Ciao a tutte care spazionaute.
Sono un pelo in ritardo sulle due settimane... un po' in anticipo sulle tre. Spero che il mio "tira e molla" non vi crei troppo fastidio, ma mi dispiaceva aspettare il fine settimana avendo il capitolo pronto oggi.
Per quanto riguarda il contenuto, non è solo compleanno di Edward, ma c'è anche del lavoro... spero che siano contente quelle che stanno seguendo il trainer del "bravo astronauta".
C'è del piccante e del dolce...
Nei giorni scorsi ho ricevuto una richiesta a proposito di un nuovo capitolo di "fuoco sotto la cenere"...
Be', a dispetto di quante pazientemente stanno aspettando il proseguo di "profumo di cuoio e tabacco", l'ho iniziato. Chissà che non sia di buon auspicio anche per l'altra storia!
Vi lascio ringraziando tutte per la pazienza e la gentilezza che mi riservate: siete il faro della mia vita. (Wow stavolta forse ho esagerato), ma vi voglio molto bene, veramente.
Teresa.
Capitolo
trentaquattresimo
(Bella)
Se
avessi voluto passare giornate intere seduta dietro
una scrivania, non avrei frequentato gli istituti scientifici
più prestigiosi,
ma mi sarei orientata verso un master di economia.
Con
buona dose di pazienza spulcio, meticolosamente,
il resoconto settimanale che Angela mi ha fatto trovare pronto sulla
scrivania,
in forma cartacea, come ogni venerdì pomeriggio.
Dopo
averlo verificato e approvato lo firmo e lo
timbro, con sigillo protocollare
progressivo, e lo ripongo con gli altri nella cassaforte murata alle
mie
spalle, in attesa di essere spedito con furgone di sicurezza
all’archivio della
NASA al Pentagono.
Due
presenze sono diventate una routine di questi
venerdì pomeriggio: Angela, naturalmente, che va e viene
padrona del suo
microcosmo, ed
Edward si è adeguato
presto a questa prassi e non fa che spuntare alla mia scrivania per
sottopormi i
risultati del suo lavoro. Serio e professionale mentre si muove da un
ufficio
all’altro sferza l’aria col camice bianco che porta
perennemente aperto.
Lo sa di essere mostruosamente
sexy…
o è il bellone più ottuso dell’intera
Aeronautica?
«Se
ti serve un po’ di tempo
per pensare alla risposta, passo più
tardi…» ride lui sventolandomi una mano davanti
agli occhi, «Terra chiama
Bella… rispondi, Bella.»
Sbuffo
irritata per essermi fatta sorprendere
distratta.
«Edward,
ho capito, per me va bene» azzardo. In
effetti non ho proprio sentito la sua domanda, ma in genere
è un uomo di buon
senso e mi sono sempre trovata d’accordo con le sue scelte.
Mi
guarda ironico e si sfrega le mani soddisfatto.
«Ottimo,
allora usciti di qui, con la moto di Emmett
andiamo spediti a Pasadena a provare le nuove montagne russe a otto
giri della
morte che hanno appena inaugurato.»
Guardo
scioccata la sua espressione malandrina: davvero
ho
appena accettato un programma del genere?
Mi
arrendo all’evidenza di dover ammettere che stavo
sbavando mentalmente su di lui.
«Okay,
scusa, non ti stavo ascoltando» gli svelo
arrossendo, «ma veramente mi stavi proponendo un giro in
giostra?»
«No,
ma non ho saputo resistere alla tentazione di
prenderti in giro: mi stavi guardando come se fossi un gelato con la
panna…
Quasi quasi arrossivo.» svela con gli occhi umidi per la
risata trattenuta.
A
questo punto sono io che mi sento le gote andare a
fuoco.
«Per
stasera» continua senza far caso al mio
imbarazzo, «avevo intenzione di proporti una tranquilla
passeggiata al Buffalo
Bayou park,
io te e Muso. Niente di
avventuroso, come vedi. Ma, se tu preferisci… possiamo
andare a scatenarci da
qualche parte…» sogghigna.
«No,
per carità, sono stata burattata abbastanza stamattina
durante il mio turno in piscina.» Piagnucolo.
«Ah
ah, me lo immaginavo. E’ per questo che ti stavo
suggerendo un programma soft. Ma a proposito di lavoro: ecco i
risultati della
settimana di allenamenti. » Si china e mentre appoggia
davanti a me un
fascicolo in cartoncino azzurro con il logo dell’agenzia mi
schiocca un bacio
sulla tempia sussurrandomi: «ero venuto per questo,
Comandante.» E se ne va.
Apro
la cartellina con interesse. In questi giorni
l’attività dedicata all’addestramento
umano aveva riguardato l’adattamento alle
tute spaziali. Il primo appuntamento di una lunga serie di incontri
finalizzati
alla perfetta padronanza dell’abbigliamento specifico per la
missione che
porterà me e il mio equipaggio a considerarlo alla stregua
di una seconda pelle.
Prima
delle nove mi sono presentata nell’ampio hangar
vicino ai laboratori e sono stata accolta da Edward che,
imperturbabile, mi ha
fatta accomodare in un ufficio adibito ad ambulatorio. Dopo aver
controllato
come da scheda cuore e pressione arteriosa, si è alternato
ad Alice nelle varie
fasi di preparazione all’immersione in piscina.
«Non hai mai
pensato di fare il medico civile?» Gli ho chiesto ad un certo
punto mentre riempiva
l’ultima provetta per le analisi del sangue. Era una domanda
così per dire,
giusto per alleggerire quel silenzio da “visita
medica” che sentivo
nell’ambiente insieme all’odore del disinfettante.
«Mah,
magari se un giorno non risultassi più idoneo
all’Aeronautica…
o se avessi un buon motivo per congedarmi…» ha
risposto col solito sorriso
mascalzone. «E tu, non hai in previsione
un’attività più stanziale, che non ti
porti ai confini dell’universo?» Mi ha chiesto con
noncuranza mentre mi
stringeva il bracciale dello sfigmomanometro per misurarmi la pressione
arteriosa.
«
Mmh, succederà, ed anche presto.» Ho brontolato
piano.
«Questa è l’unica missione che ho la
possibilità di comandare. A quaranta,
massimo quaranta due anni, sarò considerata vecchia per il
volo attivo, e la
NASA mi darà un incarico di scrivania.»
«Ehi,
cosa ti lamenti, non hai ancora trent’anni, cosa
dovrei dire io allora?» Ride.
Mi
viene in mente che domani è il suo compleanno,
trentasette anni… portati divinamente. Lo guardo con occhio
professionale e
vedo un giovane ufficiale concentrato ed efficiente… con
quello del cuore,
invece, vedo un ragazzino irriverente e sensuale che gioca al dottore.
«Domani
è il tuo compleanno e non ti ho nemmeno
concesso una licenza per tornare a casa.» Gli ho risposto
dispiaciuta.
Lui ha
sollevato la testa di scatto e mi ha guardata intensamente.
«Bella,
ne abbiamo già parlato. Ti ripeto che non ho
nessuna voglia di trascorrere questi giorni con i miei.»
«Ma
lo hai sempre fatto… Ricordi? Me
lo hai detto tu durante il fine settimana che
abbiamo trascorso al mare.»
Edward
sospira. «Sì, mi ricordo. Ricordo anche che in
quell’occasione ti ho invitato a San Francisco per conoscere
i miei. Ma è stato
prima di Boston…e… be’, ormai li hai
conosciuti e non credo che nemmeno tu
impazzisca dalla voglia di vederli di nuovo» taglia corto con
un moto di
stizza. «Passeremo la giornata sul divano a guardare la
tv… e magari se il
resto della banda si togliesse pure dai piedi per un
giorno…potremmo avere più
tranquillità.»
Mi ha, quindi, confidato ammiccando.
In
risposta alla sua esternazione me ne sono rimasta
in silenzio, perché avrei rischiato di
svelargli che, alla faccia della sua idea di tranquillità,
domani avremmo
trascorso il suo compleanno proprio tutti insieme, come da programma assolutamente segreto, di McCarty.
Finito
il controllo medico è entrata in scena Alice che ha seguito le varie fasi
della
“vestizione” con la stessa attenzione di una
stilista alla vigilia della sua nuova
collezione.
«Dimmi
come te la senti addosso. Ruota le braccia… okay.
Ora alza una gamba e sali su quel gradino… bene. Infine
prova a inginocchiarti e
poi rialzati.» Mi ha ordinato perentoria prendendo appunti
sul tablet.
Ho obbedito senza fiatare,
anche perché Edward si è
affiancato a lei e ad ogni mio movimento stile “omino
Michelin” mi bombardava anche
lui di domande. La parte più complicata è stata
l’inserimento del casco che
sembrava non volersi agganciare alla ghiera di chiusura dello scollo.
Per un
attimo ho pensato a cosa avverrebbe se
un banale cedimento meccanico nei dispositivi di protezione si
verificasse
durante il volo spaziale e un brivido freddo mi è corso
lungo la schiena.
«E…ecco
sistemata. Come va?» Mi ha chiesto Alice,
guardandomi attraverso il vetro, quando con fatica è
riuscita a inserire lo scrocco metallico.
«Bene,
anche se mi sento un pesce rosso nella boccia…
» ho ironizzato parlando attraverso il microfono interno.
«Se
vuoi ti compro delle vetrofanie a forma di alga da
appiccicarci sopra, » ha aggiunto lei stizzita. «Ma
mi rovineresti il look
minimal.»
Edward
si è intromesso bussando gentilmente con
l’indice sul vetro. «Ora smettiamola con le
stupidaggini, che ho già fatto il
pieno durante il
turno di Emmett...
Inspira a piccole dosi, ricordandoti che l’aria che hai a
disposizione è più
ricca d’ossigeno. Ora guardami e dimmi: ti senti girare la
testa?»
«Sì.»
Gli ho
risposto con un sospiro fissandolo nella profondità degli
occhi.
Edward ha alzato un sopracciglio. «Be’, meglio
così.
Ci sarei rimasto male se mi avessi risposto di no. Alice per favore
chiedile se
sente dei capogiri.»
Aveva detto
rivolto alla collega con quel sorrisetto malizioso che mi piaceva
tanto. Lei ha
scosso la testa e ci ha rimproverati bonariamente: «Per
favore piantatela di fare
così! Edward, guarda come me l’hai ridotta, era
una persona seria, una volta.»
«Anche
tu lo eri, cara mia. Non…volarvi di
fiore in fiore come fai ora…» Le ho
risposto allusiva.
«Parla
piano, disgraziata. Non vorrai far sapere a
tutti i fatti miei!»
«Ehh,
che esagerata! Qui ci sono solo Edward e altre
quattro o cinque persone…»
Alice si è procurata
una cuffia con microfono per connettersi
con me in privato.
«Bella,
non so cosa credi di sapere, ma sono solo
fatti miei, chiaro? Quando Edward avrà finito di controllare
i regolatori
dell’aria ti caleremo con il paranco in vasca e…
spera che mi ricordi di
tirarti su.»
Il
suo tono era sufficientemente acido da farmi temere
che avrebbe potuto portare a termine la
minaccia ma, un po’ perché si sforzava di non
ridere, un po’ perché la presenza
di Edward mi tranquillizzava, ero sicura di riemergere nei tempi
stabiliti.
La gru ha così iniziato il movimento di
sollevamento con uno
strattone, e dopo qualche istante non ho più sentito il
pavimento sotto ai
piedi.
(Edward)
Apro
un occhio e cerco di indovinare che ora sia dalla
luce che filtra nella stanza. Il riflesso azzurrino e la mancanza del
ronzio monotono
della ventola del climatizzatore, mi fanno supporre che sia ancora
molto
presto. E’ sabato mattina, ma la forza
dell’abitudine mi ordina di alzarmi.
Bella, affianco a me dorme ancora. Sono indeciso se svegliarla o meno
visto che
anche per lei è stata una settimana pesante. Apre gli occhi
mentre la sto
osservando.
«Buongiorno
splendore.» Le sussurro felice che si sia
svegliata. Lei si stiracchia e striscia verso di me appiccicandomisi
addosso.
«Mmhh, la vecchiaia ti ha fatto abbassare la vista, dovremmo
farci consigliare
il nome di un buon oculista.» Mugugna strofinandosi
sensualmente.
«Può
essere, ma di sicuro non puoi accusarmi di avere
bisogno di un andrologo.» Le rispondo a fior di labbra mentre
la struscio con
l’eccitazione che mi ha appena provocato.
«No,
sembra proprio di no.» Ridacchia mentre con la
mano sui miei pantaloni inizia a darmi tormento. «Penso
però che sia meglio
controllare, non si sa mai…»
Deglutisco
mentre la vedo scivolare verso le mie parti
intime in subbuglio. Ha il viso nascosto dai capelli ma sento il suo
respiro caldo
attraverso la stoffa dei pantaloni del pigiama.
Me
li cala insieme ai boxer ed io con un movimento di
gambe li sfilo completamente.
Delizia.
No,
di più… estasi. Anzi… un eccezionale
tormento.
Bella,
oggi, sembra essersi svegliata molto motivata…
Non
posso fare altro che mugolare, inarcando il bacino,
mentre lei con molta convinzione, mi sta lavorando
all’inguine di lingua. Se la
sua intenzione è quella di assoggettarmi al suo volere, ci
sta riuscendo in
pieno, perché ormai il calore che sento salirmi dai lombi,
mi sta fottendo il
cervello.
Sono
suo. Completamente suo.
«Oddio,
Bella, così… così mi fai
venire…»
Ho
la vista annebbiata dallo sforzo che sto facendo
per non lasciarmi già andare, vorrei sollevarla da
lì e finire ciò che ha
meravigliosamente iniziato dentro di lei, ma non sembra intenzionata a
mollare
la presa. Anzi, ha alzato gli occhi e mentre mi lavora sorride
aumentando il
ritmo.
A
questo punto mi arrendo. Ogni mio pensiero è in
pappa. Un forte tremore mi colpisce la parte alta delle cosce e sento
tornare
al punto d’origine l’onda tempestosa che mi aveva
invaso. Digrigno i denti
dallo sforzo di non urlare consapevole che fuori dalla porta ci sono
orecchie
che preferirei non sentissero il risultato del geyser rovente che mi
sta
esplodendo dal membro.
Rimango
stremato sulle lenzuola, mentre come in un’esperienza
extrasensoriale mi sembra di sentire Bella risalire strusciando il suo
corpo al
mio ancora intorpidito.
«Ehi,
posso augurarti buon compleanno?» Sussurra
mentre mi mordicchia il lobo di un orecchio.
Alzo
faticosamente le braccia che sembrano di piombo,
e le afferro deciso le natiche che sporgono dai minuscoli pantaloncini
da
notte.
«Mmhh,
se hai qualche minuto di pazienza, ti restituisco
il favore e me li puoi cantare mentre godi, demonio di una
donna…»
Devo
essermi riaddormentato. Me ne rendo conto dalla
fatica che faccio a tornare cosciente e capire
cos’è questo rumore fastidioso
che mi entra nelle orecchie e mi strappa con cinismo dalla mia
catalessi. Sento
Bella muoversi affianco a me.
«Edward,
è il tuo telefono…» bofonchia.
Ecco
cos’è
che interrompe il mio meritato riposo. A
fatica mi districo dalle lenzuola che, scomposte, creano infide
trappole per i
miei arti scoordinati. Con uno sbadiglio raggiungo con una mano
l’odiato affare
che trilla allegro, dal comodino, un motivetto country.
«Ehiii,
raggio di sole… svegliaaa!» La voce di Emmett
è decisa e squillante. «Ammetti che sono stato
bravo e non sono entrato direttamente
nella tua stanza, … che poi era anche la mia prima che ci
facessimo pescare
come due marlin… ma non volevo rischiare di vedere il tuo
culetto al vento, sai
com’è, non riuscirei a non scoppiare a ridere ogni
volta che ci incontriamo…»
«Met,
per piacere, posso sapere cosa cazzo vuoi?»
«Ehi,
scusa fratello, ma sono le sette e il sole
splende alto nel cielo, tu e la pollastra al tuo fianco siete pregati
di
alzarvi.»
«Pollastra?»
Ripeto sorpreso.
«Beh,
siamo fuori servizio, … o no?» Brontola confuso,
il buonumore leggermente svanito. «A scanso di equivoci,
evita di dirglielo,
okay?» Taglia corto. Ora sono io che ghigno al telefono
completamente sveglio. «Ti
sto chiamando per dirti che se tu e “il Comandante”
voleste cortesemente
alzarvi, potremmo far partire il
programma della giornata.»
«Perché
abbiamo un programma?»
Ma
soprattutto: insieme? Penso con
sconforto.
«Sì.
Di accompagnarti da un geriatra.» Risponde secco.
«Ma uno bravo, perché ormai non ci sei
più con la testa. Dai, muovi le chiappe
e coprile con un paio di jeans e una camicia sportiva. Vi aspettiamo
per la
colazione. Rapidi! Rapidi!» Ringhia irritato prima di
chiudermi la
comunicazione in faccia.
Mi
alzo con un misto di divertimento e di frustrazione.
E’ sfumata la speranza di una giornata di relax da solo con
Bella, ma allo
stesso tempo sono curioso di sapere cosa abbia escogitato Emmett:
perché sono
sicuro al cento per cento che tutto ciò che è
stato architettato sia opera sua!
«Tu
sai cosa faremo oggi?» Chiedo a Bella con
noncuranza.
«Non
di preciso. Qualche giorno fa mi sono lamentata di
non riuscire a trovare il tempo per organizzarti qualcosa per il
compleanno e
McCarty si è offerto di occuparsene.» Mi svela con
un'aria pentita. «Scusa
spero di non averti deluso, ma hai visto che settimana abbiamo
avuto!»
«No,
è tutto a posto. Anzi sono contento di
trascorrere il compleanno tra amici.» Mento. Con un sospiro
silenzioso la bacio
sui capelli mentre finisco di vestirmi.
(Bella)
Dopo
ore che il mio povero sedere viene schiaffeggiato
da una rigida sella di cuoio e
il sudore
mi scende in imbarazzanti rivoletti dalla nuca infilandosi nella
schiena senza riuscire
ed essere trattenuto dal tessuto della maglietta, mi viene quasi da
piangere
pensando alla comodità del mio ufficio.
No,
ma che
dico, anche questa traballante seduta è meglio di una
impersonale poltrona
dietro una scrivania, è che al fresco dell’aria
condizionata ci si abitua
presto.
Il
rumore degli insetti che ronzano e l’odore pungente
di selvatico confermano che ci stiamo avvicinando al recinto del
bestiame dove
McCarty ci ha promesso uno spettacolo strepitoso.
A dire il
vero non posso lamentarmi, natiche a parte, perché per ora
il pilota texano ha
mantenuto appieno le sue promesse. Stiamo
cavalcando nella brughiera di un ranch immenso di proprietà
di Margaret Ann,
stravagante zia del nostro amato Emmett. Se non sapessi di trovarmi nel
sud del
Texas, giuro, potrei credere di essere nella savana africana. Durante
il nostro
cammino, mentre il sole continua implacabile a risplendere nel cielo,
nei
trentamila acri della tenuta, abbiamo incontrato cinghiali, cervi dalla
coda
bianca e decine di inquietanti alligatori sulla sponda di un lago
dall’acqua
limacciosa da cui ci siamo allontanati subito. Edward ha cavalcato
affianco a
me per tutto il tempo senza smettere di sorridere. Mentre mi parla i suoi occhi brillano, come
quelli di un
fanciullo, nella penombra della
falda del nuovo cappello Stetson di feltro nero,
regalato questa mattina dai colleghi.
«Niente
male, la vita del cowboy eh, Bella?»
«Sì,
se non fosse per le piaghe che mi verranno sul
sedere o i mosquitos che continuano a pungermi» brontolo
alzandomi leggermente
dalla sella, puntando i piedi nelle staffe,
per dare un po’ di sollievo al mio povero
didietro affaticato.
«Uhm,
povero sedere. Cosa ne dici se stasera me ne
prendo cura io? Ho della crema all’arnica, potrei farti un
bel massaggio e
magari soffiarci sopra, per aumentare il sollievo.» Mi dice
piano con voce roca
e allusiva.
Deglutisco
dispiaciuta di non essere già al tramonto. Ma
una nube di polvere e rumore di zoccoli al galoppo interrompono la
nostra parentesi
intima. McCarty, rimasto per un po’ in fondo al gruppo, ci
supera urlando verso
Edward:«Yiiiihaaa! Allora ragazzo… la facciamo una
bella galoppata finale verso
il ranch della zietta cara? C’è un bel bull riding rodeo
che ci aspetta, yuppieee!»
«…
Un rodeo? Con i tori?» Gli urla estasiato Edward
mentre lancia il suo cavallo bianco all’inseguimento del
collega.
Alzo
gli occhi al cielo.
Mio Dio
dammi la forza. Devo fermare questa
assurdità prima che qualcuno si faccia male e comprometta la
missione, Ma non
sarà facile… i maschi e i loro divertimenti da
bambini. Con un movimento di briglie e un
colpo coi tacchi sui fianchi del mio
baio, mi butto sulla scia dei due pazzi scatenati.
Vi lascio con un bacio,