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Autore: crimsontriforce    23/08/2008    2 recensioni
L'unico inetto è lui, cieco come un verme D'ni e più potente di quanto noi potremmo mai sognare... eppure noi sogniamo.
Due ragazzi soli di fronte a una porta chiusa, alle cui spalle si stendono infiniti mondi. (cover-fic per You don't care about us dei Placebo, piùommeno)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Achenar, Atrus, Catherine, Sirrus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '2. In cerchio attorno a una voragine di stelle'
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Fangirlaggio di Everdunes, parte seconda. :3
Scritta per il concorso “Dall'immagine alla storia” indetto da Liz su EFP. Trattasi di quest'immagine, da cui trarre una storia a piacere.
Parola di giovane marmotta, la trama è sorta spontanea dalla sola immagine: per me, Sirrus+Achenar+whine+fermi-da-qualche-parte-con-sabbia=questastoriaqui. Che poi il titolo della canzone sia quello che è... e il testo pure (no, dico XD Almeno le righe citate all'inizio!)... è un caso. Ho riaggiustato la formulazione di un concetto per amor del titolo; per il testo, il giorno che m'è venuta la curiosità di leggerlo, sono semplicemente scoppiata a ridere come un'idiota davanti al computer. 'Your Age, my rage' indeed, Atrus. Ahem. E il resto del testo gli si adatta benino, almeno secondo quest'analisi (lettura consigliatissima, attenta e brillante; personalmente dissento del tutto solo sulla parte di J'nanin).



Riassuntino sbilenco per amor di contest:
Atrus è l'ultimo erede dell'Arte, la capacità della scomparsa civiltà D'ni di creare libri che siano collegamenti ai mondi (“Ere”) che vi vengono descritti. Assieme a sua moglie Catherine e ai suoi figli Sirrus e Achenar, Atrus vive sull'isola di Myst. Scrive l'Era di J'nanin per iniziare ad insegnare i rudimenti dell'Arte ai figli; per motivi ignoti al canone smette e i due restano a bocca asciutta fino all'età adulta. Non la prendono bene. Con un processo di estraniamento parimenti ignoto al canone (si sa solo che è iniziato dalla morte della bisnonna, pesante per tutti ma soprattutto per Atrus), Sirrus, geniale e perfezionista, si attaccherà alla brama di potere; Achenar, labile di mente, alla sofferenza altrui. Arriveranno ad imprigionare i genitori per poter regnare sulle Ere paterne, salvo poi restare intrappolati dalla loro stessa brama.
Il diario è la forma espressiva prevalente nella serie; Everdunes è un'Era citata ma non mostrata nel primo Myst e finirà distrutta dai due. L'evento narrato nella fanfic è del tutto inventato e l'adolescenza dei due è un buco che non verrà mai riempito :(
Vecchio dipinto di famigliaSirrus adultoAchenar adulto




Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.





Con occhi ciechi





It's your age, It's my rage.
It's your age, It's my rage.
(Placebo, You don't care about us)



66-10-8, ancora Everdunes
NO NO NO NO NO!
Ancora dune, ancora vento, DANNATAMENTE BLOCCATI. Trasporto andato. Rovesciato e pieno di sabbia, non voglio pensare allo stato del carburatore. Manovra inevitabile a causa di terreno accidentato, o così asserisce lui. Io, io sospetto un errore di guida e lui non sospetta che io sospetti. Non sospetta nemmeno che l'intera debacle del libro di collegamento sia colpa mia, credo. Non sarò io a illuminarlo sull'accaduto.
...poi, 'colpa'. Bah.
Nel mentre, arrostiamo sotto il sole lasciati a noi stessi, che non è dir molto. Non potendo fare nulla perché non SAPPIAMO fare nulla, non ci resta che attendere soccorsi come gli ultimi fra gli ahrotahntee. Noia. Ingiustizia. Caldo.
Se non altro, il nome della dannata Era ha un dannato senso, ma è ben magra consolazione considerato che potremmo---




Moriremo entrambi”, declamò Achenar con aria divertita, lo sguardo puntato da qualche parte all'orizzonte. Nonostante la camicia e i capelli ricci fossero ormai fradici di sudore, e le pupille sensibili quasi cieche di fronte al riverbero della sabbia sotto il sole a picco, il ragazzo restava di vedetta, impassibile.

No che non moriremo”, rispose seccato suo fratello, alzando la testa dal libriccino su cui stava annotando i suoi pensieri e costretto a socchiudere gli occhi di fronte al cambio di luce improvviso. “Ma siamo qui come due uomini, fermi ad aspettare che il mondo si pieghi autonomamente in una forma a noi più congeniale, mentre potremmo...”

Potremmo?”

Potremmo tutto. E non abbiamo niente.” Sirrus sferrò un pugno alla sabbia, colpevole senza possibilità di appello del grave crimine di esistere. Quella di rimando gli si infilò nei polmoni, causandogli violenti colpi di tosse. Furente, si alzò e si avvicinò ad Achenar.
Chiudi gli occhi, fratello”, gli disse. “Cosa vedi?”

La morte”, rispose l'altro. Sorrideva compiaciuto.

Achenar... cambia corda. Sei asfissiante e c'è già abbastanza afa qua intorno.”
Gli si piazzò davanti, pur consapevole che non potesse vederlo – come, a quanto pareva, era cieco di fronte al loro comune destino, quasi non gli importasse. “Dovevi vedere la nostra gloria. La nostra gloria!”, scandì.

Monotona, luminosa? Sì.”

Ogni tanto mi chiedo a che pro ci parliamo. Va bene, da capo. Immaginaci qui.” Portò una mano alla fronte, scostando la corta frangia.

Non arduo”, rispose inarcando un sopracciglio, concentrato su ogni rivolo di sudore del suo corpo.

Ma...!”, riprese Sirrus.

Achenar lo lasciò parlare mentre tentava con cautela di appoggiarsi al bordo del trasporto. Mossa infelice: scottava. Lasciò perdere. Annoiato, spostò il peso da un piede all'altro.

Davanti a noi si stende un milione di mondi. Ma! Una barriera invisibile ci separa da questo destino. La vedi, ora? È la stessa che costringe al suolo gli abitanti di superficie, la stessa che ora ci nega ristoro, potere e pace lasciandoci in balia degli eventi, mentre l'intero Creato sarebbe una tela a nostra disposizione! Potremmo modificare perfino quest'inutile Era a nostra immagine... e non il contrario”, aggiunse, facendosi aria con un lembo della maglia. “La dannata sabbia scomparirebbe, tanto per cominciare. Ci sarebbe del vento fresco. Avremmo un nuovo trasporto.”

L'espressione vuota di suo fratello era abbastanza eloquente, per chi lo conoscesse.

Pensane quel che vuoi, Achenar. Mi sembra comunque sufficiente a dargli tutto quello che vuole, sempre, senza sforzo, anche un'Era vuota e inutile come questa che va oltre ogni mia comprensione. Il che ci riporta al punto di partenza: siamo qui a soffrire il caldo come cani e, anche se non lo vogliamo, non possiamo cambiarne una virgola. Letteralmente. ...no, lascia stare il gioco di parole, è tremendo.”

E a morire entrambi, lesse sulla bocca dell'altro.

Smettila.”

Che scrivevi?”

Sirrus lo guardò come se gli fosse appena spuntata la coda, o un robusto paio di corna.
Il mio diario”, ovvio. In che Era vivi?

Bel ribelle”, mugugnò tormentandosi il labbro, “a tenere un diario come il babbo insegna.”

È l'unico modo, idiota. Non voglio dimenticare. E un giorno lo leggerà e si renderà conto di quanto è ingiusto nei nostri confronti.” Stritolò il quaderno in mano. “L'unico...”
Avrebbe potuto falsificarne qualche pagina, renderla più patetica ed esplicita e lasciarla a bella posta in un luogo convenientemente visibile su Myst, certo, e non era l'aspetto pratico né quello etico a trattenerlo. Ma non era la sua via, non quando il risultato poteva essere il frutto naturale dei suoi sforzi: una vittoria tanto più sentita perché sudata fino all'ultima goccia, dall'ideazione del piano al suo glorioso compimento. (E nessuno avrebbe potuto fiutare il falso dove non ce n'era.)

Non lo leggerà.” Studiò l'espressione nuovamente attonita del fratello. “A lui non importa di noi.”

Lasciato passare in perfetto silenzio il secondo necessario a rendersi realmente conto di cosa Achenar avesse detto, Sirrus gli si gettò addosso. “Ripetilo!”, gridò, mentre tentava invano di avere la meglio sulla corporatura più robusta dell'altro.
Si trovò a terra prima di rendersene conto, battuto da una robusta spinta e dalla sabbia traditrice.
Ripetilo, sul tuo onore! Ripetilo!”, ripeté comunque, come un disco rotto.

Achenar, poco impressionato dall'assalto, si stava osservando un graffio.
Non gli importa di noi. Dov'è la novità, fratellino?”

A lui importa”, scandì Sirrus truce.

Chi lo dice?”

Lo dico io, e ti basti.”
Spalancò gli occhi. Un'improvvisa intuizione, la soluzione più ovvia.
Tu... tu non sai di cosa stai parlando, vero?”
Si rialzò, scuotendo via i granelli dai pantaloni. Achenar gli concesse uno sguardo blando: aveva già detto abbastanza. Camminando in circolo di fronte alla sua ristretta platea, espose il suo credo come se l'era ripetuto decine di volte in solitudine, fino a farlo diventare il fondamento della sua vita.
Lo dico io perché lo so. Ci sta mettendo alla prova, vedi, tutta questa situazione è solo uno dei suoi piani accuratamente congegnati, come un Libro. Un Libro in cui ha posto delle basi e ora sta osservando tutto quello che nasce da quelle basi, non è forse quello che fa, che ha sempre fatto? Per un Libro, forse”, e nel sentire quella speranza liberarsi finalmente dai confini della sua testa non riuscì a trattenere una smorfia di soddisfazione. “Questo perché non capisce quello che siamo... non solo si permette di giudicarci, ma ci trova indegni della sua preziosa Arte, che nasconde dietro uno studio chiuso a chiave. Indegni, noi! Capisci?”

Capiva abbastanza, o così pareva.

Noi, i suoi unici e preziosi figli, dobbiamo provargli il nostro valore giorno dopo giorno, anche se sappiamo che il talento non ci manca, nossignore, oh se ne avremmo in abbondanza! Il che porta a una sola logica conclusione: è un idiota. Un dannatissimo imbecille. Nostro padre, con tutte le sue belle parole, non riesce a vedere al di là dei suoi occhiali protettivi ma gli importa, per il Creatore, gli importa! Ci attende a braccia aperte alla fine di questa follia!”
Ansimò, furente con se stesso, con suo padre, col caldo.

Achenar alzò la mano per rispondere, non troppo certo che lo sfogo fosse finito, e la portò davanti alla bocca.
A me”, disse. Pausa. “A me sembra, piuttosto, che ci stia levando dai suoi augusti piedi.”

Parla quanto vuoi, non posso crederti.”

Channelwood”, lo tentò Achenar.

Non ti ascolto.”

Va bene.”

Non passò un minuto. “Hai vinto tu. Channelwood cosa?” Non era previsto che cedesse così.
Si disse che era l'occasione. Essere riuscito a parlare già così a lungo con lui e non volerlo lasciare andare. Anche in un discorso che sembrava essere riuscito a catturare infine la sua attenzione, parte di lui restava lontana e Sirrus sapeva, con rabbia, che non l'avrebbe mai raggiunta. Achenar era fatto così. Chi gli stava vicino doveva accontentarsi degli scarti.
In realtà, come tutto in Sirrus, l'orgoglio ne era la matrice più lontana. Doveva dimostrarsi di aver ragione fino in fondo.

Su Channelwood l'abbiamo chiesta, su Osmoian presto ottenuta. Su Terrel ci è stata concessa, di Aspermere non si sono mai accorti.” Ammaliato dalla sua stessa cantilena, Achenar tacque.

Il suo ascoltatore si fermò a bocca aperta, subito seccata dall'aria torrida di Everdunes. Quelli erano i suoi fatti, le sue ipotesi! Era la storia della loro adolescenza in quattro tappe e ventidue parole, di una libertà guadagnata così ampia, improvvisa e spaventosa da lasciarli alla deriva come barche nel mare desolato che circondava Myst. Tutto ben noto, eppure 'a lui non importa di noi', quell'evidente e assurda bugia, era il filo con cui suo fratello li aveva legati e non aveva ritenuto necessario dirgli di più. Provò timidamente a stare al gioco, fra sé. Immaginò una scena familiare: suo padre nel suo studio, immerso in un esperimento. Loro due fuori dalla porta, incerti sul da farsi. Lasciò il se stesso immaginario al suo destino – sapeva che avrebbe proposto di andare fuori a giocare, finivano sempre così per non disturbarlo – e si concentrò sull'antro misterioso che era la stanza privata di Atrus. Con enorme sforzo, lo immaginò completamente immerso nel lavoro. Non chiuso nel suo castello, altero, mentre attendeva che si elevassero al suo livello e solo allora pronto ad elargire loro un affetto da pari a pari (ma allora sarebbe stato troppo, troppo tardi). Solo... lì. Soffocato dai libri e dagli strumenti. Dedito a chimica e Scrittura perché erano quello che più amava, materie analizzabili e quantificabili che lo appagavano più di due figli di cui, semplicemente, non sapeva cosa fare. A Sirrus l'operazione risultò una frazione più semplice di quanto avesse sperato.
Così lo vedeva Achenar? In qualche modo, non lo sorprendeva sapere che suo fratello avesse provato a collegare i punti della loro vita con una semplice linea retta. Restava assurdo, beninteso: la realtà era più complicata di così, e lo stesso valeva per le persone.
Si trovò tuttavia a dover considerare, per la prima volta, di aver perso tempo ad odiare una persona che non lo considerava neanche.
La possibilità lo atterriva.

Erano solo parole. Solo parole, si ripeté. Solo parole e anche poche. Potevano essere vere oppure no, ma non mancava loro un inquietante fondo di credibilità che iniziò a corrodere suoi pensieri, a spostarne la logica su binari paralleli e più pericolosi, finché non ebbe la forza di prenderli tutti e rinchiuderli da qualche parte buttando via la combinazione. C'era qualcosa che puzzava di verità semplice, però, che filtrava da qualunque barriera lui provasse a mettere fra sé e l'idea. Qualcosa che si sposava fin troppo bene col senso di abbandono che li seguiva in qualunque Era cercassero di scappare. Si ripeté il suo credo: anche quello aveva logica, certo più di qualunque pensiero potesse uscire dalla testa bacata di Achenar. Per principio. Fino a quel momento non aveva incontrato nulla che non si potesse analizzare secondo quel ragionamento, quindi poteva ancora dirsi corretto, a rigor di scienza. Certo quell'altra teoria non poteva essere stata testata così a fondo, non dal suo incostante fratello...? Col disprezzo di chi sente l'acqua alla gola si ripromise di trovarvi una falla, a costo di perderci dei mesi.
Eppure..., correvano i suoi pensieri, già cercando ipotesi ad hoc.
“Ti odio, Achenar”, sussurrò.

L'altro scrollò le spalle. “Odia lui.”

“Non te ne importa davvero nulla?”, gridò Sirrus esasperato.

“Mi tedia essere bloccato qui... vorrei essere nel mio letto. Al fresco. Per il resto? No. Ma è stupido odiarci fra noi.”
Ricevette in risposta uno sbuffo, ma non si aspettava molto di più.
“Nostro padre non ci vede”, riprese, culminando un momento di estrema lucidità. “Nostra madre ha occhi solo per lui. Sveglia, Sirrus. Siamo l'unico sostegno che abbiamo da quando nonna è morta.”
L'ultima frase segnò un'inaspettata vittoria. Ne fu felice: quella conversazione era già durata anche troppo a lungo. Sperò che suo fratello non se ne facesse troppo un cruccio.

“Se veramente...”, disse Sirrus, come timido tentativo di uscire dalla confusione in cui era crollato. “Se veramente a nostro padre non importa nulla di noi... No.”
Si sedette vicino al trasporto, sperando che il lato rivolto a est si raffreddasse presto abbastanza da poterlo esaminare a mani nude. “Non posso accettarlo. Passami gli attrezzi e vediamo di andar via da qui. Sarebbe una bella vittoria trovare i soccorsi prima che loro trovino noi.”

“Tanto, moriremo entrambi”, giunse la voce trasognata di Achenar. Pochi minuti dopo si era addormentato.



***




“Prima o poi continuerai?”, chiese Catherine, cullando a sé il Libro di J'nanin. Le era tornato in mano quella mattina e aveva passato ore a rileggerne i passaggi più riusciti, attratta dal fascino sommesso di radi sterpi, risacca sulla nuda roccia, vento che fischia nelle gole: un insieme dallo schema alieno alla sua espressione, ma con una razionalità così familiare che le sembrava di leggere ogni parola come appena uscita dalla mente del suo scrittore.
Solo andando a parlargli, per commentarne insieme qualche dettaglio di fronte a un tè speziato e ai suoi appunti, aveva ripensato seriamente a quale fosse stato lo scopo originario dell'Era e si era trovata a ricordare i giorni in cui i suoi bambini ne tornavano esausti, spesso sconfitti, altre volte illuminati dalla gioia di un piccolo progresso.
“Cosa...?”, disse Atrus, colto di sprovvista. Alzò gli occhi da un quaderno, si sistemò gli occhiali e capì. Scostò la sedia dal tavolo, facendo cenno a sua moglie di avvicinarsi, e le cinse la vita con un braccio.
“Non ho mai smesso”, spiegò semplicemente, la nota di sorpresa nella sua voce mitigata da una carezza che gli scompigliò i capelli.
Catherine rifletté per dei secondi sulla risposta, rendendosi conto di aver chiesto qualcosa che già sapeva. D'altronde, se si fossero taciuti tutto quello che capivano l'uno dell'altra avrebbero parlato di ben poco e capitava spesso che i loro discorsi procedessero così, su binari già noti, per il semplice gusto della reciproca compagnia.
“L'esplorazione, gli esperimenti, lo studio – ora stanno vivendo veramente quello che J'nanin e Narayan poterono insegnare loro solo con una pratica che... che alla fine restava sempre teoria”, riprese lui riempiendo il silenzio.
“Per quanto splendida”, ridacchiò lei che ben ricordava la concitata scrittura di quelle Ere e tutte le speranze che suo marito vi aveva riversato.
“Per quanto splendida”, le fece eco Atrus stando allo scherzo. “Ma ci sono ventisette parole in D'ni che regolano le precipitazioni e il modo migliore per comprendere ognuna è sperimentarla sulla propria zucca – senza ombrello. O essere te”, aggiunse con ammirazione, sottolineando il tutto con un lieve bacio sul dorso della mano. “Non posso chiedere loro lo sforzo di usarle senza che prima abbiano questa consapevolezza, voglio che conoscano dal basso ogni bellezza del creato prima di iniziare a farla veramente loro scrivendola.”
“Ma i nostri figli lo sanno?”
“Se sentissero che il tempo di iniziare è maturo, chiederebbero. Non voglio scendere a loro come un dio e impartire verità dall'alto di una montagna fumante.”
Il tono era più brusco di quanto intendesse e se ne pentì; Catherine, coltane l'origine in un parallelo che toccava suo marito come una ferita sempre aperta, si sedette sulle sue ginocchia e sperò che il semplice contatto fisico bastasse a scacciare sciocchi fantasmi. Sembrò funzionare.
“Ma Sirrus è orgoglioso e Achenar segue suo fratello in adorazione. Chiederanno mai?”
“Sono ragazzi intelligenti.”
“Ma pur sempre ragazzi. E non hai mai detto loro con chiarezza quel che mi hai ricordato ora.”
“Pensavo fosse ovvio”, rispose Atrus, visibilmente ferito dalla possibilità di un'incomprensione. “L'Arte è un fardello splendido che richiede spalle forti. Sto... solo dando loro quel che Anna diede a me. Non riesco a pensare a un dono più caro.”
Concentrandosi, Catherine sentì tutto l'amore che aveva sempre guidato le loro azioni – reciproco, per le Ere tutte e ogni loro aspetto, per quel che era andato perso, per i due ragazzi che un giorno sarebbero forse stati gli ultimi eredi di D'ni. Lo percepì fluire con una chiarezza commovente, palpabile, sotto gli occhi di chiunque non fosse stato cieco alla bellezza del Tutto.
“Non ce n'è uno. I nostri figli non potrebbero avere un padre migliore.”

















Nerdaggine & credits:

@ titolo: quattro paia di occhi cecati per i signori, qui. Atrus, sei un placido allocco e ti amo tanto anche per questo. >_< Ma pure gli altri non scherzano – e madama Catherine non ha neanche la scusa del retaggio da talpa.

@ NO NO NO NO NO!: chiiiiiiiiissà chi gliel'ha insegnaaaato... *ridacchia* sentirlo così in Revelation m'ha fatta sganasciare dalle risate prima ancora che provare compassione...

@ ahrotahntee: 'abitanti di superficie' se non vado errata.

@ ferita sempre aperta: claramente Gehn.

@ caratterizzazione giovanile dei due: a cavallo della sottile linea fra ragazzo difficile e genocida ridacchiante in potenza e sperando di non essere cascata come una pera... °_° gestire i giovincelli è stato un gioco interessante di paralleli e opposti (e mediazione Reve/Myst, che dicono le stesse cose ma soprattutto anche no...) per entrambi, ma per Achenar di più. Sarà che è quello che immagino essere cambiato più a fondo. O sarà che, se giocando mi fossi tenuta IC con me stessa (!), le pagine rosse sarebbero rimaste tutte lì dov'erano. XD Sì, pagine rosse, proprio, al contrario del 99,8% del resto della popolazione mondiale che ha giocato a Myst (se appartieni al rimanente 0,2%, incolla questo messaggio nella tua fir... ah, no). Ad oggi ho qualche difficoltà a capire da dove provenga tutta 'sta fanbase di Sirrus, ma di fatto c'è e il mondo è un posto più interessante per questo. Ciao fanbase di Sirrus, se mai passerai da queste parti, spero di non averti fatto un torto!
   
 
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