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Autore: _Trilly_    26/06/2014    11 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno in casa Galindo, fervevano i preparativi per il ritorno di Diego. Pablo e Angie, genitori del ragazzo, non facevano altro che andare avanti e indietro, mentre Marco, il loro figlio minore, li osservava oltre un voluminoso volume, scuotendo il capo.
“Pablo, passami quel centrotavola,” disse Angie, che al contempo spolverava i mobili con un piumino per la polvere. “Marco, non sei ancora andato a cambiarti?” Aggiunse, notando il figlio seduto sul divano con il libro scolastico tra le mani.
“Già,” convenne Pablo, aiutando la moglie a sistemare centrini e soprammobili. “Sei già uno studente modello, non hai bisogno di studiare tanto.”
Marco sospirò, chiudendo il libro. “Lo so, però preferisco lo studio a due minuti in compagnia di Diego. Come potete davvero pensare che sia cambiato? Quelli come lui non cambiano,” aggiunse, fiondandosi in camera sua e sbattendo la porta.
Pablo scrollò le spalle, sedendosi sul divano e prendendosi il volto tra le mani. “Spero davvero che Marco non abbia ragione, ho bisogno di credere che Diego sia cambiato.”
Angie annuì, affiancandolo e stringendogli una mano. “Lo hai visto anche tu com’era pentito, diamogli fiducia, lui ha bisogno di noi.”
“Hai ragione,” sospirò l’uomo. “È nostro figlio e se non lo aiutiamo noi, chi può farlo?”
“Sai, mi aspettavo che ci odiasse per averlo lasciato chiuso un anno intero in carcere,” ammise la bionda con un sorriso amaro. “È sempre stato così difficile comunicare con lui e più volte mi sono chiesta dove avessimo sbagliato, ma ogni volta che siamo andati a trovarlo l'ho visto sempre meglio e… credo davvero che abbia messo la testa a posto.”
Pablo sorrise, accarezzandole dolcemente il capo. “Ce la faremo Angie, vedrai. Quel Leon dovrà stare dentro ancora un anno e nel frattempo, saremo già riusciti a riportare Diego sulla giusta strada. Quello che è successo, sarà solo un lontano ricordo.”
“Lo spero Pablo, lo spero.”
Le loro menti andarono inevitabilmente a un anno prima, quando Diego e Leon erano stati arrestati per il furto di una motocicletta, l’ennesimo di quell’anno e se la pena per il giovane Galindo era stata solo di un anno, dovevano ringraziare un buon avvocato e le molte conoscenze che un uomo rispettabile come Pablo aveva. Tra l'altro appunto Diego era un ragazzo di buona famiglia e non aveva fatto nulla di irrimediabile, quindi era stato possibile ridurre la pena, a differenza di Leon Vargas che invece sarebbe stato dentro per parecchio. Il messicano infatti, aveva una fedina penale già abbastanza sporca da numerosi precedenti e nemmeno la sua famiglia vantava una buona fama. Quando Pablo e Angie avevano scoperto che il ribelle figlio frequentasse proprio un Vargas, per poco non gli era venuto un colpo. Diego già di suo era una pecora nera, se poi si accompagnava con un delinquente, si otteneva una bomba ad orologeria parecchio letale. A nulla erano serviti i rimproveri e le punizioni, Diego aveva continuato quell’amicizia pericolosa e si era messo nei guai così tante volte che ormai avevano perso il conto. Pensavano che costringerlo a frequentare lo Studio, accademia di musica dove Pablo era direttore e coreografo e dove Angie insegnava canto, li avrebbe aiutati a tenerlo sotto controllo e invece il ragazzo aveva lo stesso conosciuto Vargas e da ribelle era diventato anche un bullo e un delinquente. Speravano ora che quell’anno di carcere fosse riuscito dove loro avevano fallito, perché davvero non sapevano che altro fare per raddrizzare quel giovane. Se Angie non lo avesse partorito, avrebbe detto che non fosse suo figlio. Lei era sempre stata una brava ragazza, a volte ribelle, ma sempre con i suoi limiti. Pablo poi era un ragazzo serio e studioso, la fotocopia del figlio Marco insomma, da chi aveva preso allora Diego? Sin da piccolo li aveva portati a stracciarsi tutti i capelli da testa, diverse volte lo avevano beccato con le mani nel water, altre mentre tentava di bere della varechina, poi le sparizioni improvvise, i dispetti al fratello minore, le bugie. Pablo e Angie però, erano convinti che fosse solo un piccolo diavoletto e che con la crescita sarebbe cambiato, ma appunto era solo peggiorato. Diego non avrebbe potuto essere più diverso da suo fratello Marco, che invece era uno studente modello, un ragazzo educato e amato e rispettato da tutti. Nel soggiorno dei Galindo c’erano un mare di foto del ragazzo con i numerosi premi scolastici che aveva vinto e quell’anno avrebbe tentato di vincere per la terza volta le olimpiadi di matematica, un grande orgoglio per loro e speravano che Diego sarebbe finalmente riuscito a contribuire in tal senso al suo ritorno.




“Mmm… che profumino,” mormorò Violetta Castillo, sfornando una deliziosa pizza margherita e poggiandola sul piano cottura per farla raffreddare. “Ha un aspetto delizioso.”
“Il mio stomaco già pregusta il momento in cui l’addenterò,” commentò la sua amica Francesca, guardando la pizza come se fosse stata un tesoro raro. “Abbiamo fatto un ottimo lavoro.”
Dopo aver apparecchiato la tavola, le due ragazze si servirono una fetta per loro e una per Angelica, la nonna della Castillo, con cui viveva da quando i suoi genitori erano morti in un incidente stradale circa cinque anni prima. Proprio la donna, fece il suo ingresso in cucina, dopo aver passato il pomeriggio a lavorare a maglia. “Siete state bravissime ragazze,” disse loro, con un grande sorriso, sedendosi a tavola e iniziando a mangiare con gusto.
“Grazie nonna” “Grazie signora” sorrisero le giovani, sedendosi a loro volta per provare il risultato del loro lavoro. Nel giro di poco, avevano divorato la pizza, poi Francesca era corsa in bagno per chiamare Marco, il cugino di Violetta e suo fidanzato da alcuni mesi.
Violetta attese alcuni istanti, fingendo di lavare i piatti, poi si voltò verso la nonna, incrociando le braccia al petto. “Diego usciva oggi dal carcere, vero?” Buttò lì, facendola impallidire. “Quando avevi intenzione di dirmi che mio cugino sarebbe uscito da quella prigione?”
“Te lo avrei detto,” mormorò Angelica, guardandola, seria.
La ragazza rise, incredula. “Si, certo. Se non avessi origliato una tua conversazione con zia Angie o se non me lo avesse detto Francesca, che a proposito esce con l’altro mio cugino, tu non me lo avresti detto, abbi il coraggio di ammetterlo.”
L’anziana ruotò gli occhi, alzandosi e raggiungendola a grandi falcate. “Ascoltami, Violetta,” iniziò, prendendola per le spalle. “Voglio bene a tutti i miei nipoti allo stesso modo, ma Diego ha una cattiva influenza su di te e io devo proteggerti, lo devo ai tuoi genitori.”
Violetta annuì, avvertendo gli occhi pungerle. Sapeva che sua nonna lo faceva solo per il suo bene, ma Diego era suo cugino e lei gli voleva bene. Angelica dovette capirlo, perché la strinse in un forte abbraccio. “Anche a me manca e ti prometto che domani andremo a trovarlo.”
“Grazie nonna,” sussurrò la giovane, sciogliendo l’abbraccio e iniziando a lavare i piatti, stavolta davvero. Una parte di lei non desiderava altro che rivedere suo cugino, ma l’altra era terrorizzata al solo pensiero. Rivedere Diego equivaleva a riaprire vecchie ferite, quelle che Angelica aveva curato con tanta fatica e Violetta non sapeva se fosse abbastanza forte per affrontare ciò. Quell’anno era stato molto duro per lei, aveva dovuto studiare tantissimo per recuperare l’anno perso e poi aveva fatto non poca fatica a riconquistarsi la fiducia della nonna, degli amici e degli insegnanti, dato che per tanto tempo li aveva solo delusi e feriti a causa del suo egoismo e della sua assurda e incontrollabile ossessione per Leon Vargas. Solo ripensare a quel nome le fece venir voglia di piangere, ma per fortuna proprio in quel momento Francesca ritornò in cucina e se la trascinò in camera a vedere un film, così i ricordi del passato furono momentaneamente accantonati.
Fu a notte fonda, quando era avvolta tra le coperte, che il passato tornò a tormentarla. Per anni era stata la principessa di casa, la gioia dei suoi genitori, della nonna, degli zii e dei suoi cugini, poi la terribile tragedia… all’alba dei suoi tredici anni, i suoi genitori erano morti in un incidente stradale e il mondo di Violetta era crollato in mille pezzi. I mesi successivi li aveva passati negli uffici degli psicologi e raggomitolata nel letto che un tempo era stato di sua madre, dato che il giudice aveva affidato a sua nonna la sua custodia e quindi aveva dovuto trasferirsi a casa della donna. Ricordava poco di quel periodo, forse perché c’era poco da dire. Si era allontanata da tutti, trascorrendo intere giornate a piangere e se mangiava era solo perché sua nonna o i suoi zii la costringevano, a volte persino Marco le si sedeva vicino e la imboccava. L’unico che mai si era avvicinato a lei era stato Diego e forse per questo lui non lo aveva mai odiato, lui non le faceva pressioni, lui la lasciava in pace.
Chiusa nel suo mondo, sapeva ben poco di quello che succedeva al di fuori della sua camera e perciò si sorprese non poco quando un pomeriggio Diego venne a trovarla. Il cugino non era il tipo che si sprecava ad andare a trovare le persone in difficoltà e soprattutto non l’aveva mai considerata così importante da meritare una sua visita. In poche parole, tra di loro non c’era mai stato un vero e proprio rapporto, cosa che invece aveva sempre avuto con Marco. Era Marco il suo cugino preferito, Diego era quello strano che a volte le metteva anche i brividi e dire che aveva solo due anni in più di lei e di Marco, eppure erano così distanti.
Di quella conversazione con Diego ricordava solo alcune frasi, in particolare quelle in cui le proponeva di uscire con lui. Parlava di passeggiate e di gelati e cose simili, dicendo che le avrebbe fatto bene un po’ d’aria, ma lei non aveva abboccato. Perché mai avrebbe voluto uscire con lei che aveva sempre considerato una mocciosa secchiona e noiosa? Era lì per pena forse? All’epoca conosceva molto poco il cugino e perciò aveva pensato che fosse davvero dispiaciuto per lei e dopo numerose insistenze, si era fatta convincere… non lo avesse mai fatto. Altro che passeggiate, Diego l’aveva portata in un posto dimenticato da Dio, dove c’era una sorta di pista di motocross, probabilmente illegale. La puzza di alcool e fumo era così pungente che la intossicò e la fece tossire sin da subito, scatenando le risate del moro. La cosa peggiore in assoluto però, fu quando la condusse negli spogliatoi, una piccola e logora stanza che puzzava di sudore e che pullulava di uomini di tutte le età. Lei era l’unica ragazza lì dentro e subito avvertì quegli sguardi maliziosi addosso, che la fecero avvampare e desiderare di scappare a gambe levate, peccato che non conoscesse la strada del ritorno. “Diego, portami via, ti prego,” aveva implorato al cugino, ma lui si era limitato a trascinarla in un angolo dello spogliatoio e fu allora che lo vide per la prima volta. Era stravaccato su una panca e stava fumando quello che solo dopo avrebbe scoperto essere uno spinello. Indossava un paio di jeans e una canottiera, che metteva in evidenza il fisico muscoloso. I suoi capelli erano castano dorato e gli ricadevano morbidamente sulla fronte, ma a colpirla maggiormente furono i suoi occhi, verdi come una distesa erbosa, verdi come… mai aveva visto un ragazzo più bello in vita sua. Quando poi lo vide sorridere in direzione di Diego, credette di morire. Era sicura che sorrisi del genere sarebbero dovuti essere stati vietati dalla legge, altrimenti c’era un serio rischio di infarto e il prossimo sarebbe venuto proprio a lei.
“Ehi amico!” Aveva esclamato il moro, abbracciando il misterioso ragazzo. “Ti presento mia cugina Violetta, è grazie a lei se i miei mi hanno permesso di uscire di casa.”
A quel punto le era stato tutto chiaro, Diego l’aveva usata perché Angie e Pablo si fidavano di lei e pensavano che così lui non avrebbe combinato casini. Avrebbe dovuto capirlo. Nemmeno un po’ di rispetto per il suo lutto aveva.
“Violetta, lui è Leon, il mio migliore amico.” Lei però non stava ascoltando, la sua mente era altrove. Ma che razza di persona era Diego? Avrebbe tanto voluto prenderlo a schiaffi.
“Mi fai schifo!” Aveva sbottato alla fine, spintonando uno sconvolto Diego. “Mi hai solo usata per fare i tuoi porci comodi! Dovresti vergognarti! Non hai nemmeno un po’ di rispetto per quello che sto passando?”
Era poi corsa via, ignorando i richiami del cugino e i commenti perversi degli altri. Si fermò solo quando ebbe messo diversi metri di distanza tra lei e la pista, lasciandosi cadere sulle ginocchia. Si trovava in mezzo a una terra isolata e anche se era terrorizzata, non riusciva a fare altro se non piangere. Già il suo equilibrio mentale era parecchio instabile, ci mancava solo quell’egoista di Diego che la trascinava in quel posto pieno di depravati e criminali. Ricordava la preoccupazione che si era formata in lei, al pensiero di come avrebbe fatto a tornare a casa e i singhiozzi disperati che erano seguiti. Mai come quel giorno, aveva desiderato di essere morta anche lei in quell’incidente che le aveva portato via la sua famiglia e poi… e poi quella voce.
“Non dovresti andare in giro da sola, non è un posto raccomandabile per una ragazza.” Era la voce di un ragazzo, una voce profonda, roca, intrigante in qualche maniera e che l’aveva fatta rabbrividire. Quando poi si era inginocchiato accanto a lei, aveva avuto davvero paura. Cosa voleva quel tipo da lei?
“Diego non voleva ferirti, se ci pensi, è riuscito a farti uscire dalla tua camera.” Violetta aveva sollevato di scatto lo sguardo a quelle parole e solo allora, si era resa conto dell’identità del ragazzo. Era l’amico di Diego, quello bello. Vederlo così da vicino, le aveva provocato una scarica di brividi lungo tutto il corpo e la lingua sembrava essersi incollata sotto il palato. Mai un ragazzo aveva avuto un simile effetto su di lei. “Tuo cugino ti vuole bene, pensa che ha messo in chiaro che nessuno ti si deve avvicinare.”
La ragazza si era accigliata, confusa. “Tu però lo hai fatto.” Leon era scoppiato a ridere e lei si era ritrovata a fissarlo, rapita. “Vedi, piccolina,” le aveva sussurrato all’orecchio. “Io non sono uno che si fa intimorire e poi Diego si fida di me.” Quel respiro sul collo, quegli occhi verdi che la fissavano con insistenza, tutto di lui l’aveva sin da subito resa nervosa e faceva non poca fatica a restare lucida. “Diego c’è rimasto davvero male, non avresti dovuto aggredirlo in quella maniera.”
“Tu non sai quello che sto passando, perciò non puoi permetterti di giudicarmi!” Era scoppiata la giovane, stupendo se stessa e Leon, che incredibilmente alla fine aveva annuito. “Deve esserti successo qualcosa di terribile.”
“I miei genitori se ne sono andati pochi mesi fa,” aveva ammesso Violetta, tentando di asciugarsi le lacrime. “Senza di loro io… io ho perso tutto e…”
Leon aveva annuito, serio. “Mi dispiace, so cosa si prova. Mia madre è morta quando avevo sette anni.” Allora le disse che si era trattato di un attacco di cuore, ma poi avrebbe scoperto che era stata uccisa in seguito a un regolamento di conti tra clan. Leon Vargas e la sua famiglia erano dei delinquenti e avevano una pessima nominata a Buenos Aires, ma lei non lo sapeva, era sempre vissuta in un mondo tutto suo e forse proprio per questo, credette a tutto quello che il ragazzo le disse e si lasciò affascinare dal suo sorriso, tanto che lui riuscì a convincerla a fare un giro sulla sua motocicletta. Leon non usava caschi o tute e non aveva limiti di velocità, tanto che Violetta dovette stringersi a lui come una piovra per la paura. Mai era salita su una motocicletta e farlo con un pazzo incurante dei pericoli non era stato un gesto molto intelligente e se ne rese conto sin da subito. Ben presto però, la paura era scomparsa ed era sopraggiunta l’adrenalina e quel senso di libertà e leggerezza che non avvertiva da tanto tempo. Leon le faceva dimenticare i problemi, il dolore, la sofferenza, la faceva sentire viva. Non sapeva dire come o perché, stava di fatto che si ritrovò a vederlo come la sua unica salvezza e così iniziò a frequentare assiduamente quel luogo di perdizione. Ricordava come avesse sofferto prima di riuscire a far capire a Leon che fosse una ragazza e non una bambina, quante volte le avesse detto che le voleva bene e che la considerava la sua sorellina e quante si fosse ritrovata a piangere per quell’amore non corrisposto. Aveva quindici anni la prima volta che aveva avvertito lo sguardo di Leon su di se. Era estate e dicendo a sua nonna che sarebbe andata al mare con Francesca, era andata invece con Diego, Leon e i loro amici. Aveva legato molto con quelli che prima aveva sempre considerato strani e pericolosi e si divertiva un sacco con loro, completamente dimentica che non fossero dei tipi raccomandabili. In ogni caso, tra tuffi e risate, più volte le era sembrato che qualcuno la fissasse con troppa insistenza e quando aveva capito che il ragazzo che la spogliava con gli occhi fosse proprio Leon, aveva creduto di sognare. Se quel giorno si era limitato a fissarla, nei successivi aveva cercato sempre più approcci, l’abbracciava, le stringeva la mano, la faceva sedere sulle sue gambe e poi… e poi una delle tante sere in cui era uscita di nascosto per fare un falò di gruppo, Leon l’aveva portata in disparte e l’aveva baciata. Era allora che era iniziato il suo sogno e allo stesso tempo il suo incubo.
Scosse la testa, seppellendo il volto nel cuscino, sforzandosi di allontanare quei ricordi. Leon Vargas era stato il suo primo grande amore, ma anche il più grande sbaglio della sua vita e doveva smetterla di pensarci. Doveva farlo per sua nonna, che già aveva sofferto troppo a causa sua, doveva farlo per i suoi genitori, che ora non c’erano più, ma soprattutto doveva farlo per se stessa. Il passato era passato e doveva rimanere tale. Basta sofferenze, basta sbagli, doveva tornare ad essere la ragazza modello di un tempo. Con quel pensiero si addormentò, consapevole di star facendo la cosa giusta.




Diego fece le scale che lo separavano dall'aria aperta quasi di corsa, reggendo un grosso borsone. Finalmente, dopo un anno passato in quella prigione dove l’unico svago era il pranzo in cortile e le partite di carte, era libero. Varcò la pesante porta di ferro e appena vide la lieve luce rosa del crepuscolo, un grande sorriso si distese sul suo volto. La sua prigionia era finita, ora poteva tornare a casa.
“Diego!” Quasi senza rendersene conto, si ritrovò stretto in uno dei forti abbracci di Angie. “Piccolo mio!” Esclamò la donna, riempiendogli il volto di baci. “Non hai idea di quanto mi sei mancato!”
Il ragazzo sorrise, stringendo a se la madre e girando in tondo con lei in braccio. “Anche tu mi sei mancata, mamma.”
“Fatti vedere,” mormorò poi la bionda, sciogliendo l’abbraccio. Suo figlio aveva i capelli più corti e si era fatto crescere un accenno di barba e forse era anche più muscoloso, ma per lei sarebbe stato sempre il suo bambino. “Ti fai ogni giorno più bello, amore mio!” Esclamò, abbracciandolo ancora. “Ora ti riporto a casa e ti preparo i tuoi pasti preferiti.” Continuò tra premure, baci e carezze per quasi dieci minuti, finché Pablo non si avvicinò, divertito. “Se continui così, lo soffochi e poi voglio abbracciarlo anch’io.”
“Ma…” provò a protestare la donna, stringendo il ragazzo ancora più forte. “Non voglio lasciare il mio bambino.”
Diego scoppiò a ridere, scompigliando teneramente i capelli della madre. “Lo sai che ti adoro mamma, ma papà ha ragione, se continui a stritolarmi così, mi romperai qualche costola.”
Angie sbuffò, ma alla fine si decise a lasciarlo, così che finalmente anche Pablo poté abbracciare il figlio. “Ah, figlio mio,” mormorò l’uomo, euforico. “Come stai?”
Il giovane sorrise, ricambiando l’abbraccio. “Ora che sono finalmente con voi sto bene, davvero.”
Pablo annuì, dandogli un buffetto affettuoso sulla guancia. “Quest’anno senza di te è stato un inferno, ma ora possiamo ricominciare.”
“Si,” confermò Diego, sicuro. “Voglio rimediare ai miei errori, voglio diventare una persona migliore.”
A quelle parole, i genitori si animarono e lo abbracciarono di slancio. “E noi ti aiuteremo, potrai contare su di noi.”
“Grazie mamma, grazie papà.” Solo allora, Diego notò un’altra persona alle spalle di Pablo e Angie, una persona che non vedeva da un bel po’ di tempo, suo fratello Marco. Da quando era stato chiuso in carcere, non era venuto a trovarlo nemmeno una volta e non poteva dargli torto, non si era comportato bene con lui. Probabilmente quell’anno era stato uno dei più belli della sua monotona vita. “Fratellino,” sghignazzò, allontanandosi dai genitori e avvicinandosi a lui, aprendo le braccia. “Tu non mi abbracci?”
Marco incrociò le braccia al petto e storse il naso, schifato. “Se sono venuto, è solo perché sono stato costretto. Fosse dipeso da me, saresti ancora chiuso lì dentro. Quelli come te non cambiano.”
I Galindo fecero per intervenire, ma Diego li fermò con un gesto della mano. “Hai ragione, sono stato un pessimo fratello, ti ho ferito e umiliato e merito tutto il tuo disprezzo. Mi dispiace Marco, mi dispiace davvero tanto,” aggiunse, mortificato.
Il minore però, non si lasciò abbindolare e al contrario rise, incredulo. “Complimenti, sei un ottimo attore. Se non ti conoscessi, ci avrei quasi creduto. Sei un delinquente esattamente come quel Vargas, siete due luridi che meriterebbero di restare rinchiusi a vita,” proseguì, sicuro che a quelle parole Diego lo avrebbe aggredito, dimostrando che lui avesse ragione e che quindi il fratello stesse solo recitando una parte. Pablo e Angie sbiancarono di colpo, guardando poi il maggiore dei loro figli con preoccupazione, sapevano quanto fosse iroso il temperamento del ragazzo. Lui però stupì tutti, annuendo, colpevole. “Ho sbagliato, ho sbagliato ogni cosa… avrei dovuto capirlo subito e invece mi ci è voluto un anno di prigionia. Sono stato un mostro e vi ho fatto soffrire, ma vi giuro che non volevo… siete la mia famiglia e vi amo con tutto me stesso.”
“Anche noi ti amiamo, amore mio!” Esclamò Angie, scoppiando a piangere tra le sue braccia, a cui si unì poi anche un commosso Pablo. “Il passato è passato, ora dobbiamo solo pensare ad andare avanti,” aggiunse, guardando Marco con rimprovero. “Diego ha pagato per quello che ha fatto ed è pronto a rimediare.”
Marco annuì, seppur scettico. Lui non si fidava di Diego e mai lo avrebbe fatto, se i suoi genitori si fidavano era un problema loro, ma lui non poteva dimenticare. Le ferite lasciate da suo fratello non potevano essere dimenticate così facilmente, era più forte di lui, non ci riusciva. Con quel pensiero, seguì i tre fino alla macchina e prese posto sul sedile posteriore, tenendo più distanza possibile da Diego. In passato gli aveva permesso di sottometterlo e di umiliarlo, ma ora era cresciuto, non aveva più paura di affrontarlo. Suo fratello avrebbe avuto pane per i suoi denti, era una promessa. 



Ciaoooo!!
Ebbene si, sono tornata! :P quest'idea mi è venuta così all'improvviso e dato che ho le idee abbastanza chiare, ho deciso di pubblicare. Come avreste capito, Pablo e Angie sono sposati e hanno due figli Diego e Marco. Violetta invece vive con Angelica, dato che Maria e German sono morti in un incidente quando lei aveva tredici anni. Per quanto riguarda Leon, non somiglia per niente al bravo ragazzo della serie e nei prossimi capitoli ne avrete la conferma. Lui e Vilu si sono conosciuti grazie a Diego e lei essendo molto vulnerabile a causa della morte dei genitori, è entrata nel cattivo giro del ragazzo e del cugino. I nostri Leonetta hanno avuto una storia, che ha portato Vilu ad allontanarsi da amici e familiari e a perdere un anno di scuola. Tutto è finito quando Leon e Diego sono finiti in carcere ed è stato allora che Angelica è riuscita a riportarla sulla giusta strada. Questi primi capitoli saranno molto introspettivi, soprattutto per fare chiarezza su ciò che è accaduto prima dell'inizio della storia e ovviamente per conoscere i caratteri dei vari personaggi. Prima di salutarvi ci tenevo a dedicare questo primo capitolo a DulceVoz, Syontai e ChibiRoby, che mi hanno incoraggiata e sostenuta per dare vita a questa nuova storia :3 spero vi piaccia! Baci <3

 
  
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