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Autore: Jovaiku    29/06/2014    0 recensioni
Come finirà la storia di Percy Jackson? Possiamo solo aspettare l'uscita del nuovo libro, ma intanto possiamo crearci la nostra idea di finale. Questa storia racconta di come secondo me potrebbe finire la saga di PJO. ATTENZIONE: contiene spoiler anche su "La casa di Ade", che deve ancora uscire in Italia.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo Valdez
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leo era disteso per terra, con il respiro che piano piano si faceva sempre più
debole. Intorno a lui Piper, Jason e Percy. Sentiva le sue forze che lo stavano
abbandonando. Piper, sul punto di scoppiare in lacrime, gli porse dell'ambrosia,
ma non sarebbe bastata tutta l'ambrosia dell'Olimpo a curare certe ferite.
Ma Leo lo sapeva. Lo aveva sempre saputo. Fin da quando promise a Calypso che
sarebbe tornato. Sarebbe stato lui a morire. L'ambrosia gli diede le forze per
poter parlare con i suoi amici. "Piper..." Alla ragazza cadde una lacrima,
e Leo con le poche forze che aveva allungò la mano per cercare di asciugarla, 
con il risultato di sporcarle il viso con la fuliggine. "Mi dispiace..." disse
con un filo di voce. A quel punto la ragazza crollò in un pianto disperato e 
si gettò sopra Leo, che a quel punto stava guardando Jason. Per la prima volta
da quando si conoscevano, riusciva a leggere la sua espressione. Era triste, 
addolorato. Sembrava l'ombra del ragazzo sempre sicuro, perfetto, che aveva 
conosciuto. Lo guardò dritto negli occhi e tirò fuori la forza per parlare.
"Jason... sei il mio migliore amico." A quel punto, pure lui, nella sua tristezza,
cominciò a versare lacrime. Leo sapeva di avere ancora poco tempo in quel mondo,
ma aveva tante cose da dire, quindi tirò fuori tutto il coraggio che gli era rimasto.
"Jason, una volta tornati al campo... vorrei che fossi tu a farmi gli onori funebri.
Non come figlio di Efesto, e nemmeno come figlio di Vulcano. Falli come... un amico."
Il ragazzo tratteneva le lacrime a stento, ma riuscì comunque a parlare, dicendo
fievolmente "P-promesso..." A questo punto Leo si girò verso Percy. Era stato in 
disparte per tutto il tempo. Non si erano mai conosciuti molto a fondo, ma sapeva
di poter contare su di lui, perché Percy gli aveva sempre dato fiducia, pure
dopo aver bombardato il Campo Giove. "Percy, a te devo chiedere il favore più
grande di tutti..." Leo guardò dritto nei suoi occhi verde mare. Vedeva perplessità,
ma anche grande fiducia. "Si tratta di Calypso." il figlio di Poseidone trasalì.
"Liberala. Falla vivere di nuovo. Non permettere che passi un solo altro giorno
su quell'isola. Ti prego. So che è chiedere molto. Ma tu faresti la stessa cosa se
si trattasse di Annabeth, non è così?" Percy rimase a bocca aperta, sia un po' per
il fatto che avesse paragonato Calypso ad Annabeth, sia perché sapeva che era vero.
Dopo lo stupore iniziale, riuscì a parlare. "Leo, te lo prometto sull..."
Ma il figlio di Efesto lo interruppe con una lieve risata. "Niente promesse o
giuramenti sullo Stige. Siete i miei compagni, miei amici. Mi fiderò sempre di voi.
Non ho bisogno di uno stupido fiume per sapere che farete tutto quello che vi ho
chiesto." A quel punto Piper smise di piangere. O almeno, ricacciò dentro le lacrime.
"Leo..." disse con un sospiro, perché stava per scoppiare di nuovo.
"Piper, ti ricordi quando Jason si svegliò senza ricordi?" La figlia di Afrodite
spalancò gli occhi. Perché voleva parlare di quella cosa in quel momento?
"Sai, scoprire che non stavate insieme per realtà mi fece sentire meglio. 
Pensavo di essere solo il terzo incomodo. Come in questa avventura pensavo
di essere la settima ruota del carro." Il paragone che gli fece Nemesi tempo addietro.
"Eppure, nonostante fossi sempre irritante, tu mi hai sempre accolto come se
fossi un fratello per te. L'unica cosa che voglio dirti è: grazie. Ti voglio bene."
Piper scoppiò di nuovo in lacrime. Leo non aveva mai detto 'ti voglio bene' a nessuno.
"Leo..." disse la ragazza, ancora in preda al pianto. "Faremo di tutto perché tu 
possa essere ricordato come il migliore dei semidei del Campo Mezzosangue."
Leo immaginò che sul viso di Jason e Percy ci fosse del dubbio, conoscendo i
poteri dei due ragazzi, ma quando li guardò lesse nei loro occhi che erano
d'accordo con quello che la ragazza aveva detto. "Grazie." Leo sorrise, e come se
fosse una fiamma, piano piano dal suo corpo si alzarono delle scintille, fino a che
nel punto in cui si trovava il ragazzo, non rimase altro che cenere.
Quando riprese coscienza, il figlio di Efesto si trovava negli Inferi. Li riconosceva,
Percy ed Annabeth avevano raccontato così tante volte come era fatto il Tartaro
che quel posto non poteva essere altro. Si ritrovò a seguire le anime delle persone,
ma non si sapeva spiegare per quale motivo lui non fosse ancora un'anima. Cioè,
sentiva di essere morto, ma non era come tutti gli altri. La fila procedeva veloce,
ed in lontananza scorgeva delle... autostrade? Per Tanathos, chi costruirebbe
delle autostrade negli Inferi? Fortunatamente la fila era quasi finita, perché
con tutta l'iperattività che ancora si sentiva dentro, non riusciva quasi più
a sopportare il fatto di starsene con le mani in mano. Non aveva più la sua 
cintura degli attrezzi magici, però nelle tasche del giubbotto aveva ancora
l'astrolabio di Odisseo che aveva preso a Bologna. Inutile, considerando che non aveva
mai capito come farlo funzionare, però era incuriosito dal fatto che lo avesse
seguito fino a lì. Quando arrivò ad essere giudicato, riconobbe dai racconti
di Nico quello che doveva essere il Re Minosse. "Bene bene, chi abbiamo qui?"
Prima che Leo potesse rispondere, una nebbia si infittì intorno a lui.
Sentì il tempo fermarsi, e si chiese se ciò fosse possibile negli Inferi.
Una figura apparve di fronte a lui. Si trattava di Ade. O forse di Plutone?
Non riusciva a capire la differenza. "Salve, piccolo semidio." Doveva essere
Plutone, perché da quanto gli era stato raccontato dai suoi amici, Ade non era
un tipo molto socievole. Leo cercò di inchinarsi, ma il dio lo fermò. 
"Tranquillo, non mi interessano le formalità. Quelle lasciali ai miei fratelli
sull'Olimpo." Sembrava molto gentile, se non fosse per il fatto che il suo vestito
era fatto con anime di persone che piangevano e sospiravano. "Tranquillo, loro
non posso farti del male. Ma io sì, se mi fai arrabbiare." Leo trasalì. Gli aveva
letto nella mente. "Ti stai chiedendo come mai non sei un'anima come il resto
dei morti, vero? Beh, la risposta è semplice. Hai reso un gran servizio all'Olimpo.
Hai dato la tua vita per salvare il mondo dall'avvento di Gea. E cosa più importante,
hai salvato Nico e Hazel." Leo notò come al dio importasse più dei propri
figli che del mondo o dell'Olimpo. E si rese anche conto quanto potesse essere
difficile per un dio della morte allevare dei figli in un posto simile. Non lo stupì
più il fatto che Nico preferisse i morti ai vivi. D'altronde, erano i suoi
unici compagni. "Gli dei hanno deciso di premiarti." Plutone indicò un punto tra
lui e il ragazzo. Una cortina di fumo ne uscì fuori, e quando si addensò, Leo 
riconobbe il profilo di una donna. Per poco temette di morire per crepacuore.
sarebbe stato impossibile, considerando che era già morto. Davanti a se era 
comparsa sua madre. Leo non voleva farlo, per sembrare poco rispettoso verso il Dio,
ma si gettò verso la donna. Lei lo guardò, e quando lo riconobbe, gli sorrise.
I due si abbracciarono. In quel momento Gea poteva rinascere, distruggere il
mondo e torturarlo alla pazzia, ma non sarebbe bastato a togliergli il senso
di felicità che stava provando. Sua madre sussurrò "Mijo..." A quel punto,
il figlio di Efesto Scoppiò in lacrime. Solo la presenza di Plutone lo riportò
alla realtà. Pensava che fosse arrabbiato perchè non era considerato, invece
stava sorridendo. Forse anche lui ha un cuore, pensò Leo. "Questo è quello
che gli dei... che io ho da offrirti. Una nuova vita, qua negli Inferi, con tua
madre, per l'eternità." Leo si sentì sprofondare. Poteva davvero passare il resto
della sua esistenza negli Inferi con sua madre? Non poteva desiderare altro!
Eppure, non appena formulò quel pensiero, si ricordò di una persona.
"No." riuscì a trovare il coraggio di parlare. Plutone sembrava sorpreso,
la sua immagine si stava offuscando, come se stesse per diventare Ade. "Osi..."
ringhiò il dio. Ma Leo sentiva il bisogno di fargli una richiesta. "Non mi 
fraintenda, sono onorato dalla possibilità che mi sta dando, ma ho una richiesta
diversa." Plutone si stabilizzò su Ade, che sembrava molto arrabbiato, ma gli
diede l'ok per proseguire. "Devo incontrare una persona, di sopra. So che è
possibile rinascere. Forse non avrò i miei ricordi, non avrò più il mio aspetto, 
e probabilmente la persona che voglio cercare sarà già libera per quando
avrò raggiunto l'età per cercarla. Voglio avere una seconda opportunità per
incontrarla." Il dio, stranamente, si tranquillizzò. "Quindi tu vorresti rinascere,
senza ricordi, per cercare qualcuno di cui non ti ricorderai e che non ti
potrà riconoscere?" Leo si sentì stupido, ma trovò il coraggio di rispondere.
"Forse la mia mente non ricorderà, ma se c'è una cosa che ho imparato da Percy
e da Annabeth negli ultimi mesi, è che il vero amore non si scorda mai." Ade 
trasalì a sentir pronunciare il nome del figlio di Poseidone, ma decise che
al momento aveva altre priorità rispetto al pensare a Percy Jackson.
"Lo strumento che hai con te. L'astrolabio." Leo fu sorpreso dal fatto che
sapesse dell'oggetto. Poi si ricordò di essere di fronte al dio della morte,
e che si trovavano negli Inferi. Tirò fuori lo strumento. "Non ho idea di come
funzioni o a cosa possa servire." Ammise il ragazzo. "Conosco chi ti può aiutare."
Disse il dio, con una calma che sorprese Leo. Non era arrabbiato? Leo guardò
sua madre. La donna aveva assistito a tutta la scena in silenzio, senza dire niente.
"Mamma... mi dispiace." Leo si sentì sul punto di piangere di nuovo, ma si fece
forza. doveva far vedere a sua madre che era cresciuto. "Mijo... sei diventato
più grande e più forte di come avrei potuto mai sperare. Sapevo che non 
saresti mai potuto appartenere a me per sempre. Vai per la tua strada. Io sarò
qua, penserò sempre a te, pregherò per te." Lo baciò sulla fronte e si dissolse,
in una cortina di fumo, proprio come era comparsa. Leo si girò e vide che Ade
si stava incamminando fuori dalla nebbia che li circondavano. Decise di seguirlo.
Attraversarono lande sterminate. Vide fiumi di fuoco, i Campi della Pena. Ma
aveva un solo pensiero. Da chi lo stava portando? "Ora vedrai." Disse il dio.
Arrivarono ad una casa, con uno strano simbolo che riconobbe come la lettera
greca delta: ?. Entrarono e Leo notò progetti, mappe, computer ovunque. A una
decina di metri da loro, un signore stava lavorando su un foglio a quello che
sembrava il progetto di un ascensore. "Ah, Ade, eccoti, ti volevo parlare di..."
Il signore si interruppe quando vide Leo, e rimase a bocca aperta quando realizzò
che strumento aveva in mano. Guardò sbalordito il dio e disse "E' quello che penso
che sia?" Ade annuì. Leo non aveva idea di cosa stessero parlando, ma si chiese
se il piano di Ade non fosse quello fin dall'inizio. L'anziano si girò verso
il ragazzo e si presentò. "Piacere, io sono l'architetto degli Inferi. Ma puoi
chiamarmi Dedalo." Leo trasalì. "Q-quel Dedalo?" Dedalo sorrise ed annuì.
Ade si intromise nella conversazione. "Credo che voi avrete molto di cui parlare. 
Dedalo, te lo lascio, sai cosa devi fare vero?" Il volto dell'architetto tornò
serio, ma annuì sicuro. A quel punto il dio scomparve. Ci fu un momento di silenzio
tra i due, interrotto da Dedalo. "Sai cosa stai tenendo in mano?" Leo cercò di
tornare alla realtà. "Ehm... è l'astrolabio che costruisse Odisseo, no?"
Dedalo sorrise. "Esatto. Sai come usarlo?" Leo si incupì. Lo aveva studiato
giorno e notte, ma non ne era mai venuto a capo. "Sinceramente, non so neanche
a cosa serva." Ammise. Dedalo lo guardò. "E' semplice. Serve a trovare luoghi
che non esistono." Il ragazzo sembrò perplesso. Ma poi un barlume di speranza nacque
dentro di lui. "Credo che tu conosca l'esistenza di alcuni luoghi senza
dimora fissa, che vagano per il mondo. Devi sapere che quell'oggetto fu costruito
da Odisseo dopo essere stato negli Inferi. Lui capì che gli Inferi se si voleva
potevano essere usati come gallerie per il mondo superiore, per luoghi ancora
da scoprire. Mente geniale la sua. L'astrolabio è capace di trovare negli Inferi
il passaggio che porta al luogo richiesto." Leo trattenne la gioia dentro di lui.
Doveva sapere di più. "Ma allora, come mai l'ha costruito senza mai usarlo?"
Dedalo osservò il ragazzo. Si era fatto più sicuro, più sveglio rispetto
a quando era entrato dentro la sua casa. "Devi sapere che l'astrolabio funziona
solo insieme a una pietra. Precisamente, una pietra del luogo che si sta cercando.
Spesso negli Inferi cadono pietre dal mondo superiore, come l'Ossidiana di cui
è fatto il palazzo di Ade. Probabilmente Odisseo non ha mai trovato la pietra
che cercava. Vedo invece che questo non è un problema per te."
Leo benedisse se stesso per aver fatto quella strana richiesta a Calypso. 
"Ma come faccio a farlo funzionare?" Dedalo sorrise. "Il funzionamento è semplice.
devi solo seguire l'astrolabio. Per quanto riguarda l'avviarlo..."
Dedalo prese l'oggetto. Lo scrutò. Ad un certo punto, appoggiò la mano sopra
la pietra, e questa si illuminò. L'astrolabio incominciò a levitare mezz'aria,
come se fosse una freccia. "Atena diede la sapienza ad Odisseo per costruire
quest'oggetto, un figlio di Atena può riuscire ad accenderlo."
A Leo cominciarono a venire le lacrime agli occhi. Per una volta, nella sua vita,
tutto sembrava andare per il meglio. Fissò Dedalo. Prima che potesse ringraziarlo,
questo parlò. "Ti accompagnerò fino al punto indicato dall'astrolabio. Una volta
lì, avrai bisogno di me per tornare in superficie." Tirò fuori una perla. Si
ricordò dei racconti di Annabeth su come lui, Percy e il satiro Grover erano
riusciti a fuggire dagli Inferi anni addietro. Guardò dritto negli occhi Dedalo,
che annuì. Leo si fece coraggio e parlò. "Andiamo."
Quando arrivarono al luogo indicato dall'astrolabio, Leo si girò verso Dedalo.
"Grazie per tutto." Dedalo sorrise. "Sai ragazzo, ti ho osservato molto mentre
eri ancora in vita. Come ti ho spiegato, la perla ti permetterà di tornare a 
Ogigia, ma non potrai mai lasciarla. Sei morto, ma in quel luogo Morte e Vita
non esistono. Se davvero vuoi, potresti rimanere qui con me, e farmi da assistente."
Leo rise di gusto. Poi si accorse che poteva sembrare irrispettoso. "La ringrazio,
ma il mio cuore appartiene ad una persona che ha sofferto troppo." Prese la perla
e la ruppe per terra, chiuse gli occhi e non pensò al luogo dove voleva andare,
ma alla persona con cui voleva essere. "Calypso." Una bolla si formò attorno al ragazzo,
che cominciò a salire. "Ehi, figlio di Efesto, ricordati di mantenere fede alla promessa!"
Prima di entrare dentro al terra, l'ultima cosa che ricorda 
di aver visto è Dedalo che lo salutava, mentre sul terreno da cui si era inalzato
compariva la lettera delta, con una frasi scritta all'interno. "Buona fortuna".
Poi, piano piano, cominciò ad addormentarsi.
Quando si svegliò, stava precipitando. Sotto a lui un'infinita distesa di mare.
Cominciò a lavorare con la mente. Cosa poteva fare? Stava precipitando, non aveva
strumenti, non aveva niente da lavorare. Quando si stava convincendo che stava
per morire per la seconda volta lo stesso giorno, fu investito da una nuvola.
Non rallentò, ma quando ne uscì fuori, notò che sotto di lui era comparsa un'isola.
Si sentì sollevato, con il cuore in gola, ma poi si ricordò che stava precipitando.
Quando ebbe contatto con l'isola, la cosa fu peggiore di quello che si immaginava.
non era atterrato sulla sebbia, né nel laghetto, né tra i campi. Era atterrato
sopra un tavolo, distruggendolo. Sentì rumore di passi, ed una imprecazione
in greco antico che riconobbe come "Per Ade, chi è il pazzo che si butta da
una simile altezza?" quando la ragazza fu abbastanza vicina, Leo si alzò e gridò
"Chi è la pazza che mette un tavolo in un posto simile?" Leo la guardò negli occhi.
Calypso, bella come non mai, era lì, davanti a lui. I suoi capello color caramello,
la sua maglietta bianca sporca di terra, i jeans che aveva indossato per tutto
il tempo mentre si trovava sull'isola, i calli alle mani per il lavoro che svolgeva.
Si chiedeva se avesse fatto solo giardinaggio o si fosse dedicata anche ad altro
durante la sua assenza. Poi la guardò in viso. La sua bocca era aperta, i suoi occhi
erano gonfi e rossi, come se avesse pianto per mille notti ed avesse ancora 
intenzione di piangere. Leo ebbe un tuffo al cuore. Fu Calypso la prima a parlare.
"T-tu..." Leo cominciò ad avvicinarsi. Erano a una decina di metri l'uno dall'altro.
Calypso era come paralizzata. "N-nessuno trova O-Ogigia due volte..." Leo 
continuò ad avvicinarsi. cinque metri. "H-ho sentito la maledizione che si
spezzava, m-ma..." con tutta la calma del mondo, due metri. "N-non abbandonerei mai
O-Ogigia, p-perché..." Erano l'uno di fronte all'altro. Fu Leo a parlare. 
"Perché Ogigia non era la tua prigione. Era la tua casa." La baciò. Non era
come il bacio di addio. Sapeva che sarebbe rimasto. Sapeva che era tornato,
ma non per abbandonarla, ma per stare con lei. Quando si staccarono, lei piangeva.
Lui la abbracciò, e le sussurrò in un orecchio. "Avevo promesso. Sullo Stige.
Sarei tornato, solo per te, per rimanere, una volta per tutte. Ti amo." 
Scoppiarono entrambi a piangere. Sarebbero potuti rimanere in quel modo per tutta
la vita. avrebbero potuto, perché ad Ogigia erano immortali. Leo non sapeva
quanto tempo fosse passato da quando era disceso negli Inferi a quando era arrivato
sull'isola, ma sapeva che ormai per lui il tempo non era più un problema.
La baciò di nuovo. Calypso avrebbe voluto parlare, ma furono interrotti da un 
rumore in lontananza. Una nave si stava avvicinando.
Scesero fino alla spiaggia, mano per la mano, ancora con le lacrime che striavano
le faccie di entrambi. Ma quando Leo vide ciò che si stava avvicinando, rimase
ancora più incredulo. Non ci poteva credere. Era l'Argo II.
Quando arrivò sulla spiaggia, Vide i suoi amici scendere dalla nave. Tutti i 
suoi amici, più Nico. Con lui non aveva mai avuto un rapporto particolarmente
socievole, però erano stati compagni di avventura e lui alla fine gli aveva
salvato la vita. Quando Jason e Piper lo videro, si gettarono sopra di lui.
Lasciò andare la mano a Calypso per paura di trascinarla giù e si ritrovò disteso
per terra con Piper e Jason che piangevano mentre lo abracciavano. Leo non era
mai stato così contento in vita sua. Quando finalmente si staccarono, ricevette
abbracci da tutti. Calypso si sentiva un po' fuori luogo. La maledizione era 
stata spezzata, poteva ricevere visite, ma non era abituata a tutta quella
gente sulla sua isola. In più c'era Percy. Non lo ignorò, ma ormai era sicura
di quello che provava per Leo. Lui aveva fatto ciò che nessuno aveva mai
osato fare. Tornare ad Ogigia. Calypso invitò tutti a mangiare in casa sua,
avevano molto da raccontarsi. Il primo a parlare fu Jason. Spiegò che erano
passati 3 mesi da quando Leo era... beh, sì, morto. Nell'ultima settimana,
Festus aveva cominciato a sbuffare. Inizialmente era triste per la perdita del
suo padrone, ma negli ultimi tempi si era come risvegliato. I ragazzi della casa
di Efesto hanno tradotto un breve messaggio che il drago continuava a ripetere.
"Leo." I sette ragazzi avevano deciso di salire sulla nave e di salpare, perché
sembrava che il drago sapesse qualcosa di cui loro non erano a conoscienza. La 
nave aveva vagato per una settimana senza una meta precisa, fino a quando non 
avevano visto la bolla di Leo sul radar. Hanno seguito il segnale ed eccoli lì.
Leo sorrise. Tutti i suoi amici erano accorsi per trovarlo, senza una sicurezza,
senza un indizio, solo con la speranza di rivederlo ancora una volta. La speranza.
la stessa che gli ha permesso di tornare da Calypso. si girò verso Percy ed
Annabeth, con lui che teneva il braccio intorno alla spalla di lei. Non sembravano
turbati dalla presenza di Calypso. Poi Leo notò un particolare. "Annabeth! 
la tua mano destra!" Annabeth sorrise, e gli porse la mano. Sul pen'ultimo dito,
si trovava un anello rosso. Ma non era un vero e proprio anello, era più...
un corallo. "Percy me l'ha chiesto un mese fa. Ho detto subito di sì. Ci 
trasferiremo a Nuova Roma, abbiamo già fatto un accordo con Reyna."
Leo rimase scioccato. Wow! Percy non aveva perso tempo, aveva chiesto ad
Annabeth di sposarlo. E lei aveva subito accettato. Guardò Piper, sperando
di vedere un anello pure a lei, ma niente. Guardò Jason, che fece segno di
tastarsi una tasca della felpa. Leo capì subito. Poi guardò Nico, che era in mezzo
fra Hazel e Frank. Probabilmente lo stavano trattenendo per non farlo isolare,
come fa sempre. Fu Hazel a parlare. "Leo... ti abbiamo visto morire... è 
bellissimo rivederti, più di tutti qua so cosa vuol dire tornare in vita, ma...
come diavolo è successo?" Leo sorrise, ritornando alla realtà. "Oh, ma io non
sono vivo!" Il figlio di Efesto raccontò la sua avventura negli Inferi, e quando
ebbe finito, baciò Calypso sulla guancia, che intanto era stata tutto il tempo
a convincere se stessa che quello che stava accadendo era reale. "In conclusione,
io esisto solo su Ogigia. Non posso andarmene di qua." Calypso finalmente parlò.
"Perfetto, perché io non ho nessuna intenzione di andarmene da qui." E questa
volta fu lei a baciarlo. Quando ormai le sorprese sembravano essere finite, 
Leo tirò fuori dal giacchetto una sacca. Doveva essere magica, perché 
mai e poi mai sarebbe potuta rimanere lì sotto e intatta dopo la caduta.
La porse verso Annabeth. "Sai, quando ero giù, negli Inferi, ho incontrato Dedalo."
La figlia di Atena spalancò gli occhi. "Non è poi così male. Mi ha dato questo
e mi ha fatto promettere che l'avrei consegnato a te ed a te soltanto."
Aprì la sacca, con un po' di paura su quello che poteva trovarci. Ma quando
lo tirò fuori, rimase sorpresa. C'era il computer di Dedalo, computer che
aveva perso nella caduta nel Tartaro con Percy. Si mise una mano alla bocca e
quasi non scoppiò in lacrime. Lo accese e cominciò subito a studiarsi tutti i 
progetti che non aveva memorizzato fino a quel momento. Percy la guardò con aria
felice. Era bellissimo stare con tutti loro, ma in quel momento Leo riusciva
a pensare ad una sola cosa. Prese per la mano Calypso e si alzò da tavola. 
"Ragazzi, spero che mi perdoniate se vado a farmi un giro con Calypso."
Tutti sorrisero, Jason prese per la mano Piper e le sussurrò qualcosa nell'orecchio.
Leo capì che aveva deciso pure lui di fare il grande passo. Ma in quel momento,
non erano affari suoi. Aveva altro a cui pensare. 
Portò Calypso sulla spiaggia da dove lui tempo prima era dovuto partire per
abbandonarla. Si distesero sulla sabbia, l'uno con la mano nell'altra. Si
guardarono, e per l'ennesima volta si baciarono. "Sei tornato... Sei tornato
per me..." Ancora lei non riusciva a crederci. "Sì, e non me ne andrò mai più."
La baciò di nuovo. si fermarono a guardare le stelle, l'uno accanto all'altra.
La guerra era finita. Calypso non era più prigioniera. Potevano vivere insieme,
per l'eternità. Un giuramento da mantenere con un ultimo respiro. Leo trasse un
respiro profondo e lì, nella notte, con Calypso accanto, pensò che niente potesse
andare meglio nella sua vita. E si addormentò.
   
 
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