiderma Anarchico    25/06/2014    0 recensioni
"Le persone che hanno sofferto sono le più pericolose, perché pur temendo il dolore conoscono la loro forza e sanno come sconfiggerlo. La loro paura è pari al loro coraggio. Non si fermeranno di fronte a niente e nessuno e sapranno ingoiare tutte le lacrime, sapranno alzarsi dopo aver toccato il fondo. Chi ha sofferto ha un cuore grande perché conosce il bene e conosce il male e ha rinchiuso in se tutto l'amore e il dolore. Sapranno sempre allungare una mano per fare una carezza e trovare una parola per confortarti, ma non sottovalutarle mai, perché sapranno ucciderti nel momento in cui tu cercherai di farlo con loro."
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too frail to live, too alive to die.'
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Stai attento nell'espireme desideri al buio
non puoi essere sicuro di quanto lasceranno il segno
e nel frattempo sto solo sognando di piangerti in disparte
sono a patti col diavolo
così ora il mondo non sarà mai al mio livello
ti voglio tirare fuori dalla gabbia
sono un giovane amante furioso
ho bisogno di una scintilla per infiammarmi
le mie canzoni sanno cosa hai fatto nel buio.






CAP. 9

 


 

Il clangore della palestra che va svuotandosi e un sottofondo di secondo livello alla concentrazione di ogni singolo neurone sul mio allenamento. Il corpo e il respiro sono le uniche due cose su cui la mente accetta di focalizzare la sua attenzione, le uniche due cose che mi persuadono a spingere il corpo a dare sempre di più, come se non ci fosse limite alla tecnica che posso raggiungere. Il Judo è il momento in cui mi concedo un po' di filosofia. Quando le mie gambe si allineano l'una con l'altra, i muscoli pulsano per lo sforzo compiuto e l'afflusso di sangue mi accalda la pelle so che la poesia è finita, ma solo e soltanto allora. 
Una tovaglia va a tergere parte del sudore sulla nuca mentre mi avvio verso l'uscita. Il tempo scorre più veloce proprio ora che le giornate si allungano, a ridosso di Maggio. La Natura è difficile da comprendere come una donna nel pieno delle "sue cose". 
Imprevedibile, incontenibile, ombrosa, suscettibile, complicata e innegabilmente bella. 
E approposito di qualità insopportabilmente innegabili, la natura ha fatto proprio un buon lavoro con l'ambigua creatura che scorgo difronte a me. O di spalle, considerando che sta armeggiando con qualcosa dando la schiena alla porta, da cui spunta il mio sguardo circospetto. 
E' la seconda volta che siamo gli ultimi ad uscire dai nostri rispettivi corsi e per la seconda volta incrocio la sua strada, solo che questa volta lui non lo sa e io avrei anche avuto l'intenzione di annunciare la mia presenza entrando bellamente e con una certa dose di spavalderia negli spogliatoi, ma proprio quando.. 
Si sfila la felpa. 
Una gamba si blocca. 
L'altra pure.
E credo che il mio respiro le abbia seguite a ruota quando non c'è più neanche la maglietta a coprire la sua pelle. 
Ha portato la vista a primo impatto sulla sua epidermide, senza neanche darmi il tempo di..che so, prepararmi psicologicamente a trovarmi dinnanzi quella porcellana candida. Lui non ha idea che io sia qui, immobile a respirare la stessa sua aria di qualche metro quadrato, ma poteva evitare quello scatto fulmineo. Intatto, il bianco marmo che ricopre le sue scapole, un po' troppo in vista ma dalla forma inattaccabile, o la sua vita, stretta, dai fianchi lievemente marcati che i vestiti sono soliti celare. Persino le incurvature dei muscoli delle braccia si intravedono nella mezza luce degli spogliatoi che non basta a impedirmi di penetrare i denti nelle labbra così forte che, tra il considerare che il suo corpo si è ripreso bene da quello stato di recente magrezza e il notare che i muscoli più pieni si intravedono ancor più facilmente di prima, avverto il sangue nella bocca. Ma il suo sapore non è la mia priorità, perché quella pelle è tanto bianca da sembrare inconsistente, e allo stesso tempo così vera da spaccarmi il respiro in due. Un leggero solco percorre la sua schiena, divide le spalle e separa i due lati di quel marmo. La linea che segna la colonna vertebrale, un tratto di poco profonda decisione e di perfette dimensioni per ospitare la punta di una lingua che volesse saggiarne il sapore, valutarne la consistenza, se è davvero di velluto come sembra. 
Silenziosamente poggio la fronte sul muro, spero che il freddo possa schiaffeggiarmi ma il caldo improvvisamente mi da alla testa, cresce e ingrossa la sua onda come un'eruzione vulcanica privata, circoscritta soltanto a me, troppo prorompente per poter anche solo rendermi conto che sto spingendo il bacino contro la parete, nascosto alla vista. Penso al sole, che sembra non aver mai battuto su quella schiena, inevitabilmente prende forma anche il davanti dello stesso corpo, immagino la riga della mandibola, quella del collo che scende giù come una morbida cascata fino alle linee delle clavicole.. So cosa sta per fare, e l'inconsapevolezza di quanto ammalianti siano le armi che ha a disposizione è proprio ciò che le rende letali. 
La cinta nera si slaccia, le piccole borchie su di essa emanano qualche baluginio argentato, il basso ventre è caldo..è umido.. Decisamente ho tutto fuori controllo, ma quel fondoschiena è la mia meta, voglio solo constatare che quel bianco è un trucco, che quella pelle è un bluff, che una volta che quei jeans saranno caduti a terra ci sarà qualcosa, qualsiasi cosa a farmi sbuffare infastidito, quasi nauseato, convincendomi che ho solo perso tempo.. ma conosco già la realtà dei fatti e la verità è che una pelle così va ammirata da lontano e posseduta da vicino, va segnata, graffiata, marcata perché nessuno possa appropriarsene, e il sangue scorre tanto, ma tanto veloce, giunge con violenza posti in cui non avrebbe dovuto esserci, non così, l'elastico dei suoi boxer è sempre più visibile, mi gira la testa. Quando mi sfugge un sospiro grave dalle labbra so che ho strattonato la borsa e sono schizzato via. 
Sono fuggito.
Aleksander, stai calmo, molto calmo. Le mani apposto..molto apposto e la mente ferma. 
Molto ferma.


***

 

Immaginate una palestra deserta. 
Fatto? Bene, adesso pensate al tramonto e alla luce che si dissolve lentamente dietro l'orizzonte. 
Fatto? Adesso provate ad amalgamare il tutto insieme a un me ansante, con la canottiera bianca spiaccicata al torace e il respiro corto e un Dominik nello stesso stato, dinnanzi a me, con il petto che si alza e si abbassa al ritmo di respiri dettati da una resistenza più vacillante e dove la canottiera nera lascia ben poco alle fantasticherie sulla parte superiore del suo corpo sudato.
Adesso dovrebbero prendere forma nella vostra mente le parole fastidiosamente autoritarie dell'istruttore di educazione fisica e la mia sorpresa nell'apprendere dopo quattro anni in questo beato liceo che è anche un esperto di difesa e combattimento corpo a corpo, aggiungeteci l'insofferenza di Dom nell'essere designato mio compagno..di corso e il piccolo dettaglio che solo due ore fa stavo per farmi una sega guardandolo spogliarsi, e il quadro è completo. Avete davanti esattamente l'irresistibile spettacolo che mi sto apprestando a eseguire. 
Sì, perché alla dirigenza dell'istituto non bastavano le nove materie giornaliere più i corsi extracurriculari per i crediti più le attività pomeridiane, no, a distanza di un mese dagli esami di stato ci piazzano gli allenamenti di combattimento corpo a corpo dalle cinque alle sette di pomeriggio due volte a settimana. 
Certo, se verremo attaccati da un branco di elefanti inferociti tutta sta ben di Dio di attività fisica di sarà utile.
E come se tutto ciò non fosse stato abbastanza per il sottoscritto, ci mancava anche la brillante idea del mio "compagno" (di corso) di cambiare look al gatto nero che si ritrova in testa poco prima di questo entusiasmante pomeriggio, presentandosi con i capelli corti dal lato destro e più lunghi su quello sinistro, terminando il capolavoro con un ciuffo la cui punta gli sfiora quasi lo zigomo e gli coprirebbe l'occhio se lui non se lo scostasse ogni cinque secondi con quello scatto della testa che gliela sfracellerei al muro. 
Il parrucchiere o chiunque sia stato a creare una cosa del genere dovrebbe essere sbattutto in prigione e preso a sprangate sulle gengive perché cose del genere su soggetti del genere dovrebbero essere totalmente illegali.
Perché non sono illegali?
Dov'è la legge quando ti serve?!
-Riproviamo.- dico imperativo.
Almeno me la sto godendo ad essere tassativo. Si perché il caro Dominik è sotto la mia "guida e tutela", essendo io di livello avanzato, cosa che sto usando a mio vantaggio per farlo ammazzare di fatica. Gli sto dando ordini da un'oretta, mi arriverà un pugno in piena faccia da un momento all'altro, il naso mi rientrerà nella pelle, diverrò il degno erede di Lord Voldemort e dovrò procurarmi anche una calotta calva, ma fino ad allora.. -E non guardarmi con quegli occhietti omicidi, riproviamo.-
Alla fine si abbandona alla rassegnazione che sono un caso disperato che non lascerà stare tanto facilmente il suo ruolo di predominio perché si sta divertendo troppo e riparte all'attacco.
Prevedibile.
Lo blocco in una manciata di secondi e lo atterrò in altrettanto tempo.
E' la quinta volta.
Non la seconda o la terza.
La quinta.
-Perchè mi trovo sempre a terra con te?! Dannazione!-
-Guarda che tutti si trovano sempre a terra con me.- rispondo con un mezzo sorriso sulle labbra.
-E' una specie di consolazione?- sbuffa rialzandosi.
-No- piego le ginocchia -mi sto solo vantando.-
Parto al contrattacco. Lui lo capisce all'istante, si abbassa ed evita il mio colpo sferrato con l'avambraccio.
Ghigno fermandomi. -Però.. Il principino ha i riflessi pronti..-
-Stai cercando di provocarmi?- rimbecca bruscamente.
Faccio un passo indietro. -No, sto cercando di far emergere il vero Dominik, non questo.. - Non ho le parole adatte a portata di lingua. 
-Sembra quasi che tu abbia paura di avvicinarti.-
-Non ho paura.-
-Dimostralo.-
I suoi occhi sono turchesi lucenti sul viso imperlato da un velo di sudore e adornato da un penombra di occhiaie che non accenna a scomparire. Qualcosa attraversa quegli occhi, neanche il tempo di notarlo che è già sparita. Qualunque cosa fosse, ha lasciato una traccia belligerante nelle sue iridi, vorticosamente indomita in quell'azzurro che pare vetro, vetro appuntito in grado di trapassarmi da parte a parte. 
E sembra proprio quello che vuole fare quando si lancia contro di me cercando un varco nelle mie solide difese, o creandoselo a forza. 
Paro ogni suo colpo, polso, avambraccio, di nuovo avambraccio, non lascio che mi sfiori, piego la testa, rimango fermo con i pieni ben saldi a terra,  indietreggiare renderebbe solo più difficile caricare i colpi e nel frattempo riparo il viso con il braccio destro, ma proprio nel secondo in cui mi concentro maggiormente sul preservare la parte alta del corpo e dello stomaco, sento una pressione sul fianco sinistro.
Ha realmente trovando un modo per arrivare a me. 
Gli ho lasciato io la breccia aperta nella difensiva, incautamente aggiungerei, ma sembrava non aspettasse altro. Doveva solo individuare la cicatrice, poi ci avrebbe pensato lui a infilarci la lama.
Il colpo non è doloroso, ci stiamo solo allenando, ma si fa sentire perché ben assestato con la rotazione dell'anca e lo spirito competitivo di Dominik, che ha preso il sopravvento. 
Sorride sprezzante passando il peso sulla gamba destra, pronto a scattare con la sinistra.
-Tutto qui quello che sai fare?-
Mi rendo conto di star seguendo il suo sorriso con le mie labbra nell'istante in cui scorgo le mie labbra curvate all'insù nei suoi occhi. Colgo la provocazione facendo scorrere il mio sguardo sui punti salienti della sua figura.
In meno di tre secondi ho analizzato le forze e le debolezze del mio avversario. Dominik ha i riflessi pronti ma una resistenza decisamente inferiore alla mia, le gambe più lunghe ma una massa muscolare corporea meno sviluppata, ovvero  io sono più forte, ma lui potrebbe essere più veloce, il che potrebbe rappresentare un problema, a meno che..
Mi sono gettato in avanti, la gamba sinistra a sorreggere il mio peso, non gli lascio tregua, colpisco quasi alla ceca, ma so ciò che sto facendo.
Come previsto si difende bene da qualunque mossa io cerchi di fargli subire, indice di riflessi niente male, ma il suo respiro irregolare mi sta chiaramente dicendo che non riuscirà a resistere sotto il mio assedio ancora per molto.
Persino le finte sono inutili con lui, riesce a capire quando ho la reale e precisa intenzione di assestare un colpo e quando sto solo falsando il mio movimento per prenderlo in contropiede. Perché osserva il volto di chi ha davanti, non il corpo. 
E' stressante sapere che non si lascia ingannare, visto che sfiancare e sorprendere chi ho davanti è la mia carta vincente.
Forse con Dominik, però, è bene cambiare mazzo.
Schiva con destrezza un pugno mirato alla testa piegandosi agilmente indietro e con un'accorta rotazione del busto si trova all'altezza del mio stomaco.  Il mio corpo ancora sbilanciato in avanti per sferrare l'offesa non fa in tempo a bloccare il secondo calcio che arriva dalla stessa gamba con bersaglio lo stesso punto di pochi attimi fa. 
Una fugace visione nera e una pressione decisa sull'anca sinistra mi fa sbilanciare, ma questa volta sono pronto. 
Vacillo ma porto la sua gamba con me e nel riacquistare improvvisamente l'equilibrio faccio un brusco passo indietro, stringendo la presa sul suo polpaccio e avvalendomi della rotazione muscolare per tirarlo esattamente dove voglio io. 
Questo non se lo aspettava.
E forse nemmeno io.
Nonostante la fervida ironia che mi trovo, non mi sarei aspettato di trovarmelo tra le braccia per evitare che mi incrinasse una costola.
Questo perché nel mentre di un battito d'ali gli ho fatto perdere il terreno sotto ai piedi, costringendolo a pararsi dalle gomitate alla gola, e riuscendo a sbattere la sua schiena contro il mio corpo, immobilizzandogli le braccia. 
Il suo è respiro ansante, il mio controllato, il suo braccio destro fermo tra il mio addome e il suo fondoschiena, il polso destro costretto in una morsa ferrea, le mie braccia bloccano le sue. 
-Sai che potrei esercitare una lieve pressione e diresti addio alla tua articolazione?-
Dico accennando alla mia mano che stringe il suo polso davanti la sua pancia. Lui mi regala la smorfia più contrariata che riesce ad articolare. 
È in mio potere. 
-Devo dire peró che non sei tanto male.- considerando come mi hai colpito due volte allo stesso punto, mossa astuta. Non mira a sfiancare l'avversario, né a danneggiarlo. Ogni suo colpo, schivata, rotazione, battito di ciglia era mirato a qualcosa di molto più assordante. In un vero combattimento, contro qualcuno che sa il fatto suo, tecnicamente non avrebbe più del 50per cento di possibilità di uscirne vincitore senza gravi ferite, ma se le mie osservazioni sono esatte, Dominik possiede due cose che in occasioni del genere possono fare la differenza: coraggio e astuzia, l'intelligenza di carpire il modo più veloce per abbattere chi si trova difronte e l'audacia di farlo.
-Fa male il fianco?- 
Ribatte lui tagliente.
Lo attiro ancor di più a me tirandolo con un movimento secco.
Forse non ha capito che lo ho in pugno.
O forse lo ha capito e il sorriso strafottente che gli compare sulle labbra è la risposta che il suo orgoglio si rifiuta di ammettere. 
Gli scorre ribellione nelle vene. 
Aleggia nell'aria, nel pulviscolo che si posa sui vestiti, pulsa nella sua pelle come fuoco acceso, come una miccia infiammata da una vitalità strana, ambigua, fragile come cristallo l'attimo prima, distruttiva come una bomba atomica il secondo dopo. Lo tengo più fermamente di quanto avessi pensato di dover fare, e mi sento come se stringessi tra le mani le redini di un purosangue impossibile da imbrigliare. 
Perchè Dominik è un purosangue, esattamente come me, esattamente come dobbiamo essere, esattamente come tutti e due avremmo dovuto continuare ad essere, solo che lui, ad un certo punto, ha iniziato a scalciare. 
E vorrei sapere perché.
Vorrei conoscere il movente di quella arcana riga nera intorno ai suoi occhi impressa come un tratto di sicura insicurezza un po' di tempo fa, vorrei capire il perchè abbia scelto il nero come alleato in questa vita, sui vestiti, sui capelli, forse più giù, forse più dentro, forse più profondo.
E mi limito a stringerlo, non riuscendo a comprenderlo, lascio che le mie dita gli impediscano i movimenti perchè non voglio lasciarlo andare e tornare a soddisfare le aspettative del mondo.. 
Forse, e dico forse, voglio soddisfare solo le sue di aspettative, di colui che si è fermato da un po' nella mia morsa d'acciaio, sopprimendo ogni tentativo o impulso di liberarsi. 
-Mai farsi circondare le braccia quando l'avversario è più forte.-
-La tua abilità nella sottile arte del vantarsi implicitamente è ammirevole.-
-Sai che potrei anche morderti?- mormoro sulla pelle del suo collo, le labbra tra l'orecchio e il collo.
-Fallo e ti apro in due, asporto gli organi interni e li do in pasto al gatto della mia vicina zitella.-
-E questa sarebbe una minaccia?-,sghignazzo, -da te mi sarei aspettato qualcosa di più.-
-Va bene, fallo e ti castro, squarto ogni singolo tessuto del tuo corpo e con le tue ossa traccio una stella a cinque punte intorno ai tuoi miseri resti, poi ti do fuoco con un lume e disperdo le ceneri in un cimitero abbandonato, stile setta satanica. -Si interrompe, come se parlare senza interrompersi fosse divenuto faticoso. -Contento?-
-Mm ora va meglio..- 
Perchè sto sussurrando? 
L'arto sinistro di Dominik è ancora bloccato dal sottoscritto dietro la sua schiena, il destro è immobile nella mia presa, eppure basta un lieve, insignificante movimento del suo collo per mandarmi in cancrena. 
Dominik ha voltato il viso verso il mio per guardarmi in faccia, i suoi occhi spiccano sulla pelle chiara ammantata di sudore e la penombra ci avvolge lentamente con la sua lingua sconosciuta. 
-Sicuro che i morsi siano regolamentari?- 
Esordisce a mezza voce, incrinando il silenzio ma senza sfilacciarlo più di tanto.
-Non saprei, ma possiamo provare..-
L'accento delle mie parole che scivola nella malizia ben celata non sfugge alla sua attenzione, assottiglio lo sguardo quando sento i suoi muscoli irrigidirsi, uno per volta, combattuti dall'azzurro nel suo sguardo, mare vivo. 
Oceano in tempesta. 
-Provaci..- sussurra. 
Rabbrividisco. All'istante. Causa per effetto.
Azione per azione.
La magia chiama magia.
Il fuoco chiama fuoco. 
Sangue chiama sangue.
-Com'è stato baciare Magda?-
Ho stretto involontariamente la presa, forse una flebile riflessione fa capolino in qualche sperduto angolo di lucidità, avvertendomi che potrebbe rimanergli il segno delle mie dita sul polso, ma non me ne fotte. Tirare fuori l'argomento mi ha dato più fastidio di quel che pensassi. Mi ha irritato. E non sono disposto a compromessi.
-Lasciami- mormora -o potrei farti davvero male..-
Il braccio che gli sostengo paralizzato tra i nostri due corpi, premuto sulla sua colonna vertebrale per impedirgli qualsivoglia torsione accentuata del busto, rimane pressoché immobile, ma la mano attaccata a quel braccio raggiunge il basso ventre e prima che possa capacitarmi della minaccia che vuole attuare, sta tenendo sotto assedio i gioielli di famiglia.
I miei gioielli di famiglia.
Con due dita volutamente delicate, maledettamente sibilline.
E in particolare ha sotto arma quello situato più sulla sinistra.. 
Mi è salito il cuore in gola e poi, rombante come una ferrari nuova fiammante, si è buttato in caduta libera in mezzo alle mie gambe, insieme alle sue dita e a qualcos'altro.. 
L'aria si è improvvisamente cristallizzata nella realtà che ci circonda, e non è l'attacco furbamente architettato del corpo a corpo a rendere il sangue tanto frenetico nelle mie vene che d'improvviso sembrano non riuscire più a contenerlo, è proprio quella quasi inesistente pressione di quelle due quasi invisibili dita a mandarmi in paralisi.
Deve spostare quelle dita. Deve farlo e in fretta. 
E deve togliersi dai tratti del viso quell'espressione di demonietto da film horror che gli si è disegnata sulla faccia, la luce perversa nelle frecce appuntite delle sue iridi scagliate con un arco dalla mira eccellente, le labbra rosee distese in un ghigno inquietante e deliziosamente pericoloso, il tutto con l'ausilio del ciuffo d'ebano che gli ricade prontamente sul viso, celandogli l'occhio sinistro e armonizzando ogni tratto.
Se il diavolo avesse un viso, sono sicuro che assomiglierebbe al suo. 
Ma non sono solito vendere l'anima a chi si prodiga di comparirmi dall'inferno.
E con un'impeccabile tecnica che, manco a dirlo, mi torna utile prima dell'incontro con la mandria di elefanti inferociti, lo giro piazzandomelo difronte e lo avvicino a me, senza lasciarmi fregare da quel bel faccino ancora animato dalle fiamme del nono girone infernale e tenendogli i polsi serrati in una catena di dita tra di noi. 
Faccio in modo che lui non riesca ad abbassare le mani più del dovuto e raggiungere luoghi che si devono tenere il più lontano possibile da lui e dalle sue nefaste intenzioni.
Lui si lascia docilmente manovrare, scostare, strattonare, ma i suoi occhi hanno altri piani. Ancora, ancora una volta scorgo quel bagliore simile alla coda di una cometa in caduta libera che mi porta a domandarmi come facciano forze opposte a concentrarsi tutte in un'unica persona.
Il bianco e il nero non posso convivere, eppure sembra che in lui si combatta una lotta perpetua tra queste due realtà.
Dominik è innocenza, e proprio quando ti viene voglia di spiegargli che cos'è un orgasmo lui ti spiattella in faccia tutte le posizioni del Kamasutra con tanto di immagini illustrative; trasuda purezza, gliela leggi sul marchio della sua pelle baciata dalla luce angelica, e quando stai per posargli una dorata aureola in testa si rivela come il più spietato dei demoni sfuggiti all'oltretomba che ti scruta con l'appetito di un contratto verso la dannazione eterna; è fragilitá, come una rosa piegata dalle intemperie del cielo, come un petalo spezzato da una goccia di pioggia troppo grossa, e ad un tratto, nel bel mezzo del tornado, quello stesso cielo rimane allibito nel capacitarsi del fatto che quella rosa è sempre stata protetta da spine aguzze che sembrano artigli delle pantere nere del Bengala. 
Come la danza classica, quel portamento dritto e quello sguardo fiero di un'aquila in volo, e l'hip hop, il caos della mente e del cuore, lo sfracellamento dell'animo al suolo in un'infinitá di movimenti; la lirica, dove ogni parola e sostenuta allungata sino all'esasperazione in un intrigo di note altisonanti e dall'epico impatto e la musica rap, un fiume in piena di parole, concetti, apostrofi, sound, ritmo, frasi dettate da una metrica irregolare perchè l'anima ha troppo da dire e troppo poco tempo per farlo. 
Senza preavviso lo spingo allontanandolo da me con forse un po' di animo di troppo.
-Riproviamo.-
-Hai una delicatezza invidiabile.-
-Riprova.-
-Che ne è stato del "pluralia tantum"?-
-Ti dai una mossa cazzo o devo iniziare ad urlarti contro per far accorrere mezzo corpo insegnanti?-
-Delicatezza 2, A volte ritorna.-
-Alza il culo!-
-Delicatezza 3, La Vendetta.-
Inizio a sorridere mio malgrado al secondo "film", ma all'annunciazione del terzo, sommati alla sua espressione teatralmente truce e al suo contrito tono di voce, infrango la mia serietà in frammenti di risata.
-Potresti fare l'attore, sai recitare.-
-Non immagini quanto.-
-Riprov..iamo, ma questa volta ti voglio convinto.-
-Ah perché gli sguardi assassini di proprio prima non ti sono sembrati abbastanza convinti?-
Si mette in posizione e io ne approfitto per un'ultimo pensiero prima che lo specchio della mia mente venga neutralizzato dal suo attacco.
E' davvero figo con questo nuovo gatto nero che ha in testa.
Non che prima non..
LO fermo giusto in tempo.
Il suo approccio è più aggressivo, come un animale braccato che deve difendersi. Come un animale ferito che deve attaccare.
E' questa la sensazione mentre cerco di non farmi sorprendere dai suoi colpi, come se stesse attaccando solo per difendersi.
Paro l'ennesima mira contro lo sterno. Punta sempre alle parti più sensibili, ma con i colpi diretti non può andare lontano, l'altro combattente se li aspetta.
-Fermo..fermo.-
Lo blocco davanti a me e mi metto dietro le sue spalle. 
-Devi essere più imprevedibile. La velocità non ti manca, con la forza puoi migliorare ma ciò che conta davvero in questo caso è la tecnica. Altrimenti perché persone alte quanto una Vigorsol possono avere la meglio su armadi alti due metri?-
-Perchè temo che non esiterai a dirmelo?-
Trasuda sarcasmo da tutti i pori. 
Perché la cosa non mi infastidisce?
-Devi essere meno scoperto con i colpi che andrai ad infliggere e devi spostare meglio il peso del tuo corpo.-
Il riflesso nei grandi specchi davanti a noi ci rimanda l'immagine della mia mano che scende verso il suo stomaco. 
-Ci sono cinque livelli di sensibilità.- La mia voce risuona nella palestra deserta atona e dura, inespressiva e ferma come una roccia di fiume. Non sembra quasi la mia. 
-L'addome è sensibilità quattro.- 
Gli prendo la mano e con le sue dita gli faccio toccare il punto più delicato. 
-Lo senti?-
-Si, lo sento.- si limita a rispondermi, e le sue parole sono privi di alcun colore, peggio delle mie.
-Poi la schiena, livello 5 per tutto il corso della colonna vertebrale.- 
I polpastrelli sfiorano la base della nuca fino a dove è consentito dalla maglia. Non ho mai trovato un indumento tanto ingombrante. Mi verrebbe voglia di farla a pezzi.
-Il collo..- devo toccarlo -specialmente la gola.-
Questa cazzo di pelle mi sta chiamando, implorando, urlando, pregando, minacciando di toccarla, la sto fissando un po' troppo, ma il velo di sudore che la adorna è terribilmente attraente e.. E' sudore Aleksander. 
..Che si potrebbe lavare via..Sotto una doccia.. E tu sei completamente impazzito.
-E ovviamente in..in mezzo alle gambe.- deglutisco silenziosamente permettendo agli occhi di saettare come palle da biliardo per tutta la sala piuttosto che soffermarsi dove vorrebbero ardentemente soffermarsi. Bastardi. -Livello 5.-
-In mezzo alle gambe?-
-Si- perché me lo sta facendo ripetere? Non gli è bastato sentirmelo dire una volta con il fiato sotterrato in gola?
-Proprio in mezzo?-
-Proprio in..-
Socchiudo le palpebre, come un lupo che valuta se è il caso di scoprire i denti. Sta giocando con me. Si sta divertendo captando con quella dannata perspicacia il disagio che provo nel dirlo e la sta usando come arma a doppio taglio, contro di me. La sua voce è celestiale, il suo tono casuale e le sue parole trasudano innocenza allo stato puro. 
Figlio di puttana. Ha sfoderato gli artigli prima di me.
Bene, se vuole la guerra.. Non ho alcuna intenzione di uscirne sconfitto. Ferito forse, ma non di più.
-Sai cos'altro è importante?- 
-Cosa.-
-Attaccare l'avversario quando meno se lo aspetta.-
Un momento. 
Il tempo del volo di una rondine, della vita di una farfalla, dell'onda che si infrange sullo scoglio. 
Il tempo di un misero respiro, uno appena accennato, afferrato all'ultimo secondo in extremis proprio quando non c'è la facevi più.. Un momento in cui avrei potuto, avrei dovuto fare qualsiasi cosa, qualsiasi, anche prendere un coltello e piantarglielo nel cuore, ma non quello che invece ho fatto. Non avrei dovuto fare quell'insignificante passo avanti, non mi sarei dovuto permettere di prendergli il mento tra il pollice e l'indice e voltargli il viso, non avrei dovuto concedermi il lusso di avvicinarmi tanto da sentire il profumo della sua pelle, non avrei dovuto.. Cazzo se non avrei dovuto.
Ma l'ho fatto, perché ho potuto.
L'ho fatto perchè mi sono stancato di giocare pulito, l'ho fatto perché nessuno mi ha fermato, perchè anche se ci avessero provato forse l'avrei fatto lo stesso, forse non aspettavo altro.
E no, non aspettavo altro che sentire quelle labbra ancora una volta sulle mie, di poterle plasmare sulle mie con le mie, di poter lasciare che il labbro inferiore si schiudesse lasciandomi entrare con riserva e impazienza, come se anche lui non avesse aspettato altro. 
E mi sono seccato anche di aspettare, aspettare qualcosa che è a un passo da me e che potrebbe svanire da un momento all'altro e avere rimpianti sul fantasma di ció come sarebbe stato saggiarle ancora una volta.
Non voglio avere rimpianti.
Ne ho già fin troppi se si tratta di lui, di quello che avrei potuto dire, di quello che avrei potuto fare. Di quello che non avrò il coraggio di fare.
E credetemi se vi dico che non abbiamo aspettato altro che questo, il fottutissimo secondo di coraggio in cui mi sarei liberato, anche solo per un istante, dalle catene dell'apparire, della perfezione perenne come ghiaccio dopo la neve. 
È la stessa, inebriante sensazione di essere soli al centro di tutto, la stessa, inebriante forza che mi pervase quella notte, quando, per la prima volta, provai le tue labbra che sapevano di champagne, birra ed enigma, morbide, bellissime, spaventate, audaci nella loro singolare dualità, labbra su cui si confrontavano i dissapori dell'esistere sul confine tra luce e buio. Mi stregarono quella notte, tra gli alcolici e la sfrontatezza di adolescenti sull'orlo del baratro della vita, tu mi mostrasti molto di più, mi dicesti, con quella lingua che stuzzicava e si nascondeva, che potevamo scegliere, che potevamo avere tutto.
Se non ci fossero state quelle pacche sulle spalle e quelle braccia a tirarmi indietro non so se mi sarei allontanato da te, se avrei accettato il fatto che non avrei sentito mai più quelle pieghe vellutate tra i miei denti, il tuo viso nella mia mano, la prospettiva che mi spalancasti dinnanzi, il semplice, ambito, proibito pensiero di essere giovani e alla fine, liberi.
Ma questa volta, in questa palestra, in questa penombra, il tuo viso è nuovamente, in qualche modo, nella mia mano, il tuo corpo troppo vicino al mio, le tue labbra di nuovo tra le mie. 
E forse neanche Dio sa quanto mi siano mancate, quanto, ad ammetterlo neanche sotto tortura, avrei voluto baciarti ancora e ancora come se non ci fosse stato un domani, come se ieri non fosse mai esistito, ma bearmi del presente che grava con i suoi filamenti iridescenti sui nostri obblighi di cenere.
Questa volta non mi sarei spostato, volevo sentirle più a fondo le sue labbra, penetrare fino al limite e lottare per il dominio del contatto con le nostre lingue che si incontrano e si scontrano in una lotta serrata e assolutamente irresistibile. 
Ma tu non mi permetti di entrare questa volta, non schiudi la tua bocca, non mi lasci varcare la tua soglia, non ti lasci toccare di più e appena senti la punta della mia lingua sulle tue labbra giá accaldate ti scosti, come il polo opposto di una carica elettrica, come se fossi respinto dalla stessa cosa che ci ha unito. 
Non sei sorpreso, non sei incazzato, non sembri avere la tentazione di staccarmi le orecchie a morsi, ti è piaciuto, lo vedo sulle tue guance lievemente tinte di rosa quanto ti è piaciuto, sulle tue gote dove la mano tempestiva di un pittore sconosciuto ha tratteggiato l'alba. 
Non te lo aspettavi ma lo volevi, eppure eccoti qui, a nascondere il tuo sguardo sotto il ciuffo d'ebano, a lasciarmi interdetto. Vorrei capirti per una dannata volta. 
Faccio un passo avanti. 
Fino a ieri baciavo da Dio. Incrocio le braccia Sbuffo. Non va bene. 
-Guarda che bacio benissimo Santorski.-
L'angolo della tua bocca si solleva in un sorriso appena accennato, un sorriso che non raggiunge gli occhi, flebile come lacrime nella pioggia, assolutamente non tuo.
Allungo una mano, giusto per farti capire che si, non abbiamo un passato proprio rose e fiori, che gli eventi hanno preso una piega imprevista, che mi prenderei a schiaffi per quello che ho fatto e per quello che avrei voluto fare se tu non ti fossi fermato, che se solo mi soffermassi ad analizzare per cinque secondi che cazzo mi è preso nell'ultimo minuto mi recherei all'obitorio più vicino a prenotarmi una bara, ma ei, perchè sembra che ti stiano torturando? Perché sembra che sanguini ogni volta che ti avvicini a un altro essere umano?
-E' tardi.-
Davvero Dominik?
Lo guardo mentre solleva lo sguardo, rimango fermo quando osserva il cielo oltre le finestre e sembra non riconoscerlo, sono impotente dinnanzi alle tue gambe che ti conducono lontano da me, irraggiungibile come un angelo che ha tagliato tutte le corde e si è lasciato cadere. E io non posso fare altro che inseguirti con gli occhi dal paradiso fino a quando non raggiungi la porta, augurarmi che ali nere possano darti tutto ciò che non hanno potuto quelle bianche, e tormentarmi con il chiedermi se vale davvero la pena stare dalla parte di chi vince se dalla parte di chi vince non ci sei più tu.
Sbatti la porta con forza, come a voler incastonare un punto a qualcosa che ha solo virgole, e non sto bene da solo nella palestra che mi ha visto molte volte allenarmi prima di un incontro, uno più importante dell'altro, verso una scalata di ambizione che ancora non è terminata.  Sono tra le mura che mi rendono un campione, nel mio territorio, sul mio palcoscenico, e rimbomba il colpo della porta come l'ultimo eco del ricordo della prima pagina strappata di un libro ghiacciato. Perché la realtà e' divenuta così tetra senza di te? 
Non sono disposto a lasciarti andare così.
La porta subisce anche il mio di tonfo quando la richiudo distrattamente dietro il mio corpo che si accinge a trovarti il più in fretta possibile. 
I corridoi sono deserti, silenziosi, i miei passi riecheggiano tra le pareti che conosco bene e la coda dell'occhio ne disegna vagamente i contorni mentre mi dirigo nell'unico posto dove andresti dopo una cosa del.. genere.
Non riesco a spiegarmi perché credo questo, potresti essere dovunque, ma tu sarai lì. 
Svolto l'angolo e ti sento. 
Ma a quanto pare qualcun altro ha la pretesa di conoscerti abbastanza bene da aver avuto il mio stesso istinto, perché non sei solo.

 

***
 

Le sue..labbra erano sulle mie e dopo non c'erano più, perché io le avevo rifiutate, bloccate, chiuse fuori dal mio mondo.
Sembrava passata un'eternità quando misi piede fuori quella stanza, sembrava che il tempo si fosse fermato. 
I sottili fili di aria fresca che serpeggiavano fra i corridoi erano piacevoli sul viso accaldato, sulla pelle percorsa da brividi che il freddo non avrebbe mai potuto provocare. Pochi minuti dopo l'aria fa solo male. Come gli è saltato in mente di farlo.. perché, perché non riesce a dichiarare vittoria senza infierire e cazzo, perché sono una strafottutissimo masochista? 
So già dove sto andando senza comandare alla mente di seguire i miei piedi, entro nell'aula di musica, gli strumenti riposano sparsi per per il perimetro, io spalanco la finestra, l'unico in tutta la scuola ad avere un danzale dove ci stanno comodamente sedute due persone l'una accanto all'altra. 
Forse vorrei urlare, probabilmente l'asfalto di sotto mi sta chiamando a gran voce, se avessi una lametta me la sarei piantata nei polmoni perché quest'aria priva del profumo costoso ed estremamente maschile con un ben nascosto retrogusto di vaniglia fa dannatamente schifo, ma mi ritrovo a cavalcioni sul davanzale a prendermi la testa tra le mani e a sorridere come un vero e proprio cretino mentre le dita raggiungono i capelli e ci passano attraverso e l'aria ghiaccia le lacrime che hanno deciso di solcarmi il viso. Sento la bocca incurvata in un sorriso illogico bagnato dal sale delle lacrime che non mi abbandonano. 
Sono insano. Maledettamente sprofondato nel passato che si ripete.
Perché continuo a rompere il disco, di nascosto, senza che la mente e tutto ciò che racchiude possa vederlo, qualcun altro si è infiltrato oltre i rovi e il filo spinato che lo sorveglia e ha spezzato quel disco che pretendeva di tornare a funzionare bene. 
Come prima. 
Cuore, questi non erano fatti tuoi. 
Ma sembra non infischiarsene mentre balla vittorioso nel sapere che sta vincendo il suo tiro alla fune con la mente. 
Non cantare vittoria troppo velocemente, potrei comparire nelle vicinanze con una mitragliatrice. 
Le guance gelate rivelano che le scie lasciate dalle lacrime sulla mia pelle stanno ferendo il rossore che le pervadeva poco prima, ma sento ancora di andare a fuoco, proprio come nell'istante in cui le sue labbra.. Non riesco neanche a pensarci in maniera decente, sento di poter ridere per il resto della mia vita e buttarmi di sotto nello stesso momento. 
-Ah.. Quanti saranno? Quindici..venti metri?-
Il tempo si è fermato per la seconda volta. 
Ricordo.. Credo di aver alzato la testa così bruscamente da farmi male, poi più niente.
E davanti a me, davanti a me in carne e ossa, pelle e sangue, per la prima volta senza uno schermo a separarci. senza niente a separarci, c'è lei. Solo lei.
-Sylwia..-
E averne la consapevolezza è come un salto. Un salto ull'asfalto.

  
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