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Autore: BlackBlueSoul    01/07/2014    3 recensioni
Sono passati quattro anni da quando Maka e Soul hanno sconfitto il Kishin Ashura, e ne sono passati tre da quando un incidente li ha portati a separarsi: lei è partita per il mondo degli umani, lui è rimasto a Death City.
Le possibilità si ritornare ad essere Technician e Weapon sono minime, e Maka lo sa benissimo, ma un terribile avvenimento sta per riportarli di nuovo sotto i grandi teschi della Shibusen...
Attenzione: la storia è basato sul manga, che ha un finale totalmente differente dall'anime. Provvederò a inserire uno spoiler non appena si renderà necessario che si sappiano i precedenti... Nel frattempo, buona lettura ;D
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maka Albarn, Nuovo Personaggio, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le Mille Linee Delle Lunghezze d'Onda

 

Capitolo 10

 

 

 

I pensieri di Maka correvano veloci, tutti inevitabilmente in direzione della sua Death Scyte, altrimenti noto come lo stupido idiota.

Soul avrebbe potuto accennare alla questione mentre erano in aula o mentre camminavano; avrebbe potuto fermarla, per una volta, mostrandogli il suo punto di vista e costringendola a ragionare. E invece, no. Non ne aveva fatto parola, preferendo tirarsi fuori non appena ne aveva avuto la possibilità, scappando persino da Stein, il suo secondo Meister.

Indizi silenziosi, questi, che le urlavano chiaramente come lui non avesse affatto superato l'incidente: ci si era aggrappato con tutte le sue forze, finendo di nuovo a colpevolizzarsi per qualcosa di cui lei era stata la causa.

Stupido. Idiota.

Stein le aveva detto che la reticenza di Soul non era un risultato improbabile visto l'incidente che avevano avuto: la Death Scyte versava in uno stato delicato, in bilico tra sanità e pazzia; ed era altamente rischioso per lui sottoporsi a ciò che Maka aveva in mente di fare per recuperare i fili della sincronizzazione. Doveva stare particolarmente attenta, soprattutto visto che lui era abbastanza stupido e idiota da volerci provare comunque.

E per quanto tutto questo influisse sullo stato d’animo di Maka, portandola a un passo dal comprare un dizionario di latino e inaugurarlo sulla fronte della sua Death Scyte, ciò che in definitiva la mandava in bestia era che non aveva percepito nulla di strano in Soul. Non c'era nulla di mancante nell’anima che credeva di conoscere meglio di chiunque altro, o almeno, questo era quello che credeva. Ma si era sbagliata, e al danno si era aggiunta la beffa: lui era riuscito a percepire il suo Soul Protect, mentre lei, lei che si supponeva essere quella in grado di leggere le anime, non aveva sentito proprio nulla. Era come se tutta l'istintiva comprensione verso suo compagno fosse scomparsa, forse consumata dai pensieri, forse perduta con la lontananza. Tre anni prima le bastava soltanto guardarlo in faccia, e ora non lo capiva più nemmeno se si spremeva la meningi. E infine, non capiva come avesse potuto dirle che voleva imbarcarsi comunque nella risincronizzazione. Orgoglio? Senso di colpa? Stupida idiozia? Tutte e tre?

«Maka».

Scattò involontariamente. «Che vuoi?!».

Lo vide parare il colpo irrigidendo le spalle. «… Nulla».

No, non poteva, non doveva, non gliel’avrebbe permesso. «Non ci provare!».

«A fare cosa?».

«A fare finita che non sia successo nulla», ringhiò.

Soul la inchiodò con gli occhi. Lui riusciva ancora a capirla al volo. «... Non voglio litigare con te».

«Neanche io, ma...».

«E non voglio nemmeno parlarne», la interruppe, brusco.

«Non possiamo rimandare all’infinito!».

Si erano involontariamente fermati in mezzo alla strada, deserta.

Era più o meno mezzogiorno - il tempo dal loro scontro con Kidd era scorso in un lampo - e la gente era occupata a preparare da mangiare mentre loro affilavano i coltelli l’uno sulla pelle dell’altro.

«Maka, sinceramente, c'è davvero qualcosa che valga la pena dire?», sussurrò Soul allora, e per la prima volta da che lo conosceva Maka vide il gelo espandersi nei suoi occhi rossi. «Ho tentato di mangiarti l’anima, e l’ho fatto perché ho perso la testa. Non sono stato abbastanza forte da proteggerti da quella strega, ho perso la testa, sono impazzito e volevo finirti. Cos’altro c’è, da dire?».

Maka trattenne il respiro. Era spaventata. Non di lui, o non del tutto, almeno. Era spaventata dal vuoto dentro di lui, specchiato nel ghiaccio rosso e pungente che la stava sfidando a ribattere.

Quel vuoto era stato qualcosa che non aveva mai potuto ignorare e che aveva immediatamente imparato a rispettare, ma per un lunghissimo istante si domandò se l’avesse mai davvero capito, cos’era che bucava Soul da parte a parte. Se ci avesse mai provato, a capirlo davvero.

«Soul...».

«Maka», la sovrastò ancora.

«Non pensare di zittirmi usando il mio nome come se fosse una minaccia», la Technician ritrovò la risposta pronta, agganciandosi alla rabbia che lui aveva impresso in quelle due sillabe pronunciate a denti stretti. Rabbia che aveva anche lei, perché voleva capire, ma non ci riusciva, e l’unico che potesse spiegarle era anche l’unico che ci stava mettendo tutto sé stesso per impedirglielo.

Lui non rispose, ma non distolse lo sguardo.

«Fammi capire...», mormorò, del tutto intenzionata a non lasciar perdere. «Esattamente, come pensavi di risolvere la cosa?».

«Di sicuro non litigando».

«Non stiamo litigando».

«Strano», lui assottigliò gli occhi, c'era ancora il gelo. «Avrei giurato il contrario».

«MAKA!».

La bionda si voltò di riflesso, accorgendosi solo troppo tardi che non avrebbe dovuto cedere alla lotta di sguardi.

«Zoey?», riconobbe la bambina. Stava venendo loro incontro correndo come una forsennata. «Che ci fai qui? Credevo fossi a casa con Milo. Ti avevo detto...».

«Avevi detto che c'era la possibilità che trovassi un Meister qui alla Shibusen! In questi giorni ho provato a farci un giro. E mi sono fatta un sacco di nuovi amici! Ce n'è uno che è super simpatico, si chiama Aar...».

«Zoey».

L'entusiasmo della bambina evaporò all'istante.

«Ti avevo detto di non allontanarti da Milo per nessun motivo».

«Lo so, però...».

«Niente scuse!», Maka la stroncò, imponendosi con la voce. «Devi smetterla di fare sempre di testa tua, e devi smetterla di ignorare quello che io e Milo ti diciamo!».

«... Tu e Milo?», sottolineò Soul, sarcastico.

Maka strinse le labbra, una pallida reazione alla pugnalata che lui le aveva idealmente piantato nella schiena. Non era stato tanto il tono, quanto il contenuto e i sottintesi conseguenti che l’aveva colpita su un nervo scoperto, perché Soul aveva ragione, su lei e Milo.

«Beh», fece lui, tirando fuori un altro sorrisetto sarcastico. «Spero solo che sappia prenderla in modo sportivo».

E di nuovo, lui aveva capito, e lei no.

Maka perse le staffe. «Ma che diamine stai dicendo?».

«Allora andiamo in mensa?».

Quel cambio di discorso la spiazzò definitivamente.

«In mensa?», si intromise Zoey. «Ma avevi detto che pranzavi con noi, Makasan...».

«Infatti è così», lo fulminò alla fine. «Ci andremo tutti insieme».

Soul fece schioccare la lingua contro il palato, facendola innervosire ancora di più. «Bene…», commentò poi, avviandosi.

Maka riesumò in un millesimo di secondo almeno mille motivi per sfracellargli il cranio con un Maka-Chop, ma si rese conto che picchiandolo non avrebbe ottenuto nulla se non di doverlo trascinare per i capelli fino alla Shibusen.

«Dov’è Milo?», si risolse a chiedere alla bambina, dopo aver sputato un sospiro frustrato.

«Probabilmente ci sta venendo incontro, prima mi stava inseguendo», rispose Zoey, tranquilla. «Va tutto bene, Maka?».

«Va benissimo», sibilò. «Davvero benissimo».

 

 

 

~

 

 

 

... Che cosa diamine le era venuto in mente?

Soul le era seduto accanto, Zoey era di fronte a lei, Milo era opposto a Soul, e nessuno sembrava in gran vena di fare conversazione, a parte Zoey.

Le occhiate neanche troppo furtive degli studenti non aiutavano certo nessuno di loro a rilassarsi, infilzandoli come pezzi di carne su un macabro spiedo di parole sussurrate, cenni, risatine.

Davvero, cosa diamine le era venuto in mente?!

Come aveva potuto riunire la sua Death Scyte, la falce che si era portata dietro dal Giappone e suo fratello impropriamente geloso allo stesso tavolo della mensa della Shibusen?

Persino Zoey aveva immediatamente subodorato la tensione che correva tra Soul e Milo, e cercava di tenere occupato con un fiume di parole l'altrimenti silenzioso tavolo, mentre Maka era occupata a girare e rigirare le informazioni che le aveva passato Soul.

Aveva perso la testa. Era impazzito. Voleva finirla.

Ma non era così che l'aveva percepito lei. Aveva analizzato spesso quello che era successo, e la conclusione era stata che la paura era derivata dalla sensazione soffocante, non dal suo attacco. Era stato come se volesse avvolgerla, chiuderla in un bozzolo, imprigionarla dentro di lui. Come se non volesse che la sua anima si distaccasse da lui...

«... qui. Potrebbe andare bene secondo te, Maka?».

«C-come?», sentir pronunciare il suo nome la riscosse dal tumulto di pensieri che la stava investendo, costringendola a sollevare gli occhi dal piatto.

«Aaron mi ha chiesto di diventare la sua Arma», riassunse la bambina, paziente. «E a me piacerebbe dirgli di sì, ma finché non mi iscrivo alla Scuola non posso iniziare a fare gli allenamenti con lui!».

Non era sicura che fosse una buona idea. Zoey era infettata con il sangue nero, esattamente come Soul. Quanto era serio il rischio del contagio?

«Come facciamo a sapere se questo Aaron sia affidabile?», borbottò intanto Milo.

A volte era fin troppo protettivo nei confronti della sorella. Non che lo facesse di proposito o con cattiveria, ma il più delle volte finiva per mettere alla sorella i bastoni tra le ruote, o peggio, minare la sua autostima.

«Perché è uno dei miei allievi migliori», rispose piatto Soul. «E perché ieri mattina hanno lavorato bene insieme».

Milo fece ruotare gli occhi, praticamente snervato. «Anche lei e Maka lavorano bene insieme. Cosa c'entra?».

«C'entra – Maka si intromise immediatamente, prima che Soul si trasmutasse in falce e tagliasse la testa a Milo – per il fatto che sono riusciti molto bene in esercizi che testano la fiducia innata tra Weapon e Technician. E visto che non si conoscevano, il loro successo non fa che sottolineare l'appropriatezza della coppia. Non dico che siano fatti per stare insieme, ma sono sulla buona strada», spiegò, poi si rivolse a Zoey. «A proposito, lui dov'è?».

Zoey guardò verso destra, poi puntò con l'indice: «Laggiù, al penultimo tavolo».

Lo individuò. Anche Aaron non era molto grande, probabilmente si aggirava sugli undici anni; aveva i capelli mori e sembrava non sapersi togliere il sorriso dalle labbra. Si concentrò, e ne vide l'anima. Era di un bel colore, blu pacifico e intenso, l'opposto di quella arancio neon di Zoey. Lo sguardo poi le scivolò sull'anima di Milo – bianca, come tutte quelle degli esseri umani – e infine su quella di Soul.

Deglutì e il boccone le andò di traverso.

Era diventata grigia.

Il colore dell'anima di Soul era sempre stato indefinito, di un azzurro impalpabile e trasparente, ma qualcosa era cambiato. Sembrava malato. Come era stato possibile? Che l'aver seppellito la pazzia lo avesse in qualche modo reso meno sé stesso? Eppure la sentiva, la sua pazzia! La sentiva anche in quel preciso istante, debole sì, ma radicata e insita in lui...

«Visto qualcosa di interessante?».

Incrociò gli occhi della sua Buki. Odiava quando faceva l'indisponente.

«Nulla che tu non sappia già», ribatté, fremendo.

Soul fece un sorrisetto strafottente. «E allora perché hai quel muso lungo?».

Io te l'avevo detto, che non c'era nient'altro da dire, stava ripetendo, tra le righe.

Maka mantenne il contatto visivo, le parole le uscirono prima che potesse ragionarci sopra un attimo di più. «Io non ti riconosco più».

E il sorrisetto cadde come una ghigliottina sul tavolo, insieme a un silenzio tombale.

«Ho finito», annunciò quindi. Adesso, anche lei si sentiva vuota. Un abisso ambulante. «Scusatemi, ma devo andare in biblioteca».

Afferrò il vassoio ancora mezzo pieno e prima che qualcuno potesse fermarla se ne andò.

Si rese conto soltanto quando le venne il fiatone che aveva iniziato a correre. Anzi, a scappare. A scappare lontano dall'idea che il Soul che aveva ritrovato non era il Soul che aveva lasciato, e che la spaventosa possibilità di non poterlo mai più riavere indietro esisteva davvero.

La biblioteca era sempre l'unico luogo in cui aveva potuto stordirsi abbastanza da ignorare i pensieri. I libri l’aiutavano a vedere la realtà in cui si era ritrovata invischiata fino al collo da un altro punto di vista, uno esterno, asettico, obiettivo.

Se voleva togliersi dalla testa quegli angoscianti sussurri che decantavano la sua impotenza doveva affondare il naso in un libro. Subito.

Schizzò verso la scaletta a chiocciola più nascosta, salì fino in cima, svoltò a sinistra, corse fino in fondo al corridoio, si infilò tra le scaffalature alte e strette, ricolme di libri. Era dalla parte opposta dell’entrata, nell’angolo dimenticato dalle stesse bibliotecarie.

Il profumo delle pagine compì l'effetto sperato, calmandola, uniformando i battiti.

Prese un tomo caso dalla scaffalature color noce e si lasciò cadere nel pouf che serviva come postazione di lettura ma, malgrado le sue intenzioni, riportò alla mente uno stralcio di conversazione avvenuto neanche mezz'ora prima.

«... Che cosa devo fare, professore?», aveva domandato, seduta sul divano morbido della casa di Stein e quasi sovrappensiero.

«Non credo di essere il Technician a cui dovresti domandarlo», le aveva risposto, tranquillo.

Lei aveva fatto risuonare un tsk insoddisfatto. «Io non ho la più pallida idea di cosa fare per far ritornare tutto come prima».

«Non ci riuscirai, Makasan», l'aveva contraddetta. «Non riuscirete a tornare come prima. Ma questo non significa che non possiate far funzionare comunque la sincronizzazione. La vostra risonanza non è mai stata del tutto perfetta, lo sai meglio di me, eppure, funzionava».

«Già, funzionava... E non ho mai capito perché».

Stein aveva ragione. Non sarebbe riuscita a far tornare le cose come prima, perché loro non erano più quelli di prima. Ancora prima di pensare a Soul, lei stessa non era più soltanto una Meister. Finché lui non avesse saputo che era cambiata, finché non avesse capito con cosa aveva a che fare, non sarebberi riusciti a ripartire, e forse, visto che lei non sembrava in grado di capire lui, per quella volta poteva essere lui a fare un passo verso di lei.

«... Sapevo che ti avrei trovata qui».

Il sussurro di Soul le fece alzare la testa, lentamente. Maka aveva sentito la sua anima avvicinarsi, prima agitato, poi arrabbiato, poi di nuovo agitato.

«Non so cosa mi sia preso», mormorò lui, affondandosi la mano nei capelli della nuca e guardando a terra. «Mi dispiace. Sul serio».

«Soul». Attese che lui alzasse lo sguardo, per continuare. «Vuoi essere davvero la mia Buki?».

La Death Scyte spalancò gli occhi. «M-ma certo che voglio essere la tua Buki! Che domande dal cavolo fai?».

Maka si alzò, e si strinse nelle spalle.

Era un salto nel buio. Aveva il cinquanta percento di possibilità che Soul reagisse positivamente e il cinquanta percento che la rifiutasse, inorridendo.

Lo guardò negli occhi, fissa, scrutando. Non vedeva il fondo di quell'abisso, non sapeva nemmeno se il fondo ci fosse davvero, ma si buttò comunque.

Dopotutto, non era lei, quella disposta a mettere in gioco anche la propria vita?

«... C'è una cosa che devi vedere».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________

Zan zan zaaaaan!

No, non guardatemi così per favore, ho dovuto fermarlo sul più bello. Apprezzerete di più quello che sta per succedere se viene narrato dal punto di vista di Soul u.u

 

L'angoscia ha ripreso la sua parte di protagonista in questo capitolo, per l'orrore di tutti (io per prima) ma purtroppo nemmeno Maka - o meglio, questa Maka, che per come la vedo io nasconde molto più di quanto non voglia ammettere anche a sé stessa - ne è immune. Finirà di certo, ma non saprei dirvi esattamente quando. So che è pesante vederli così, ma ho pronte in riserva un paio di one-shot che alleggeriranno la tensione. Non appena saremo a un punto della trama che mi permetterà di pubblicarle, mi assicurerò che vi facciate due risate :D

 

Altra cosa che vorrei commentare è che ho cambiato un po' il mio stile di scrittura, e dalle recensioni dello scorso capitolo direi che traspare xD voglio rassicurarvi, non credo che continuerò in questa direzione: per quanto mi piaccia la narrazione cadenzata e ripetitiva, so che è pesante da leggere. Quindi la tattica sarà la seguente: prima scrivo usando tutta la mia più estrema melodrammaticità, poi alleggerisco il più possibile, mantenendo le parti migliori. In questo capitolo ho fatto così, e il risultato non mi pare malaccio. Spero comunque di non essere risultata troppo pesante... ma questo dovete dirmelo voi! XD cosa si respira in questo capitolo?

 

Voglio infine dedicare un ringraziamento speciale a tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo per le bellissime parole che mi avete rivolto e per l'apprezzamento che avete dimostrato, mi avete davvero riempito il cuore di felicità ç.ç

Un grazie di cuore anche a chi legge, segue e preferisce! Fa piacere sapere che la mia fic intrippa così tanto, mi fate sentire che sto di portando avanti qualcosa di bello *^* grazie grazie grazie!

 

High five, buone vacanze e al prossimo aggiornamento! :D

 

 

 

~ BBS

  
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