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Autore: La Figlia Della Luna    25/06/2014    1 recensioni
Anno 1940, il Giappone si prepara ad entrare in conflitto contro l’estremo occidente, Gli Stati Uniti d’America. Due giovani innamorati Kiyoshi e Kaori appena diciottenni, originari di Hiroshima, sono costretti a separarsi in quanto al primo fu obbligato ad arruolarsi ed entrare in guerra. Un viaggio nel passato e nei ricordi dell’anziana settantaseienne Kaori attraverso un epistolario d’amore scritto col suo amato ormai scomparso, che ha conservato gelosamente per diversi anni e che si trova a rileggere dopo aver ricevuto un misterioso recapito.
Genere: Introspettivo, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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- …Tsutomu Yamaguchi è un uomo giapponese di 83 anni, l’unico sopravvissuto alle due bombe atomiche sganciate alla fine della Seconda Guerra Mondiale su Hiroshima e Nagasaki. Il 6 Agosto del 1945, si trovava a tre chilometri dal luogo preciso dove cadde la bomba: trascorse la notte in citta’, dove venne curato per le sue gravi ustioni. Dopo due giorni venne rimandato a casa a Nagasaki dove il 9 Agosto del 1945, poche ore dopo il suo rientro, dovette sopportare lo stesso scenario visto 3 giorni prima. Ora ascoltiamo cosa ha da dirci il nostro ospite Tsutomu in collegamento dagli studi di Nagasaki, buonasera -
- Buonasera a tutti, grazie prima di tutto al vostro programma di avermi dato la possibilità di raccontare la mia terribile storia, ora tutto il mondo sapra’ quello che ho vissuto anche dopo la mia morte -
- Grazie a lei signor Tsutomu è un onore parlare con lei mi creda. -
- E’ un piacere anche per me -
- Bene. Comincerei col chiederle se crede che oltre lei vi siano altri sopravvissuti alla tragedia abbattutasi sul nostro paese? -
- Me stesso è testimone, non lo escludo… -

E aveva ragione, non era il solo ad essere sopravvissuto a quello scempio. Ricordavo la vampata di vento fortissima in piena faccia, come se mi avesse investito un uragano e poi un boato sordo. Il nulla. Non so come riuscii a salvarmi, la mia memoria pian piano avanzando con gli anni perdeva dimestichezza nel conservare i momenti vissuti, belli o brutti che fossero. Ad ogni modo, era una giornata da dimenticare non distinguevo nè il mattino nè la sera. Quanto quella luce accecante della bomba atomica, si propagava per la città di Hiroshima. Nella mia testa percorrevano attimi sfuggenti era difficile focalizzare cosa realmente mi accadde quel 6 agosto del 1945. Avevo la sensazione di aver visto un cortometraggio, tutte immagini sconnesse fra di loro: mi vedevo trascinare per strada, sentire le urla della gente che si accavallava l’una all’altra, una pioggia di parti umane cadere dal cielo su me stessa e ovunque posassi lo sguardo. Avevo ustioni dappertutto, mi rialzai e quando osservai la mia casa distrutta e alle spalle un quartiere decimato, solo allora mi resi conto che qualcuno ci aveva attaccato; come per rammentarci che il Giappone fosse in guerra. Spensi la tv col telecomando, mentre trasmettevano ancora la notizia di Yamaguchi il sopravvissuto. Presi il mio bastone accanto al bracciolo della mia poltrona, sulla quale ero seduta e mi alzai tutta dolorante. Una ennesima conferma che il tempo scorreva inesorabile e la vecchiaia fosse la sua ombra. Uscii fuori in giardino dove avevo il mio orgoglio: un albero di ciliegio. Sin da bambina mi piaceva guardare i petali rosa, che il vento mite primaverile, trascinava con sè sino a far toccare nuvole. Prima della tragedia, all’uscita da scuola, raggiungevo sempre un parco nelle vicinanze dove, mi sedevo sull’erba per ammirare il corso della natura di quei fiori che sbocciavano fra i rami. Fantasticavo sempre nel paragonare un bocciolo alla nascita di un amore, il sole che vi si posava, il calore che la persona amata puo’dare all’altra, il suo appassire alla separazione di due innamorati per un destino ingiusto e infine, i petali liberi nell’aria alla speranza di un nuovo incontro, all’amore che nonostante le avversita’ resisteva alla lontananza e al dolore di una perdita subita. Il mio primo amore nacque proprio così: come un fiore di ciliegio che durò poco quanto una stagione, ma fu intenso quanto il suo nettare. Lui si chiamava Kiyoshi Tanaka, un ragazzo stupendo, la prima volta che lo incontrai, avvenne proprio nel parco. Sedeva su una panchina non poco distante dall' albero dove ero solita soffermarmi per osservare i fiori. Il suo sguardo era concentrato a leggere un buon libro. Mi attiravano molto i suoi capelli scuri un po’ ribelli, e il suo modo in cui teneva stretta la sua cartella rossa. Spontaneamente come un ape attirato dal nettare, gli sedetti accanto. Inspirai per iniziare una ipotetica conversazione con lui, quando mi chiese:

- Non li trovi stupendi i ciliegi, oggi? -
Credevo di potergli chiedere qualcosa e invece mi trovai questo ragazzo dagli occhi castano chiaro, abbozzarmi un sorriso come se mi avesse già conosciuta:
- Mi chiamo kiyoshi Tanaka, piacere - - Kaori Suzuki - risposi di rimando stringendogli la mano, la stessa con la quale manteneva la sua cartella.
- Ti vedo spesso qui, ho sperato che un giorno di questi avrei potuto parlare con te -
- Davvero? - Chiesi sorpresa.
- Ero cosi’ curioso di sapere chi fosse la ragazza del ciliegio. -

Egli continuò a sorridere mentre il mio viso diventò paonazzo, quando mi resi conto di essere stata involontariamente indifferente a ciò che viveva attorno a me.
- Perdonami sai, sono cosi’ assorta nei miei pensieri … -
- No, non devi, anzi. Ti chiedo scusa se sono stato troppo impulsivo nel rivolgerti la parola, avrai le tue buone ragioni. E poi, ammiro le persone amanti della natura e abbia una propensione per essa, che non sia solo lo studio e i doveri quotidiani. Dovrei imparare bene l’educazione prima di rivolgermi ad una signorina -

A quella battuta sull’educazione mi scappò da ridere e Kiyoshi mi seguì a ruota libera. Da quel giorno fummo inseparabili fino ad innamorarci follemente, trascorrevamo le giornate sempre in quel parco dopo la scuola. Il ciliegio diventò il nostro immaginario nido d’amore il diario dei nostri progetti futuri e delle promesse che ci mantenevamo l’una e l’altra. Continuavo a ricordare quando sentii bussare alla mia porta di casa.
Pian piano col mio bastone, mi portai sino alla soglia e l’aprii, un fattorino mi chiese di firmare una busta senza alcun mittente citato a parte il mio nome sulla parte sottostante. Egli si assicuro’ che la mia firma fosse posta bene sulla cartella e ringraziando se ne andò piuttosto di fretta. Chiusi l’ingresso alle mie spalle e mi sedetti al tavolo nel soggiorno, fissando curiosa la busta che avevo in mano. Nonostante fossi indolenzita, la scartai velocemente e vi trovai un biglietto con su scritto: credo sia giusto che le conservasse lei, so che Kiyoshi avrebbe voluto così .
Dopo aver letto quelle righe senza nome, all’improvviso, la mia curiosità si trasformò in timore e ansia. Sfilai con tremore il contenuto, mentre una lacrima iniziò a solcare i miei occhi. Lessi un’altra firma, pura e senza sbavature di una ragazza in pena ma speranzosa nel rivedere al piu’ presto il suo amato: la mia. Chiunque fosse mi recapitò tutte le lettere che da giovane spedii a Kiyoshi. Infatti quando venne il lontano 1940 seppi che lui dovette entrare in guerra e il pensiero di separarmi da chi mi avesse dato qualcosa di meraviglioso e di ineguagliabile come il nostro amore ci cadde un fulmine a ciel sereno. Sapevamo entrabi che se fosse partito avremmo avuto difficoltà a stare lontani e che ci aspettavano momenti duri da affrontare. Kiyoshi mi fece una promessa che purtroppo non mantenne, il destino ci fu ostile quando cadde in battaglia e non mi rimasero altro che le sue di lettere che continuai a conservare dopo tanti anni. Mi alzai e mi diressi sconvolta, in camera da letto e cercai fra i suppellettili personali, le lettere che lui mi spediva ogni qual volta avesse avuto la possibilità. Tornai in salotto e le affiancai alle mie sul tavolo sparpagliate. Come cominciai a leggere la prima fra tante che avevo davanti, così si scucì una ferita che credevo fosse rimarginata e il passato riprese vita.

   
 
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