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Autore: risakoizumi    03/07/2014    3 recensioni
La mia breve vita è stata un susseguirsi di momenti di gioia e infelicità.
La sofferenza è quella che ricordo meglio e che è stata al centro delle mie giornate per lungo tempo.
Una volta ero soltanto l’ex ragazza di Sam dal cuore spezzato e che nessuno sopportava.
Adesso mi sento una persona diversa.
Sono più forte, sento che niente può distruggermi. Sono padrona della mia vita. La triste e collerica ragazza di La Push si è trasformata in una persona nuova.
Osservo il ragazzo che sta in piedi accanto a me. I suoi occhi sembrano sorridermi, come sempre.
"Sei pronta?" mi chiede, prendendomi per mano.
"Sì". Ricambio la sua stretta sicura e familiare.
Il momento è arrivato, ma non ho paura. Santo cielo, sono Leah Clearwater! Dovrebbero essere loro ad avere paura di me!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Finalmente un’altra giornata di lavoro è finita. Alex mi prende in giro perché voglio lavorare, ma non posso non farlo, il mio orgoglio me lo impedisce. Ho pulito parte del secondo piano e finalmente ho finito: non mi stanco facilmente, però non sono molto tollerante e Camille mi fa perdere spesso la pazienza; inoltre mi fa smettere di lavorare sempre in ritardo. Mi dirigo verso l’ascensore quando incontro Alex; a quest’ora ceniamo sempre insieme a Thomas, quindi che cosa sta facendo al secondo piano? Di solito viene tutti i giorni a stressarmi appena finisco di lavorare, oltre a quasi tutte le mattine. Stamattina però non l’ho visto. Quello che è strano è che stia ridacchiando come uno scemo e sembra ubriaco fradicio; inoltre sta baciando una ragazza, mentre un’altra gli sta togliendo la camicia nera. Bene, adesso se ne porta a casa due alla volta? Fortunatamente la maggior parte degli ospiti dell’albergo sta andando a cenare. In questo momento non c’è nessuno in giro per i corridoi dai lucidi – grazie a me, aggiungerei - pavimenti di marmo del secondo piano. Non ho idea di quanto alcol ci voglia per far ubriacare un licantropo; credo una quantità di gran lunga superiore a quella necessaria per un semplice umano. Quanto ha bevuto? Spesso i suoi “divertimenti” iniziano dopo le due, quando io crollo addormentata sul divano. Ora che ci penso, Alex ed io siamo quasi sempre insieme tranne quando lavoro, poi la sera mi addormento e lui esce; quindi è normale che mi irriti un po’ vedendolo ridotto in questo stato e con due ragazze sconosciute già alle venti, no? Mi avvicino al gruppetto, determinata.
<< Alex? >> lo chiamo. Interrompe il bacio e mi guarda con un sorriso da ebete. Probabilmente non mi sta neanche mettendo a fuoco. << Che diavolo stai facendo!? >> lo apostrofo.
Lui allarga le braccia, appoggiandosi alla parete. << Mi sto divertendo >>. Biascica le parole, non riesce quasi a tenersi in piedi. Le due oche ridacchiano. Gli piace bere, ma non fino a questo punto: è messo malissimo.
<< Chi siete voi ? >> chiedo alle due ragazze.
<< Amiche >> dice con aria di superiorità una di loro, strusciandosi contro Alex. Sono vestite come due prostitute. Anzi più che altro sono nude: il tessuto nero che indossano compre a stento alcune parti del loro corpo. Chissà se lo sono davvero. Alzo gli occhi al cielo.
<< Mi dispiace ma la festa è finita. Sparite >>.
<< Chi sei tu? >> dice quella che non ha ancora parlato. Queste due sono sobrie, hanno trovato un pollo da spennare e questo mi fa imbestialire.
<< Io sono la persona che vi farà tanto male se non sparirete immediatamente >> le minaccio.
<< Alexander, dove possiamo andare per avere un po’ di privacy? >> chiede una delle due, ignorandomi.
Alex ridacchia, fa fatica anche ad aprire gli occhi. Alza un braccio indicando un vaso di fiori. Prendo il braccio di una delle due e le lancio uno sguardo assassino. << Ahi, mi fai male! >> si lamenta.
<< Ho. Detto. Sparite >>. Stringo più forte e quella quasi lacrima; la lascio andare. Mi guarda spaventata e poi scappa, seguita dalla sua amica. Mi giro a fissare Alex che si sta accasciando a terra per andare a spiaccicarsi sul pavimento.
<< Come devo fare con te? >> chiedo tra me e me. Lo aiuto ad alzarsi e lo trascino quasi di peso dentro l’ascensore, premo il pulsante corrispondente al nostro piano. Purtroppo durante la salita incontriamo un paio di ospiti che ci guardano turbati. Li ignoro e appena l’ascensore arriva trascino quell’incosciente verso la mia stanza. Lo faccio stendere sul mio letto, ha gli occhi chiusi.
<< Alex? >>.
Nessuna risposta; riprovo a chiamarlo ma niente. Salgo sul letto e ascolto il suo respiro: so che è una cosa stupida, ma sembra morto, quindi voglio controllare. Il respiro è regolare: sicuramente sta dormendo. Gli scosto i capelli neri dal viso: ha un velo di barba, le palpebre abbassate, le labbra socchiuse. Sembra così indifeso! Non so perché ma mi sento triste per lui. Perché si è ubriacato in questo modo? Perché sembra che non gli importi di nulla? Scendo dal letto e gli tolgo le scarpe. Poi esco dalla mia stanza e vado a cercare Thomas. Sono ancora con la divisa da cameriera. Lo trovo seduto alla scrivania del suo studio, la porta è aperta.
<< Posso? >> chiedo, esitando sulla soglia.
<< Certo >> risponde quello, riponendo sulla scrivania un foglio che stava guardando. << Tra poco ceniamo, dovresti cambiarti >>.
<< Sono preoccupata >> quasi lo interrompo, avvicinandomi.
<< Per cosa? >>.
<< Alex. E’ molto ubriaco, non so quanti litri di alcol abbia ingurgitato >>.
<< Temo che abbia passato gli ultimi otto anni della sua vita in queste condizioni. L’ebbrezza dell’alcol: anch’io l’ho provata >>. Sospira pesantemente. << Dov’è? >>.
<< L’ho portato nella mia stanza >>.
<< Andiamo >>.
Ci incamminiamo verso la mia suite; una volta entrati ci dirigiamo nella stanza da letto. Alex è nella stessa posizione in cui l’ho lasciato: sembra quasi in coma. Thomas si avvicina e si siede sul letto, accanto a lui; io resto sulla soglia. Giovane e bello, Thomas potrebbe benissimo essere il fratello maggiore del ragazzo disteso sul letto, anziché suo padre; alza una mano e gli scosta i capelli, con tenerezza. << Alex, mi senti? >>.
Nessuna risposta.
<< Alex? >>.
Un borbottio.
Thomas sospira. << Dopo che è morta sua moglie era perennemente in queste condizioni, fin quando non ha deciso di partire >>.
<< E tu l’hai lasciato partire? >>.
<< Certo, è mio figlio, ma la vita è sua. Non mi avrebbe ascoltato se lo avessi costretto a rimanere. Penso che gli avrebbe fatto male stare qui. Troppi ricordi >>. Continua ad accarezzargli i capelli. Sono sorpresa, la mia famiglia non voleva che io lasciassi Forks, nonostante stessi così male lì.
<< Sarò uno stupido ma, sebbene sia ultracentenario, per me resterà sempre il mio bambino >> continua. Lo bacia sulla guancia. Mi si stringe il cuore: Alex è fortunato ad avere suo padre.
Usciamo dalla stanza, chiudiamo la porta e Thomas si accomoda sul divano del soggiorno. Mi siedo di fronte a lui.
<< Oggi è un giorno particolare? >> chiedo.
<< Sì. Questa notte alle tre, saranno passati esattamente otto anni dalla morte di sua moglie, Emma. Te ne ha mai parlato? >>.
<< Mi ha solo detto che era sposato, nient’altro. Com’è successo? >>.
Thomas sembra perso nei ricordi. << Penso che te ne parlerà lui >>.
<< Come fai a saperlo? >> chiedo.
Thomas mi guarda con le sopracciglia sollevate.
Oh, vero che stupida.
<< Il tuo dono >>.
Annuisce.
Thomas riesce a capire le intenzioni delle persone, quello che vogliono fare. Più conosce una persona, meglio capisce che cosa sta per fare. Chi potrebbe conoscere meglio di suo figlio? E’ un dono molto sottile, difficile da capire. E’ una sorta di sesto senso, intuisce se qualcuno accanto a lui vuole fare qualcosa di positivo o negativo. E’ quasi come prevedere il futuro. Quasi. << A volte mentre parliamo a cena, Alex ti fissa. Per me è un libro aperto: so che vorrebbe confidarsi con te. Hai la sua fiducia. Metterebbe la sua vita nelle tue mani senza pensarci un attimo >>.
Resto in silenzio a riflettere sulle sue parole. Alex si fida di me. Qualcuno si è mai fidato veramente di me? Questa persona - che mi conosce da così poco tempo! - metterebbe la sua vita nelle mie mani. Chi dei miei fratelli lo farebbe? Loro non hanno mai completamente creduto in me, hanno accettato la mia presenza solo perché costretti.
<< Non farei mai nulla per mettere la sua vita in pericolo. Eviterei una cosa del genere a ogni costo >>.
<< Lo so. Sto iniziando a capirti di più, Leah. Se tu rappresentassi un pericolo per mio figlio non saresti qui adesso. Sono un genitore iperprotettivo >> scherza, facendomi l’occhiolino.
<< Sembra una minaccia >> dico, ghignando.
Thomas ride. << Non ti minaccerei mai, sei una brava ragazza, piccola mutaforma. Sono felice che le nostre vite si siano incrociate >>.
<< Anch’io >>. E sono sincera: dopotutto non è stata una cattiva idea quella di venire a San Francisco.
 << Sai, tu mi ricordi molto qualcuno >>.
<< Chi? >> chiedo, incuriosita.
<< Conoscevo una donna, una volta. Proveniva da una riserva di nativi americani, proprio come te >>.
<< Spero sia stata più fortunata di me >>.
<< Perché pensi di essere sfortunata? >>.
<< Finora non mi è successo niente di buono nella vita >>.
<< Hai una vita lunga da vivere, vedrai che le cose miglioreranno >>.
<< Parli per esperienza? >>.
Scrolla le spalle. << Un po’. Ci sono stati periodi della mia vita in cui avrei voluto farla finita. Mio figlio è l’unica cosa che mi ha trattenuto. Non so cosa farei se lo perdessi >>.
Stiamo un po’ in silenzio, senza imbarazzo.
<< Quella donna di cui ti parlavo prima, anche lei era una mutaforma >> rivela, spezzando il silenzio.
<< Cosa? >> mi alzo di scatto dal divano. << Com’è possibile? >>.
<< E’ successo molto tempo fa >>.
<< Non avevi detto di non averne mai incontrati? >>.
<< Ho mentito perché ti avevo appena conosciuto e perché dentro di me, mi rifiuto di pensare a quella storia. Scusami. Inoltre, nonostante sia passato un sacco di tempo, non riesco a considerare quella ragazza una mutaforma >>. Thomas sospira.
<< Pensavo di essere l’unica; perché quando mi sono trasformata nessuno sapeva niente? Perché le leggende non ne parlano? Dov’è? >>.
<< E’ morta >>. Ecco, proprio la risposta che temevo. Mi siedo di nuovo sul divano, affranta.
<< Ti prego, raccontami >> lo supplico.
Thomas fa una pausa, fissa un punto della parete dietro di me e inizia a parlare. << Si chiamava Ayana. Era una delle più belle creature che avessi mai visto. Non abitava con la sua gente, la sua famiglia aveva deciso di andarsene dalla riserva e di trasferirsi in un tranquillo paesino del Maine, vicino al mare. Il caso volle che anche io vivessi in quel paesino. Sai, cercavo di non dare nell’occhio, i Volturi avevano ricominciato la caccia al licantropo. Ci sono periodi in cui ci ignorano e periodi in cui cercano di sterminarci. Credo che siano convinti di averci ormai annientati quasi tutti. Torniamo a noi: Alex era in giro per il mondo con sua moglie e io vivevo in questo paesino. Un giorno incontrai questa meravigliosa ragazza. Non vorrei sembrare vanitoso come Alexander, ma sicuramente fu molto colpita da me. Iniziammo a vederci tutti i giorni; ovviamente la sua famiglia non sapeva nulla, i suoi genitori erano molto severi. Ci amavamo, volevamo stare insieme. Le confessai persino il mio segreto, sicuro che non l’avrebbe mai rivelato a nessuno. Circa un anno e mezzo dopo il nostro primo incontro, quando stavamo progettando di scappare e partire, Ayana sparì per due giorni. Ero preoccupato, aveva sempre trovato il modo di avvertirmi quando non potevamo incontrarci ed ero sicuro che non avesse l’intenzione di abbandonarmi, o l’avrei capito, grazie al mio dono. Era stata una cosa non programmata, improvvisa. Così il terzo giorno non resistetti e andai a casa sua, mandando al diavolo il nostro segreto. Capii immediatamente che c’era qualcosa che non andava: in quella casa non trovai delle brave persone. C’erano i suoi genitori e suo fratello che era più grande di lei. Quella gente mi cacciò, ma io entrai di prepotenza nella loro casa. Domandai loro dove fosse Ayana e confessai di essere il suo fidanzato: non la presero molto bene. Inoltre mentivano e volevano farmi del male. Così fui costretto a usare le maniere forti. Ti risparmio la parte in cui li costrinsi a raccontarmi la verità, non ne vado molto fiero; alla fine cedettero. Ayana non mi aveva mai parlato molto della sua famiglia, sapevo che aveva due fratelli maggiori morti a causa di un “incidente”. La verità era che quella era una famiglia che apparteneva a un clan di nativi americani mutaforma. Ancora non sapevo cosa fossero questi esseri, era una novità per me. Mi raccontarono tutto: un giorno, molto tempo prima, quando vivevano tra la loro gente, il figlio più grande aveva iniziato a trasformarsi in un lupo. Questo ferì i suoi genitori e uccise uno dei suoi fratelli per sbaglio, durante una delle sue instabili trasformazioni; poi si suicidò. Allora i genitori di Ayana decisero di allontanarsi dalla loro gente, nella speranza che quella maledizione non li colpisse più. Quando accadde questa tragedia Ayana era piccola, troppo piccola per ricordare, quindi non sapeva niente dei mutaforma, la verità le era stata tenuta nascosta. Il fatto è che Ayana, dopo che ci vedemmo l’ultima volta, tornò a casa e i suoi genitori la uccisero >>. Thomas fa una pausa, i suoi occhi azzurri sono persi nei ricordi.
<< Negli ultimi tempi mi ero accorto che Ayana stava male, ma non avrei mai potuto immaginare il perché, avevo scoperto il motivo quando ormai lei era seppellita in una fossa. Aveva dei genitori molto “affettuosi”, che avevano intuito i sintomi della sua “malattia” e l’avevano uccisa prima che potesse trasformarsi. Ero sconvolto, furioso, disperato. Li costrinsi a portarmi nel posto in cui l’avevano seppellita, un boschetto: non c’era nemmeno un segno di riconoscimento, ma solo un cumulo di terra fresca appena rivoltata. Erano terrorizzati da me, in realtà volevano uccidermi lì, vicino alla tomba di Ayana. Così li anticipai e fui io a togliere loro la vita: genitori e figlio, anche lui aveva partecipato all’omicidio della sorella, obbedendo ai genitori. Li seppellii lontano da lei. Poi tornai sulla sua tomba e scavai fino a trovare il suo corpo: indossava ancora il vestito con cui l’avevo vista l’ultima volta. Restai pietrificato vedendo il corpo senza vita della ragazza che amavo tanto. La rimisi sotto terra, mi alzai e scappai il più lontano possibile da quel luogo, senza più voltarmi indietro >>.
In questo momento sono io quella pietrificata, a causa di questo racconto.
<< E’ una storia terribile >> riesco a dire, rabbrividendo.
<< Così hai scoperto che sono un assassino >>.
<< Ti assicuro che in questo momento questa è l’ultima cosa a cui sto pensando. In ogni caso non credo che tu sia un assassino. Volevano ucciderti >>.
<< Credo che li avrei assassinati anche se non avessero avuto cattive intenzioni nei miei confronti. Avevano rubato la vita di Ayana >>.
<< Perché si è trasformata? C’erano dei vampiri? >>.
<< Non lo so. In realtà avevo sentito delle scie di vampiri in giro, ma c’erano sempre state e nessuno di loro si era stabilito per molto tempo dalle nostre parti: quindi non lo saprò mai. A volte penso che sia colpa mia. Magari vi trasformate anche a causa nostra. Ho cercato qualche leggenda sui mutaforma dopo questa esperienza che ho avuto, scoprendo tra l’altro che Ayana era una rarità, così come lo sei tu. Tuttavia non ho mai trovato risposta a questa domanda; inoltre il vostro popolo è molto geloso delle sue storie >>.
<< Vorrei poterti dare una risposta, ma io non sapevo neanche della vostra esistenza >>.
<< Lo so Leah, non preoccuparti. E’ successo molto tempo fa, non volevo intristirti >>.
<< Mi sento molto fortunata rispetto a Ayana >> mormoro.
<< Siamo immortali, ma non eterni. Niente è eterno in questa vita. Dobbiamo vivere finché ci è data questa possibilità >>.
<< Tom, hai amato di nuovo dopo Ayana? >>.
Thomas annuisce. << Sì, Leah, sarebbe stato strano il contrario. Ayana sarà sempre parte di me, ho condiviso con lei una minuscola ma intensa fetta della mia vita. Tuttavia bisogna andare avanti, è difficile ma bisogna farlo. Saremo anche dei mostri, ma i sentimenti che proviamo ci rendono umani tanto quanto i mortali >>.
<< Alex non riesce a voltare pagina, vero? >>.
<< Già. E tu Leah? Sei riuscita a liberarti di quello da cui stavi scappando? >>. Thomas mi punta i suoi occhi curiosi addosso.
<< Ci sto provando >> dico, sospirando.
<< Un uomo? >>.
Annuisco. Mi sento così patetica.
<< Sono sicuro che non ti meritasse >>. Thomas mi fa l’occhiolino.
<< Sto iniziando a pensarlo anche io >>.
<< Andiamo a cenare, Leah, sono un po’ affamato e tu? >>.
<< Muoio di fame >>.
Thomas si alza. << Ti aspetto a tavola mentre ti cambi. Le cameriere staranno già portando le pietanze e si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto >>.
<< Arrivo subito >>.
Thomas esce dalla stanza e si chiude la porta dietro le spalle. Resto un po’ a fissare il posto del divano su cui prima era seduto. Sono felice che mi abbia raccontato qualcosa di sé.

Dopo aver cenato piacevolmente con Thomas – che parlando del più e del meno riesce ancora a trovare qualcosa da chiedermi sui mutaforma, anche se ormai credo di avergli detto tutto – entro nella mia stanza. Thomas mi ha chiesto se doveva spostare Alex, ma gli ho detto che poteva lasciarlo lì. Entro nella stanza da letto e trovo il mio amico come l’ho lasciato: posizione supina con le gambe che penzolano dai piedi del letto. Mi siedo sulla poltrona e lo osservo. Continuerà con il suo dolore per tutta la giornata? Mi piacerebbe vedere una foto di Emma. Chissà che aspetto avesse, sono curiosa. Mi sarebbe piaciuto conoscere la donna che per la quale Alex si è ridotto in questo stato, a causa della quale ha lasciato la casa per tanti anni, girovagando per il mondo da solo. Come si sono conosciuti? Quanti anni aveva Emma? Quante volte si sono sposati? Alex era triste perché non poteva avere dei figli con lei? No, non penso che fosse triste per questo. Come trascorrevano le giornate? Da quando ho conosciuto Alex non l’ho mai visto fare qualcosa di serio. Che cosa fa il pomeriggio mentre io lavoro? Perché non lo so? Trascorre molto tempo con me e la notte fa baldoria. Prima della morte di Emma che cosa faceva? E soprattutto, perché mi sto facendo tutte queste domande mentre sono qui imbambolata e lo fisso dormire? Mi si chiudono gli occhi, sono stanca.
 
Sento qualcosa muoversi e mi sveglio. Mi strofino gli occhi e mi sgranchisco gli arti. Ops, mi sono addormentata sulla poltrona; ero messa in una posizione scomoda. Nel frattempo mi rendo conto che i rumori provengono da Alex: è seduto sul letto e lo vedo di profilo. Si tiene la testa tra le mani.
Mi alzo immediatamente. << Alex, stai bene? >>.
<< Che ore sono? >> chiede, piano.
Guardo l’orologio appeso alla parete, sopra la porta.
<< Sono le tre e venti >>.
Alex si tira i capelli arruffati all’indietro con le dita, si alza e esce dalla camera da letto. Cammina avanti e indietro per il soggiorno, come se non potesse stare fermo. Sono allibita, non l’ho mai visto così disperato, come se fosse in gabbia.
<< Alex? >> lo chiamo, sempre più preoccupata. Non mi ascolta. Esce dalla mia suite, lasciando la porta aperta e va nella sua. A destra c’è il letto, ma lui va a sinistra, entra in una stanza. Lo seguo, con passo deciso: siamo in una grande stanza, le pareti sono colme di libri e a sinistra ci sono delle poltrone e un camino acceso. Alex si trova vicino a una scrivania e si sta versando da bere.
<< Alex, stai bene? Ti prego, rispondimi >>.
Niente.
<< Alexander! >> urlo, esasperata.
Prende la bottiglia che ha in mano e la scaglia nel camino, con violenza.
<< Lasciami in pace! >>.
<< No >> dico, determinata.
<< Voglio stare da solo >> dice, gelido, prendendo un’altra bottiglia e versandosi da bere in un bicchiere.
<< No >> ripeto, avvicinandomi leggermente.
<< Vattene >>.
<< Non puoi stare da solo in queste condizioni >>.
<< Quali condizioni? >>.
<< Guardati. Non so quanto alcol tu abbia ingerito >>.
<< Purtroppo l’effetto è svanito >> dice, svuotando il bicchiere.
<< Eri con due donne che non avevano sicuramente buone intenzioni >>.
Sorride con una faccia da schiaffi. << Cosa? Volevano violentarmi? >> sbotta.
<< Forse derubarti >>.
<< Non credo che a qualcuno importi. Non importa nemmeno a me >>.
<< A me importa >> dico in fretta.
Alex mi fissa. << Non capisco perché dovrebbe importarti >>.
<< Perché sei mio amico >>.
<< Non ho bisogno di amici. Ho bisogno solo di bere >>.
<< Alex, so che questo è un giorno difficile per te … >>.
<< Tu non sia niente di me. Niente >> mi interrompe, parlando con cattiveria.
Sta cercando di allontanarmi. Non ci riuscirà. << Solo perché tu non vuoi che io sappia. Non parli quasi mai del tuo passato, di tua moglie >>.
<< Non voglio parlarne >> dice, brusco.
<< Tu ti fidi di me >> mi viene da dire. Non so perché lo dico: Tom mi confida una cosa e io vado subito a spiattellarlo in faccia all’interessato; ma Alex si sta comportando come uno stupido, quindi in questo momento non voglio pensare al perché delle mie azioni.
<< Io non mi fido di nessuno >>.
<< Alex, ascoltami. Se vuoi parlarne, io sono qui, per te >> sussurro, avvicinandomi a lui.
<< Lei è morta, Leah. Esattamente otto anni fa>> dice agitato, allargando le braccia. << Morta. Che altro c’è da dire? >>. E’ così arrabbiato! Così diverso dal solito Alex, quello che vive con spensieratezza e senza curarsi del domani. Riempie di nuovo il bicchiere, lo svuota, e poi lo lancia con forza nel camino. All’improvviso prende la scrivania e la ribalta, facendo cadere tutto quello che c’è sopra. Poi si avvia verso il camino e prende a calci le poltrone, distruggendole.
<< Distruggere tutto ti fa sentire meglio? >> sbotto.
Vado verso di lui, determinata, e lo afferro per il braccio.
<< Fermati >> gli ordino.
Cerca di liberarsi strattonando il braccio, così gli afferro anche l’altro.
<< Si può sapere che cosa vuoi da me? >> mi urla, fuori di sé.
D’istinto, senza riflettere, gli do uno schiaffo. Sembra riprendersi, mi guarda con gli occhi sbarrati.
<< Ti stai comportando come un bambino! Pensi di essere l’unico in questo mondo che ha perso qualcuno che amava? >> dico, alzando la voce. Ripenso alla tragedia di Thomas, a mio padre.
Esita, ma poi risponde. << No, ma non mi importa degli altri. E’ il mio dolore quello che conosco e quello con cui devo fare i conti ogni maledetto giorno. Mi serve dell’alcol >>. Inizia a cercare tra le bottiglie riposte in una vetrinetta.
<< Bugiardo, tu non sei così egoista e bere fino a star male non ti aiuterà >>.
<< Sì che lo sono! Allora dimmi, Leah, che cosa mi aiuterebbe?! >> esclama, amareggiato.
Prende una bottiglia ed esce dalla stanza: lo imito. Entra nell’ascensore e inizia a scendere. Resto imbambolata a fissare l’ascensore chiuso quando sento dei passi alle mie spalle.
<< Dovresti seguirlo >>. E’ Thomas.
<< Non so se sia una buona idea >>. Mi giro a guardarlo.
<< Lo è >> mi incoraggia.
Annuisco e decido di prendere le scale. Salto quattro gradini alla volta: essendo notte fonda non c’è nessuno, quindi posso permettermelo. Esco dall’hotel e lo vedo camminare per strada, non è molto lontano. Lo seguo accelerando il passo, imperterrita e decisa a farlo ragionare.
<< Smettila di seguirmi. Voglio stare da solo, lo capisci? >> sbotta, quando l’ho quasi raggiunto.
Rallento il passo, camminando leggermente dietro di lui. << Non credo che quella bottiglia ti basterà per tornare privo di sensi come qualche ora fa, considerando anche che smaltisci l’alcol in fretta >> osservo, con calma. All’improvviso si ferma in mezzo alla strada e si siede a terra, continuando a bere. Poi si sdraia completamente, supino, e chiude gli occhi.
<< Ehm, certo … se vuoi che qualcuno ti investi questa è la soluzione migliore >>.
<< Non ho mai desiderato uccidere qualcuno quanto desidero uccidere te adesso >>.
Mi siedo accanto a lui, alla sua destra. << Non vuoi davvero uccidermi, dopo staresti peggio >>. Mi sdraio anche io con il viso rivolto verso di lui.
Alex apre gli occhi e gira la testa per guardarmi. << Perché mi segui? >> sussurra.
<< Non voglio lasciarti solo. Voglio aiutarti >> rispondo, cocciuta.
<< Nessuno può aiutarmi >>. Alex guarda verso il cielo. Una lacrima scende dal suo occhio destro, quello che riesco a vedere dalla mia visuale. Ecco Alexander senza barriere con cui difendersi. Posso percepire il suo dolore, la sua solitudine, le sue paure. Non ho mai sentito qualcuno così vicino come sto sentendo lui, adesso. Quasi con il timore di essere respinta, allungo la mia mano sinistra per prendere la sua destra. La sfioro per poi prenderla con delicatezza. Non mi respinge ma la stringe forte, come se gli desse conforto. Le sue lacrime continuano a scendere, silenziose. Così giro la testa anche io e guardo verso il cielo nero, mentre continuiamo a tenerci per mano. Passano diversi minuti. Che strano, sono sdraiata in mezzo alla strada di una grande città, di notte, con un licantropo instabile, ma mi sento in pace con me stessa. Per fortuna mi sono messa una maglietta arancione, almeno se passa una macchina mi vede, non come quello sconsiderato di Alex che è vestito di nero.
<< La amavo >> sussurra, spezzando il silenzio.
<< Lo so. Deve essere stata una donna fortunata, essere amati così non capita a tutti >>.
<< Lo siamo stati entrambi >>.
<< Come l’hai incontrata? >>.
Lo guardo: non piange più. << L’ho incontrata a un ballo >>.
<< Un ballo? >>.
<< Sì, un ballo. Avevo vent’anni e mio padre e io vivevamo ancora a Londra >>.
<< Londra, la tua città natale >>.
<< Sì >>.
<< Non si sente molto dal tuo accento. Ti va di continuare a raccontare? >>.
<< Ero ancora umano e mi piaceva divertirmi … >>.
<< Che novità >> lo interrompo.
Le labbra di Alex si incurvano leggermente verso l’alto. Finalmente una reazione che mi piace, un debole sorriso. Da quando mi piace vedere qualcuno che sorride?
<< Non come adesso. A quei tempi mi divertivo veramente. Ero a una festa, stavo danzando con una ragazza e mi stavo annoiando a morte quando vidi Emma. Mi colpii immediatamente e pensai “Deve essere mia”. Così andai da lei e le chiesi di ballare, ma lei rifiutò >>.
<< Deve essere stato un duro colpo per te >> scherzo.
<< In realtà più tardi, quella sera, la baciai >>.
<< Come?! Che precocità! >>.
<< La baciai in giardino. Lei non si tirò indietro. In quel momento credevo che sarebbe stata una ragazza di passaggio, mi piaceva, ma ancora non la conoscevo. Non avevo neanche intenzione di conoscerla. Era molto bella, ma la bellezza stanca con il tempo, non ci si fa più caso a un certo punto, passa in secondo piano >>.
<< Che Don Giovanni. Volevi sedurre una rispettabile signorina! E alla fine non fu una di passaggio >>.
<< E’ vero, volevo solo sedurla. Me ne infischiavo di tutte quelle regole che c’erano a quei tempi. Ero terribile. Emma però era diversa dalle altre. Con lei mi sentivo completo, non avevo mai provato niente del genere nei miei vent’anni. Non riuscivamo a toglierci le mani di dosso e non riuscivamo a stare lontani >>.
<< Le mani di dosso? Alex, vergognati! >> scherzo.
<< Infatti non avrebbe dovuto essere così, ma Emma non era esattamente una fanciulla come tutte le altre. Tra noi non c’era solo attrazione fisica, c’era molto di più. Stavamo insieme soltanto da un mese quando mi rivelò il suo segreto. Aveva conosciuto mio padre e aveva capito che era un licantropo. Anche mio padre aveva capito che lei lo era, infatti mi aveva messo in guardia, ma a me non importava, ho aspettato che fosse lei a dirmelo; quindi quando mi confidò il suo segreto non fu una sorpresa. Da quel momento in poi diventammo inseparabili, una cosa sola. Un anno dopo le chiesi di trasformarmi: sapevo che lei non mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, anche se ero sicuro che volesse vivere con me per sempre. Inizialmente rifiutò, soprattutto sapendo che Thomas era contrario. Poi riuscii a convincerla: l’idea di perdermi la spaventava troppo. Così una sera d’estate, durante la Luna Piena, si trasformò e mi morse. Fortunatamente riusciva a controllarsi, era già un licantropo da molti secoli. La mattina, mi trovò svenuto nel posto in cui mi aveva morso. Mi portò a casa sua e mi mise a letto. Viveva con il suo piccolo branco, uno di loro fingeva di essere suo padre, gli altri i fratelli; si erano integrati molto bene nella società. Non ricordo molto bene cosa accadde dopo che mi portò a casa sua, so solo che mio padre venne a trovarmi spesso e una volta litigò con Emma. Io deliravo, avevo la febbre altissima e dolori in tutto il corpo. Dopo una settimana infernale guarii e mi accorsi di essere diverso. I miei sensi erano affilati, ero più forte, più agile e mi sentivo invincibile, come un Dio. Ero rinato. Mio padre non mi parlò per un po’, poi mi perdonò: dopotutto sapeva che sarebbe successo. Una sera, mentre stavo tornando a casa dopo essere stato con Emma, accadde qualcosa di strano: iniziai sudare e a tremare. Il corpo mi doleva e le ossa sembravano rompersi. Mi accasciai a terra e poi non ricordo più niente. So solo che mi svegliai nudo e in stato confusionale. Accanto a me c’erano due cadaveri >>.
<< Fu a causa del tuo dono? >> sussurro.
<< Non credevo che avrei avuto un potere. Emma mi aveva promesso che sarebbe rimasta con me durante la Luna Piena, per assicurarsi che non facessi del male a nessuno, essendo i neonati come degli animali, senza consapevolezza di sé. Tuttavia non sapeva che avessi questo dono. Nessuno di noi lo sapeva; così uccisi per la prima volta nella mia vita >>.
<< Non potevi prevederlo >>.
<< No, non potevo, eppure mi sentii male ugualmente >>.
<< Hai ucciso ancora dopo quella volta? >> sussurro, temendo la sua risposta.
Alex abbassa lo sguardo e poi si alza, lasciando la bottiglia in mezzo alla strada. Mi alzo anche io.
<< Alex? >>.
Alex esita, poi inizia a camminare. Resto ferma in mezzo alla strada, interdetta.
<< Vieni? Credevo che non ci tenessi a farti investire >>.
Mi affretto e lo affianco. Iniziamo a camminare per quella strada deserta, senza una meta.
<< Vuoi rispondere? >> chiedo, impaziente.
<< Non mi va >>.
<< Non puoi non dirmi qualcosa solo perché non ti piace >> protesto.
<< Perché non posso? Ho forse il dovere di dirti tutto di me? >>.
<< Non dovrebbe essere un dovere >> dico, ferita.
Alex si ferma di scatto. Ha un’espressione tetra. << Hai ragione, scusami. Non voglio dirtelo perché poi non mi guarderesti allo stesso modo. Sono vigliacco >>.
<< Che cosa stai blaterando? >>.
<< Sì, Leah. Ho ucciso altre volte >> ammette guardandomi negli occhi, triste e diffidente.
<< Non importa >> dico, sincera.
<< Cosa? Non vuoi indagare ulteriormente sulle mie uccisioni? >> chiede. Sembra così distante da me.
<< No. Non voglio sapere. Non oggi >>.
Riprendiamo a camminare in silenzio. Alex tiene le mani nelle tasche dei jeans, le spalle leggermente curvate. Sono meravigliata, inizio a pensare che tenga la mia opinione in grande considerazione. Ha ucciso altre volte, non so né in che circostanze né perché. Tuttavia perché dovrei giudicarlo? Siamo tutti bravi a giudicare, è quello che la gente ha sempre fatto intorno a me, ha sempre e solo giudicato. Chi siamo noi per puntare il dito contro gli altri? Io conosco questo Alex: ha dei difetti come tutti, ma è buono, non farebbe mai del male a nessuno. Non posso cambiare la mia opinione su di lui solo a causa del suo passato.
Arriviamo fino alla spiaggia, siamo molto veloci. E’ ancora buio, tuttavia non penso che manchi molto all’alba. C’è poca gente in giro.
<< Sai, la prima volta che Emma e io ci siamo sposati è stato in una spiaggia: uno dei giorni più belli della mia vita >> mi confida, con nostalgia.
<< Vi siete sposati molte volte? >>.
<< Sei volte >>.
<< Che accadde quando scopriste del tuo potere? >>.
<< Inizialmente fui preso dal panico ma Emma mi aiutò grazie al suo dono >> dice, guardando un punto in lontananza, con il viso rivolto verso il mare.
<< Che dono? >>.
<< Lei aveva uno scudo che la rendeva invulnerabile ai poteri degli altri. Ad esempio, mio padre non poteva usare il suo dono con lei >>.
<< E questo come ti aiutò? >>.
<< Emma poteva estendere il suo scudo sugli altri. Tutti quelli che erano sotto lo scudo potevano condividere i loro poteri >>.
Questa specie di scudo mi fa pensare alla succhiasangue che Sam ha ucciso qualche mese fa. Il suo potere non era poi così unico.
<< E’ un dono molto potente >>.
<< Poteva mantenerlo solo su una o due persone alla volta per parecchio tempo, però se le persone aumentavano non ci riusciva più >>.
<< Questo significa che chi stava sotto lo scudo con te poteva trasformarsi quando voleva, sfruttando il tuo dono? >>.
<< Proprio così. Emma diventò la mia ombra. Non potevo neanche fumare un sigaro o fare la doccia in pace, perché lei era sempre lì con me (non che la cosa mi dispiacesse). Appena sentivo che stavo per trasformarmi ecco che estendeva lo scudo e si trasformava anche lei. Mi aiutò tantissimo e riusciva quasi sempre a tenermi sotto controllo; nessuno avrebbe mai fatto tanto per me. Impiegai cinque anni per raggiungere il controllo della mia mente. Di solito ce ne vogliono una decina per iniziare ad acquisire consapevolezza di sé, ma dal momento che mi trasformavo spesso ci misi di meno. Poi iniziai a controllare il mio potere: non è stato facile domarlo >>.
Alex sembra perso nei suoi ricordi. Il mare fa un buon odore. Le onde che vanno a morire nel bagnasciuga mi fanno pensare ai pomeriggi che passavo con Sam alla spiaggia di La Push. Non voglio pensarci. Cerco di sforzarmi e di dirottare i miei pensieri su Alex.
<< Pensi spesso a lei? >> chiedo. Che domanda sciocca.
<< Ogni giorno >> sussurra lui. << Mi manca ogni cosa di lei >>.
<< Alex, penso che tu dovresti lasciarla … andare >>.
<< Credi che non lo sappia? >> sbotta, quasi arrabbiato. << Non ci riesco >> sussurra, con gli occhi lucidi, evitando il mio sguardo. << Lei vive in ogni cosa. C’è sempre qualcosa che me la fa ricordare >>.
<< Sono sicura che un giorno riuscirai ad andare avanti. Non dovrai dimenticarla, ma la sua assenza non farà più così male. Magari incontrerai qualcun’altra, ti innamorerai di nuovo e sarai felice >>.
<< Non so se sarò capace di rendere felice qualcuno >>.
<< Perché dici questo? >> chiedo, sconvolta dalla sua fragilità.
<< Nell’ultimo periodo Emma era cambiata, non mi amava più. Era infelice con me, ne sono sicuro. Era distante, nervosa e distratta. Litigavamo spesso e non capivo nemmeno io il perché >>.
Si ferma, per non far tremare la voce.
Finalmente incrocia i miei occhi e mi fissa: ha lo sguardo di un uomo perso. << Un giorno litigammo duramente. Mi disse che avrebbe voluto non incontrarmi mai, che ero stato lo sbaglio più grande della sua vita, che con me si sentiva in gabbia, che era stanca di questa vita. Ti rendi conto? Dopo tutti i secoli passati insieme, mi disse queste parole. Non riuscivo quasi a credere alle mie orecchie. Dopo il litigio uscì da casa, furibonda, ed io passai tutto quel giorno a bere, triste e infuriato allo stesso tempo. Poi quella notte … >> si ferma, incapace di continuare.
<< Come accadde? >> mormoro.
<< Si … si … suicidò >>. Non riesce quasi a dire la frase, i suoi occhi si riempiono di lacrime.
<< Come? >> chiedo, agghiacciata.
<< Con il fuoco. Ho stretto tra le braccia il suo corpo carbonizzato >>. Le lacrime iniziano a sgorgare dai suoi occhi.
Non so che cosa fare così, d’impulso, gli metto le braccia attorno al collo e lo stringo a me. Alex mi abbraccia stretta, piangendo sulla mia spalla. Il cuore mi batte forte, sono triste e confusa. Scende qualche lacrima anche dai miei occhi. Dopo una decina di minuti Alex smette di piangere e si stacca da me.
<< Non deve essere un gran bello spettacolo vedere un uomo che piange come una femminuccia >>.
<< Ti sbagli. Stai provando dei sentimenti, non è giusto trattenerli solo perché è poco virile mostrarli. >>.
<< Sai, mi sento meglio adesso, più leggero >>.
<< Ne sono felice. Grazie, Alex >>.
<< Per cosa? >>.
<< Grazie perché ti fidi di me >>.
<< Non ringraziarmi, non so nemmeno io il motivo >> scherza.
<< Anch’io mi fido di te >>.
<< Lo so >>.
Alex si passa le mani negli occhi e poi ride.
<< Che cos’hai da ridere? >>.
<< E’ buffo >>.
<< Cosa? >> dico, mentre l’ombra di un sorriso inizia a formarsi anche sulle mie labbra.
<< Questa è la prima volta in otto anni in cui durante questo giorno sono lucido. Gli altri anni ho combinato di tutto >>.
Lo guardo accigliata.
<< Non fare quella faccia. Un giorno ti racconterò, adesso mi sento sfinito >>. Sospira e si siede sulla sabbia, appoggiandosi indietro sulle mani e allungando le gambe in avanti.
Mi siedo anche io accanto a lui, a gambe incrociate.
<< Sono felice che tu stia meglio >>.
<< Ho i miei giorni bui >> borbotta.
<< E che giorni >>.
<< Ammiro il fatto che tu mi sia rimasta accanto. Sei più testarda di quanto pensassi >>.
<< Vedo che i demoni sono spariti e stai ricominciando a fare il simpatico >>.
<< Mi sono rammollito troppo nelle ultime ore >>.
<< Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno >>.
Facciamo una pausa, fissando il mare. Dopo un po’ mi giro verso di lui. << Vedrai che con il tempo ti aggrapperai ai ricordi migliori di lei >>.
<< Ci sto già provando, però ognuno di questi è rovinato da quel “Vorrei non averti mai incontrato” >> il suo viso si rabbuia di nuovo.
<< Perché non mi racconti di quella volta in cui hai preso a calci la macchina di un tizio per gelosia? >>.
Il viso del licantropo si rasserena un po’. << Leah, quell’uomo le aveva fatto delle proposte indecenti. Così ho deciso di lasciargli un messaggio: non provare a portarti a letto la donna degli altri. Ti assicuro che non sono così geloso come dicono gli altri … >>. All’improvviso si blocca e si mette una mano sulla fronte.
<< Che c’è? >>.
<< I miei amici. Sicuramente stanno venendo perché non ho risposto alle loro chiamate. Cercheranno di tirarmi su tutto il giorno ed eccetera eccetera >> si lamenta.
<< Lo fanno perché ti vogliono bene >>.
Emette un sospiro. << Perché non sono rimasto in Europa? >>.
<< Sei irriconoscente >> lo rimprovero.
<< Lo so >> borbotta. << In realtà voglio loro un gran bene ma sai come sono gli amici, no? >>.
Bella domanda. Lo so? Non credo proprio. Cambio discorso. << Sei stato in Europa per tutti questi anni? >>.
<< Non solo, ho girovagato un po’ per il mondo >>.
<< Io non sono mai stata da nessuna parte. Com’è l’Europa? >>.
<< Meravigliosa, quando sei nello stato d’animo giusto per apprezzarla e se ti tieni alla larga dall’Italia e dai succhiasangue. Dovresti andarci >>.
<< Un giorno lo farò >> dico, invidiandolo.
<< Magari ci andremo insieme >>. Mi guarda sorridendo e poi torna a fissare il mare.
Offriamo il viso ai pallidi raggi del Sole, sta albeggiando. Riesco a vedere il Golden Gate Bridge: non posso ancora credere di essermi buttata da lì. Quanto è cambiata la mia vita! Ho trovato un vero amico. Il Sole inizia a far risplendere il mare: è uno spettacolo. E’ l’alba di un nuovo giorno.
   
 
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