Ein bisschen Zucker

Ero intrappolata fra le pareti domestiche, senza possibilità di uscita. Terrorizzata, attendevo l'arrivo di mio marito, cullandomi in quel senso di falsa sicurezza che mi dava la frase “l'attesa del male reca più tormento del male stesso”. La ripetevo come una cantilena, più e più volte, ma quando egli entrò perse tutto il suo senso: certo, il tormento era svanito, ma aveva lasciato spazio al dolore, mio unico compagno.

Mio marito irruppe a fiotti su di me, tentava di sciogliermi con il suo calore, in modo che la mia dolcezza togliesse l'amaro che c'è in lui. Mi disgregavo pian piano, convinta di morire di lì a poco, quando d'un tratto si ebbe una svolta. Dapprima la pensai come una nuova forma di tortura, ma più tardi compresi che il nuovo arrivato mi stava facendo la corte e che il suo tocco leggero e le sue carezze mi salvavano. Vedevo sprazzi di libertà, ma ormai ero quasi completamente liquefatta. Fu in quel momento, quando credevo che il nostro segreto amore fosse vano, che lui mi liberò: fui presto fuori da quella tazzina, lontana da Caffè, mio marito, aggrappata al mio salvatore ed amante. Non mi potevo più dire Zolletta -le tracce di mio marito sarebbero rimaste per sempre su di me- ma ero pur sempre dello zucchero e avrei donato a Cucchiaino tutta la dolcezza possibile.