Faceva male.
Bruciava dentro come se avesse un fuoco nel petto che ardeva alimentato dal suo stesso sangue, dai suoi stessi tessuti.
Si infilava tra le costole e sotto lo sterno,una danza ustionante di fiamme sadiche.
Non riusciva a piangere: il dolore riempiva ogni cavità e ogni spazio del suo corpo cercando un varco per arrivare alla sua anima. Era troppo forte. Al posto dell'acqua salata delle lacrime, c'erano il sudore e la sofferenza a far bruciare gli occhi. A stento aveva le energie per respirare, e quando ne aveva abbastanza, le usava per urlare, per dar voce a quell'incendio interiore.
Non poteva più librarsene: era parte di lei, si era impossessato con prepotenza della sua vita.
Guardava il mondo, ma altro non vedeva se non l'oscurità nella quale era sprofondata. Niente e nessuno poteva accorgersi o annientare quel che aveva dentro. Per un insieme atroce di cose, figlio della paura, dei pensieri, dei fatti accaduti e delle esperienze passate. Figlio della sua malattia. 
Non sapeva chi incolpare o ringraziare per questo.
Sapeva soltanto di essere sempre stata fortunata fin'ora: per anni non l'aveva nemmeno mai notata, non aveva avuto sintomi o manifestazioni. Poi, col passare del tempo, qualcosa aveva cominciato a farsi strada, ad avanzare, ed ora, quando era sola e piena di sofferenze accumulate per troppo, il suo flagello saltava fuori. Emergeva possente come una balena fa dall'acqua, e poi tornava nelle profondità del suo essere da sola, dopo qualche ora.
Non era mai venuta fuori in pubblico o in presenza di altri, ma lei sapeva in cuor suo che non sarebbe mancato molto. 
La sua vera natura stava avendo la meglio sulla sua persona, e se da una parte non poteva arginarla in nessun modo, dall'altra non voleva farlo. Forse per la prima volta dopo molto tempo, avrebbe smesso di incassare e accumulare dolore. 
Forse per la prima volta, lo avrebbe smaltito.
Aveva gli occhi neri.



#2 pubblicata.
Nì.