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Autore: Eirien98    28/06/2014    0 recensioni
“ sei cresciuta parecchio… ti ricordi di me? Ma si che ti ricordi! Quella notte d’inverno, chi la scorda! “ disse l’uomo, “ la tua mammina era proprio buona. Il suo sangue era così dolce; peccato che io non abbia potuto assaggiare il dessert. Sono rimasto a lungo affamato di quel sangue puro come l’oro, ma ora finalmente non devo più aspettare…” e si avventò su di lei.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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A WINTER NIGHT

 



1° capitolo - Memorie rosso morte -








Era una notte d’inverno, lo ricorderò per sempre. Stavo camminando sulla neve con la mia mamma. Io avevo sei anni e lei era ancora nella primavera della sua vita. Si chiamava Julia. Stava parlando al telefono quando si è avvicinato un uomo alto e strano. Aveva una giacca di pelle. Gli occhi erano coperti dall’ombra del cappello che portava. Poi tutto ad un tratto si avventò su mia madre. Ricordo urla forti e la mia disperazione mescolata alla paura. Non capivo cosa stesse succedendo. Quel mostro mi guardò. Io ero seduta a terra e piangevo. La neve non era più bianca, ma rosso morte. Vidi mia mamma giacere per terra e poi i suoni delle allarmi delle polizia. L’uomo mi fissò una seconda volta poi sparì; si levò in aria e non lo vidi più. Mi portarono al pronto soccorso dove poi mi venne a prendere mio padre. Da quel giorno non riuscii più a sorridere veramente. Mi mancavano le sue carezze, le sue risate, i suoi baci della buonanotte…  Ero sempre isolata dagli altri bambini e mio padre non mi aiutava certo a risolvere la situazione; lui pensava solo a ubriacarsi. Così crebbi, sola al buio costretta ad affrontare le mie paure. Quante volte ho risognato quella notte in quel parco! Era il mio demone. Piangere non serviva a niente e così capii che dovevo arrangiarmi e mettere da parte tutto per far vedere di essere forte. A undici anni aiutai mio padre a smettere con l’alcool. Ricordo che una sera stava cercando di picchiarmi. Era tornato a casa tardi dal suo giro notturno per bar e io stanca di sopportare quelle violenze; così presi la pistola che lui teneva in camera sua dopo la morte di mamma e gliela puntai davanti e gli dissi che gli avrei sparato se avesse osato toccarmi. Quando si calmò cadde a terra piangendo disperato. Posai la pistola e mi sedetti di fianco a lui. Gli dissi che se voleva che io restassi con lui avrebbe dovuto imparare a stare lontano dall’alcool e che doveva farsi seguire da qualcuno e così fu. Recuperammo il rapporto padre-figlia, ma io continuavo a non dormire la notte per i miei incubi e i demoni che mi inseguivano. La notte urlavo di paura ricordando quella notte d’inverno. Poi cominciarono le superiori e conobbi un ragazzo: Jake. Lui aveva solo due anni in più di me. Era carino, dolce e simpatico. Insomma il tipico ragazzo perfetto. Tutto sembrava andare per il meglio. Io cominciavo a stare meglio. Cominciai a sorridere di nuovo. Ma poi una sera, tornando dal cinema, lui cercò di violentarmi. Era diverso, era diventato cattivo e violento. Non lo riconoscevo più. A un certo punto vidi un piede di porco in un bidone della spazzatura, lo presi e glielo sbattei in testa. Lui urlò e cadde a terra lamentandosi e io allora ne approfittai per scappare da lui. Tornai a casa e tutto mi crollò di nuovo addosso. Cominciai a non mangiare più perché i ricordi del passato ritornavano a possedermi. Tutte le paure erano uscite di nuovo e io non volevo più andare a scuola. Mio padre era disperato, non sapeva come aiutarmi. Così mi mandò da una psicologa. Io rifiutavo il suo aiuto perciò dopo due mesi smettemmo le cure. Ci trasferimmo e cambiai ovviamente scuola. I miei incubi non smettevano, ma durante l’estate cominciai a mangiare di nuovo. Il primo anno alle superiori nuove furono un disastro, io ero di nuovo isolata. Così cominciai a tagliarmi. Ma mio padre se ne accorse e mi aiutò a rialzarmi. Era difficile perché avevo ricominciato a non volere più mangiare, ma grazie a lui potei tornare a stare meglio. Ci avvicinavamo sempre più al nuovo anno e io mi preparavo a tornare.


Aprii la porta dell’atrio e un’ odore di gesso rubò l’ossigeno alle narici. Mi guardai intorno, vidi gruppi di ragazzi e ragazze e mi dissi che ero pronta al nuovo anno. Le prime settimane furono semplici, ero da sola ma stavo bene. Poi un giorno una ragazza mi si avvicinò, io ero al mio armadietto e cominciò a parlarmi:

 “ Ehi, ciao! Scusa sai dove si trova il bagno?”

“ Ehm, certo… percorri il corridoio fino alla fine e poi giri a destra e alla tua sinistra la prima porta è il bagno delle ragazze”

“ Grazie! Comunque io mi chiamo Eireen, piacere!”

“ Piacere, Allison”

“ Sai ti vedo sempre sola a pranzo e mi chiedevo perché non vieni a sederti con me gli altri?”

“ Ehm certo, grazie ci penserò” risposi, poi dissi che avevo una lezione e a salutai.

Poi a pranzo stavo per sedermi tranquillamente nel mio solito posto e siccome ero abituata a mangiare da sola, leggevo sempre qualche libro dell’ horror, ma quel giorno fu diverso. Non saprò mai come, ma quel gruppo di ragazzi decise che volevano farsi miei amici e così la ragazza di prima, di cui a stento ricordavo ancora il nome, mi chiese nuovamente di unirsi a loro per pranzo. Si presentarono tutti e furono gentilissimi con me. Al tavolo erano seduti: Nina, una ragazza bionda a cui probabilmente piaceva molto il verde perché ne era ricoperta dalla testa ai piedi; Brian, di colore che si presentò come l’anima del gruppo; Edwin, un tipo che sembrava calmo ma con l’aria del so-tutto-io e Jesper, alto con la pelle olivastra con occhi blu scuro che sembravano voler scavarti nell’anima per carpirti i segreti più intimi. Io rimasi in silenzio un po’ per tutto il tempo poiché non li conoscevo, anche se loro cercarono di integrarmi spesso nei loro discorsi, ma io rispondevo a monosillabi. Comunque tutto filò liscio e fu così per almeno altri due mesi di seguito e io cominciai a stare bene con loro e a integrarmi. Cominciai perfino ad uscire con loro e scoprii che erano tipi molto simpatici. Io rimanevo sempre un po’ comunque tra me e me perché non ero abituata a stare in mezzo a tante persone e non sapevo cosa volesse dire avere un amico per davvero. La prima uscita insieme era stata al cinema e l’avevo proposta io, mi ero buttata perché volevo vedere come sarebbe andata. Vedemmo un film horror che spaventò a morte tutti quanti. Poi andavamo in giro per il centro, uscivamo a cena insieme e cominciai a legarmi in modo particolare con Nina. Un giorno di Dicembre andammo in un lago e ci divertimmo parecchio. Facemmo il bagno nonostante il freddo e poi ci ammalammo. Io cominciai a stare un po’ alla volta meglio nonostante la notte avessi ancora gli incubi. Non avevo trovato ancora il modo di sentirmi completamente bene. Stavo bene, anche se non completamente, quando stavo con loro. Il mio cervello continuava a pensare cose terribili e quindi, soffrivo in silenzio. Ma sentivo che non dovevo abbandonarmi ai demoni, loro non dovevano vincere. Io dovevo essere il capitano della nave.

Un giorno di Febbraio ero in una biblioteca con Nina alla quale mi ero avvicinata così tanto, da raccontarle perfino dell’esperienza di mia madre. Stavamo studiando a un progetto di scienze e avevamo deciso di cercare in libri di scienze anziché cercare in internet. Arrivarono le sette e fummo costrette a uscire perché stavano chiudendo. Lei allora prese il motorino e mi salutò. Io dovevo aspettare mio padre, ma passò un’ora e lui non era ancora arrivato così scelsi di andare a piedi anche se era tutto scuro. Mi trovavo in una stradina poco illuminata quando cominciai a sentirmi seguita. Mi girai una volta, ma non vidi nessuno. Decisi comunque di affrettare il passo. Continuavo a sentire quella sensazione così mi girai una seconda volta e questa volta c’era un uomo alto con una giacca in pelle. Cercai di tenere la calma perché non era certo che stesse seguendo me. Probabilmente doveva solo andare verso la mia stessa direzione. Mi girai una terza volta e vidi che aveva allungato il passo così anche il mio si fece più veloce. Il mio cuore batteva sempre più forte, sentivo che avrebbe potuto uscire dal petto; ero terrorizzata. Ora stavo quasi correndo. Dopo aver voltato un’ angolo per prendere una scorciatoia, d’istinto mi girai una quarta volta, ma non vidi più la figura così tirai un sospiro di sollievo. Cominciò a nevicare e decisi di sbrigarmi. Ma quando mi voltai vidi quell’uomo di fronte a me. Il mio cuore si fermò. Mi congelai completamente. Non riuscivo più a muovermi e non sapevo se urlare o no. Aprii la bocca ma non uscì neanche un suono. Poi l’uomo cominciò a parlare:

“ sono qui, ragazzina”

Non potevo vedere il suo viso coperto da un cappello. Riuscivo solo a vedere la sua bocca da cui usciva una voce che gelava le vene. Finalmente riuscii a muovere le gambe e cominciai a indietreggiare lentamente. Sudavo freddo e non riuscivo a chiudere le palpebre immobilizzate dallo spavento.

“ sei cresciuta parecchio… ti ricordi di me? Ma si che ti ricordi! Quella notte d’inverno, chi la scorda! “ disse l’uomo, “ la tua mammina era proprio buona. Il suo sangue era così dolce; peccato che io non abbia potuto assaggiare il dessert. Sono rimasto a lungo affamato di quel sangue puro come l’oro, ma ora finalmente non devo più aspettare…” e si avventò su di me.
 






 
   
 
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