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Autore: Lonelyconfusion    28/06/2014    1 recensioni
Ellie Adams è una diciassettenne che non ha mai avuto niente a che fare con la magia. Ma cosa succederebbe se improvvisamente la sua vita fosse in pericolo, e si ritrovasse catapultata tra Auror, maghi, streghe, pozioni e incantesimi? E se per giunta dovesse andare a vivere con un bellissimo e gelido sconosciuto? Per scoprirlo non vi resta che leggere questa ff, e se vi va lasciare una recensione!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Louis Weasley, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur, Lily Luna/Lysander, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ciao a tutti e grazie per aver dato una possibilità a questa storia. Ovviamente questi personaggi non mi appartengono (a parte le nuove aggiunte) e sono tutti frutto della meravigliosa mente di J.K. Rowling. Spero che la storia vi piaccia, già da questo primo capitolo. Se ve la sentite lasciate pure una recensione, commentate e perché no datemi qualche consiglio su come proseguire. Buona lettura!               -Lonelyconfusion

 
1

Un compleanno diverso dagli altri

 
“Che stanchezza!” pensai appoggiando le mani sul piano della cucina e chiudendo gli occhi. Ero davvero stravolta: lavorare in quella caffetteria era ottimo per le mie finanze, ma mi distruggeva fisicamente. Fortunatamente erano quasi le nove, l’orario in cui finiva il mio turno.
“Ellie, tutto ok?” disse la mia collega preferita, Mayra. Era una bellissima ragazza di origini indiane, con lunghissimi capelli castano scuro e due grandi occhi nocciola in grado di incantare qualsiasi ragazzo nel giro di dieci metri. Ci conoscevamo solo da qualche mese, ovvero da quando ero stata assunta, eppure eravamo diventate subito amiche. Poteva sembrare strano dato che eravamo parecchio diverse, ma forse era proprio per questo. Mayra era determinata, sicura di sé…io ero un’imbranata.
“Sì, non ti preoccupare!” dissi sorridendo per rassicurarla.
“Ei, senti, perché non usciamo stasera dopo il turno?” propose allora lei.
“No, per stasera passo…”
La sua risposta fu un’alzata di occhi al cielo.
“Ma perché non esci mai con me? Potrei presentarti qualche bel ragazzo!”
Ecco, il vero motivo. Semplicemente Mayra non riteneva possibile che una ragazza di diciassette anni non sentisse la necessità di entrare in contatto con il mondo maschile…
“E poi oggi è il tuo compleanno! E io ti ho fatto un regalo, quindi in cambio dovresti venire con me!”
“Ma veramente pensavo che i regali di compleanno non esigessero niente in cambio…” cominciai io, sapendo che era una battaglia persa in partenza.
“Sei veramente impossibile! Ma quale normale diciassettenne si fa pregare per uscire la sera?”
“Una diciassettenne pigra, principalmente. E poi sono esausta dopo oggi, dammi tregua!”
La discussione sarebbe continuata per almeno mezz’ora se non fosse arrivato un ordine dal tavolo 5 che ci fece ritornare a lavorare. Alle nove in punto, dopo un turno lunghissimo di cinque ore, potevo finalmente tornare a casa.

Salutata Mayra, quindi, cominciai a camminare verso casa mia, che non era molto lontana dalla caffetteria. Appesa ad una spalla portavo la borsa a tracolla che Mayra mi aveva regalato per quel giorno speciale: di tela, in stile hippie, molto carina. Mentre passeggiavo riflettevo su quello che mi aspettava nel piccolo monolocale in affitto che potevo permettermi: un toast per cena, se c’era ancora del prosciutto in frigo…Avrei potuto uscire assieme a Mayra, ma ero davvero esausta. E poi non ero mai stata il tipo che amava andare a ballare, o flirtare con sconosciuti. Anche se avessi voluto, non avrei potuto: ero terribilmente incapace di ballare e quanto ai ragazzi…ero veramente un’imbranata anche in quel frangente. C’era stato qualcuno, gli anni precedenti, a scuola…quelle classiche storie che sembrano essere tutto nel momento in cui nascono e che poi diventano niente.
“Beh, tanti auguri a me!” esclamai mentalmente.
Ad un certo punto sentii la strana sensazione che ci fosse qualcuno alle mie spalle, così mi voltai per controllare continuando a camminare…e andando a sbattere contro qualcosa. Anzi, qualcuno.
Caddi indietro e quando tirai su la testa per vedere cosa fosse successo rimasi a bocca aperta.
Mi ritrovai davanti il ragazzo più bello che avessi mai visto. Era alto, con le spalle larghe, i capelli rosso fuoco e due occhi grigi che mi fissavano severi. Boccheggiai, sorpresa, quando lo sconosciuto mi rivolse la parola.
“Dico, potresti stare più attenta a dove metti i piedi” disse con voce gelida e chiaramente infastidita.
Mayra probabilmente gli avrebbe gridato dietro qualche insulto, quantomeno per il tono che aveva usato…ma io non ero lei. Arrossii di botto e cercai di scusarmi, ottenendo solo qualche balbettio.
Lui per tutta risposta scrollò le spalle e proseguì per la sua strada. Lo vidi scomparire in una delle traverse di destra e mi affrettai a sollevarmi per tornare a casa. Non mi aveva neppure aiutata ad alzarmi!
Però…però era davvero un bellissimo ragazzo. Da dove diavolo spuntava fuori? Forse era un personaggio dello spettacolo, qualche milionario che si divertiva a passeggiare nelle zone meno “in” della città, come quella in cui vivevo io, per evitare i paparazzi…
Con questi pensieri arrivai davanti al mio palazzo, tirai fuori le chiavi ed entrai. Salii i tre piani di scale che mi separavano dal mio monolocale (maledetto ascensore perennemente rotto!), girai le chiavi nella toppa ed entrai chiudendomi la porta alle spalle. Ma dentro c’era già qualcuno.
“Eccola qui la nostra custode” disse l’uomo che mi stava davanti. Doveva essere all’incirca sulla quarantina, era di media altezza e robusto e aveva un ghigno cattivo che spuntava da una barba ispida e scura. In mano teneva quello che sembrava essere un bastoncino di legno, e sulle spalle aveva un buffo mantello che probabilmente, se non fossi stata terrorizzata, mi avrebbe fatto ridere. Mi accorsi che non era solo: dietro di lui un altro uomo, più basso e tarchiato e dall’aria decisamente stupida, mi fissava con occhietti malvagi e aveva lo stesso abbigliamento dell’altro. Anche lui teneva in mano un bastoncino di legno simile a quello del suo compagno, anche se sembrava più corto. Io avevo appena fatto un paio di passi dalla porta ed mi ero pietrificata.
“Che cosa volete?” chiesi con la voce che tremava. Non avevo oggetti preziosi in casa, né da nessun altra parte se era per quello. I risparmi che stavo mettendo faticosamente da parte erano nel cassetto del comodino, ma avrebbero potuto trovarli senza aspettare che io tornassi a casa. Cosa diavolo volevano da me?
“Non essere spaventata, tesoro. Noi non vogliamo farti del male, vero Gord?” disse il più alto, riprendendo a parlare. L’altro sembrava non esserne in grado.
“Vogliamo soltanto che tu venga con noi…il nostro capo ha tanta voglia di conoscerti” continuò.
Io ero sempre più confusa. Capo? Di chi stava parlando? Io non conoscevo nessuno in quella città a parte Mayra e il mio datore di lavoro, un allegro signore di cinquant’anni che di sicuro non aveva nulla a che fare con quei due. E poi perché questo capo avrebbe dovuto aver voglia di conoscermi?
“Su, Eleanor, non fare la difficile e seguici”
Sgranai gli occhi sentendomi chiamare con il mio nome intero: nessuno lo conosceva, io mi presentavo sempre e solo come Ellie.
“Non credo proprio che verrò da nessuna parte. Dite al vostro capo che se mi vuole incontrare lo può fare come le persone normali, presentandosi di persona magari!”
Cercai di aprire la porta alle mie spalle per scappare, ma il grassone agitò il bastoncino di legno e sentii la maniglia di metallo diventare ardente: ritirai di scatto la mano ustionata, non comprendendo. Ero sempre più spaventata e cominciai a tremare.
“Beh, se proprio non ci lasci altra scelta..” disse l’altro levando anche lui il bastoncino e puntandolo contro di me. Pur non capendo quello che stava per fare, capii che ero in pericolo. Mi spostai lontano dalla porta, chiusi gli occhi e vidi tutta la mia breve vita scorrermi davanti, poi sentii un boato alle mie spalle e una voce gridare
“Protego Maxima!”
Riaprii gli occhi e trovai al mio fianco nientedimeno che il ragazzo con cui ero andata a sbattere per strada. Ok, tutto questo doveva essere un sogno.
“Ma guarda guarda, Weasley. Sarebbe stato troppo strano non avere qualche Auror alle calcagna per una volta”
“Il dispiacere nel vederti è tutto mio, Arleigh” disse il ragazzo con la stessa voce glaciale, ma questa volta più aggressiva di quando si era rivolto a me.
Notai solo in quel momento che anche lui teneva in mano un bastoncino di legno, che puntava verso i due aggressori. Tra noi due e loro adesso si ergeva una specie di muro che non avrei saputo descrivere. Era trasparente e sembrava fatto di qualche strano plasma. Sì, stavo decisamente sognando.
“Lasciaci la ragazza e sparisci” disse minaccioso l’aggressore più alto.
“Non credo proprio” rispose lui, fissando con astio i due.
E poi, qualcosa di stranissimo successe: sentii un pop e i due, girando su sé stessi, scomparvero. Sparirono nel nulla. Sentii al mio fianco il mio soccorritore voltarsi di scatto e gridare qualcosa – del tipo stupeficium – e vidi che i due erano ricomparsi dietro di me. Il grassone venne scagliato al muro con forza da quelle che sembravano scintille rosse. Il più alto però riuscì a scansarsi e i due ingaggiarono quello che sembrava essere un duello. Scintille volavano da ogni parte e io, immobile, guardavo la scena rimanendo dietro il rosso. Improvvisamente il grassone, senza che nessuno se ne accorgesse, si alzò in piedi e mi puntò contro la sua “arma”. Quando mi resi conto di quello che stava succedendo era troppo tardi, e le scintille mi avevano quasi raggiunta. Alzai le braccia istintivamente per coprirmi il volto e…sentii qualcosa buttarmi a terra. Quando riaprii gli occhi vidi il Rosso sopra di me; mi aveva gettato a terra per impedire che fossi colpita. Continuò a combattere, alzandosi in piedi per mettersi davanti a me. Improvvisamente si sentì un rumore di passi correre su per le scale. Tre o quattro uomini che indossavano pantaloni e maglietta nera (proprio come il Rosso, me ne resi conto solo in quel momento) spuntarono tenendo anche loro in mano dei bastoncini di legno. I due erano adesso circondati.
“Non finisce qui” disse quello che era stato chiamato Arleigh prima di scomparire con un pop assieme al suo compare.
Mi alzai in piedi, tremando. Vidi il Rosso voltarsi verso di me e dire qualcosa che non riuscii a sentire. I contorni del suo bellissimo volto diventarono sempre meno chiari, sentii le orecchie fischiare…poi svenni.
 
Quando mi risvegliai la prima cosa di cui mi resi conto era che avevo un mal di testa atroce. Mi sentivo completamente senza forze. Dannazione, quel sogno mi aveva rovinato il riposo…andare a lavorare sarebbe stato una fatica ancora maggiore del solito. Aprii gli occhi, pronta per una nuova giornata…ma quello che vidi non era di sicuro casa mia.
Ero in una stanza completamente bianca. Lo erano i muri, il pavimento, l’armadio davanti a me e persino le sedie disseminate intorno. Mi accorsi che il quadro appeso sulla parete opposta a dov’ero raffigurava una dama con un lungo vestito blu…che si muoveva. Cacciai un urlo.
“Ti sei svegliata finalmente” disse una voce molto dolce. Mi voltai verso sinistra di scatto, tanto che la fitta alla testa divenne insopportabile. E quello che vidi fu una ragazza che doveva avere all’incirca la mia età, molto graziosa. Era bassina e dalle curve morbide, con i capelli neri a caschetto e gli occhi marroni. Aveva anche una spruzzatina di lentiggini attorno al naso che le dava un aspetto simpatico. Nonostante fossi confusa mi sentii tranquillizzata dal suo sorriso, così mi misi a sedere sul lettino dove ero sdraiata e cercai di ottenere risposte ai miei dubbi da lei.
“Dove sono?”
“Sei svenuta, così Louis e gli altri ti hanno portata qui al quartier generale…devi esserti davvero spaventata! Questa è l’infermeria, dove io li rimetto assieme dopo che vanno a farsi ammazzare in giro per tutta la Gran Bretagna” concluse ridendo, ma io ero ancora più confusa di prima.
“Quartier…generale?”
“Sì, il quartier generale degli Auror. All’interno del Ministero.”
L’espressione sul mio viso non doveva essere proprio delle più sveglie, perché mi guardò apprensiva e disse:
“Santo Cielo, devi proprio esserti presa un bello spavento! Per fortuna che i nostri ragazzi sono sempre pronti a difendere chi è in difficoltà! Ma dimmi, come ti chiami?”
“Io…io sono Ellie. Ellie Adams.”
“Piacere Ellie, io sono Alice Paciock. E sono molto contenta che tu stia meglio, eravamo molto preoccupati per te!”
“Mi dispiace…”
“Ma non essere sciocca, non è mica colpa tua! Semmai di quei bruti!”
Già…quei due. Cosa volevano da me? Perché erano venuti a cercarmi?
Improvvisamente la porta si aprì, e comparve il Rosso. Si era cambiato, adesso indossava un pantalone e una camicia bianca che faceva risaltare i pettorali. So che avrei dovuto pensare soltanto a chi diavolo fosse tutta quella gente e al perché qualcuno voleva rapirmi, ma il mio cervello si era momentaneamente inceppato sul pensiero di quanto fosse bello quell’uomo. Era…semplicemente troppo. I capelli rossi come la barba rada risaltavano moltissimo sulla carnagione chiara, aveva i muscoli molto ben definiti e gli occhi grigi che mi fissavano sembravano in grado di trapassarmi l’anima.
“Vedo che non sei morta” disse con il tono gelido che a quanto pareva gli era proprio.
“Si è ripresa benissimo, stai tranquillo” disse Alice sorridendo. Sembrava essere a suo agio in sua presenza, probabilmente si conoscevano bene e si vedeva che non subiva il suo fascino.
“Non ero preoccupato in ogni caso. Comunque, il generale vuole parlarti, quindi muoviti e seguimi”
Disse rivolgendosi a me.
Io avevo una gran voglia di scappare via, ritornare nel mio monolocale e dimenticare tutto quello che era successo. Assalitori, porte che esplodevano, bastoncini di legno stranissimi…e adesso un generale voleva vedermi???
Comunque, lui non aspettò che lo seguissi e uscì, quindi io mi affrettai a seguirlo fuori dalla porta. Attraversammo un corridoio dal quale si vedevano vari uffici: sembrava una stazione di polizia, ma c’erano molte cose parecchio strane. Tutti gli uomini avevano quegli strani bastoncini di legno, tanto per cominciare. Poi sopra la mia testa volavano quelli che sembravano essere aeroplanini di carta, solo che seguivano una traiettoria precisa come se avessero vita propria. Lungo tutta la parete destra del corridoio c’era una fila di quelle che sembravano essere foto segnaletiche. Solo che…si muovevano. Dovevano essere dei monitor…eppure sembrava proprio carta normalissima! Sbattei le palpebre un paio di volte per assicurarmi di non essermi sbagliata. Forse ero ancora in un sogno. Ad un certo punto un volto familiare digrignò i denti verso di me da uno dei fogli- no, monitor! – appesi. Lanciai un gridolino per la seconda volta in appena mezz’ora. Il Rosso si voltò verso di me, seguì il mio sguardo e notò l’uomo che aveva colpito la mia attenzione.
“Sì, quello è Arleigh. Cerchiamo di metterlo dentro da almeno tre anni” disse continuando a camminare. Io lo seguii senza parlare fino a quando non arrivammo ad una porta alla fine del corridoio, che doveva essere la più interna del luogo. A lettere dorate c’era scritto “Generale Harry J. Potter”. Bussò, e una voce disse “avanti”. Aprì la porta ed entrammo.
La stanza era un normale ufficio molto accogliente, con poltroncine rosse poste davanti ad una bella scrivania di mogano ingombra di ogni tipo di fogli. Sopra quello che doveva essere il generale Potter svolazzavano allegramente un paio di aeroplanini, che erano entrati con noi quando avevamo aperto la porta. Ero spaesata, tutto sembrava così assurdo!
“Generale, eccomi qui. Questa è la ragazza” disse il Rosso.
“Grazie, Louis”
Già. Louis. Quello era il suo nome, anche Alice l’aveva chiamato così. Che fosse francese?
“Prego signorina, si sieda” disse poi il Generale Potter rivolgendosi a me con un sorriso. Sembrava proprio una brava persona, e aveva degli occhi verdi penetranti. Sentii immediatamente di non potergli mentire in alcun modo, ma non sarebbe stata comunque mia intenzione.
“Mi può dire il suo nome?” continuò sempre con quel sorriso rassicurante.
“Mi chiamo…Ellie Adams” risposi io.
“Bene. E quanti anni ha, se posso chiedere?”
“Diciassette…diciassette anni, li ho compiuti proprio oggi. Sempre che oggi sia ancora il nove settembre…” dissi, incerta. Non sapevo per quanto tempo avessi dormito, né che ore fossero.
“Sì, è rimasta incosciente solo per un paio d’ore. Alice si è presa cura di lei egregiamente come sempre, vedo. Beh, comunque tanti auguri! Diciassette anni sono un’età importante” continuò sempre sorridendo per mettermi a mio agio. Sorrisi e ringraziai.
“Mi dica signorina Adams, ha idea del perché Arleigh e il suo compare cercassero di farle del male?” il suo sguardo si fece indagatore e capii che questo era il punto che gli premeva maggiormente. A quanto pareva io e il generale Potter avevamo qualcosa in comune.
“Mi creda, non ne ho idea. Non li avevo mai visti prima. Comunque non volevano uccidermi…l’ho pensato anche io in un primo momento, ma poi hanno detto che volevano solo che andassi con loro…perché il loro capo voleva vedermi”
Non appena dissi quelle parole, il generale Potter sgranò gli occhi e sentii anche Louis dietro di me agitarsi.
“Il loro capo? Voleva vedere…lei?”
“Così mi hanno detto, ma non so cosa significhi” cercai di spiegare, sperando di non aver detto qualcosa di sbagliato.
Improvvisamente uno degli aeroplanini svolazzò troppo vicino a me, e mi rannicchiai su me stessa tremando. Vidi il generale guardarmi con aria sorpresa, poi sgranare gli occhi come se avesse ricevuto un’illuminazione.
“Signorina Adams…lei non ha mai avuto a che fare con la magia, vero?”
“La…magia?” chiesi io, sgranando gli occhi. Tutto questo doveva essere un enorme scherzo, ma architettato da chi? La magia non esisteva. Era roba che si trovava nelle favole, non di certo nella vita reale. Però…però tutto quello che mi era successo, come avrei potuto spiegarlo altrimenti? Quella battaglia, quei bastoncini di legno…le scintille…
“Generale Potter, io…io non sapevo neanche che esistesse la magia. Ma non saprei come altro spiegare tutto quello che sta succedendo…quindi suppongo di averci avuto a che fare stasera,giusto?”
Potter annuì con aria grave.
“Sì, ha ragione. Mi dica, riconosce questa persona?”
Mi mostrò la foto di un uomo alto, dai lineamenti affilati. Anche questa volta l’immagine si muoveva, ma non me ne sorpresi: che stessi cominciando ad abituarmi a tutta questa situazione assurda?
“Non l’ho mai visto. Chi è?”
“E’ l’uomo dal quale volevano portarla. Si fa chiamare il Duca, ma non sappiamo altro. Da due anni a questa parte il suo potere nell’ambito della magia oscura sta crescendo…e non riusciamo ad acciuffarlo in nessun modo. Stiamo facendo pedinare i suoi scagnozzi, ma non basta”
“Ecco perché lui è venuto a salvarmi” dissi indicando Louis.
“Stava seguendo quei due!”
“Sì, esatto. Ottimo lavoro, Louis. Mi hanno detto che hai duellato con Arleigh”
“Nulla di eccessivo, solo un paio di incantesimi. Non duellava al massimo delle sue possibilità…sembrava che avesse paura di ferire lei” rispose Louis con la sua solita voce glaciale, stavolta stemperata da quello che doveva essere un grande rispetto.
“Molto interessante…signorina Adams, le dispiace aspettare un momento qui? Louis, seguimi”
Era evidente che volevano parlare da soli, senza farsi sentire da me. Ma io dovevo sapere. Così, silenziosamente, mi avvicinai alla porta e appoggiai l’orecchio per ascoltare. Stavano parlando a poca distanza, nel corridoio, così sentirli non era troppo difficile.
“Devo obliviarla?”
“No, ci serve tutta la sua memoria integra. Louis, c’è qualche motivo per cui il Duca la sta cercando. Dobbiamo scoprirlo. Arleigh è il suo braccio destro, non manderebbe lui per una questione di secondaria importanza. E non l’ho mai visto stare attento a non far male a qualcuno.”
“Ma è una Babbana! In che modo può essere utile al Duca?”
“Questo sta a noi scoprirlo. Comunque, povera cara, è terrorizzata. Troppe novità tutte in una volta. Ha la stessa età di Lily. Rientriamo”
Sentii i passi avvicinarsi e mi lanciai di nuovo sulla poltrona, sedendomi appena in tempo.
“Bene signorina, adesso ho una proposta da farle” disse il generale.
“Posso tornare a casa?” chiesi con una voce che dovette fargli pena, perché si sedette sulla poltrona accanto alla mia, e non dietro la scrivania. Poi mi parlò con un tono paterno che mai nessuno mi aveva rivolto.
“Ellie…qui nessuno ti vuole fare del male. Hai la mia parola” notai che aveva preso a darmi del tu, e la cosa mi fece sentire più tranquilla. Il “lei” contribuiva a farmi sentire spaesata.
“Quello che vogliamo davvero è proteggerti. E credimi, ne hai bisogno. Se il Duca vuole trovarti, non c’è posto dove puoi nasconderti e salvarti, non da sola. Per questo hai bisogno di noi,e per questo ti aiuteremo. Se lo vorrai, ti prometto che faremo tutto quanto è in nostro potere per tenerti al sicuro”
Le sue parole mi spaventarono. Quel Duca doveva essere davvero pericoloso, e io ero nel suo mirino. Cosa diavolo avrei potuto fare? Però la seconda parte del suo discorso mi fece sentire anche più tranquilla. Mi stava dando una possibilità di salvezza. Certo, avere a che fare con questi…come potevo chiamarli? Maghi? Poteva rivelarsi pericoloso tanto quanto il Duca. Però…quei due che avevano cercato di rapirmi erano decisamente più inquietanti del generale e di Louis. Improvvisamente mi ricordai che anche lui era presente e voltai la testa a guardarlo. Lui rispose al mio sguardo con un’espressione fredda, come sempre, che lasciava però trasparire curiosità. Probabilmente non capiva perché lo stessi guardando. Pensai a come mi aveva difesa, e presi la mia decisione.
“Generale Potter, io sono veramente grata a lei e ai suoi uomini per quello che avete fatto per me…e se volete continuare a proteggermi, posso solo dire che la cosa mi renderebbe molto più tranquilla. Ma io in cambio cosa posso fare per voi?” chiesi, sapendo bene che al mondo nulla viene fatto per nulla.
Il generale Potter sembrò divertito dalla mia domanda, perché fece un sorriso.
“Cerca solo di farti proteggere, e di aiutarci a capire perché mai interessi tanto al Duca. Al resto penseremo noi. Innanzi tutto non puoi tornare al monolocale…i miei uomini hanno riparato i danni e cancellato la memoria dei tuoi vicini, perché nessuno sapesse quello che è successo…ma il Duca sa che abiti là”
“Ma io…io non ho i soldi per trasferirmi da un’altra parte!” dissi in preda al panico.
“Non preoccuparti, ti troveremo noi un posto dove stare. Sarà fornito di ogni incantesimo di protezione possibile immaginabile, e ovviamente uno dei miei uomini rimarrà sempre con te. Penso…sì, penso che sia meglio che vada tu, Louis”
Chi tra me e il Rosso fosse più sconvolto dopo questa frase è difficile dirlo.
“Ma cosa significa?”
“Che cosa?!”
Io e lui avevamo parlato contemporaneamente, cosa che fece quasi scoppiare a ridere il generale.
“Non possiamo lasciarti vivere da sola, Ellie, è meglio che qualcuno rimanga con te per qualsiasi evenienza.”
“Ma…io? Sono un Auror, non una babysitter!”
La frase di Louis mi mortificò non poco, e mi fece anche salire una certa rabbia. Io non ero una bambina, vivevo da sola da tre anni! Ma il generale Potter riuscì a mettere a tacere le sue proteste molto velocemente.
“E’ un ordine, Weasley. Inoltre, ti sto mettendo a protezione di una persona nel mirino del Duca. Non è una missione facile e non la affiderei a chiunque” disse con tono serio.
Notai che lo aveva chiamato con il cognome – Louis Weasley, dunque – e che era passato ad impersonare il suo ruolo di generale. Louis recepì immediatamente il messaggio.
“Sì, signore. Chiedo scusa”
“Nessun problema. Ora, la casa…”
“Generale Potter?” interruppi io timidamente.
“Sì?”
“Come farò con il mio lavoro? Non ho risparmi sufficienti per vivere indipendentemente…devo lavorare”
“Nessun problema per quello. Ti forniremo il sussidio mensile del servizio di Protezione Speciale Testimoni del Ministero”
Non lavorare più alla caffetteria poteva non essere tanto male, ma rinunciare totalmente alla mia indipendenza era qualcosa al quale non ero abituata. E poi…io lavoravo per poter andare all’università…come avrei potuto fare adesso? I miei dubbi mi si dovettero leggere in faccia, perché il generale aggiunse:
“Se vuoi, tra qualche settimana ti troveremo un piccolo impiego qui in ufficio”.
“Oh! Sì, sarebbe molto bello!”
Louis al mio fianco sbuffò, contrariato.
“Cosa c’è?” chiesi voltandomi verso di lui. Sembrò quasi sorpreso che gli rivolgessi la parola, poi infastidito rispose alla mia domanda.
“Non so che cosa possa fare una Babbana in un ufficio Auror” disse secco.
“Una…Babbana?”
“Significa che non fai parte del mondo magico, perché non hai poteri” spiegò con calma il generale Potter.
“Se lo dico io, di certo ci sarà un posto anche per te. E poi, c’è sempre qualcosa da fare qui dentro” aggiunse sorridendo, e Louis non osò contraddirlo.
 
Subito dopo il nostro colloquio mezzo quartier generale Auror si mobilitò per trovarmi una sistemazione adatta. Una volta scelta, la casa venne sottoposta ad un “trattamento completo”: come mi avevano promesso furono scagliati tutti i possibili incantesimi di protezione (tranne quelli anti-Babbani, che a quanto pareva esistevano e che però erano in quel caso completamente inutili) e venne impedito a qualsiasi mago di “smaterializzarsi” in un raggio di dieci metri. Come mi spiegò il generale Potter con infinita pazienza, la smaterializzazione era quella cosa che avevo visto fare ai miei aggressori: significava sparire in un posto e ricomparire in un altro, proprio come un teletrasporto. Pensai subito a quanto sarebbe stato bello poter fare una cosa simile: non sarei mai più arrivata in ritardo da nessuna parte! Vivere da mago doveva proprio essere una pacchia.
Dopo un po’, mi mandarono a quella che ormai era la mia ex-casa per recuperare la mia roba. Louis fu scelto come il mio accompagnatore, dato che doveva trasferirsi assieme a me. Al solo pensiero diventai rossa come un peperone, cosa che il generale Potter non notò (o fece finta di non notare).
Giunti al monolocale raccolsi tutti i miei averi nella mia valigia, la stessa che avevo usato per trasferirmi lì dentro. Le mie cose non erano molte: qualche vestito, dei libri, due borsette, due paia di scarpe e qualche prodotto per la cura personale,la scatola in cui tenevo i miei pochi risparmi. Mi vergognai della velocità con cui raccolsi tutto, che indicava chiaramente quanto fossi povera, ma Louis non sembrò neppure accorgersene. Continuava a battere per terra il piede, infastidito, e a guardare l’orologio. Prima di andarmene mi fermai sulla porta a guardare per l’ultima volta quella che era stata la mia casa per un anno: stavo per cominciare una nuova vita.
“Muoviti, dobbiamo sbrigarci” disse Louis sempre molto gentile. Annuii e chiusi la porta alle mie spalle, andando verso l’ignoto. 
   
 
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