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Autore: elenri    26/06/2014    6 recensioni
L'Agenzia Aerospaziale NASA, sta progettando una nuova missione nello Spazio. A capo di questo progetto promuove il Comandante Isabella Swan, che con l'aiuto della storica amica e valente Scienziato Alice Brandon. deve riuscire per prima cosa a crearsi un equipaggio fatto di professionalità eccellenti. Riusciranno le due donne a creare questo gruppo così particolare, capace di sopportare le insidie e l'isolamento dello spazio cosmico?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap 30
Ciao a tutte care spazionaute.
Sono un pelo in ritardo sulle due settimane... un po' in anticipo sulle tre. Spero che il mio "tira e molla" non vi crei troppo fastidio, ma mi dispiaceva aspettare il fine settimana avendo il capitolo pronto oggi.
Per quanto riguarda il contenuto, non è solo compleanno di Edward, ma c'è anche del lavoro... spero che siano contente quelle che stanno seguendo il trainer del "bravo astronauta".
C'è del piccante e del dolce...
Nei giorni scorsi ho ricevuto una richiesta a proposito di un nuovo capitolo di "fuoco sotto la cenere"...
Be', a dispetto di quante pazientemente stanno aspettando il proseguo di "profumo di cuoio e tabacco", l'ho iniziato. Chissà che non sia di buon auspicio anche per l'altra storia!
Vi lascio ringraziando tutte per la pazienza e la gentilezza che mi riservate: siete il faro della mia vita. (Wow stavolta forse ho esagerato), ma vi voglio molto bene, veramente.
Teresa.


 

 

­Capitolo trentaquattresimo

­

(Bella)

Palm Desert- Giovanni Bromoli

La parte più noiosa del mio lavoro è quella relativa alla burocrazia.

Se avessi voluto passare giornate intere seduta dietro una scrivania, non avrei frequentato gli istituti scientifici più prestigiosi, ma mi sarei orientata verso un master di economia.

Con buona dose di pazienza spulcio, meticolosamente, il resoconto settimanale che Angela mi ha fatto trovare pronto sulla scrivania, in forma cartacea, come ogni venerdì pomeriggio.

Dopo averlo verificato e approvato lo firmo e lo timbro, con sigillo  protocollare progressivo, e lo ripongo con gli altri nella cassaforte murata alle mie spalle, in attesa di essere spedito con furgone di sicurezza all’archivio della NASA al Pentagono.

Due presenze sono diventate una routine di questi venerdì pomeriggio: Angela, naturalmente, che va e viene padrona del suo microcosmo,  ed Edward si è adeguato presto a questa prassi e non fa che spuntare alla mia scrivania per sottopormi i risultati del suo lavoro. Serio e professionale mentre si muove da un ufficio all’altro sferza l’aria col camice bianco che porta perennemente aperto.

Lo sa di essere mostruosamente sexy… o è il bellone più ottuso dell’intera Aeronautica?

«Se ti serve un po’ di  tempo per pensare alla risposta, passo più tardi…» ride lui sventolandomi una mano davanti agli occhi, «Terra chiama Bella… rispondi, Bella.»

Sbuffo irritata per essermi fatta sorprendere distratta.

«Edward, ho capito, per me va bene» azzardo. In effetti non ho proprio sentito la sua domanda, ma in genere è un uomo di buon senso e mi sono sempre trovata d’accordo con le sue scelte.

Mi guarda ironico e si sfrega le mani soddisfatto.

«Ottimo, allora usciti di qui, con la moto di Emmett andiamo spediti a Pasadena a provare le nuove montagne russe a otto giri della morte che hanno appena inaugurato.»

Guardo scioccata la sua espressione malandrina: davvero ho appena accettato un programma del genere?

Mi arrendo all’evidenza di dover ammettere che stavo sbavando mentalmente su di lui.

«Okay, scusa, non ti stavo ascoltando» gli svelo arrossendo, «ma veramente mi stavi proponendo un giro in giostra?»

«No, ma non ho saputo resistere alla tentazione di prenderti in giro: mi stavi guardando come se fossi un gelato con la panna… Quasi quasi arrossivo.» svela con gli occhi umidi per la risata trattenuta.

A questo punto sono io che mi sento le gote andare a fuoco.

«Per stasera» continua senza far caso al mio imbarazzo, «avevo intenzione di proporti una tranquilla passeggiata al Buffalo Bayou park, io te e Muso. Niente di avventuroso, come vedi. Ma, se tu preferisci… possiamo andare a scatenarci da qualche parte…» sogghigna.

«No, per carità, sono stata burattata abbastanza stamattina durante il mio turno in piscina.» Piagnucolo.

«Ah ah, me lo immaginavo. E’ per questo che ti stavo suggerendo un programma soft. Ma a proposito di lavoro: ecco i risultati della settimana di allenamenti. » Si china e mentre appoggia davanti a me un fascicolo in cartoncino azzurro con il logo dell’agenzia mi schiocca un bacio sulla tempia sussurrandomi: «ero venuto per questo, Comandante.» E se ne va.

Apro la cartellina con interesse. In questi giorni l’attività dedicata all’addestramento umano aveva riguardato l’adattamento alle tute spaziali. Il primo appuntamento di una lunga serie di incontri finalizzati alla perfetta padronanza dell’abbigliamento specifico per la missione che porterà me e il mio equipaggio a considerarlo alla stregua di una seconda pelle.

Life of the Ocean- Enya

Questa mattina è toccato a me.

Prima delle nove mi sono presentata nell’ampio hangar vicino ai laboratori e sono stata accolta da Edward che, imperturbabile, mi ha fatta accomodare in un ufficio adibito ad ambulatorio. Dopo aver controllato come da scheda cuore e pressione arteriosa, si è alternato ad Alice nelle varie fasi di preparazione all’immersione in piscina.

 «Non hai mai pensato di fare il medico civile?» Gli ho chiesto ad un certo punto mentre riempiva l’ultima provetta per le analisi del sangue. Era una domanda così per dire, giusto per alleggerire quel silenzio da “visita medica” che sentivo nell’ambiente insieme all’odore del disinfettante.

«Mah, magari se un giorno non risultassi più idoneo all’Aeronautica… o se avessi un buon motivo per congedarmi…» ha risposto col solito sorriso mascalzone. «E tu, non hai in previsione un’attività più stanziale, che non ti porti ai confini dell’universo?» Mi ha chiesto con noncuranza mentre mi stringeva il bracciale dello sfigmomanometro per misurarmi la pressione arteriosa.

« Mmh, succederà, ed anche presto.» Ho brontolato piano. «Questa è l’unica missione che ho la possibilità di comandare. A quaranta, massimo quaranta due anni, sarò considerata vecchia per il volo attivo, e la NASA mi darà un incarico di scrivania.»

«Ehi, cosa ti lamenti, non hai ancora trent’anni, cosa dovrei dire io allora?» Ride.

Mi viene in mente che domani è il suo compleanno, trentasette anni… portati divinamente. Lo guardo con occhio professionale e vedo un giovane ufficiale concentrato ed efficiente… con quello del cuore, invece, vedo un ragazzino irriverente e sensuale che gioca al dottore.

«Domani è il tuo compleanno e non ti ho nemmeno concesso una licenza per tornare a casa.» Gli ho risposto dispiaciuta.

 Lui ha sollevato la testa di scatto e mi ha guardata intensamente.

«Bella, ne abbiamo già parlato. Ti ripeto che non ho nessuna voglia di trascorrere questi giorni con i miei.»

«Ma lo hai sempre fatto… Ricordi?  Me lo hai detto tu durante il fine settimana che abbiamo trascorso al mare.»

Edward sospira. «Sì, mi ricordo. Ricordo anche che in quell’occasione ti ho invitato a San Francisco per conoscere i miei. Ma è stato prima di Boston…e… be’, ormai li hai conosciuti e non credo che nemmeno tu impazzisca dalla voglia di vederli di nuovo» taglia corto con un moto di stizza. «Passeremo la giornata sul divano a guardare la tv… e magari se il resto della banda si togliesse pure dai piedi per un giorno…potremmo avere più tranquillità.» Mi ha, quindi, confidato ammiccando.

In risposta alla sua esternazione me ne sono  rimasta in silenzio, perché avrei rischiato di svelargli che, alla faccia della sua idea di tranquillità, domani avremmo trascorso il suo compleanno proprio tutti insieme, come da programma assolutamente segreto, di McCarty.

 

Finito il controllo medico è entrata in scena Alice  che ha seguito le varie fasi della “vestizione” con la stessa attenzione di una stilista alla vigilia della sua nuova collezione.

«Dimmi come te la senti addosso. Ruota le braccia… okay. Ora alza una gamba e sali su quel gradino… bene. Infine prova a inginocchiarti e poi rialzati.» Mi ha ordinato perentoria prendendo appunti sul tablet.

Ho obbedito senza fiatare, anche perché Edward si è affiancato a lei e ad ogni mio movimento stile “omino Michelin” mi bombardava anche lui di domande. La parte più complicata è stata l’inserimento del casco che sembrava non volersi agganciare alla ghiera di chiusura dello scollo. Per un attimo ho pensato a cosa avverrebbe  se un banale cedimento meccanico nei dispositivi di protezione si verificasse durante il volo spaziale e un brivido freddo mi è corso lungo la schiena.

«E…ecco sistemata. Come va?» Mi ha chiesto Alice, guardandomi attraverso il vetro, quando con fatica  è riuscita a inserire lo scrocco metallico.

«Bene, anche se mi sento un pesce rosso nella boccia… » ho ironizzato parlando attraverso il microfono interno.

«Se vuoi ti compro delle vetrofanie a forma di alga da appiccicarci sopra, » ha aggiunto lei stizzita. «Ma mi rovineresti il look minimal.»

Edward si è intromesso bussando gentilmente con l’indice sul vetro. «Ora smettiamola con le stupidaggini, che ho già fatto il pieno  durante il turno di Emmett... Inspira a piccole dosi, ricordandoti che l’aria che hai a disposizione è più ricca d’ossigeno. Ora guardami e dimmi: ti senti girare la testa?»

«Sì.» Gli ho risposto con un sospiro fissandolo nella profondità degli occhi.
Edward ha alzato un sopracciglio. «Be’, meglio così. Ci sarei rimasto male se mi avessi risposto di no. Alice per favore chiedile se sente dei capogiri.» Aveva detto rivolto alla collega con quel sorrisetto malizioso che mi piaceva tanto. Lei ha scosso la testa e ci ha rimproverati bonariamente: «Per favore piantatela di fare così! Edward, guarda come me l’hai ridotta, era una persona seria, una volta.»

«Anche tu lo eri, cara mia. Non…volarvi di fiore in fiore come fai ora…» Le ho risposto allusiva.

«Parla piano, disgraziata. Non vorrai far sapere a tutti i fatti miei!»

«Ehh, che esagerata! Qui ci sono solo Edward e altre quattro o cinque persone…»

Alice si è procurata una cuffia con microfono per connettersi con me in privato.

«Bella, non so cosa credi di sapere, ma sono solo fatti miei, chiaro? Quando Edward avrà finito di controllare i regolatori dell’aria ti caleremo con il paranco in vasca e… spera che mi ricordi di tirarti su.»

Il suo tono era sufficientemente acido da farmi  temere che avrebbe potuto portare a termine la minaccia ma, un po’ perché si sforzava di non ridere, un po’ perché la presenza di Edward mi tranquillizzava, ero sicura di riemergere nei tempi stabiliti.

La gru ha così  iniziato il movimento di sollevamento con uno strattone, e dopo qualche istante non ho più sentito il pavimento sotto ai piedi.

 

(Edward)

Magic- Coldplay

Apro un occhio e cerco di indovinare che ora sia dalla luce che filtra nella stanza. Il riflesso azzurrino e la mancanza del ronzio monotono della ventola del climatizzatore, mi fanno supporre che sia ancora molto presto. E’ sabato mattina, ma la forza dell’abitudine mi ordina di alzarmi. Bella, affianco a me dorme ancora. Sono indeciso se svegliarla o meno visto che anche per lei è stata una settimana pesante. Apre gli occhi mentre la sto osservando.

«Buongiorno splendore.» Le sussurro felice che si sia svegliata. Lei si stiracchia e striscia verso di me appiccicandomisi addosso. «Mmhh, la vecchiaia ti ha fatto abbassare la vista, dovremmo farci consigliare il nome di un buon oculista.» Mugugna strofinandosi sensualmente.

«Può essere, ma di sicuro non puoi accusarmi di avere bisogno di un andrologo.» Le rispondo a fior di labbra mentre la struscio con l’eccitazione che mi ha appena provocato.

«No, sembra proprio di no.» Ridacchia mentre con la mano sui miei pantaloni inizia a darmi tormento. «Penso però che sia meglio controllare, non si sa mai…»

Deglutisco mentre la vedo scivolare verso le mie parti intime in subbuglio. Ha il viso nascosto dai capelli ma sento il suo respiro caldo attraverso la stoffa dei pantaloni del pigiama.

Me li cala insieme ai boxer ed io con un movimento di gambe li sfilo completamente.

Delizia. No, di più… estasi. Anzi… un eccezionale tormento.

Bella, oggi, sembra essersi svegliata molto motivata…

Non posso fare altro che mugolare, inarcando il bacino, mentre lei con molta convinzione, mi sta lavorando all’inguine di lingua. Se la sua intenzione è quella di assoggettarmi al suo volere, ci sta riuscendo in pieno, perché ormai il calore che sento salirmi dai lombi, mi sta fottendo il cervello.

Sono suo. Completamente suo.

«Oddio, Bella, così… così mi fai venire…»

Ho la vista annebbiata dallo sforzo che sto facendo per non lasciarmi già andare, vorrei sollevarla da lì e finire ciò che ha meravigliosamente iniziato dentro di lei, ma non sembra intenzionata a mollare la presa. Anzi, ha alzato gli occhi e mentre mi lavora sorride aumentando il ritmo.

A questo punto mi arrendo. Ogni mio pensiero è in pappa. Un forte tremore mi colpisce la parte alta delle cosce e sento tornare al punto d’origine l’onda tempestosa che mi aveva invaso. Digrigno i denti dallo sforzo di non urlare consapevole che fuori dalla porta ci sono orecchie che preferirei non sentissero il risultato del geyser rovente che mi sta esplodendo dal membro.

Rimango stremato sulle lenzuola, mentre come in un’esperienza extrasensoriale mi sembra di sentire Bella risalire strusciando il suo corpo al mio ancora intorpidito.

«Ehi, posso augurarti buon compleanno?» Sussurra mentre mi mordicchia il lobo di un orecchio.

Alzo faticosamente le braccia che sembrano di piombo, e le afferro deciso le natiche che sporgono dai minuscoli pantaloncini da notte.

«Mmhh, se hai qualche minuto di pazienza, ti restituisco il favore e me li puoi cantare mentre godi, demonio di una donna…»

Devo essermi riaddormentato. Me ne rendo conto dalla fatica che faccio a tornare cosciente e capire cos’è questo rumore fastidioso che mi entra nelle orecchie e mi strappa con cinismo dalla mia catalessi. Sento Bella muoversi affianco a me.

«Edward, è il tuo telefono…» bofonchia.

Ecco cos’è che interrompe il mio meritato riposo. A fatica mi districo dalle lenzuola che, scomposte, creano infide trappole per i miei arti scoordinati. Con uno sbadiglio raggiungo con una mano l’odiato affare che trilla allegro, dal comodino, un motivetto country.

«Ehiii, raggio di sole… svegliaaa!» La voce di Emmett è decisa e squillante. «Ammetti che sono stato bravo e non sono entrato direttamente nella tua stanza, … che poi era anche la mia prima che ci facessimo pescare come due marlin… ma non volevo rischiare di vedere il tuo culetto al vento, sai com’è, non riuscirei a non scoppiare a ridere ogni volta che ci incontriamo…»

«Met, per piacere, posso sapere cosa cazzo vuoi?»

«Ehi, scusa fratello, ma sono le sette e il sole splende alto nel cielo, tu e la pollastra al tuo fianco siete pregati di alzarvi.»

«Pollastra?» Ripeto sorpreso.

«Beh, siamo fuori servizio, … o no?» Brontola confuso, il buonumore leggermente svanito. «A scanso di equivoci, evita di dirglielo, okay?» Taglia corto. Ora sono io che ghigno al telefono completamente sveglio. «Ti sto chiamando per dirti che se tu e “il Comandante” voleste  cortesemente alzarvi, potremmo far partire il programma della giornata.»

«Perché abbiamo un programma?»

Ma soprattutto: insieme? Penso con sconforto.

«Sì. Di accompagnarti da un geriatra.» Risponde secco. «Ma uno bravo, perché ormai non ci sei più con la testa. Dai, muovi le chiappe e coprile con un paio di jeans e una camicia sportiva. Vi aspettiamo per la colazione. Rapidi! Rapidi!» Ringhia irritato prima di chiudermi la comunicazione in faccia.

Mi alzo con un misto di divertimento e di frustrazione. E’ sfumata la speranza di una giornata di relax da solo con Bella, ma allo stesso tempo sono curioso di sapere cosa abbia escogitato Emmett: perché sono sicuro al cento per cento che tutto ciò che è stato architettato sia opera sua!

«Tu sai cosa faremo oggi?» Chiedo a Bella con  noncuranza.

«Non di preciso. Qualche giorno fa mi sono lamentata di non riuscire a trovare il tempo per organizzarti qualcosa per il compleanno e McCarty si è offerto di occuparsene.» Mi svela con un'aria pentita. «Scusa spero di non averti deluso, ma hai visto che settimana abbiamo avuto!»

«No, è tutto a posto. Anzi sono contento di trascorrere il compleanno tra amici.» Mento. Con un sospiro silenzioso la bacio sui capelli mentre finisco di vestirmi.

 

(Bella)

Take it easy- Eagles
 

Dopo ore che il mio povero sedere viene schiaffeggiato da una rigida sella di cuoio  e il sudore mi scende in imbarazzanti rivoletti dalla nuca infilandosi nella schiena senza riuscire ed essere trattenuto dal tessuto della maglietta, mi viene quasi da piangere pensando alla comodità del mio ufficio.

No, ma che dico, anche questa traballante seduta è meglio di una impersonale poltrona dietro una scrivania, è che al fresco dell’aria condizionata ci si abitua presto.

Il rumore degli insetti che ronzano e l’odore pungente di selvatico confermano che ci stiamo avvicinando al recinto del bestiame dove McCarty ci ha promesso uno spettacolo strepitoso.

                                                                                 

  A dire il vero non posso lamentarmi, natiche a parte, perché per ora il pilota texano ha mantenuto appieno le sue promesse.  Stiamo cavalcando nella brughiera di un ranch immenso di proprietà di Margaret Ann, stravagante zia del nostro amato Emmett. Se non sapessi di trovarmi nel sud del Texas, giuro, potrei credere di essere nella savana africana. Durante il nostro cammino, mentre il sole continua implacabile a risplendere nel cielo, nei trentamila acri della tenuta, abbiamo incontrato cinghiali, cervi dalla coda bianca e decine di inquietanti alligatori sulla sponda di un lago dall’acqua limacciosa da cui ci siamo allontanati subito. Edward ha cavalcato affianco a me per tutto il tempo senza smettere di sorridere. Mentre mi parla  i suoi occhi brillano, come quelli di un fanciullo, nella penombra della falda del nuovo cappello Stetson di feltro nero, regalato questa mattina dai colleghi.

«Niente male, la vita del cowboy eh, Bella?»

«Sì, se non fosse per le piaghe che mi verranno sul sedere o i mosquitos che continuano a pungermi» brontolo alzandomi leggermente dalla sella, puntando i piedi nelle staffe,  per dare un po’ di sollievo al mio povero didietro affaticato.

«Uhm, povero sedere. Cosa ne dici se stasera me ne prendo cura io? Ho della crema all’arnica, potrei farti un bel massaggio e magari soffiarci sopra, per aumentare il sollievo.» Mi dice piano con voce roca e allusiva.

Deglutisco dispiaciuta di non essere già al tramonto. Ma una nube di polvere e rumore di zoccoli al galoppo interrompono la nostra parentesi intima. McCarty, rimasto per un po’ in fondo al gruppo, ci supera urlando verso Edward:«Yiiiihaaa! Allora ragazzo… la facciamo una bella galoppata finale verso il ranch della zietta cara? C’è un bel  bull riding rodeo che ci aspetta, yuppieee!»

«… Un rodeo? Con i tori?» Gli urla estasiato Edward mentre lancia il suo cavallo bianco all’inseguimento del collega.

Alzo gli occhi al cielo. Mio Dio dammi la forza. Devo fermare  questa assurdità prima che qualcuno si faccia male e comprometta la missione, Ma non sarà facile… i maschi e i loro divertimenti da bambini. Con un movimento di briglie e un colpo coi tacchi sui fianchi del mio baio, mi butto sulla scia dei due pazzi scatenati.



 

Tranquille il compleanno entrerà nel vivo nel prossimo capitolo e non sarà solo "di gruppo".
Vi lascio con un bacio,
T

 

 

 


  
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