Lo schermo del pc cominciava a bruciarle gli occhi, ed anche se avvertiva la necessità di allontanarsi continuava a scrivere. È sempre stata così Morgana, testarda fino alla follia, e forse folle lo era un po’ davvero. Certo è, che lei credeva senza dubbio di esserlo. Questo era un appellativo che si portava dietro sin dalle elementari. Era una ragazza singolare con interessi sempre diversi da quelli della massa e con una spiccata voglia di essere “diversa”. Questo le faceva guadagnare grande rispetto fra i suoi coetanei ma anche tante critiche che eran sempre beneaccette e sempre spunto per migliorare. Di fianco a lei un posacenere vecchio chissà quanti anni, pieno di cicche e cenere, che continuava a riempire con gran foga, tirando una sigaretta dopo l’altra; e mentre le sue mani scorrevano rapide sui tasti così il posacenere si riempiva sempre più, tanto che se avesse potuto sarebbe scoppiato. Morgana non era quello che si può dire una brutta ragazza, anzi, aveva dei bei lineamenti dolci, accentuati da due grandi occhi scuri ed un sorriso da fare invidia per espressività e tenerezza, eppure ciò che le mancava di più era l’autostima. Infatti qualora le venisse rivolto un qualsivoglia complimento era solita arrossire, e cercare una via di fuga con lo sguardo o qualche modo per dissentire da ciò che le veniva detto. Poche erano le cose che per lei contavano di più nella vita:il ricordo della madre, la sorella, la migliore amica Ygraine , il padre ed un ragazzo conosciuto in chat che stava prendendo largo spazio nel suo cuore.
La madre era morta solo un anno prima, e questo continuava a bruciare nel petto della ragazza senza che pei però urlasse mai. Sopportava ogni sofferenza morendo ogni giorno di più senza rumore,anzi, spesso e volentieri si faceva carico delle sofferenze altrui perché si sentiva più felice se poteva aiutare gli altri.aveva con la madre un rapporto splendido rafforzato nell’ultimo periodo della sua malattia. Adesso era per lei una sorta di modello da seguire, una luce ogni qualvolta nella sua vita vi fosse buio.
La sorella Diana era molto simile a lei, abbastanza alta e forse un po’ robusta, con due grandi occhi castani e capelli scuri con qualche ciocca rosso molto vivo. Aveva un’espressione sempre dolce e buona e benché fosse più grande di Morgana per il mondo era sempre la sorella minore. Tra le due sorelle s’era stretto un rapporto molto solido soprattutto nell’ultimo anno, perché prima non si sopportavano a vicenda, però il dolore le aveva rese forti e unite in una complice “alleanza” contro il padre.
Ygraine era quello che si poteva dire la metà perfetta, la simbiosi unica e questa perfezione le lasciava intendere che sarebbe stata un’amicizia destinata a rimanere nel tempo. Molto spesso avevano analizzato assieme le loro vite, accorgendosi con grande stupore di quante situazioni simili avessero, e forse erano proprio queste similitudini a rendere così speciale il rapporto.
Il padre Maurizio era quello che si può definire un vero e proprio “stronzo”. Dall’atteggiamento draconiano e despotico si divertiva a dare punizioni a destra e a manca senza che ci fosse il vero motivo. Qualche volta era stato anche violento, soprattutto con Diana, infatti il loro rapporto era di gran lunga peggiore di quello con Morgana. Aveva preso molto male la perdita della moglie Giuliana e questo lo rendeva cattivo e freddo. ma anche molto arrabbiato e irascibile.
Infine Massimo, il ragazzo della chat. Di sei anni più grande della ragazza costituiva adesso il centro del suo mondo. Le loro vite erano in perfetta armonia, e similitudine. Entrambe segnate dalla sofferenza e dalla perdita di una persona cara. Per Morgana la madre, per Massimo il padre. Questa uguaglianza costituiva la ragione centrale dell’attaccamento da parte di Morgana, lei con lui si sentiva capita e protetta, ed inoltre vedeva in lui la persona più concerne a quello che era il suo ideale di uomo.La loro storia travagliata aveva attraversato momento bui, ed adesso stava arrivando al capolinea, questo, rendeva Morgana molto fragile; ma il suo NON ricambiato amore non le faceva vedere alcuna via d’uscita alternativa alla chiusura totale della cosa.
Il caldo di quella giornata era atroce, ma Morgana aveva bisogno di finire quella lettera per poterla postare sul blog che le due amiche avevano in comune. Appena tornata da sei giorni alla casa al mare di Ygraine voleva raccontare quanto più possibile sull’esperienza vissuta, e voleva dimostrare alla sua amica quanto tenesse a lei. Così facendo non si rendeva conto del tempo che passava fuori la sua finestra, del cielo che prendeva sempre più le tonalità crepuscolari, e dei fari della notte che si accendevano addensandosi d’umidità. Non si rendeva conto nemmeno del pacchetto delle sigarette che stava finendo a poco a poco. Distolse lo sguardo qualche istante dal pc destata solo dalla vibrazione del telefono che costituiva per lei qualcosa di fastidioso che andava fermato. Una telefonata del tutto inaspettata.
-Pronto- la voce nascondeva tutta l’emozione che in cuor suo serbava.
-Buonasera…-una voce dal tono scuro e rassicurante faceva capolino dalla cornetta facendo impazzare il cuore della ragazza.
-Pensavo non ci dovessimo più sentire-Replica lei atona cercando di sembrare il più credibile possibile
-Ti ho mandato un’e-mail.Leggila.-Il silenzio dopo questa affermazione. Cosa avrebbe dovuto fare?Correre sulla casella di posta elettronica a controllare o aspettare un po’?- Ci sei ancora?-
-Si, -Replica a mezza voce – sono qui…
-Ah bene. Allora richiamami appena la leggi…ciao…-
-Ciao.-
Si conclude così questa telefonata con quel ragazzo che le stava rubando il cuore, e lei, così sciocca che se lo stava facendo portare via. Silenziosamente e senza avviso. Indugia con il cursore sul tasto “Pubblica Post” per poi cliccarlo con gran foga e chiudere la finestra decisamente innervosita e piena di tristezza.
“Ho sempre
sognato una grande
casa su una collina assolata, con un giardino spazioso ed una stanza
solo per
te con un grande armadio nel centro pieno zeppo di vestiti alla moda. E
tu,
sciocca che piangi per gli uomini avresti sorriso ad ogni tuo ritorno.
I giorni
sembrano rincorrersi carichi di umidità, e si appiccicano
l’uno all’altro senza
lasciarmi tempo di capire dove sono per non perdere
l’orientamento. Le stelle
sono così piccole da quaggiù che mi conferiscono
un senso di vaga impotenza,
mentre qualcuna scivola sulla volta celeste sparendo nel buio di una
notte
fragile.
Sai, ho immaginato tante volte una scena del genere, e mentre tu ti
lagni per
lui che non ti manda un messaggio io ripenso a quanto sto per buttare
via, con
la velocità di un turbine senza ripensare a chi o a che cosa
o a quello che è
stato. Quella stella si porta dietro un mio desiderio, e dove va a
finire?
Risucchiata da un buco nero che tu non conoscevi, ed io ti ho spiegato
quanto
infinito sia il nostro cielo e quanto mistero nasconda; ed è
questo mistero che
ti fa paura. Hai paura? Io non ho paura. Qualche argomento ti mette
nostalgia,
o semplicemente tristezza che non confesserai mai, userai una delle tue
piccole
scuse per far si che tutto si concluda lì…sei
stanca, forse. Immagino una biga
trainata dalla dea della Luna, dalla pelle diafana e i capelli
argentei, che
squarcia questo buio, ci costringe a vedere quello che le tenebre
stavano
celando… e mentre seguo la brace della sigaretta nell’aria
e tiro un altro
sorso di birra tu sorridi per uno stupido sms che ti giunge dai lontani
lidi
siciliani. Mi mette tristezza a volte leggere quanto ti scrive, non per
quello
che c’è scritto in se, ma forse per la tua gioia.
Ti invidio. La vita ti vuole
così bene che non sto qui chiedermi come fare a consolarti,
ma solo come
renderti felice. Adesso capisco qualcuno che diceva di volermi
preservare dalle
sofferenze, si. Anche io voglio farlo con te. Lascio passare una mano
fra la
sabbia fredda mentre tu ancora sei a rispondere estasiata. La sento
passare
fredda fra le dita. Sensazione che adoro, e lascio i miei pensieri in
volo
libero. Mi raccontano una strana storia che mi isola da questo mondo,
ed
involontariamente anche da te che mi leggi a raffica
quell’sms che ti ha preso
dieci minuti preziosi di meditazione. Un sorriso riaffiora nella mia
mente,
sommesso come il mio sguardo, timido ed appena abbozzato, silenzioso ed
eloquente allo stesso tempo, e quando non servono parole per esprimere
nulla.
Milioni di persone con lo stesso ritmo, all’unisono ed ancora
sguardi, e
piccoli contatti… idee che mandano ai matti. Qualche brivido
mi costringe ad
abbandonare quei ricordi per tornare alla triste realtà
della mia situazione;
ti guardo così felice e mi chiedo quale sia la ricetta della
tua gioia, e mentre
ancora mi racconti le tue impressioni su qualche bacio fugace scambiato
tra le
coincidenze dei treni di Roma,io sorriso come una sciocca, solo a
sentirti così
trasognata e vitale. Strano come la tua felicità possa
passare anche attraverso
la mia pelle,in questa strana alchimia chiamata
“amicizia” in cui ogni cosa ha
un valore fondamentale. Adesso ridi per una stronzata,
un’altra delle tue,
delle nostre…un’altra da scrivere così
che resti in eterno. Sigaretta. Hai
paura di fumare, credi di poterti strozzare con qualche tiro, milioni e
milioni
di volte ti avrò rassicurata ma tu nulla, stringo quel
pacchetto fra le mani,
e,risucchiata da una luna immaginaria,torna a fare capolino la marea di
ricordi. “Chesterfield” troneggia sul pacchetto. E
ancora il suo sorriso
assolato tra le strade di una città troppo grande per me
sola e troppo sua
perché io me ne appropriassi anche un po’.
Distraimi ancora, forza. Non
permettermi di ammazzarmi adesso. Ma sei silenziosa anche tu in questo
momento…forse persa in qualche ricordo di quello stupido
“bacio al fumo” che tu
reputi il tuo primo tiro alla sigaretta. Una Merit, vero? Stai bevendo
un po’
troppo. Forse è il caso che ti fermi,e invece no, continui e
sei peggio di me.
Io e te siamo davvero due sceme. Assapori la birra piano come ti ho
insegnato a
fare gustando ogni bollicina e sentendola scendere
giù,giù nel tuo corpo. Una
cosa folle…degna di noi. A che pensi? Me lo dici? A qualche
adulatore
scocciante che ci ha fatte discutere? O al mio consolarmi quella
mattina in spiaggia?
Credi forse che sia stupida? No… sono insicura. E te
l’ho dimostrato sempre.
Adesso la sabbia entra nelle fessure delle Converse, e come al solito
te ne
lamenti. Odi la sabbia nelle scarpe e quella sembra proprio venirti a
disturbare, a disturbare i tuoi nervi poco saldi e la tua poca
pazienza. Quanti
argomenti avremo trattato stasera? Infiniti quante le stelle. Quante ne
hai
contate sino ad ora? Io mi limito ad una contemplazione statica, ma
tu…tu che
vuoi sempre sapere tutto hai provato a contarle? Ti avvicini alla riva
sfidando
impavida le onde, tu…così impavida ed io non ho
il coraggio di piegare un
sentimento e porlo in un cassetto. Mi son lasciata invadere dalle
increspature
sull’acqua, guardandole dapprima e poi sentendomi
partecipe…mi hai criticata un
po’ all’inizio ma poi eccoti qui accanto a me in
questo mare…Benvenuta piccina.
Senti freddo, forse? O sei solo spaventata per la faccia di quel tipo
che ci ha
importunate? Vuoi correre a casa e rifugiarti fra le lenzuola
cosicchè tu sia
protetta? Mi domandi ancora dell’amore. Credi forse che ne
sappia più di te? Mi
credi una specie di filosofa che sta lì a portata di mano
pronta a dispensare
un qualunque consiglio, una qualunque spiegazione sul mondo ed invece
io non so
nulla. Mi limito a dirti quello che ho capito sino ad ora. Sai che
nessuna
gioia mi trapassa appieno, lo capisci dal mio sguardo, o dalla
superficialità
di un mio sorriso, sai a che penso prima ancora che ci pensi.
Fai,forse,come
faccio io?
Ho sempre sognato una grande casa su una collina assolata, con un
giardino
spazioso ed una stanza solo per te con un grande armadio nel centro
pieno zeppo
di vestiti alla moda. E tu, sciocca che piangi per gli uomini avresti
sorriso
ad ogni tuo ritorno…dimmi cosa fare adesso, tu che conosci
me meglio di quanto
io possa fare con me stessa…”
Dopo aver inserito questo intervento nel blog spense il pc, andandosi a rifugiare nella sua stanza ormai buia, camminando a tentoni per non accendere la luce. Amava stare al buio quando la tristezza prendeva il sopravvento sulla sua mente, e sul suo cuore. Qualche raggio arancione dei lampioni della strada entrava dalle fessure dell’avvolgibile illuminando le lacrime cristalline e amare che Morgana versava. La mente completamente annebbiata, ed era come se, liberata la biga dei pensieri questa si divertisse ad errare senza meta, passando di tempo in tempo, di mese in mese, di giorno in giorno, regalandole emozioni forti e forti dispiaceri senza concederle tregua per riprendere fiato.