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Autore: Its Ellie    02/07/2014    1 recensioni
Parigi, la neve e la Tour Eiffel.
Caroline Mathers aspetta tra i fiocchi ghiacciati il suo destino. La speranza l'ha condotta fin lì.
Ma sarà un'attesa vana o sarà servita a qualcosa?
"Cosa ci faceva lì? Davvero aveva assecondato quell’assurda idea? E se poi lui l’avesse delusa un’altra volta?
Una chiamata durata appena un minuto. “Vieni a Parigi, ti aspetto”. E lei, che aveva giurato di lasciarsi il passato alle spalle – come se fosse possibile, ma se n’era voluta convincere – aveva esitato appena due secondi prima di decidere, in cuor suo, che l’avrebbe fatto.
La speranza non moriva."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ah, Paris.

Neve.
L’unica compagna di Caroline, in quel momento. Fiocchi che scendevano dal cielo come una benedizione e baciavano i palazzi, le strade e le persone, avvolgendoli in un freddo abbraccio.
Turisti da ogni parte del mondo camminavano con il naso rivolto verso l’alto ad ammirare l’imponente torre di ferro che regnava sulla città come una regina sul suo impero. Gridavano in almeno dieci lingue diverse, ma l’ammirazione e quel tono trasognato con il quale anche Caroline aveva esclamato “Guarda che bellezza!” erano riconoscibili in tutte.
Si strinse nella pelliccia costosa – che, insieme a quei riccioli biondi apparentemente molto curati, ma ai quali in realtà non era dedicata nessuna particolare attenzione, e agli occhi verdi risaltati dal trucco chiaro – la faceva sembrare una di quelle donne eleganti che sembravano vivere nella città dell’amore da una vita e chiunque le guardasse poteva capire che quello era il loro posto e non avrebbero dovuto essere da nessun’altra parte. In realtà quel cappotto le era stato regalato dall’amica Lindsay, che aveva avuto la fortuna di sposare un uomo d’affari con un patrimonio dal valore inestimabile, che ogni settimana le regalava un paio di scarpe Prada o una borsa di Hermes e che lei usava sì e no due volte, dei quali poi si stufava subito e li passava a Caroline. A dire il vero non era il suo stile, ma quando la donna aveva bisogno di fingere di essere qualcun altro per un po’ – in quel caso un’elegante signora che aveva fatto di Parigi il suo regno – potevano tornare utili. Le piaceva recitare negli spazi pubblici, dove nessuno la conosceva ed era facile venir scambiati per qualcuno che in realtà non si era.
Già. Nessuno poteva sapere che in realtà era una semplice commercialista che abitava in una piccola cittadina della Scozia.
Caroline chiuse gli occhi. Non aveva bisogno di fotografare all’impazzata la torre come il resto delle persone che la circondava. Conosceva già tutti i particolari della costruzione, dettagli impressi a fuoco nella memoria. In un attimo l’illusione svanì e ritornò sola, immersa nel mare dei ricordi.

Eccola di nuovo davanti alla Torre Eiffel, stavolta d’estate, avvolta in un lungo vestito a fiori. Sta gridando qualcosa, sorride, gli occhi si socchiudono dietro gli occhiali da sole, il dito che punta verso il monumento. Qualcuno ride. Il cuore perde un battito.

Riaprì gli occhi, spaventata dalle emozioni che pensava di aver sepolto una volta per tutte, ma che in realtà tornavano sempre. Sempre. Ma la magia ormai era cominciata e lei, rapita, non poteva sfuggirle. O forse non voleva. A volte è bello lasciarsi scavare dai ricordi, anche se sono dolorosi, soprattutto se sono dolorosi.

Ed è lì, anche se non riesce a crederci. È circondata da una soffusa penombra, c’è silenzio, un silenzio rispettoso. Per parlare si deve sussurrare, ma non c’è bisogno di parole. Può essere solo un posto. Notre-Dame. Le vetrate variopinte rendono l’ambiente surreale. È tutto
troppo bello. Una mano la stringe, un calore familiare l’avvolge.


Ancora.

La Monna Lisa, dama misteriosa, le rivolge il suo sorriso – ma è davvero un sorriso quello? – dall’altra parte della teca. Tutti la stanno fotografando. Caroline se la immagina attraversare il tappeto rosso con quel suo sorrisetto accennato, a godersi i fotografi che la circondano e l’acclamano. È un pensiero un po’ assurdo, ma a Caroline piace. Il Louvre è un museo bellissimo, lei adora l’arte. Voleva fare l’accademia delle Belle Arti, diventare una pittrice, ma i suoi genitori non hanno voluto, opponendosi alla sua scelta e rimproverandola. In
quel modo avrebbe patito la fame, dicevano. Adesso fa la commercialista e neanche le piace.


Più cercava di scacciare i ricordi dalla mente, più la memoria si riempiva di altri episodi. Non poteva ignorarli. Era stata la sua miglior vacanza, i giorni più belli della sua vita. Con lui. Lui che la guidava attraverso le strade, che le indicava i monumenti più famosi, che conosceva quella città come le sue tasche, nonostante non vivesse lì, che la baciava davanti al chiosco del gelato, sporcandole le labbra di gelato alla nocciola, che la prendeva in braccio e se la portava a spasso per Place de la Concorde, che le regalava un pendente bellissimo lungo gli Champs-Élysées, che la conduceva sotto l’Arco di Trionfo. Lui.

“Sei pazzo!” esclama lei, spalancando i grandi occhi chiari. Lui le sorride, ed è un sorriso dolce, bellissimo, irresistibile. Il sorriso che l’ha fatta innamorare.
“Ho visto come lo guardavi” replica lui e i suoi occhi si velano di un’espressione furba. “Non gli staccavi gli occhi di dosso, te lo sei mangiato con lo sguardo.”
Lei non sa come ribattere. In effetti era rimasta a fissare incantata il ciondolo esposto in vetrina, chiedendosi le Lindsay gliene avrebbe mai regalato uno, finché lui non era entrato dentro la gioielleria e l’aveva comprato. Adesso lei lo guarda stupita, incredula, ma anche grata e innamorata come non mai.
“Grazie” mormora mentre lui glielo appende al collo. Sorride ancora.
“Ti sta davvero bene” commenta. Il suo è uno sguardo sincero.
“Non dovevi” continua tuttavia ad insistere lei. “Oddio, chissà quanto l’hai pagato...”
“Non importa” ribatte lui. Le prende la mano, la bacia a lungo, i respiri diventano uno solo, i cuori battono all’unisono. “Ho capito subito quanto ti piaceva.”
“Ah sì?” chiede lei dubbiosa.
“Sì” ride piano, dolcemente. “Era la stessa espressione con cui ti guardo io.”
“E cioè?”
“Come se gli occhi dicessero: quanta bellezza, chissà se potrà mai essere mia.”
“Io sono tua.”
“Già, e sei il mio gioiello più prezioso.”

Una lacrima involontaria le scese lungo la guancia, quasi come se fosse stata un riflesso incondizionato. Lei si affrettò ad asciugarla, per non rovinare il personaggio della donna sofisticata ed elegante che stava recitando. Sospirò e fu un sospiro carico di rimpianto e malinconia.
Cosa ci faceva lì? Davvero aveva assecondato quell’assurda idea? E se poi lui l’avesse delusa un’altra volta?
Una chiamata durata appena un minuto. “Vieni a Parigi, ti aspetto”. E lei, che aveva giurato di lasciarsi il passato alle spalle – come se fosse possibile, ma se n’era voluta convincere – aveva esitato appena due secondi prima di decidere, in cuor suo, che l’avrebbe fatto.
La speranza non moriva. Rimaneva lì, debole ma pur sempre viva, infondo al suo cuore, pronta ad infiammarsi non appena ne avesse avuto l’occasione. Era lì solo grazie a lei, che non l’aveva mai lasciata in quei cinque anni. Se c’era anche solo una minima possibilità che quel che pensava potesse avverarsi, allora ci doveva provare.
Un ultimo ricordo. Tornò il buio.

“Non riesco a credere che ce ne stiamo andando davvero” Caroline entrò controvoglia dentro l’aeroporto, lanciando un’ultima, nostalgica occhiata al cielo parigino.
“Su, non è mica un addio” la rassicurò lui, avvolgendole le spalle con un braccio. “Torneremo.”
Gli occhi di lei brillarono eccitati. “Dici sul serio? Quando?”
Lui rise divertito. “Come siamo impazienti! Presto spero, ma torneremo sicuramente.”
Caroline non stava già più nella pelle. “Ma è bellissimo! Non vedo l’ora.”
Lui le aveva rivolto uno sguardo dei suoi, con gli occhi azzurri che risplendevano come due piccoli soli e aveva detto...

“Ah, Parigi. La città dell’amore fa quest’effetto.”
Proprio così. Uno si convince di essere pronto, pensa di essere preparato da una vita, ma alla fine, quando arriva il momento, la meraviglia, lo stupore, la sorpresa sono sempre gli stessi della prima volta. Per Caroline fu proprio così.
Il cuore smise di battere, poi prese a martellare così forte che la donna temette le sarebbe balzato fuori dal petto. Un leggero tremito le scosse le gambe sottili, le ginocchia sembrarono cedere.
Poi arrivarono, una tirava dietro l’altra. Lacrime. Di gioia, di sollievo, di dolore, di rabbia, di solitudine, di rimpianto. Caroline, in quelle piccole gocce – piccole, sì, ma infinite – riversò tutte le emozioni, le sensazioni, i ricordi che per cinque lunghi anni aveva soppresso, nascosto, ignorato, ma non cancellato. La paura e il dubbio svanirono, sciogliendosi come i fiocchi di neve che contribuivano a rendere il tutto ancora più irreale, lasciando il posto ad un’immensa consapevolezza. La consapevolezza di essere ancora in tempo.
Lui sorrideva – ah, quel sorriso, non si rese conto di quanto le fosse mancato finché non se lo trovò lì davanti – e gli occhi azzurri, profondi – due oceani sempre inquieti – lasciavano trapelare un’emozione così forte che per un attimo furono tutto ciò che Caroline riuscì a vedere. Sapevano di passato. Così dannatamente familiari, proprio loro. Li aspettava da una vita.
Lui la strinse a sé. Braccia come ancore.
Sospiri come preghiere.
Un bacio. Il bacio.
Tutto ciò di cui Caroline aveva bisogno, in quel momento.




NdA
Premetto che non ho la più pallida idea di cosa sia questa shot.
Alla fine penso che sia solo una scusa per rievocare in modo osceno i miei ricordi di Parigi, città che mi ha rubato il cuore. Mi piacciono le seconde possibilità e i lieti fini ed ecco cosa ne è uscito.
Se davvero l'avete letta, allora vi ringrazio per aver sprecato un po' di tempo per me. L'ho scritta abbastanza di slancio e l'ho riletta solo per correggere eventuali errori (cosa che sta capitando sempre più spesso, fermatemi) perciò i commenti li lascio a voi.
Grazie se vi andrà di sprecare due paroline, altrimenti mi fa sempre piacere che qualcuno legga queste mie seghe mentali brevi shot.
Alla prossima!
   
 
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