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Autore: Lady_Dragon99    26/06/2014    1 recensioni
"Si rifugiò nel folto della foresta più gelida del paese, si sdraiò su un fianco e attese.
Aspettava che degli orsi lo trovassero per fare a pezzi le sue membra, che la fame sfinisse quel suo povero corpo sofferente o che il gelo lo intorpidisse fin nelle ossa e lo cullasse all’oblio.
Attese a lungo, con la neve che si posava dolce su quel corpo snello e candido.
Gli occhi grigi e vivi erano semichiusi, quasi non volessero più guardare quel meraviglioso mondo innevato, così incompleto, così triste senza Lui."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Shawn/Shirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia Darling
 
A White Wolf
 
 
Tanto tempo fa, nelle gelide terre del nord, due clan di lupi si sfidavano a vicenda in una guerra senza fine.
Ogni notte era squarciata da stridore di denti, da schioccare di mascelle, da ululati di rabbia e la neve si macchiava di rosso sotto una luna sofferente. I lupi lottavano, lottavano, senza che nessuno riuscisse mai ad avere la supremazia sull’altro. Il perché combattessero questa guerra antica come il mondo è andato perduto fra le memorie degli antichi capibranco, ma qualcuno ancora ricorda che un tempo il clan era uno. Uno, unito, una sola grande famiglia. Ma un giorno le troppe regole imposte dalla coppia Alfa spinsero un gruppo di giovani lupi a lottare per la libertà.
Molti altri si unirono a loro, e pare che così ebbe inizio la terribile guerra fratricida. Madri contro figli, fratelli contro sorelle, nulla importava se non quella parola tanto sussurrata da ogni vento e ogni bufera: “Libertà”.
Effimera, lontana, illusoria, ma così potente da portare alla morte decine, poi centinaia e, con il passare dei decenni, perfino migliaia nobili creature della notte.
Trascorse un periodo di grande ferocia, e alcuni dei lupi, feriti, fuggirono dai campi di battaglia per scampare a quelle zanne argentate che tanto possono essere dolci con i piccoli tanto possono dilaniare un lupo ferito senza rimorsi.
Uno di questi, privato di metà del suo cuore, correva nella neve. Scappava dalla terribile battaglia che gli aveva tolto il compagno di una vita intera.
Si rifugiò nel folto della foresta più gelida del paese, si sdraiò su un fianco e attese. Aspettava che degli orsi lo trovassero per fare a pezzi le sue membra, che la fame sfinisse quel suo povero corpo sofferente o che il gelo lo intorpidisse fin nelle ossa e lo cullasse all’oblio. Attese a lungo, con la neve che si posava dolce su quel corpo snello e candido. Gli occhi grigi e vivi erano semichiusi, quasi non volessero più guardare quel meraviglioso mondo innevato, così incompleto, così triste senza Lui.
Lui, che fra una lotta e una rappresaglia si gettava scodinzolando nella neve. Lui, che premurosamente gli leccava le ferite e con rabbia si vendicava sul nemico dei graffi e i morsi inferti al fratello.
Ma non c’era più. Il lupo non voleva ricordare. La morte appariva così dolce. Perché continuare? Lo avrebbe rivisto presto, in quei meravigliosi prati in cui si dice le anime dei lupi morti per la libertà corrano senza fine. Per sempre. Insieme.
Questo pensava, mentre chiudeva le palpebre. Non riusciva neppure a odiare quel grosso lupo dal pelo dorato. Lo aveva visto serrare i denti nella gola del fratello, ma lo sapeva. Sapeva che la colpa era soltanto sua. Non l’aveva protetto. Non era rimasto a evitare che il cadavere venisse divorato dai nemici, non aveva ululato di dolore accanto al corpo morto, non aveva pianto alla luna tutta la sua solitudine. Non aveva cantato a suo fratello l’ultimo addio.
Aveva avuto paura. Aveva visto il lupo dorato rivolgersi a lui, ringhiare e spiccare il balzo fatale. Con un solo, fulmineo, salto si era allontanato, pur non riuscendo a evitare che quei forti artigli lasciassero il loro marchio sul petto.
Proprio sopra il cuore, la morbida pelliccia bianca sbocciò di una rosa rossa.
E poi corse.  Quella corsa quasi infinita, senza pensare, si beava della sua velocità, della forza giovanile delle zampe, dell’adrenalina e dell’istinto che imponevano una corsa senza fine alcuna.
Corse con quel galoppo allungato dei lupi, silente e fulmineo, quella corsa che pare non stanchi mai. Il vento sferzava gelido le spalle e i fianchi, tesi per lo sforzo. La ferita era ormai rimarginata; restava soltanto quel rosso violento come ricordo della sua codardia.
Fu in una macchia folta che si fermò. Le narici fremevano, le fauci semiaperte lasciavano che il fiato caldo si condensasse in nuvolette destinate a una vita breve e inutile.
Era stato solo in quel momento che i ricordi l’avevano schiacciato, spingendolo a gettarsi a terra e a ripercorrere con la mente quella folle fuga pur di non soffrire.
Finalmente, quello che aveva tanto atteso giunse.
Percepì il gelo insinuarsi sottopelle, fra gli artigli, sulla pancia morbida, risaliva lungo il collo, gli pizzicò il naso umido, scivolò fra i canini perfetti e si gettò nella gola.
Un leggero torpore lo pervase.
Un brivido lo scosse lievemente. La vita gli pulsava forte nel cuore, non voleva… non voleva…
Sentì l’anima del fratello ululare di rabbia dentro di lui. Con dolcezza, il lupo bianco lo mise a tacere. Lo avrebbe presto raggiunto. Non sarebbe stato più solo. Non avrebbe dovuto combattere. Ma allora perché? Perché tutto quell’impellente bisogno di alzarsi e rimettersi a correre? Quell’irrefrenabile desiderio di assaggiare di nuovo il sangue della lepre e di udire ancora gli ululati dei suoi compagni?
Volle alzarsi. Non ci riuscì. Il freddo era già padrone delle zampe. Una sola lacrima leggera scivolò sul muso sottile, bagnando un poco la pelliccia. Udì un corvo gracchiare, sopra di lui. Forse attendeva la sua morte per  banchettare con i poveri resti di chi ha buttato via la vita. Il lupo voleva fuggire dalla tagliola del gelo, voleva alzarsi e fuggire, ma era solo. Non c’era la gioiosa impulsività del fratello di sangue ad aiutarlo. Era solo con la sua paura e la sua debolezza.
Dal petto nacque un lamento, prima debole, poi crebbe, divenne sempre più forte, un grido d’aiuto, un’implorazione perché la vita ancora così forte nelle sue vene non lo abbandonasse.
Solo l’eco debole del suo ululato gli rispose. Preda della disperazione, rimase steso a terra, immobile, il silenzio della foresta inframmezzato solo dai suoi mugolii sempre più deboli. Presto anche questi si ridussero al silenzio.
Ascoltava il vento stormire fra i rami e assaporava l’intenso odore degli alberi, che pian piano scivolava nel torpore dell’inverno. D’un tratto, l’armonia si spezzò. Un miagolio acuto di solitudine ruppe l’incanto.
Il lupo riaprì gli occhi, lasciando che quelle perle grigie rilucessero di curiosità. Poco lontano, un cucciolo di leopardo gemeva e si lamentava. Era solo, e non si percepiva l’odore della madre. Probabilmente era orfano o si era perso.
La mitezza del lupo bianco lo spinse ad alzarsi per avvicinarsi al gattino. Soltanto quando fu ritto sulle zampe si rese conto di essere appena sfuggito alla morte imminente. Scosse la testa, come per svegliarsi, mentre avanzava fiero sulla neve, senza il minimo rumore.
Il cucciolo si spaventò  vedendolo avvicinarsi, ma non fuggì. Rimase lì, tremante e pronto ad affrontare il suo destino, gli occhi di ghiaccio fissi sulla macchia di sangue sul petto del lupo.
Fu quel giorno che un lupo adottò un cucciolo sperduto. Dipendevano l’uno dall’altro, uno ne aveva bisogno per non scivolare nella disperazione dei ricordi, l’altro perché l’inesperienza l’avrebbe ucciso in quel gelido mondo che non conosceva primavera.
Così il leopardo crebbe, divenne forte, e indipendente. Imparò a lottare e difendersi, solo una cosa, la più importante, gli mancava. La caccia. L’arte suprema della sopravvivenza.
Quella mattina, il lupo avrebbe dovuto impartirgli quella vitale lezione. Lo aspettava  fiducioso, impaziente, frustandosi i fianchi con la coda, ma il lupo non venne mai.
Mentre correva per raggiungere il giovane felino, la nobile belva aveva fiutato un odore che credeva dimenticato, provato una rabbia che credeva sopita. Fra gli alberi emerse l’imponente figura di un lupo dalla pelliccia bionda dorata. Si arrestarono l’uno di fronte all’altro.
Il leopardo, con la fiducia incrollabile di un cucciolo non ancora svezzato, rimase lì a lungo. Lasciando che la neve gli appesantisse la folta pelliccia. Quando passarono i giorni, dovette rassegnarsi . Non sarebbe tornato. Mai. Soffiò la sua rabbia, si sollevò sulle agili zampe e scomparve sinuoso fra gli alberi, non più di una macchia grigiastra sullo sfondo incantato della neve.
Nel frattempo il lupo lottava. Lottava contro un animale più forte e grande di lui, combatteva contro il lupo dorato. Lo stesso che inverni prima uccise suo fratello; e così, quella gelida mattina, il cerchio si chiuse. Non fuggì più dinanzi al suo nemico, rimase a combattere, spezzando così la catena che lo legava all’affetto caldo del leopardo.
Ogni parte del corpo era concentrata sull’altro, pronta a saettare per attaccare o difendersi. I due lupi si fissavano, scavando un cerchio nella neve. Non ci sarebbe stata rivincita, chi fosse caduto sarebbe stato dilaniato.
Scattarono all’unisono, l’uno ringhiante,  l’altro in un silenzio fiero e mortale, il primo attacco non andò a segno, le zanne ci chiusero a pochi respiri dalla gola pulsante del lupo bianco.
Da quell’istante non vi fu tregua, fu un susseguirsi di balzi, morsi, graffi e ringhi. Il primo sangue venne versato con morsi poco profondi e piccoli graffi, che sfinivano i contendenti con stilettate di dolore. Accadde in un istante. In un baluginare argenteo, le zanne affondarono nella pelliccia candida della spalla. Zoppicava, non posava a terra la zampa anteriore, guaiva. Tremava, stava per cadere, e quando fosse successo, nulla avrebbe protetto il ventre morbido e la giugulare scoperta.
Fiero, con la certezza della vittoria che bruciava negli occhi neri, il lupo dorato si avvicinò per mietere la vita che gli spettava in quanto vincitore.
Fu solo in quell’istante di totale supremazia che abbassò la guardia. Per un singolo momento, non più di un battito di cuore, il lupo bianco vide ciò che doveva fare, vide il varco.
Compì il balzo, l’ultimo, facendo leva sulla spalla ferita. Un solo scatto argentato e le zanne strinsero la gola dorata. Il sangue sporcò il pudore immacolato della neve, macchiò la pelliccia bianca, andando a mischiarsi con quello già rappreso sulla ferita.
Il vittorioso rimase a lungo accanto al corpo dello sconfitto, nel tentativo di recuperare le forze e tornare dal leopardo, ma le ferite erano gravi.
Rimase per giorni in quella piccola radura spazzata dal vento, rotolandosi nella neve per placare il bruciore dei tagli e il penetrante dolore alla spalla, limitandosi a zoppicare fino a un fiume per dissetarsi.
Durante uno di quei brevi viaggi, incontrò il leopardo. Il lupo era gioioso nel vederlo, ma la sua gioia venne rapidamente soffocata. Il felino, più giovane e vigoroso, sfoderò gli artigli e gli si scagliò contro.
Il candido predatore fuggì fra gli alberi. La coda fra le gambe, zoppicante. Le ferite lo rallentavano, il vento bruciava sulle cicatrici e le forze venivano meno. Sentiva il fiato caldo del felino poco dietro di lui e in un attimo di disperazione compì un ultimo sforzo, e raggiunse la radura.
Guardando il cadavere del lupo dorato il leopardo comprese il suo errore. Con i grandi occhi azzurri, fissò quelli grigi del suo maestro di vita.
Trovò il perdono, ma nulla di più.
Il lupo bianco si voltò e, senza guardarsi indietro, corse verso una destinazione ignota. Era di nuovo solo. Solo con i ricordi e i rimorsi con la delusione e la paura. Sentiva le forze  fluire lontano, scivolando via dalla ferita impressa nella spalla.
Serrò i denti, prima di spalancare le fauci in un ululato colmo di tutti quei sentimenti che non poteva esprimere.
Con la lingua penzolante per la fatica, la ferita aperta e gli occhi sgranati, giunse al limitare della foresta. Una zona sconosciuta; non vi era mai arrivato prima.
Volle vedere il nuovo territorio. Incespicando, salì su un cumulo di neve. Il bianco si stendeva a perdita d’occhio, inframmezzato solo da alcune case che sorgevano fra il candore.
La vista acuta individuò un puntolino nero, poco distante. Incuriosito, annusò l’aria.
Un essere umano. Mise meglio a fuoco. L’uomo si stava portando sula spalla uno strumento di metallo. Un antico istinto gli disse che non avrebbe fatto in tempo a fuggire. Così si sedette sulla neve e ululò forte verso il cielo torbido di nuvole.
L’uomo sparò.
L’ululato venne spezzato.
Il cacciatore si avvicinò alla preda e cominciò a scuoiarla.
Con la pelliccia di quell’esemplare meraviglioso avrebbe ricavato denaro sufficiente alla sua famiglia per un paio di mesi.
~                                                      ~                                                                ~
-Questa è per te, Atsuya. – un giovane uomo porse al figlio una sciarpa candida.
-Grazie! È bellissima! – disse il bambino prendendo la sciarpa nuova .-È  così morbida! – rise, strofinandola sul viso.
-Sai, - gli disse il padre, sorridendo – si dice che la pelliccia di lupo porti fortuna.
-Davvero?- sgranò gli occhi. Poi mostrò fiero la sciarpa al gemello – Guarda Shirou! Questo adesso è il mio portafortuna, d’ora in poi la terrò sempre con me! – così dicendo, se la avvolse intorno al collo.
Shirou sorrise: -Stiamo per partire, il viaggio è lungo. Non sarai scomodo in macchina?
-Figurati!- ridacchiò Atsuya –con questa potrà anche cadermi addosso una valanga, ma non avrò mai freddo!
 
Quello stesso pomeriggio, in una vallata devastata dalla neve, fra delle lamiere contorte,  lo spirito del lupo dei ghiacci ululò di nuovo il suo dolore a un mondo troppo grande per essere vissuto senza un fratello.  

 
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Angolo di Dragon:
Vi mancavo? No, ma io ci sono lo stesso! :D
Ok, questa shot è rintanata nelle cartelle del mio pc da mesi XD Precisamente da quando ho visto il dannato episodio in cui compare quel soggetto a rischio di Yukimura *prega per non aver cannato il nome*
Kidou: Wikipedia?
Non ho voglia  <3
Comunque, questa piccola cosa è per la mia Darling. Per lei, che ama tanto Shirou. Per lei, che mi aiuta sempre più di quanto creda. Per lei, che è la mia migliore amica e il mio più grande supporto. Ti voglio bene Darling. Senza di te, sarei sola nella neve. Sola come un lupo bianco sperduto, su una via di ghiaccio.
Perché possiamo  essere unite per sempre. <3
 
  
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