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Autore: bsalvatore    27/06/2014    1 recensioni
Caroline, Elena, Stefan, Jeremy, Damon, Bonnie e Tyler erano dei bravi ragazzi un tempo.
Ora sono solo delle anime inquiete che hanno perso due cari amici, membri fondamentali del gruppo e sembra che abbiamo perso anche loro stessi.
Dal testo:
"Avevamo pianto così tanto al funerale di Bonnie che forse ora non ci rimane nemmeno una lacrima da versare.
Eppure lui se le meriterebbe, quelle lacrime, perché se non fosse stato per lui a quest’ora ci saremmo tutti tagliati le vene o saremmo finiti in un rehab.
Non che lui fosse un santo, intendiamoci. Ma era uno di quelli che davano importanza all’intensità dei propri respiri, più che alla quantità di questi ultimi.
Con lui non c’erano mezze misure: o lo amavi o lo odiavi."
Tributo alla morte di Damon.
AU
P.s: questa storia non è ispirata all'omonimo romanzo
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Stefan Salvatore
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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QUEL CHE RESTA DI TE

<< Perché alla fine,quando perdi qualcuno, ogni candela,
ogni preghiera, non compenserà mai il fatto che l'unica cosa che ti rimane, è un vuoto nella tua vita al posto della persona che amavi tanto. >>

Damon Salvatore



26 giugno 2014
 
Non c’è il sole questo pomeriggio a Orange Country.
Al suo posto solo gruppi di nuvole che si spostano disordinatamente nel cielo, anche loro in un silenzioso corteo funebre proprio come noi.
C’è molta gente, di età diversa, ma tutti rigorosamente vestiti di nero.
E un po’ mi stupisco nel vedere la professoressa Flower (già il nome una garanzia) sempre colorata nelle sue particolari camicione, primaverili anche in pieno inverno, vestita a lutto.
Ma in fondo perché ti sorprendi, Caroline?
Sei a un funerale o no?
Anche tu sei vestita allo stesso modo: gonna nera aderente, ma non troppo, fin sopra il ginocchio, magliettina di pizzo dello stesso tetro colore e ballerine grigie.
Riprendi a guardarti intorno.
Molta di questa gente non la conosci e, a giudicare dall’età avanzata, capisci subito che sono colleghi di Giuseppe Salvatore, il quale con il suo completo nero stringe mani a tutti accettando le condoglianze come se stesse concludendo un grosso affare.
Per quanto riguarda gli altri hanno più o meno la mia età e infatti si tratta di nostri compagni alla St Andrews University.
Con tanti di loro non ci ho mai nemmeno parlato e dubito fortemente che lo conoscessero.
Eppure sono tutti qui, persino il direttore che sembra parlare di lui come se fosse stato uno studente modello.
Mi viene quasi da ridere al pensiero e spontaneamente cerco l’approvazione dei ragazzi a questa mia battuta mentale che ovviamente loro non possono sentire.
Ormai è l’abitudine.
Tyler è in prima fila con sua madre e sta recitando come al suo solito la parte di figlio perfetto, cosa che decisamente non è mai stato soprattutto da quando è morto suo padre.
Stefan vicino a Giuseppe con gli occhi fissi nel vuoto, anzi, per essere precisi, sulla tomba del suo fratellone.
Elena invece non è molto distante da me ed accanto a lei vi è il fratello Jeremy che porta delle maniche della camicia molto lunghe, forse per coprire i tagli sulle braccia.
Una volta al pensiero mi venivano i brividi, adesso non sento più nulla se non comprensione nei sui confronti.
Infondo dopo aver perso i genitori e la prima ragazza del quale si era innamorato, Vicki, morta davanti a lui per overdose, non si è più ripreso.
Solo Bonnie sembrava essere riuscita a tirarlo fuori dal baratro, ma anche lei, anima fragile malata di anoressia, ci ha lasciati cinque mesi fa.
E forse è meglio così, piccolo angelo dal corpo rotto, dall’anima rotta.
È meglio che tu te ne sia andata prima di vederci tutti quanti sprofondare nei nostri demoni più nascosti.
Avevamo pianto così tanto al suo funerale che forse ora non ci rimane nemmeno una lacrima da versare.
Eppure lui se le meriterebbe, quelle lacrime, perché se non fosse stato per lui a quest’ora ci saremmo tutti tagliati le vene o saremmo finiti in un rehab.
Non che lui fosse un santo, intendiamoci. Ma era uno di quelli che davano importanza all’intensità dei propri respiri, più che alla quantità di questi ultimi.
Con lui non c’erano mezze misure: o lo amavi o lo odiavi.
Io ho fatto entrambe le cose.
L’ho amato senza essere ricambiata e odiato senza farlo davvero. E all’epoca avevo pianto per questi sentimenti strani che provavo. E mi ero allontanata dal gruppo perché lo vedevo finalmente felice con Elena e sapevo di piacere a Tyler, a quel tempo non corrisposto. Ma poi lui venne da me e mi disse con quella sua voce melliflua e suadente: “Barbie, stasera andiamo da Roxy’s e vieni pure tu. Solo il tempo mette a posto le cose, non la lontananza.”
Da quel giorno diventammo inseparabili, una combriccola che andava sempre in giro insieme e ne combinava davvero tante.
Le canne ce le facevamo in casa e qualche volta pure gli alcolici, ma in quello eravamo meno bravi, preferivamo comprarli da Matt, il figo barista del Roxy’s che ci procurava anche la roba e per questo qualche volta faceva un giro con noi ed io ed Elena ci divertivamo a farcelo.
Abbiamo viaggiato il più possibile, provando inizialmente il campeggio, ma infondo noi siamo “dei ricchi figli di papà” come diceva sempre lui e a certe cose non siamo abituati.
Così rubavamo qualche spiccio ai nostri genitori o ai compagni di dormitorio e ce ne andavamo in giro.
Di situazioni difficili ne abbiamo dovute affrontare molte: Elena stava sempre male a causa delle varie droghe che provavamo e ci toccava continuamente portarla in ospedale, cosa che accadde un po’a tutti nel corso di questi anni.
Ogni volta era un enorme spavento tanto che ricordo ancora la paura di perdere un caro amico, mentre aspetti in ospedale notizie dai medici che stentano ad arrivare e sei lì, mezzo fatto, con gli occhi gonfi e la voglia di dormire, ma ti impedisci di farlo perché ognuno è angelo custode dell’altro e non puoi lasciarlo. E poi la reazione dipende da cosa hai preso, io di solito piangevo, gli altri si arrabbiavano e prendevano a calci tutto ciò che vedevano. Infatti talvolta è stata chiamata anche la polizia.
Ora invece c’è una calma piatta.
Mi chiedo se anche gli altri stiano sentendo ciò che sento io: il cuore scoppiare nel petto. E fa un po’ specie da pensare, noi che ci facevamo di tutto pur di sentire il nostro cuore, ora lo sentiamo forte e chiaro scoppiare nello sterno e una sensazione di nausea mi pervade le membra, accompagnata da brividi improvvisi di un freddo che non c’è mai stato qui a Orange Country.
Per un istante mi sento girare la testa e così mi viene da muovere le dita dei piedi cercando di tastare da sotto la suola delle scarpe il prato ancora bagnato dalla pioggia di questa mattina, tanto per sapere se io, al contrario di lui, sono ancora viva.
Giuseppe nel frattempo ha finalmente finito il suo discorso che non so nemmeno quando sia iniziato, ma che so per certo essere stato breve.
Ora tutti si precipitano con una finta lentezza (tanto per sembrare di essere addolorati) verso la scalinata che conduce a villa Salvatore.
Piano piano le persone defluiscono ed io, che prima ero in ultima fila, ora sono in prima e posso vedere la sua tomba in prezioso legno di mogano.
Se ne sono andati tutti eccetto altre quattro persone: Elena, Tyler, Stefan e Jeremy.
Nessuno di loro, proprio come me, sta piangendo o si sta sforzando di farlo come altri hanno fatto.
Siamo tutti in piedi, con gli occhi fissi su quella bara che assomiglia tanto a quella sepolta cinque mesi fa, ma allora c’era anche lui.
Adesso invece sembra strano non ricevere una pacca sulla spalla con un: “Beata Bon Bon, che è andata in un posto migliore.”
Già, perché in effetti lui questo mondo lo odiava. Addirittura più di noi.
Noi eravamo semplicemente delusi perché ci avevano detto che avremmo avuto tutto con i soldi, ma che alla fine non avevamo avuto nulla.
I nostri sogni non si erano realizzati, i nostri famigliari erano morti lasciandoci soli al mondo, i nostri genitori avevano litigato fino a tirarsi piatti in faccia, il nostro cuore non era stato riempito da nient’altro che promesse di gloria eterna. Nemmeno un accenno di amore o speranza.
E poi erano venute le molestie e gli orrori. E quelli non si cancellano.
Ma noi ci bastavamo. Fino a ieri ci bastavamo. Ma ora lui non è qui e ripensandoci tutto ciò in cui credevamo sembra una grande cazzata. Aveva ragione lui che aspettava con ansia la morte.
In questo istante mi viene in mente una sua frase detta mentre parlavamo per l’ennesima volta di questo  argomento: “Se dovessi morire prima io di voi, voglio che bruciate il mio cadavere perché in questo fottuto mondo non ci voglio tornare nemmeno per sbaglio.”
Guardo gli altri e ho voglia di condividere questo mio ricordo con loro, perché sento che mi turba il pensiero di non aver accontentato almeno un suo ultimo desiderio: quello di cremarlo.
Suo padre infatti ha deciso diversamente, la tomba del figlio rimarrà nella tenuta di casa Salvatore così come il corpo della moglie, morta partorendo Stefan ventitre anni prima.
La consapevolezza che ancora una volta verrà eseguita la volontà di Giuseppe senza dare importanza all’opinione del figlio maggiore mi fa arrabbiare e mi dà il coraggio di parlare: “Lui non avrebbe voluto essere sepolto.”
Nessuno alza la testa alle mie parole, troppo occupati a governare lo stato d’angoscia profonda in cui anch’io mi trovo.
Solo Tyler dopo un po’ mi risponde digrignando i denti: “Se è per questo non avrebbe nemmeno voluto morire.”
Non è vero Tyler e tu lo sai. Ma non importa, non lo dico.
Se vuole autoconvincersi di questo per sentire meno dolore, faccia pure, ma dovrebbe sapere che non è così.
Elena sorprendentemente interviene, senza però alzare gli occhi o muoversi di un millimetro: “Hai ragione, lui non lo avrebbe voluto”.
Anche Stefan scuote la testa e un amaro sorriso gli si dipinge sulle labbra: “Diceva sempre che desiderava essere bruciato così da andare direttamente all’inferno.”
“Tanto all’inferno c’era già” interviene Jeremy ricevendo una preoccupante occhiata della sorella.
“Dovremmo rispettare la sua volontà” propongo io, incoraggiata dall’intervento di tutti.
“Non dovremmo darla vinta a quel cazzone di Giuseppe” incalza Tyler ed io rimango un po’ stupita dal suo appoggio considerando che, da quando sono andata a letto con il professore di storia della St Andrews mentre ero sfacciatamente ubriaca, non mi rivolge più la parola.
Stefan sussulta nel sentire l’epiteto usato da Tyler per descrivere suo padre, ma non dice niente, ormai abbastanza abituato al nostro linguaggio scurrile usato solo per diversificarci dai nostri genitori.
Improvvisamente vengo fulminata da un’idea che avrebbe proposto normalmente lui se fosse stato ancora vivo: “Bruciamo il cadavere. Insomma … non sarebbe la prima volta che diamo fuoco a qualcosa.”
Dico ricordando i diversi incendi che provocammo nelle aule della St Andrews o alle auto di sconosciuti. Siamo abbastanza dei piromani in effetti.
“Va bene” dice Elena gelidamente alzando finalmente lo sguardo e anche Jeremy annuisce convinto, sentendo di dovere quest’ultimo favore all’amico che gli aveva fatto conoscere Bonnie e che gli aveva impedito d usare troppo la lametta.
Anche Tyler e Stefan annuiscono, quindi il primo prende la parola: “Ci troviamo stasera alla solita ora. Io porto la macchina, Elena tu ti occupi della benzina e Stefan assicurati che non ci sia nessuno in casa.”
Con “solita ora” si intendeva il momento dopo il tramonto, ma prima del buio, cioè il crepuscolo che aveva scelto proprio lui cinque anni fa, quando eravamo dei ragazzini e il nostro divertimento più grande era andare al cimitero e fumare.
Ci scambiamo un’ultima occhiata d’intesa per poi andarcene ognuno per la propria strada.
Adesso mi sembra che il senso di angoscia si sia lievemente attenuato.
 
 
 
 
 
Ci ritroviamo all’orario prestabilito davanti a villa Salvatore.
Ci siamo tutti cambiati e abbiamo l’aria più normale senza quegli stupidi completi neri.
Stefan è l’unico a raggiungerci dall’interno della villa, aprendoci il cancello di ingresso che tante volte invece avevamo scavalcato.
Entriamo senza neanche salutarci come chi ha una importante missione da compiere.
Ci dirigiamo verso il grande parco, precisamente verso la sua tomba.
Lo ripeto un po’ di volte nella mente, così che quando tireremo fuori il suo corpo non mi impressionerò troppo.
La sua tomba, la sua tomba, la sua tomba, la sua tomba …
Tyler ha una pala in mano, la stessa che usò qualche anno fa per picchiare suo cugino Mason, uno stronzo di prima categoria.
Con questa comincia a scavare aiutato da Stefan e Jeremy che ne hanno una simile.
Riconosco anche quella di Jeremy: l’aveva usata al funerale di sua zia Jenna morta tre anni fa, ma allora gli era servita per scavare la fossa, non per riesumare un cadavere.
Ripetei anche questa parola nella mente, non senza provocarmi un brivido.
Un cadavere, un cadavere, un cadavere, un cadavere …
Elena ed io li lasciamo fare in silenzio, concentrate a prepararci mentalmente alla vista del suo corpo morto.
Morto, morto, morto, morto, morto, morto, morto …
Quando finalmente la tomba è riesumata, Tyler prende la parola: “Non possiamo bruciarlo qui. Dobbiamo portarlo nel luogo in cui spargeremo le ceneri. Dove lo faremo?”
Noi altri ci guardiamo per un istante, ma già sappiamo la risposta.
“Al golfo” risponde Elena convinta e noi non facciamo altro che annuire con altrettanta convinzione.
Il golfo, non molto distante da qui, è il luogo in cui ci incontravamo sempre da adolescenti ed è poi diventato il rifugio romantico preferito da lui ed Elena negli ultimi due anni.
Per l’esattezza con la parola “golfo” intendiamo erroneamente un gruppo di scogli isolati.
I tre uomini si caricano la tomba sulle spalle, mentre noi ragazze li precediamo e teniamo aperto il cancello, avendo poi cura di richiuderlo.
Carichiamo tutto in macchina e poi occupiamo i soliti posti con qualche eccezione: al posto di guida e al lato passeggero si siedono Tyler e Stefan, posti solitamente occupati da Damon ed Elena.
Il viaggio, in realtà alquanto breve, sembra il più lungo della mia vita.
Ripenso a lui e al suo condivisibile disprezzo per la vita.
Gli erano capitate molte cose orribili tra cui la morte di una madre e l’aver visto più volte suo padre picchiare la sua matrigna che sfogava la sua rabbia su di lui che allora aveva appena dieci anni. Poi se ne era andata perché un giorno Giuseppe superò il limite.
Aveva cominciato a bere a quindici anni, mentre solo più avanti a drogarsi. Infatti ne aveva diciannove quando cominciò a scoparsi Vicki Donovan, nota fattona della città.
E poi incontrò Elena e giorno dopo giorno cominciò a cambiare.
Probabilmente l’amava anche mentre veniva a letto con me, ma lei per molto tempo non si sentì pronta.
Le erano morti i genitori e doveva occuparsi del fratellino minore che imparò da lei a tagliarsi.
In realtà qualche volta lo facevo anche io insieme a Elena, quando vedevo che comunque lei rimaneva la più popolare e io non piacevo a nessuno o forse lo facevo semplicemente per il sorriso che le dipingeva il volto ogni volta che la imitavo. Come se la consapevolezza di andare all’inferno con qualcuno la consolasse in qualche modo.
Lui le entrò nel cuore, ma ancor prima le inebriò la mente, per poi prendersi l’intera anima.
Fu merito suo se lei smise di tagliarsi e, per riflesso, anch’io smisi.
Con Jeremy fu molto più difficile perché lui non aveva nessuno che lo amasse come lui amava sua sorella.
Lui non era costantemente presente nelle nostre vite. Nelle vite di coloro che chiamava amici.
Ma se lo chiamavi … ah se lo chiamavi … c’era.
E non intendo uno squillo con il telefonino, ma anche una semplice chiamata con lo sguardo.
Arriviamo fino in cima alla scogliera senza che me ne accorga, troppo presa dai miei pensieri.
Tyler prende il coraggio di aprire la tomba e allora lo vedo, disteso beatamente con l’espressione più serena che gli abbia mai incorniciato il viso.
Stefan sente che deve essere lui a farlo e allora prende l’accendino e brucia il corpo del fratello senza indugiare.
Dopo qualche minuto di silenzio, Jeremy dà sfogo ai suoi pensieri: “Almeno ora non è più in questo fottutissimo mondo. Un po’ lo invidio …”
Elena lo guarda terrorizzata da quello che queste parole possono significare e in quel momento realizzo ogni cosa, ogni tassello mancante sembra andare al suo posto.
“Sapete che vi dico?” inizio “che Damon era un grandissimo egoista! Voglio dire, ci ha sempre fatto credere che essere al mondo era una grande sfortuna e che la vita era sopravvalutata. Ma se lo era davvero, allora perché ha cercato in ogni modo di salvarci? Perché quando siamo caduti ci ha obbligato a rialzarci?” ora mi rivolgo a ciascuno di loro “Tyler, è solo grazie a lui se ora hai un rapporto più sano con le donne che ora non consideri più soltanto oggetti. Stefan, è grazie a lui se ora credi in te stesso e sai che ce la puoi fare anche senza l’aiuto di Giuseppe perché vali davvero. È grazie a lui se ora conosco i miei limiti e le mie paure più grandi. Perché ci avrebbe insegnato tutte queste cose se la vita non valesse nulla? Elena, perché ti avrebbe amata se in realtà la nostra vita non è altro che tristezza e lamento?”
Mi fermo, sperando che abbiano capito, ma vedo dai loro volti sconvolti che non è così.
“Perché non è vero! Non è vero che fa schifo! Ha mentito a tutti noi soltanto perché gli stessimo accanto e non lo lasciassimo solo! Ci ha preso in giro! Ma allo stesso tempo ci ha fatto provare e riprovare. Ci ha lasciati bruciare perché sapeva che così non saremmo morti. E da questo ho capito che non è finita finché non ti sei arreso. E soltanto il fatto che noi siamo qui ora, dovrebbe convincerci, che abbiamo sempre un’altra chance per riconquistare ciò che siamo.”
Lascio che Elena pianga disperatamente, guardo Jeremy che vorrebbe consolarla ma che non ce la fa per la durezza delle mie parole.
Mi avvicino a lei e la abbraccio stringendola a me.
In quella stretta mi rivela: “Non avrebbe dovuto lasciarmi. Me lo aveva promesso.”
“Che cosa dobbiamo fare?” chiede Stefan con umiltà, ma anche con preoccupazione.
“Chiedere aiuto” rispondo io allentando la stretta sulla mia migliore amica.
“E se non ci fosse speranza?” chiede Jeremy.
“C’è sempre speranza”.
 
 
 23 gennaio 2030
 
“Ed è sostanzialmente questo ciò che rimane di Damon Salvatore. Mio grande amico, mio primo mentore. Chiedo a tutti voi di alzare i calici questa sera e brindare a lui che sono sicura ci stia guardando dal cielo e non dall’inferno come diceva sempre.”
Finisco il mio discorso e poi raggiungo Stefan, mio marito, al tavolo d’onore.
La nostra fondazione per il recupero di tossicodipendenti e la prevenzione del suicidio giovanile ha un grande ruolo nella società tanto che vi sono comunità in tutto il mondo.
La fondazione non è a nostro nome, ma si chiama “Damon Salvatore Foundation”.
E come ho detto è essenzialmente e semplicemente questo ciò che rimane di Damon Salvatore.
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti!
Mi rendo conto che questa OS è un po’ triste, ma volevo scrivere qualcosa sulla morte di Damon visto che da fan sfegatata dello show (nonché Delena accanita) mi ha lasciata scioccata.
Ho trattato dei temi un po’ particolari, ma spero di averlo fatto con sensibilità e nel rispetto di tutti, ma soprattutto senza aver giudicato nessuno perché non è mia intenzione.
Spero che al di là della estrema tristezza la storia vi sia piaciuta poiché è da un bel po’ che non scrivo più e probabilmente ho perso un po’ la mano.
Vi pregherei di lasciare un commento, giusto per sapere se era davvero estremamente triste e poco bella da leggere.
Un bacio e un ringraziamento anche solo per aver letto.
 
 
 
 
  
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