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Autore: alexiel22    30/06/2014    0 recensioni
Tratto dal testo
“So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata
ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio [.....]
allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve popolo di EFP *si inchina cercando di mantenere l'equilibrio ma fallisce miseramente* dunque che dire sono una novellina delle fanfiction *appare coscienza "Se non le hai mai scritte* *tira libro alla conscienza e questa si distrae* comunque oggi mi son detta "chi non risica non rosica" quindi ho deciso di riportare qui ciò che io sono solita definire uno schizzo delle undici e passa di notte. Spero che apprezzerete il mio lavoro, magari scrivendo un commentino che davvero sarebbe per me una gioia immensa (del tipo potrei scodinzolare) e niente vi lascio alla lettura e rigranzio infinitamente l'India....se leggete capirete il perchè. Sono aperta a tutti i tupi di commento quindi non esitate a scivere per dubbi, incertezze e critiche ;)
                                              
                                                                                                                                        
                                                                                                                                      Dedicato a chi trova la felicità in una tazza di thè...       
      


 I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
I raggi timidi di un sole appena nato si infransero lungo il bordo della tazzina di vetro che l’uomo teneva davanti agli occhi, curioso come un bambino di scoprire se il vetro riesca a fermare la luce o se questa capricciosa e invincibile può con leggerezza passargli attraverso. Magnus Bane, millenario stregone dallo spirito nomade con alle spalle una vita all’insegna del divertimento, si stava abbassando a ricorrere a uno stratagemma comune per distogliere la mente dal leggero chiacchiericcio alle sue spalle. Infatti acciambellata su una sedia, sottili dita incastrate tra loro a fare da supporto ad un piccolo volto bianco, stava una ragazzina la cui voce non si era spenta neppure una singola volta da quando, un paio di ore prima lei e lo stregone erano ritornati nell’appartamento di quest’ultimo a seguito di una estenuante riunione tenutasi all’istituto. Così seppur fosse dotato di incredibile capacità magiche Magnus tentava in tutti i modi di astenersi dall’ascoltare la ragazza cercando di allontanare la mente dalla sua cucina, concentrandosi sui numerosi pensieri che si contorcevano nella sua mente come spire di serpenti. Non riusciva a capacitarsi del fatto che benché Darjeeling avesse partecipato alla riunione e fosse quindi a conoscenza dei gravi problemi che stavano scuotendo l’intera comunità del mondo invisibile questa continuasse a ciarlare da ore di come la struttura architettonica dell’istituto era uno degli spettacoli più sensazionale che le fosse mai capitato di conoscere. Una delle caratteristiche di Darjeeling era la sua insaziabile voglia di conoscenza che la maggior parte delle volte riusciva a soddisfare nelle pagine polverose dei libri da collezione che Magnus custodiva gelosamente; quando cominciava a discutere di un argomento che le interessava molto, ovvero tutto perché per quella specie di demonio dal volto incantevole il mondo era una continua scoperta, la sua voce era un continuo saliscendi, era un suono come di acqua che scroscia in un letto fatto di cascate, un continuo e cristallino parlare che riusciva ad incantarti ma che dopo giorni e giorni per Magnus era diventato abbastanza insopportabile. Darjeeling era acqua, era un ruscello in continuo mutamento, una onda capricciosa che minacciava di travolgerti se ti fossi avvicinato troppo ed era proprio questo suo lato ad aver inizialmente attratto lo stregone. “Non pensi che il fatto che abbiano usato solo marmo per costruirlo lo renda ancora più imponente ed elegante? Riesce ad infonderti un sentimento di timore ma allo stesso tempo di rispetto, perché come non si potrebbe ammirare tale meraviglia insomma” “Darjeeling” il tono spazientito usato dall’uomo interruppe il monologo che la minuta figura stava trascinando da troppo tempo la quale non mostrò alcun segno di rabbia per l’essere stata improvvisamente zittita: “Dimmi Magnus” la voce che prima era tintinnate come un regolo di vento che scuote gentilmente un campanellino ora si era fatta morbida e calda come il tocco lieve del velluto sulla pelle nuda. “Ora basta, sono stanco e penso che tu abbia parlato troppo.” Quando si voltò la sfumatura dorata dei suoi occhi era dilagata inghiottendo il verde e rendendo il suo sguardo pungente e ammaliante, d’istinto la ragazza abbassò gli occhi assumendo un aspetto di rispetto verso quell’essere che aveva vissuto dieci volte la sua vita: “Sono mortificata non volevo darti fastidio ma ho notato come fossi turbato dopo l’incontro e speravo di poterti distogliere dai tuoi pensieri” i grandi occhi da cerbiatta che prima vagano incerti per la stanza ora sicuri incontrarono quelli di oro fuso dell’uomo e un timido sorriso prese spazio sul suo volto: “Ma a quanto pare non ci sono riuscita”. Il rumore della tazzina posata senza leggerezza sul piattino incise il silenzio sceso tra i due, lo stregone si lasciò cadere su una sedia, il volto stanco e gli occhi ora fissi sul ripiano del tavolo; lo stupore colpì Darjeeling nel notare come il suo protettore le stesso mostrando per la prima volta un aspetto stanco, fiacco e in un qualche modo debole. Non era però la debolezza dei codardi o degli insicuri di cuore ma la debolezza di chi ha troppo volte visto la guerra per volerne un’altra. Una mano fresca e minuta si posò sul braccio dello stregone che alzò di poco il viso andando così a sbirciare la figura che gli stava di fronte. Lei sorrideva leggermente, nei suoi occhi stavano sospese parole di conforto che forse mai avrebbe pronunciato ma che Magnus apprezzò. Passarono minuti in cui rimasero lì fermi e in silenzio, e se qualcuno fosse entrato in quel momento forse avrebbe trovato singolare quella scena dove un uomo alto dal pelle color caramello giaceva esausto su una sedia, le mani premute sulle tempie mentre di fronte a lui una ragazzina dalla pelle di ceramica smaltata con fare quasi materno teneva una mano su un suo braccio in un segno di muto conforto, eppure per quanto particolare quella scena denotava un’atmosfera pacifica, che vibrava dolce nell’aria. Fu solo dopo alcuni minuti che lei parlò. “Sai quando venni portata da te per la prima rimasi colpita dal tuo aspetto perché sembravi un essere selvaggio, un incrocio tra il principe e la bestia e forse anche per questo ne ero attratta ma vedendo il tuo modo di comportarti, quell’essere costantemente annoiato dalla vita o non dare la minima importanza agli avvenimenti che ti circondavano mi faceva talmente arrabbiare, insomma tu avevi la possibilità di fare tutto ciò che a me era vietato ma non riuscivi a scorgerne il valore. Era come avere davanti agli occhi chissà quale meraviglia ma tu la calcolavi come un qualcosa di insignificante” fece una pausa notando come gli occhi dello stregone fossero puntati nei suoi con una sfrontata curiosità di conoscere il resto “cominciai sempre più spesso ad odiare l’idea di essere passata da una prigione all’altra e il fatto che tu non mi calcolassi minimamente mi faceva ammattire” uno sbuffo da parte di Magnus interruppe il suo racconto e la ragazza sorrise nel notare come nonostante i secoli alle spalle quello avesse assunto un’espressione imbronciata con tanto di braccia incrociate davanti al petto: “Che adulatrice” la risata che seguì quell’affermazione fu lieve come un refolo di vento: “Se mi lasci finire non te ne pentirai” e nel mentre diceva ciò le sue dita giocavano a disegnare invisibili ghirigori sul ripiano di legno. “Benché spesso trovassi quel tuo comportamento inadeguato ed infantile ti sono veramente grata per avermi non solo accolto nella tua casa ma anche nel tuo mondo. Mi hai dato un tetto sopra la testa e la possibilità di capire me stessa e di cosa sono capace. Sei riuscito a rendermi noto come questa forza che posseggo possa diventare un dono seppur io l’abbia sempre considerata una disgrazia. Non voglio sprofondare nel sentimentalismo quindi ti ringrazio per tutto, per quei piccoli gesti che mi hai rivolto ogni giorno” il silenzio che seguitò assomigliava a quell’atmosfera di dolce tensione di quando anche l’ultima reminiscenza della nota finale di una splendida melodia si dissolve nell’aria e il pubblico riesce ad attendere solo un respiro, breve, troncato dall’enfasi per poi esplodere in un boato di grida di stupore. E coì’ alla fine di quel mazzo di parole pronunciate da una voce fattasi d’improvviso seria e profonda, Magnus attese solo un battito per poi meravigliato stringere di slancio le mani di Dajeerling. Una commozione profonda strinse il suo cuore nel ricordare quelle parole che vibranti restavano ancora nella cucina. Le sorrise recuperando lentamente il contegno perduto, per poi dirle: “Apprezzo veramente molto le tue parole. Sai Darjeeling tu hai la straordinaria capacità di riuscire a parlare con gli occhi, per questo non necessitavo dei tuoi ringraziamenti ma sentirmeli dire mi ha reso comunque molto felice. E ora vai a letto prima che il mio io sentimentale esca fuori anticipandoti mesi di paghetta” l’ultima frase venne pronunciata con quel tono melodrammatico tipico del lato infantile di Magnus e che ricevette in risposta una risata cristallina da parte della ragazza che balzò giù dalla sedia e rapida come un topolino schioccò un lieve bacio sulla guancia ruvida di barba dello stregone per poi saltellando allontanarsi dalla stanza. Le dita affusolate di Bane sfiorarono la guancia e un sorriso dolce vestì le sue labbra. Fissò lo sguardo nella tazzina di vetro dimenticata come un relitto in quel mare di parole. Il te di colore nero era ormai freddo ed imbevibile ma Magnus sorrise nel ricordarsi il nome della marca. Darjeeling, ovvero il pregiato tè nero proveniente dall’India. Era da lì che la sua piccola ospite aveva preso il nome, un nome unico e sicuramente non appropriato per una persona. E con lo guardo perso nell’oscurità del liquido lo stregone ripenso ad una notte di alcuni mesi prima.
Se c’era qualcosa che riusciva a confondere e a stupire contemporaneamente Magnus Bane, oltre al fatto che riuscisse ad essere attraente con un qualsiasi capo d’abbigliamento, quelli erano i temporali estivi, dove le nuvole si accalcavano veloci per piangere tutte insieme non lasciandoti neppure il tempo di trovare riparo e poi con la stessa velocità si diradavano lasciando libero il sole come bambine dispettose che fuggono via dopo averti giocato. E fu proprio durante uno di quei giorni, in cui lo stregone preferiva restare a casa che affrontare quel tempo capriccioso, che un improvviso forte bussare interruppe la sua quotidianità. Sospirando Magnus si diresse verso quel suono giurando sul Presidente Miao che se si fosse trovato davanti un Nephilim o una qualsiasi persona legata a loro avrebbe dato sfogo a suon di incantesimi urticanti a tutto il fastidio che stava provando nel dover raggiungere la porta. Ma appena aprì ciò che vide sul suo pianerottolo lasciò basito lo stregone millenario che diciamocelo ne aveva viste di belle. Una figuretta minuta avvolta in un mantello scuro stava davanti all’uomo talmente zuppa da aver formato una piccola pozzanghera sullo zerbino, stava a testa bassa e tremiti scuotevano il corpicino: “Chi diavolo sei?” dando sfoggio della sua educazione da gentiluomo così Bane si rivolse alla figura la quale al sentire ciò alzò lo sguardo. E così gli occhi felini di Magnus incontrarono quello che in futuro descrisse come essere: “La prova tangibile di come le apparenze ingannano visto il carattere nascosto dietro quel viso adorabile”. Adorabile infatti fu il primo pensiero dell’uomo nello scorgere l’aspetto di quella ragazzina, perché si davanti alla porta di uno stregone infagottata in un mantello troppo grande stava una ragazzina con un piccolo viso ovale dalla pelle lattea che sembrava rifulgere di una luce soffusa, grandi occhi di un castano verdastro erano incastonati sotto un paio di sottili e leggermente arcuate sopracciglia scure ed ornati da folte ciglia; aveva un nasino piccolo rosa per il freddo, una bocca sottile dalla forma piacevole e di un colore particolare perché tendeva al rosso pur non sembrando che portasse rossetto, i capelli sciolti sulle spalli erano di un castano scuro ma essendo in gran parte bagnati non se ne poteva chiaramente definire il colore; e nel mentre Bane si perdeva a pensare che oh si il rosa sarebbe stato perfetto con la sua carnagione ed i capelli così scuri, quell’esserino parlò: “So bene di sembrare in questo momento inopportuna visto che sto bagnano il tuo pianerottolo e non mi sono presentata ancora ma visto che tu non hai mostrato certo un miglior livello di educazione potresti farmi anche entrare visto che sto morendo di freddo” anni di sarcasmo sottile furono seriamente sconfitti da una sola frase pronunciata da qualcuno che aveva probabilmente un decimo della sua vita e venti-venticinque centimetri in meno. Diciamo che non fu un buon inizio. Scostatosi un poco dalla porta lo stregone permise a quell’imprevisto di entrare, improvvisamente menefreghista dell’acqua che avrebbe potuto rovinare il parquet. Il mantello venne lanciato malamente per terra e la ragazzina restò con solo una lunga veste da notte bianca addosso: “Non sai ragazzina che il tempo delle camicie da notte è passato da un pezzo?” domandò nel tentativo di riacquistare un po’ di credibilità. “La donna che mi ha ospitato aveva solo questa da darmi per la notte.” Seguì una pausa nella quale sembrò indecisa se rivelare o meno quelle parole che pungevano sulla lingua ed alla fine della breve battaglia vinse l’impulsività: “Lei non sa che me ne sono andata e non avevo tempo di vestirmi per questo sto indossando beh questo” e indicò la lunga veste dalla linea semplice. Bane si sedette sul morbido divano lo sguardo fisso negli occhi fiammeggianti dell’ospite che stava nel suo salotto, esalando un sospiro disse: “Bene ora passiamo agli argomenti seri. Perché sei qui? Cosa vuoi? Chi sei? Spero perdonerai la schiettezza ma non posso trattarti altrimenti visto il modo in cui sei piombata a casa mia” finse di ignorare il “in verità ho bussato” mormorato a mezza voce e con un gesto secco della mano fece apparire una tazza fumante di thè lasciando la sua ospite spiazzata per alcuni secondi. Come incantata dall’avvenimento appena accaduto la ragazzina inclinò la testa da un alto studiando la tazza che per diamine era vera sicuramente ma era apparsa dal nulla e Magnus seguendo il suo sguarda meravigliato non poté far altro che sorridere orgoglioso: “e pensa che questo è nulla”. Riacquistato improvvisamente tutto quel contegno suscettibile la ragazzina si sedette per terra, la veste da notte che frusciava ad ogni suo movimento ad accentuare il suo naturale pallore. Un respiro profondo e cominciò: “Caro Magnus, so che la mia ultima lettera risale a poco tempo addietro e spero che questa non ti recherà troppo disturbo benché sono certa che dopo averla letta sarai alquanto interessato alla mia proposta. Devi sapere che fino a qualche giorno fa mi trovavo in Galles, per motivi a te già noti, e non puoi immaginare come la bellezza dei suoi paesaggi riesca a commuovermi ogni volta. Sai non pensavo che il cielo potesse rispecchiare così perfettamente i suoi occhi, oh Magnus so che sto sproloquiando ma dovresti veramente accompagnarmi una volta o l’altra. Ma tornando al discorso di prima nel mezzo del mio viaggio, sorpresa dalla pioggia, ho trovato asilo in un vecchio orfanotrofio ed è qui che ho fatto un incontro singolare. Infatti la donna responsabile mi disse che avrei potuto parlare con i bambini se lo desideravo ma di prestare attenzione ad una in particolare perché questa era stata etichettata come figlia del demonio. In confidenza mi è stato detto da questa che quel nomignolo la bambina se l’era guadagnato col portare avanti un atteggiamento molto aggressivo nei confronti di tutti lì in paese. Ho saputo inoltre che sua padre era una figura immersa nel mistero un forestiero probabilmente e che sua madre era morta di parto. Come ben sai non sono riuscita a frenare la mia curiosità e mi sono bastati solo un paio di minuti in compagnia di questa bambina particolare per accorgermi che questa non è nient’altro che una strega. Ho adottato questa piccola selvaggia e so già che mi darai della sciocca nell’agire così d’impulso ma dovresti vederla è così bella da lasciarti senza parole. Comunque non ti sto scrivendo solo per il piacere di raccontarmi una delle mie avventure ma per chiederti, se è possibile, un grande favore. Come ben sai a discapito della mia natura possiedo una scarsa conoscenza della magia e non saprei proprio come diventare la tutrice di una mente così brillante, per questo ti chiedo se fossi così gentile da accettare il ruolo da tutore che ti sto offrendo. So che sei uno spirito nomade ma non so proprio dove mettere le mani e non potrei sopportare di vedere un potere come quello di questa ragazzina andare perduto o omesso per la mia incompetenza. Sai bene come il mondo può essere crudele e quanto poco basti per finire nei guai. Ti chiedo quindi di pensare alla mia proposta e di farmi risapere qualunque sia la tua risposta. Ti abbraccio con affetto. Tua Tessa. P.S purtroppo lei non ha un nome ed ha rifiutato tutti i miei suggerimenti quindi non so ancora come chiamarla.” quando la ragazzina finì di parlare o meglio di ripetere Magnus Bane non seppe per la prima volta nella sua vita, cosa dire. Davanti a lui stava quindi una possibile strega sfuggita alla custodia di Tessa, che aveva viaggiato da sola per chissà quanto tempo e che gli aveva appena ripetuto una probabile lettera a memoria. Quella situazione stava veramente sfociano nell’assurdo: “Tu resta qui” sibilò alla ragazzina lasciando che gli occhi si mutassero in quelli affilati di un gatto, segno del potere che permeava le sue vene. Furono necessari solo pochi squilli perché la voce assonnata di Tessa bucasse il rumore del telefono: “pronto?” “Tessa sono io Magnus” “Magnus? Perché mi stai chiamando? E hai idea di che ore siano qui a Londra?” “Penso che tu abbia smarrito qualcosa. O forse è meglio dire qualcuno” in risposta a ciò sentì un rumore come di passi e dopo alcuni minuti la voce della donna trasudava ansia “Oddio la ragazzina, lei non è qui. Magnus come fai a saperlo?” un sospiro venne nuovamente emesso dallo stregone: “Forse perché la tua adorabile protetta è qui a casa mia fradicia di pioggia, con addosso una veste da notte e un caratterino piuttosto indomabile a farle compagnia.” Tessa dall’altro capo del telefono respirò profondamente borbottando qualcosa come “Non avrei dovuto dirglielo” “Di grazia Tessa potresti dirmi cosa non avresti dovuto dire perché ancora la mia pazienza non è stata del tutto distrutta dal sarcasmo assassino di quella sottospecie di strega” “Ecco diciamo che da quando lei si è resa conto di cosa è ha manifestato un grande desiderio di imparare ed io le aveva accennato che forse sarebbe potuta andare a lezione da uno stregone molto famoso e potente e penso che lei non abbia saputo aspettare la tua risposta” “Tessa non è e neanche riuscita ad aspettare che la lettera mi arrivasse ma dopo che si è presentata qui ha saputo ripetermela per filo e per segno ricordandosi pure il post scriptum, io neanche l’avrei notato.” Esclamò esasperato Magnus nella cornetta sperando che la donna all’altro capo comprendesse in che razza di situazione l’aveva cacciato, insomma era uno stregone rispettabile non un baby-sitter ed in più la sgarbatezza di quella ragazzina l’aveva privato della voglia di insegnarle anche il più insignificante degli incantesimi: “Ti prego Magnus prova ai parlarle, ha un potere straordinario e sono certa che con i tuoi infallibili insegnamenti riuscirà in poco tempo ad emergere. Ti chiedo solo di darle del tempo, renditi conto che questa ragazzina per tutta la vita è stata etichettata come uno sbaglio, come una persona senza valore e senza capacità, lei era la figlia del diavolo. Pensa a come questa scoperta abbia totalmente capovolto la sua vita, da incapace a potente, da scherzo della natura a parte di essa. Sono sicura che tu meglio di chiunque altro puoi capirla.” Il silenzio in cui mutarono le parole di Tessa lasciò allo stregone il tempo di riconsiderare quella proposta. Gettò uno sguardo al salotto e sobbalzò nel vedere come il Presidente Miao si stesse godendo le lievi carezze che la streghetta picchiettava sul suo dorso. Una frase colpì la memoria di Bane come una scudisciata “Esco solo con persone che piacciono al mio gatto”. “Va bene Tessa, non ti assicuro niente ma ci proverò. Ah e se dovessi ricevere a breve la tua protetta smontata pezzo per pezzo sappi che non sarà mia la colpa ma della sua lingua tagliente” una risata seguì quella frase e poi la donna rispose con voce pacata “Ti ringrazio di cuore sono sicura che neanche tu te ne pentirai”. E così era iniziata quella convivenza forzata con un Magnus che si assicurava di far pagare alla streghetta tutte le sue frecciatine che quella scoccava con sadica precisione. Con il passare del tempo Magnus aveva dovuto dare ragione a tutti gli effetti all’amica. La ragazzina era veramente dotata, soprattutto possedeva la dote rara di riuscire a comunicare emozioni o stati d’animo solo attraverso il cambiamento della voce. Era una virtù comune alle sirene il che fece capire allo stregone che dietro alle sue origini si celavano più incroci di razze. Il segno di riconoscimento della gallese erano le orecchie dalla forma appuntita simili a quelle di un pipistrello che lei si premurava sempre di nascondere con i lunghi capelli. Benché i rapporti tra i due non erano di certo migliorati Magnus si era promesso di compiacere Tessa e cercava in tutto i modi di impartire le nozioni fondamentali della magia alla sua ospite cocciuta. Ospite che continuava a non avere un nome. Sembrava infatti che lei non si sentisse pronta a prendere un nome come se necessitasse di un qualche avvenimento significativo per spingerla ad accettare un nome quindi una nuova identità e vita. E quel momento si verificò quando in una soleggiata mattina ella riuscì senza fatica a far germogliare un piccolo seme. Prima sul palmo della sua mano stava un minuscolo puntino nero e l’attimo dopo un piccolo germoglio di un verde acceso giaceva nel piccolo palmo. Fu la prima volta che lo stregone si complimentò con la sua allieva e che questa gli rispose con un sorriso estasiato, gli occhi erano scintillanti pietre di felicità.”Cos’è questo germoglio?” chiese curiosa “Quello che hai appena fatto sbocciare era un seme di una pianta di te nero proveniente dall’India.” “Davvero? E come facevi tu ad averlo?” “Si dà il caso che io preferisca macinare i semi per poi ottenere un tè molto più forte che comprarlo già fatto come quei poveri mondani.” e nel mentre Magnus spiegava stizzito i suoi gusti in fatto di bevande la ragazzina sorridendo si rigirava tra le mani il piccolo germoglio conscia del suo potenziale. “Qual è il nome?” alzo lo sguardo incatenandolo a quello sorpreso di Bane “Intendo del tè” “Darjeeling” fu la risposta dello stregone e allora con gli occhi illuminati da un forte senso di determinazione la strega firmò con un nome l’inizio di una nuova vita “E allora da oggi il mio nome sarà Darjeeling”
 
                                          
  
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