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Autore: sociopaticoiperattivo    26/06/2014    5 recensioni
Presto finirà tutto.
L’odore di urina mi ucciderà prima o poi.
Non riuscirò mai a salvarlo.
Ho mai visto occhi così azzurri?
Devo rimanere tutta la notte in questa stanza con un traditore?
È il colore del mare quello?
Spero i punti non gli facciano male.
È davvero una ferita orribile.
Stanno cominciando di nuovo.
Non posso farlo dormire in queste condizioni.
È sempre una bella sensazione, il disinfettante sulla pelle, quando non hai ferite.
Domani lo tortureranno, solo perché ha provato a salvarsi.
Ha ancora il viso così sporco, e le sue labbra sono così vicine.
Non finirà mai.
[AVVERTIMENTI: tematiche forti riguardanti la guerra]
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Presto finirà tutto.
È l’unico pensiero che lo manteneva in vita. È iniziato da un solo anno, ma la convinzione che presto finirà è forte. Deve esserlo, altrimenti scivolerebbe in un abisso dal quale non riuscirebbe più a scappare.
Il gas annebbia presto la vista di tutti i soldati nella trincea. Pronti, tutti, con un movimento meccanico, si portano il fazzoletto bagnato d’acqua e urina al naso. John si dice che sarebbe meglio morire sotto i gas tossici, che sentire quell’orribile odore. Odore che sarebbe rimasto impresso nella sua mente per le prossime due ore e per tutta la sua vita, in futuro.
Gli occhi verso il basso, chiusi, cercano la pace che aperti non riescono a trovare. La sabbia si alza a causa dell’impatto con i proiettili e si deposita sui loro visi, graffiandoli, sulle loro braccia forti, sulle loro divise, così belle, così fiere. Sono tutti in silenzio quasi liturgico, aspettando che il gas si disperda nell’aria. Molti non ce la fanno, cedono, tolgono il fazzoletto dal loro naso, e cadono a terra in pochi secondi.
John si sente improvvisamente strattonare dal comandante che, senza tradire la sua vita, lo incoraggia con la mano libera a seguirlo, e lui non fa troppe domande.
 
L’odore di urina mi ucciderà prima o poi.
Quanto vorrebbe potersi togliere il fazzoletto con uno strattone e ritornare a respirare normalmente. Fortunatamente per lui, sembra che il comandante Haig, lo stia portando in un basamento molto lontano dalle trincee, al sicuro da quei gas tossici e dalla polvere graffiante.
“Dottor Watson, ci scusi per il disturbo, ma abbiamo catturato un soldato tedesco gravemente ferito.” La voce del comandante è molto più alta rispetto a quella di un uomo della sua taglia. Forse provata dal gas e da quell’odore nauseabondo. Per un secondo John teme che la sua diventerà della stessa tonalità, e butta velocemente il fazzoletto sotto i suoi piedi.
“Dovrei curare un tedesco, signore?” Chiede stupito, subito dopo aver elaborato la richiesta.
“È un inglese passato dall’altra parte dottore, abbiamo bisogno d’informazioni, e se non passerà la notte, non potremmo averle.” John annuisce distrattamente, passando ad esaminare velocemente con lo sguardo dove si trovano. Probabilmente una base segreta del comandante, qualche piede sotto terra.
“E poi non si preoccupi, dovrà sì curarlo, ma dopo lo tortureremo per farlo parlare.” Un sorriso intenso illumina il viso del comandante Haig e John non può che trattenere una smorfia disgustata e coprirla con uno dei suoi peggiori sorrisi tirati.
“Mi segua pure.” Nonostante sia giovane, sembra che perfino il comandate, di ben venti anni più grande di lui, lo rispetti. L’hanno strappato brutalmente dalla sua famiglia, dalla sua vita di medico a New Castel, e l’hanno sbattuto tra le trincee a curare i soldati mutilati, feriti, con malattie fuori dalla sua mentalità cittadina.
Basta loro scendere un paio di rampe di scale, sfoderare un grande sorriso, e la porta dell’infermeria si apre davanti ai loro occhi.
 
Non riuscirò mai a salvarlo.
Lo sguardo di John cade dritto sull’enorme ferita sulla gamba del soldato che gli ha sicuramente causato un’enorme emorragia non più facile da bloccare. Probabilmente, ha perso più di due litri di sangue.
“Riesce a parlare?” Chiede, avvicinandosi velocemente ed esaminando la ferita. Mina anti uomo.
“Non con noi dottore.” Risponde una voce sconosciuta.
“Sei stato fortunato che non ti sia saltata in aria la gamba, tedesco.” Gli dice, con un mezzo sorriso.
“Grazie dottore, ho sempre creduto di avere Dio in mio favore.” Una voce incredibilmente baritonale risveglia John da tutti i suoi pensieri medici, costringendolo ad alzare il volto verso il prigioniero.
 
Ho mai visto occhi così azzurri?
Ha la carnagione chiara, tipica degli inglesi, ma il volto e le braccia sporche di qualsiasi sostanza si possa trovare sul terreno durante il periodo di guerra. Dalla terra sudicia marrone delle trincee alla polvere da sparo dei mitra posizionati al di fuori. Gli zigomi sono così alti e il fisico così asciutto non farebbero mai pensare ad un soldato. I capelli sono lunghi, ricci e neri come la pece, più della polvere da sparo.
Le labbra hanno un’insolita forma a cuore, piene, rosee.
“Morirò però, non è vero?” Continua.
John non riesce a credere alle sue orecchie, a quella voce. Dovrebbe essere svenuto, al limite delle sue forze, eppure riesce a parlare. Eppure ha una voce così baritonale da far inarcare la schiena.
Riporta con forza gli occhi sulla ferita, ispezionandola e toccandola, facendo gemere di dolore il traditore inglese.
“Sai bene che non morirai.” Lo rimprovera dopo poco, facendogli comparire un sorriso sornione sul volto. “Comandante il soldato ha chiaramente seguito un corso di medicina o almeno di sopravvivenza poiché l’emorragia è stata in gran parte bloccata e contenuta da un perfetto fasciamento.”
Il ragazzo ride. “È un bravo osservatore, dottore.”
“Una fascia si vede da chilometri, ragazzo.” Gli risponde John, con il volto ancora sulla sua ferita. “Ciò non toglie che vi è una grande infezione, che purtroppo può essere solamente attenuata.”
Il comandate aggrotta le sopracciglia, grattandosi con la mano destra la barba.
“Lo tenga in vita fino a domani e avrà una buona ricompensa, poi ce la vedremo noi.” Conclude dopo qualche minuti di silenzio, richiamando i suo soldati, e uscendo dalla stanza.
 
Devo rimanere tutta la notte in questa stanza con un traditore?
“Ti farà male.” John prende da una mensola il più potente disinfettante e un tampone.
“Sono abituato alla guerra, dottore.” Risponde lui sicuro, alzandosi sui gomiti per guardare meglio quel soldato dottore che non ha niente di tanto inglese.
“Questo non è niente, in confronto alla guerra ragazzo.” E, senza troppe esitazioni, passa il tampone imbevuto di alcool sulla ferita, facendolo quasi urlare. È costretto a mordersi il labbro inferiore con tutta la volontà che ha, per non pregarlo di fermarsi.
John non può fare a meno di sorridere, e inizia a curare la ferita più dolcemente, con lievi carezze. Il tampone va prima a curarsi della parte esterna, riuscendo a non far troppo male al soldato, passando poi alla parte interna e più grave della ferita.
“Mi dispiace ragazzo, ma devo mantenerti in vita fino a domani mattina, e questo è inevitabile.” Il dottore, per la prima volta, alza di nuovo lo sguardo sul volto del soldato, ricadendo nel vortice dei suoi occhi.
 
È il colore del mare quello?
Il viso, prima contratto in una smorfia di dolore, si rilassa lentamente, non sentendo più il tampone stuzzicare la sua ferita aperta.
Il soldato rinuncia al muro creato per difendersi, vedendo gli occhi del dottore fissare così intensamente i suoi. “Sherlock Holmes, dottore.” Gli dice, con la voce ancora più bassa di un’ottava.
John, per quando ci provi, non riesce a evitare dei brividi alternati durante la colonna vertebrale. “John Watson, ragazzo.” Il soldato finge un inchino a mezzo busto e John non può far a meno di sorridere.
“Non fate così in Inghilterra?” Chiede stupito, con un sorriso sulle labbra.
“Oh certo ragazzo, sempre che non siano cambiate le usanze durante la guerra.” Scuote la testa, riportando il viso sulla ferita. Sembra essere in una condizione migliore, ma va ancora pulita un po’, e poi cucita.
“No vi prego dottore, non passate di nuovo quel tampone mortale sulla mia ferita: non credete abbia sofferto abbastanza?” John può giurare di sentire il tono di voce del ragazzo incline alla supplica.
“Non lo faccio per punirti, lo faccio per tenerti in vita. Chiudi gli occhi, prendi un bel respiro, e urla pure se vuoi. A me non da fastidio, ci sono abituato.” Gli rivolge un sorriso d’incoraggiamento e bagna un altro tampone nel disinfettante.
“Non sono come gli altri soldati, John.” Un soffio tra le labbra prima di sopprimere gemiti e urla di dolore.
“Questo l’ho notato, Sherlock.” Un sussurro così flebile che quasi nemmeno lui sente di averlo detto.
 
Spero i punti non gli facciano male.
“Devo cucirti la ferita ora. Cercherò di essere il più delicato possibile, anche se non dovrebbe farti troppo male. Comunque potrò cucirne solo i lembi, dato che al centro è troppo estesa.” L’ago luccica appena sotto i suoi occhi, prima di forare velocemente la pelle del ragazzo. Porta immediatamente lo sguardo sul suo volto, osservando la sua reazione.
Il ragazzo ha chiuso gli occhi, lasciando la testa cadere all’indietro, sempre sorretto sui gomiti. Il respiro pesante cerca di allontanare il dolore.
Rassicurato dall’assenza di mormorii e gemiti di dolore, continua il suo lavoro punto dopo punto.
 
È davvero una ferita orribile.
Chiudendo solo il possibile, la ferita viene a sembrare una massa informe di pelle che passa dal bianco latteo al rosa scuro fino a diventare rosso carminio del sangue incrostato che sarebbe troppo doloroso da pulire.
“Abbiamo finito soldato Holmes.” Gli annuncia sorridente, facendolo risvegliare dal suo stato di trance.
Guarda la ferita, che gli ricopre la gran parte della gamba, non trattenendo pensieri di disgusto e minacce contro quella mina antiuomo e quegli stupidi inglesi. Alza poi il viso, allontanando il ricordo dei genitori ancor prima che s’insinui nella sua testa, dedicandosi all’uomo di fronte a lui.
“Quanti anni ha, dottore?” Chiede senza pudore. Perché mai dovrebbe averlo? È un soldato, tedesco per di più.
“Venticinque.” Risponde sincero John, prendendo una sedia per sedersi ai piedi del lettino, pronto a passare la notte in allerta.
“Sto dando del lei a una persona più piccola di me di due anni!” Esclama ridendo Sherlock, portandosi una mano sul vivo, per poi rinvivire i capelli.
John mostra un sorriso secco.
Fa scivolare gli occhi sulla pelle sporca del viso e delle braccia, tracciandone ogni ombra e nervatura. “Come mai sei passato dalla parte del nemico?” La domanda gli esce spontanea. Appena se ne accorge sembra volerla richiamare a sé.
Sherlock rimane piacevolmente sorpreso dalla domanda, e sorride allo sguardo del dottore, che sembra voler rimproverare se stesso.
“I miei genitori non sono stati un modello per me, e ho imparato che durante una guerra conviene sempre stare dalla parte dei vincitori.” John ride, all’ultima frase.
 
Stanno cominciando di nuovo.
Nonostante siano sotto terra e protetti da quattro mura solide di cemento, riescono entrambi a sentire chiaramente le bombe, gli spari, i proiettili di gas che fischiano tagliando l’aria.
“Siete così insopportabili.” Commenta John prima di alzarsi, avendo notato di non aver messo a posto il tampone e il disinfettante insieme al filo e l’ago.
“Voi potreste anche arrendervi.” Sherlock alza appena le spalle, guardando la schiena del dottore tendersi per sistemare gli oggetti sulla mensola più alta.
“Voi potevate anche non iniziare tutto questo.” Continua con nonchalance John, occupandosi di sistemare tutto con la perfetta cura.
“Perché fai il dottore, John?” Sherlock obbliga il ragazzo di fronte a lui a girarsi, con uno sguardo incuriosito. “Per lo stesso motivo per cui tu fai il soldato, Sherlock.” Risponde dopo qualche secondo, tornando ai suoi strumenti.
“Peccato tu non lo conosca, il mio, di motivo.” Lo sguardo vaga sulle sue spalle, troppo forti e grandi per essere semplicemente un dottore.
“Vuoi servire quella che credi la tua patria? Anche io. Vuoi soddisfazioni personali? Anche io. Sei stato costretto? Anche io.” Trasforma la risposta in una canzone monotono. Un ritmo decadente che fa sobbalzare il soldato, che sente il dolore attraverso le sue parole innocenti.
“Volevo scappare dalla mia famiglia.” Gli dice, serio.
John è scosso di nuovo, dalla voce bassa che gli penetra inspiegabilmente nella mente. “Ho sempre amato la mia famiglia.”
E John sa che si stanno per raccontare una vita in qualche parola, mentre fuori esplode il mondo.
 
Non posso farlo dormire in queste condizioni.
Cercando tra gli scaffali del mobiletto in basso, John riesce a trovare un panno, che impregna nel disinfettante.
“Ancora John?” Chiede con voce tremante Sherlock. Il dottore sorride voltandosi verso di lui e avvicinandosi al lettino.
“Voglio solo pulirti Sherlock, non so se hai visto in che condizioni sei.” Passa il panno gentilmente sulla spalla, notando con piacere che tutto lo sporco viene via con facilità, tranne qualche macchia probabilmente permanente. Sherlock chiude gli occhi, lasciandosi andare, con un sorriso.
 
È sempre una bella sensazione, il disinfettante sulla pelle, quando non hai ferite.
John lo sa bene. Rinfresca, pizzicando le terminazioni nervose e stuzzicando i pori, che tendono a chiudersi. Inizia a passare il panno sulla spalla, lasciando scivolare la mano sui muscoli per niente scolpiti, perdendosi nel color latteo della pelle nivea. Il panno scivola poi sulle braccia molto più esili delle sue, che pulite mostrano vene nere e capillari sottili e rosso scuro.
Ancora non capisce come abbia fatto a non morire con una tale emorragia alla gamba.
Passa poi di scatto all’altra spalla, pulendogliela delicatamente, lasciandosi andare di nuovo al braccio, perdendosi nelle vene con un movimento così lento da far aprire gli occhi al soldato, per controllare che non si sia addormentato sul lettino con lui.
“È una bella sensazione.” Sussurra, con voce bassa.
“Oh lo so, rinfresca ma pizzica la pel-“
“Stare così vicino a te.” John inarca appena la schiena, mentre Sherlock si alza di nuovo sui gomiti, avvicinandosi di più a lui. Il respiro di entrambi accelera appena.
Quello di John sul petto di Sherlock.
Quello di Sherlock sul collo di John.
 
Domani lo tortureranno, solo perché ha provato a salvarsi.
“Il comandante Haig ti torturerà.” Gli dice girando appena il volto, con gli occhi chiusi.
“Il comandante Haig lo ha già fatto.” John apre stupito gli occhi, alzando il volto fino a far scontrare i loro occhi. Sherlock porta una mano sulla sua spalla, accarezzandogli appena i muscoli di un dottore che invidia, che forse solo dottore non è.
“Farmi conoscere te, e poi portarti via.” La voce diventa sempre più bassa, sempre più baritonale, sempre più stretta tra le labbra.
John non sa cosa rispondere mentre si perde negli occhi azzurri di un mare che non vede da tempo. Un soldato nemico, traditore, eppure solo un ragazzo come lui. Gli sembra di conoscerlo già. Gli sembra di conoscere la sua storia dalle sue parole, dalle rughe intorno agli occhi, dall’inclinazione delle labbra e le vene sulle braccia.
 
Ha ancora il viso così sporco, e le sue labbra sono così vicine.
I muscoli delle braccia in tensione a tenere il peso del proprio corpo e non cadere sul petto del soldato.
“Non permetterò che ti torturino, Sherlock.” La suo voce è così dolce, rispetto a quella dell’altro, così morbida che quasi non si sente, tra i rumori della guerra.
“Mi hai salvato la vita, John.” Il suo nome da quelle labbra annienta tutto però: le trincee, la polvere, i mitra, i gas, l’urina, le bombe, la guerra.
“Ripetilo.” Chiede in un sussurro troppo timido per uscire a pieno.
“John.” E Sherlock capisce, senza bisogno di niente, senza bisogno di sentirlo.
 
E le labbra sono troppo vicine, per seguire le regole della guerra.
Non finirà mai.





Salve ragazze e ragazzi, qui è Ser e volevo spiegare in breve la storia di questa storia.
E' nata come una os, scritta alle nove di sera, in poco più di due ore, solo per la mia migliore amica. (Ciao Chiaretta.)
Solo dopo averla letta mi ha quasi pregato di continuarla (Anche Bridge lo ha fatto, a dirla tutta.) e quindi sono qui con una nuova storia da scrivere.
E niente, volevo dividere tutto ciò con voi, sperando che continuerete a leggerla.
Il prossimo capitolo ci sarà sicuramente entro martedì primo luglio, a presto <3
  
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