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Autore: Nahash    29/06/2014    4 recensioni
Nel cimitero di Highgate, gira voce, che la bellissima Eizabeth, sepolta l'11 Febbraio 1862, si risvegli ogni notte. Sembrerebbe che lei non sia morta veramente o che sia diventata qualcosa di diverso.
Dove si recherà ogni notte?
Genere: Dark, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Salve a tutti! Questa è un'Os per il contest: L'epoca vittoriana e i suoi segreti. É stato indetto dal gruppo facebook: La créme della créme.
Negli avvertimenti ho messo OOC in quando parlo del poeta e pittore Dante Rossetti (realmente esistito) e della leggenda, che si vociferava sua moglie.
Spero che l'Os possa piacervi =)

 

 
 
Non riuscivo a credere a quanto era successo. Era deceduta da qualche giorno eppure io sentivo ancora la sua voce vibrare nell'aria ─ come era bella e armoniosa.
La sentivo cantare ogni mattino, quando apriva le finestre che si affacciavano su Londra, dove, nonostante il cielo grigio, in lei albergavano sempre motti di speranza.
Non riuscivo ancora a capacitarmene, era successo tutto così troppo veloce e allo stesso tempo troppo lentamente. Elizabeth era una donna bellissima, il tempo non l'aveva minimamente sfiorata, ma la morte, invece, era stata attratta da lei.
Cominciai a pensare di essere diventato pazzo, sentivo la sua voce ovunque, sentivo il suo respiro, i suoi pensieri. A volte, parlavo in casa con la speranza che lei mi ascoltasse, che mi sentisse, ma sapevo, che lei non poteva sentirmi, non poteva rispondermi. La mia mente mi sta illudendo soltanto, per rendere il tutto meno amaro ─ eppure, la notte, avrei potuto giurare di sentire la sua mano accarezzarmi il volto, e le sue parole sussurrate dolcemente nel mio orecchio: «Dormi bene amor mio, domani sicuramente ci ritroveremo.» 
Ogni notte, da quando era morta, sentivo queste parole eppure, al mio risveglio non la vedevo mai. Sicuramente ero stato colpito da una qualche forma di follia a causa della perdita subita.
Nonostante tutto, nonostante la notte mi ricordava quella culla di dolore e perdizione, io l'attendevo con bramosia, solo per risentire quelle parole. Solo per illudermi ancora un po'.
Un giorno finalmente, mi decisi a recarmi al cimitero di Highgate dove era stata seppellita Eizabeth quel Febbraio del 1862. Ricordo che c'era tanta neve, che i nostri piedi, nell'andare a salutarla, affondavano sulla superficie soffice e bianca, mentre le nostre lacrime cadevano copiose solcandone la superficie. Faceva freddo, ma io non distinguevo il freddo esterno da quello che il vuoto aveva creato dentro di me a causa della sua perdita.
Ormai era passato del tempo dall'ultima volta, tempo sufficiente da far sciogliere la neve e far rifiorire i fiori. Mi ritrovai improvvisamente a pensare: al ciclo della vita, di come tutto morisse e rinascesse, di come la natura fosse forte e di come questa non si abbattesse mai. Speravo che, almeno con la sua dipartita, avesse potuto contribuire alla fioritura di qualche fiore e fu quando ne vidi uno bellissimo che pensai a lei.
«Mia dolce e perduta Eizabeth, che sia stata tu a far nascere questa meraviglia?» Accarezzai i petali, delicatamente, erano scarlatti e intensi, come la sua chioma.
 Ero immerso nei miei pensieri, quando un sussurro mi sconvolse fino nel profondo, sentii, portato dal vento, pronunciare il mio nome.
«Dante»
Non poteva essere, ancora una volta stavo immaginando tutto, ancora una volta la mia mente provava misericordia per me.
Dopo aver accarezzato la sua lapide marmorea e liscia, baciato la sua foto e depositato i fiori che avevo portato per lei, mi avviai verso l'uscita. Stavo passando sotto quella galleria immensa e ormai storica, quando ancora percepivo il freddo dentro le mia ossa, quando potevo benissimo sentire la sua presenza dentro di me ─ Oh, quanto avrei desiderato poterla vedere e abbracciarla ancora.
Era giunta la notte e io andai a coricarmi col sorriso, speranzoso, ancora una volta di poter udire quella frase.
Il mio sonno era agitato, la mia anima non aveva percepito ancora nulla: nessuna voce, nessuna parola, nessuna sensazione. Improvvisamente, però, mentre riposavo su un fianco, sul mio volto si posò una mano. Era fredda, come sempre ed ero certo che si trattasse di mia moglie.
Mi voltai e sul mio volto si dipinse immediatamente un'espressione stupita. Come era possibile che lei si trovasse lì? Ancora bellissima e con i vestiti che le avevo fatto indossare per il suo funerale.
«Elizabeth...» Sussurrai appena, incredulo di poterla toccare. Se fosse stato un fantasma, questa sarebbe stata impercettibile al tatto, ne ero certo, visto tutte le ricerche che avevo fatto a riguardo, eppure, lei era solida, come sempre e mi guardava con quell'espressione dolce e triste allo stesso tempo.
«Perché hai aspettato tutto questo tempo amor mio?» Lei stava parlando e io non capivo di che tempo stesse dicendo.
«Perché hai aspettato mesi per tornare nella mia nuova casa? Hai forse paura di quel posto?»  Era triste e lo leggevo sul suo viso. Sembrava che fosse dispiaciuta della questione, sembrava come se io l'avessi abbandonata, quando in realtà ero legato a lei indissolubilmente.
«La tua perdita mi ha distrutto letteralmente.» Confessai, chinando un poco la testa per la vergogna, per poi immergermi nuovamente nei suoi occhi blu.
«Eppure, io sono stata qui ogni notte per confortarti. Ti sentivi solo, perché? Io ero qui.» Quella domanda mi lasciò perplesso, mi sorprese e mi stupì. Mi stava dicendo: che era lei quella che sentivo ogni notte, che non ero io il pazzo, che lei non mi aveva abbandonato, anche se era trapassata a miglior vita.
«Come è possibile? Io ti ho vista morire, sei morta tra le mie braccia, tutti ti abbiamo creduta morta. Dove sei stata tutto questo tempo?» La invasi di dubbi e di domande, ma lei sorrise al mio indirizzo.
«Sono morta è vero, ma a quanto pare, l'universo conosce misteri ben più profondi. Ogni notte venivo qui per rincuorarti, augurandomi che tu tornassi al cimitero. Volevo una tua manifestazione, affinché potessi mostrarmi a te, così da assicurarmi che tu non mi avessi abbandonata.» Spiegò lei.
Ero confuso, come aveva potuto pensare una cosa del genere? Come poteva essere lì?
«Perché torni, solamente, ogni notte per poi scomparire subito dopo avermi sussurrato quelle parole?» Le chiesi, davvero curioso e smanioso di una risposta. Per mesi mi era mancata l'aria, per mesi avevo sofferto la sua assenza e paradossalmente, ora che era qui davanti a me, mi sentivo soffocare ancora di più ─ l'emozione era davvero molta e non sapevo se sarei sopravvissuto d'innanzi alla sua comparsa.
«Perché posso ogni notte, al calare della luce. Posso risorgere e posso tornare da te. Non so se tu potrai amarmi ancora, in questo modo, ma ogni notte tornerò da te. »
Quelle furono le ultime parole che mi disse la prima volta che la rividi.
Non riuscii a prendere sonno dopo che lei se ne fu andata. Ero incredulo e sinceramente spaventato, allora mi dissi che dovevo fare qualcosa, che dovevo capire il perché lei, potesse comparire soltanto dopo il tramonto.
Quello che trovai fu davvero sconcertante. Era diventata un vampiro, non c'erano dubbi ed ero sconcertato. La cosa che più mi sorprendeva però, fu che non mi importava nulla se lei era una strana creatura ormai, se la gente l'additasse per qualche motivo, se le persone la temevano. No, non mi importava se lei era diventata una tra le più spietate predatrici. Ciò che veramente contava ─ e potete chiamarmi anche egoista se lo desiderate –  era che lei finalmente poteva ricongiungersi a me, che io potessi guardarla negli occhi, che potessi ancora una volta stringerle la mano, anche se la sua era congelata, segno del trapasso.
Lei aveva una nuova dimora ormai: non ci saremo potuti più risvegliare al mattino, non avremmo più potuto pranzare o cenare insieme, uscire sotto gli occhi di tutti. Avremmo potuto consumare il nostro amore guardandoci negli occhi, parlando sotto il cielo stellato del cimitero o della nostra città.
Ogni notte, tornava da me, mi svegliava e io la seguivo dovunque lei volesse andare.
Ero felice di vivere quell'oscuro amore, sapevo che lei mi era vicina, anche se prima avevo perso le speranze. Credevo di essere pazzo, ma sentivo dentro di me, come la sensazione che lei non mi avesse abbandonato del tutto. Ero felice: ignaro, incredulo, ma felice.
Sapevo che le droghe che assumevo, mi avrebbero potuto condurre a uno stato mentale non proprio ottimale, ma dovevo pur andare avanti in qualche modo ─ avevo bisogno di sopravvivere senza di lei ─ fin quando non avvenne il miracolo.
Senza volerlo eravamo arrivati a scambiarci una sorta di patto silente: tutte le mattine andavo al cimitero, dove pulivo la sua tomba e accarezzavo la sua immagine, mentre, poi passando sotto la galleria, sentivo nel vento salutare il mio nome. La notte, invece, era lei a venire da me.
Andammo avanti, così, fin quando le droghe non ebbero il sopravvento, fin quando non ebbero la meglio sul mio corpo.
Morii assistito da lei, tra le sue braccia, mentre il mio corpo diventava freddo e di rimando percepivo quello di lei più tiepido.
Morii tra le sue braccia, mentre le sue lacrime scarlatte solcavano le sue gote e io le dedicavo sorrisi ─ la stavo lasciando in balia dell'eternità, sola.
 Non aveva mai voluto rendermi come lei, il suo amore era troppo grande e puro per farmi una cosa del genere.
I sensi di colpa si facevano largo, mentre il mio corpo piano, piano cominciava a spegnersi. Non avrei mai voluto vederla piangere, eppure il suo viso era una totale chiazza rossa, ed era colpa mia.
Stavo morendo e l'unica cosa che potevo fare, era cercare di sorridere.
Prima di morire udii le sue parole, le sue ultime parole d'amore, mentre la sorte, fu troppo crudele con me, non permettendomi di risponderle per l'ultima volta.
 
Senza stelle il cielo non poté piangere.
lacrime rosse dicevano addio,
mentre sorrisi promettevano,
ricordi.
   
 
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