PAROLE
Ad Ellensvat ci si
alzava prima dell'alba per andare nei campi, fare i lavori di casa e tutte
quelle faccende rese poi impossibili dal caldo della giornata.
Ellensvat era un paesino che
sorgeva alle pendici della montagna di Kal, sulle sponde
del lago di Leor.
Ad Ellensvat
l'odore della polvere sporca della strada si mescolava a quello fresco del pane
e a quello dolciastro dello zucchero filato che veniva venduto dai negozietti
negli angoli della via assieme alle biglie.
Ad Ellensvat allevavano
farfalle che con la polvere delle loro ali rendevano meno pesanti le pietre
delle cave e delle quali gli uomini studiavano il volo.
C'erano anche dei cavalli ad Ellensvat, temuti e stimati, vagavano nel boschetto delle
castagne in compagnia degli elfi.
C'era anche una valle ricolma di fiori, ma lì
gli uomini non vi si spingevano per paura delle fate meravigliosamente
vendicative.
Nel paesino di Ellensvat,
in una piccola soffitta di legno con le tendine verde salvia alle finestre,
abitava Moira.
Moira sapeva i nomi di tutte le stelle del
cielo e aveva imparato la lingua degli elfi.
Usciva di casa fuggendo gli sguardi e le
domande, andava nei boschi o a lavorare nelle cave senza parlare.
I suoi occhi ridevano alla luce e i denti
bianchi risaltavano sulla pelle scura.
Tra i fiori e gli esseri magici Moira trovava
un posto nel mondo, ed era bellissimo.
Voleva imparare a volare, così partì
speranzosa del futuro e piena di sogni racchiusi nelle lacrime.
C'era una volta.
Così iniziano le fiabe.
Questa non la è.
Questo è solo uno schizzo di pazzia frenetica
e affamata di vita.
Moira non tornò più ad Ellensvat,
perché Ellensvat non è mai esistita, o no?
Scheletri d'inchiostro, apatici e infidi,
incendiati di nulla: parole.