Film > Labyrinth
Ricorda la storia  |      
Autore: acchiappanuvole    03/07/2014    2 recensioni
"Esiste un ironico piccolo Dio che ci sorride. E sta dalla nostra parte finché non tira la corda allora partiamo tutti, cadendo e rotolando giù per la discesa".
Una piccola one-shot nella quale ho ipotizzato l'origine del Re dei Goblin
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jareth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Esiste un ironico piccolo Dio che ci sorride. E sta dalla nostra parte finchè non tira la corda allora partiamo tutti, cadendo e rotolando giù per la discesa- J.M. Barrie

Non sa bene se quella donna sia una fata o una strega. Non sa bene se l'ha mai amata. Era stato un incantesimo della luna, il suono di un cimbalo e il profumo del cedro a ricondurlo sui suoi passi, a prenderla in moglie nonostante fosse spoglia di ogni virtù. Ma ora, riversa in un lago vermiglio, è più bella e desiderabile che mai. La bocca socchiusa, pietrificata nell'ultimo bacio, quando le labbra si erano congiunte e la lama aveva affondato nella carne ambrata. 
Solo un ansito. Nessun grido. Nessuna paura.  
Era morta nel momento esatto in cui la sua esile leggenda lo richiedeva. 
Basta poco ad un uomo per convincersi di aver agito nel giusto. Poiché è giusto e necessario vendicare il proprio onore, a discapito di qualunque altra cosa. Ne è convinto. La coscienza è fatta tacere. E' un sussurro soffocato da mani ruvide.
Silenzio!
Ed il bambino piange. Nel suo giaciglio di foglie di mora grida in modo così disperato che l'uomo è sicuro lo stia accusando. Un infante che ha compreso ciò che gli è stato tolto e non gli verrà mai restituito. 
Ma nemmeno questo basta. Nemmeno questo serve. 
L'uomo si avvicina lento a quel figlio che non crede suo. La pelle bianca e gli occhi chiari come pozze d'acqua.
 Il bambino è il simbolo. E' l'evidenza del tradimento, è l'onta subita, il disprezzo di ogni fedeltà.
Sarebbe facile ucciderlo. Basterebbe premere forte su quella bocca urlante. Il riparo della notte nasconderebbe l'ombra del peccato, e il sole del mattino cancellerebbe l'incubo del buio trascorso. Sarebbe facile. 
Ma qualcuno, da qualche luogo lontano, reclama ciò che gli è stato promesso. Il vento grida da ovest e gli uccelli notturni, riuniti in un tremendo canto, affidano il messaggio di quanto è avvenuto e di quanto sta per avvenire.
L'uomo sa che non può uccidere il bambino. Non direttamente. Il sangue di una gitana ingannatrice non verrà biasimato. Ma il bambino...
L'uomo lo afferra. Se lo stringe contro nell'unico, involontario, gesto paterno che quella creatura potrà mai meritare. Il pianto si perde lungo il sentiero del bosco; la casa è lasciata alle spalle, così come la donna e la vita. C'è solo un salita ripida, su, verso la montagna. Il bambino potrebbe scivolargli dalle braccia, cadere in un crepaccio, battere anche solo semplicemente la testa al suolo, e tutto sarebbe finito. Ma l'uomo vuole arrivare sulla cima. La cima che si staglia contro la luna. 
La luna che attende.
Attende il figlio.
Il passo frettoloso e affannato di quell'uomo che più non merita di essere tale, rimbomba contro i tronchi degli alberi antichi, sveglia le fate indispettite dal brusco risveglio, fa agitare i folletti, incuriosire i fantasmi. Sanno che quell'essere di carne e sangue non tiene fra le braccia qualcosa di comune. Sanno che sta portando un dono. Un dono che la luna ha atteso con pazienza.
Le fate sussurrano fra loro. Sono spaventate. Gli uccelli notturni narrano la venuta del Re dei Goblin. Anche Gogol li sente fremere man mano che l'umano si avvicina alla meta. I folletti parlano di un inganno. 
La luna ha ingannato la giovane dalla pelle d'ambra. L'amore in cambio del figlio.
Gli umani non impareranno mai a non fidarsi della luna. Gogol lo sa. Poiché è una creatura timorosa ma non stupida, sa bene che la luna trama inganni ai quali gli umani non sanno sfuggire. 
Silenzioso segue l'uomo dalla pelle di fumo, l'uomo che canta una nenia agghiacciante e geme prima di cadere in ginocchio con il suo fardello fra le braccia. 
Non si sporcherà le mani. Non più. Lo lascerà alla montagna, alle bestie selvatiche, agli spiriti inquieti. Se ne occuperanno loro. Il bambino guarda il padre e il padre lo ripudia un'ultima volta. Lo abbandona nella terra umida mentre la luna si fa più grande. 
Gogol assiste. Un'ombra innocua dietro una pietra. Vorrebbe andarsene come ha fatto l'umano, ma la creatura malamente lasciata a terra non smette di farsi sentire e per quanto la luna si faccia vicina quel lamento non vuole cessare. Nessun essere della foresta oserebbe avvicinarsi ad un figlio della luna. Ma Gogol sa che lo sta chiamando. Sta chiamando proprio lui e non c'è modo di ignorarlo. 
Striscia fuori dal sicuro nascondiglio della pietra. La luna è a guardia del suo tesoro, ma in quale modo potrà prendersene cura?
Quando Gogol è vicino al bambino quest'ultimo si zittisce. E' una creatura davvero strana, quasi brutta. Con quel viso bianco e rosso e le gengive rosa prive di denti. Gogol ridacchia, le fate e i folletti si sono allarmati per nulla, e gli uccelli notturni sono solo gran bugiardi, quello non può essere di certo il re dei Goblin. 
Non vi è alcun potere racchiuso in quel piccolo involucro. Ma allora perché?
Gogol sfida la luna con lo sguardo. Forse, per una volta, è lei ad essersi ingannata. Una volta che avrà compreso si farà più piccola e rancorosa e sussurrerà falsamente lusinghiera in risposta a qualche nuova preghiera invocata da una qualche creatura stolta. 
Ma la luna non muta. Resta grande nel cielo e canta. Sono in pochi a poterla udire. Nemmeno Gogol vi riuscirebbe ma,d'improvviso, la vicinanza a quel bambino permette anche a lui di udire le strofe terribili ed incantatrici. 
Ordina a Gogol di prendere fra le braccia il bambino, di cullarlo poiché ella non ne ha la capacità. Lo condurrà nel regno dei Goblin dove la notte non tramonta mai e la luna è sempre presente. Ne sarà il guardiano e il servo finché il figlio della luna non sarà abbastanza potente da sedere al trono. 
"E' la pena per la tua curiosità" lo ammonisce la luna.
E Gogol non può tirarsi indietro. Invero non lo desidera nemmeno. Quella creatura brutta lo affascina, lo ha chiamato a sé, lo ha scelto prima che fosse la luna ad ordinarlo.
 -Oh, di certo la farai penare- sussurra notando quelle gengive rosa allargarsi in un sorriso.



- Mi annoia- Jareth sbadiglia lanciando lontano una stella troppo rumorosa - Questa storia ormai mi annoia, Gogol-.
Il re dei Goblin si affaccia alla finestra, bellissimo e pallido fissa la madre malinconica naufragare nel cielo. - Devi inventarti qualcosaltro-.
- Una volta le piaceva sentire questa storia- Gogol inciampa nel lampadario; Jareth adora mettere sottosopra le stanze, detesta l'ordine, detesta l'immutabilità.
- Cambiala- sbuffa - Fai accadere qualcosa. Sono stanco del servo devoto al bambino. Guarda come ti ha ridotto. Sei orribile- 
E Gogol incassa. Un tempo il suo padrone non gli avrebbe parlato così. Un tempo, quando Gogol era ancora un piccolo elfo dai capelli corvini e gli occhi rubati al mare, Jareth lo scrutava per ore e si nutriva dell'ingenua bellezza del suo servitore. Si accoccolava sulle sue gambe a farsi raccontare storie su storie e non c'era in lui alcuna parvenza dell'ossessione che lo domina oggi. 
Ma Gogol è stato davvero ingenuo, tanto quanto la luna. Entrambi si sono lasciati divorare, e mentre una è una madre colpevole ed infelice, l'altro è solo una favola non risparmiata dall'ingordigia del re dei Goblin. Come per la sorte di tutti i suoi giocattoli, Jareth non si cura più di lui. 
Adesso c'è solo il labirinto. Il labirinto e una preda che Jareth osserva ogni notte. Gogol ne conosce la fame e teme che presto o tardi il suo padrone caricherà di nuovo gli orologi incurante dello scoccare di ogni nuova rovina. 
Il figlio della luna è forse semplicemente stanco di tante avventure e tante inutili odissee. Talvolta non ricorda neppure bene che cosa sta inseguendo, che cosa non ha mai raggiunto. Sebbene Gogol gli racconti da secoli la stessa storia, Jareth non ha più molto chiaro da dove viene, qual è il suo tempo, quanti anni ha, e che cosa dicono esattamente gli orologi che colleziona. Forse, pensa, hanno il solo obbiettivo, da lui segretamente desiderato, di raggiungere la fine di tutte le cose.
Gogol, il corpo e il viso coperti di rughe che non sono esattamente rughe. Non sono segni dell'età, semmai il contrario: sono i segni di chi non ha un età. Il suo piccolo servo sembra sull'orlo dell'agonia ma, allo stesso tempo, il suo corpo emana un vigore giovanile quasi demenziale. 
Jareth non è riuscito a sottrargli tutto in fin dei conti. 
"Saresti capace di morire con il più felice, grato e idiota dei sorrisi" pensa rivolgendo poi una smorfia alla luna, genitrice poco attenta.
- Dimmi Gogol- Jareth spalanca le braccia - Che sarebbe successo se l'uomo fosse tornato?-
Gogol osserva la propria immagine nei prismi del lampadario - Se fosse tornato?-
-Sì, se avesse deciso di uccidere il bambino o di tenerlo con sé-
-Non- Gogol deglutisce - Non ci ho mai pensato-
- E' questo il guaio - sorride Jareth - Alla fine sai cosa credo...-
- Cosa, signore?-
- Credo che il bambino stia ancora ad aspettare che un giorno, o una notte, arrivi il suo assassino a concludere quanto lasciato in sospeso. Spero non ci metta ancora troppi secoli-
Così dicendo il Re dei Goblin dispiega le ali di rapace* verso la luna. 


 
Note: Da piccola- molto piccola- Labyrinth era il classico film che mi terrorizzava ma che mi ritrovavo a guardare in continuazione. Non è mai finito nel dimenticatoio sebbene io non lo abbia mai più riguardato per la paura di un inevitabile confronto disfattista che un film fantasy degli anni 80 può suscitare paragonato a quanto siamo abituati a vedere oggi. Ciò nonostante, in preda a una raptus di nostalgia acuta, sono andata a farmi una panoramica d’immagini del caro re dei goblin ispiratore di tante mangaka, noti gruppi musicali jappo e conseguenti cosplayers d’ogni dove. In questo modo sono incappata in quest’immagine di copertina davvero wow di Return to Labirynth illustrata da Shurei Kouyu (Alichino) per l’omonimo fumetto americano ( che purtroppo di bello ha solo la copertina perché poi storia e disegni non sono assolutamente realizzati da Kouya) dove il protagonista è l’ormai cresciuto fratello di Sarah, Toby, che si ritrova ad aver nuovamente a che fare con Jareth. Informazione sufficiente per farmi velatamente slashare sui due. 
La parte fable invece è totalmente ispirata alla canzone dei Mecano “Hijo de la luna”. Non so perché la mia mente tarlata ha voluto che fosse questa l’origine di Jareth. Ad essere onesti il riferimento  è presente anche nella saga della Falce dove il Re dei Goblin sarebbe nato (come scherzo di cattivo gusto) per il volere della luna. Volevo sottolineare l’inganno di quest’ultima ai danni della povera gitana e la crudeltà dell’uomo che diceva di amarla.
La capacità terribile di autoassolversi da un crimine. Fenomeno piuttosto diffuso nella nostra società. 
Per quanto riguarda Gogol, personaggio per il quale non ho mai simpatizzato, l’idea di renderlo in origine un elfo,consumato poi dal proprio padrone, non trova nessuno sbocco nella storia originale in quanto Gogol è un nano non particolarmente affezionato al suo re. 

*Jareth oltre ad essere il re dei goblin è anche un potente mago. Per individuare le sue “prede” nel mondo degli esseri umani si trasforma in un barbagianni. 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Labyrinth / Vai alla pagina dell'autore: acchiappanuvole