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Autore: Rik Bisini    25/08/2008    3 recensioni
Scese le familiari scale del Paiolo Magico, Pansy Parkinson trova qualcuno ad attenderla per rivelarle qualcosa di inatteso.
Fanfiction premiata come Members' Choice per il 1° Concorso di fanfiction del Mischief Fangirl "Quotation Fest", citazione scelta: "Se stavi aspettando il momento giusto... era quello" (Pirati dei Caraibi - The Curse of the Black Pearl)
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Weasley, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Biancoscuro

Le scale deserte avevano un aria decisamente familiare. Quando Pansy Parkinson le scese ebbe conferma che il luogo in cui si trovava non differiva affatto dal Paiolo Magico, salvo le stranezze dell'assenza del gestore e della presenza di un unico avventore, che la guardava con un sorriso beffardo.
« George Weasley! » esordì la ragazza, con tono tra il canzonatorio e l'esasperato. Il ragazzo seduto al tavolo, un giovane dalla corporatura piuttosto robusta, i capelli rossi e le lentiggini scosse la testa.
Pansy aggrottò la fronte sorpresa.
« Fred? » domandò incredula.
« So che preferiresti incontrare George. » confermò il ragazzo, « Ma lui non può essere qui, ora. Dovrai accontentarti ».
« Accontentarmi non è quello che sono abituata a fare, Weasley. » precisò sprezzante la ragazza.
« Davvero? » replicò Fred con un sorriso sarcastico « Vedremo. Accomodati Parkinson, abbiamo tutto il tempo che vuoi ».
« Non ho intenzione di restare in questo posto neppure un istante, meno che mai con te! » decretò Pansy.
« Come vuoi. » acconsentì Fred, « Hai già deciso da quale parte andare? »
« In che senso? » chiese Pansy.
« Beh, » osservò Fred, « dalla porta del Paiolo Magico arrivi nella Londra Babbana. Dietro il muro dopo la porta sul retro, invece, c'è Diagon Alley ».
« Non mi mischierei di mia volontà ai Babbani, Weasley, lo dissi anche a tuo fratello. Torno a Diagon Alley ».
« Sicura di avere la bacchetta per aprire il passaggio? » insinuò Fred.
Pansy sbuffò, mosse alcuni irritati passi verso il ragazzo e sedette. Si frugò nella veste e ne trasse una pipa d'argento, dal lungo bocchino e dal piccolo fornello, intarsiata con un motivo di serpenti. La caricò con una polvere scura e, tenendola tra le labbra, la avvicinò a Fred.
Il ragazzo fece una smorfia di disgusto. Tuttavia, presa da una manica una bacchetta, diede un breve tocco alla pipa. Ne iniziò ad uscire un fumo azzurrognolo.
Pansy sbuffò una nuvoletta del medesimo colore.
« Vedi di sbrigarti, Weasley. » gli intimò, « Non ho mai avuto pazienza ».
Fred si concesse un lieve sorriso, indicando un punto dietro le sue spalle.
« Un istante può racchiudere molte cose, Parkinson. Ricordi l'ultima volta che hai attraversato quella porta? »
Pansy diede un tiro alla sua pipa e rispose sbuffando.
« Assieme a quell'idiota e traditore del suo sangue di tuo fratello, certo ».
Fred si chinò a da sotto il tavolo prese un oggetto di pietra nera, dall'aspetto di una roccia grezza su cui era stato scavato un incavo a semisfera.
« Torniamo a quell'incontro, per cominciare. » disse.
Di nuovo, dalla manica prese una bacchetta per accostarla alla tempia di Pansy. Lo sbuffo azzurrognolo della ragazza espresse rassegnazione. Fred allontanò la bacchetta dal viso di Pansy, sulla punta di essa era attaccato un filamento color argento che veniva dalla testa della ragazza. Con un secco colpo di polso, Fred lo recise e lo lasciò cadere nel recipiente di fronte a sé. La sostanza sembrava contemporaneamente liquida e gassosa.
Il ragazzo indicò il bordo del recipiente e Pansy vi si avvicinò, calandovisi dentro.

Pansy ebbe un attimo di esitazione nel riconoscere se stessa. La ragazza dalla veste porpora e il mantello nero, un caschetto di capelli neri e il viso da carlino le somigliava molto.
Ma non nel portamento incerto, traballante, né nell'espressione assente di quegli occhi sgranati.
Nella stanza, una stanza dall'aria stantia e dal soffitto basso, Pansy era in compagnia di un uomo alto, dalla pelle chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri.
Le sorrideva cortese, nel salutarla con studiata deferenza.
« Spero che il prodotto sia di suo gradimento, signorina Parkinson. » diceva, « Mi auguro di vederla presto ».
Pansy annuì stancamente e si volse verso la porta. Allungò la mano verso la maniglia, quando la porta si aprì. Nel negozio era entrato un ragazzo estremamente simile a Fred, a cui però mancava un orecchio.
« Desidera? » chiese l'uomo che era nel negozio.
« La tua pelle scorticata nel mio salotto e i tuoi testicoli in salmì per cena, feccia. » esordì il ragazzo.
« Ma chi è lei? Come osa...? » iniziò con sdegno l'uomo.
Il ragazzo estrasse la bacchetta e la puntò sull'uomo.
« Conosco qualche furfante. Non infami quanto te, a dire il vero. Ma abbastanza da saper riconoscere i veleni che usano i Mangiamorte. Ed a capire chi li fornisce ».
L'uomo, inaspettatamente, divenne ancora più pallido.
« Mi sta accusando senza prove. » indovinò, « Altrimenti sarebbero venuti gli Auror ».
« Al contrario, cacca di Doxy. » spiegò il giovane, « Abbiamo tutte le prove che vogliamo. Arriveranno al Ministero, quando tutti i seguaci di Tu-Sai-Chi che lo infestano saranno stati individuati. Le terremo al sicuro per allora. Nel frattempo, ti consiglio di evitare altre bravate come quella di questo mese. Dal momento che non ci sono state vittime, questa volta potresti evitare Azkaban. Ma la fortuna potrebbe abbandonarti ».
Si girò verso Pansy, come notandola in quell'istante.
« Parkinson, tu stai uno schifo. » chiosò.
Pansy lo guardò stralunata.
« Wea... sley... » balbettò.
« George Weasley, esatto. » confermò questo. La prese per un gomito. « Andiamo ».
Pansy e George attraversarono la soglia e furono fuori dal negozio, mentre in un sussurrò che Pansy udì, l'uomo osservava sprezzante.
« Non "quando", ragazzo, ma "se" i seguaci del Signore Oscuro saranno individuati ».
Fred e Pansy seguirono il ricordo della ragazza, che si lasciava condurre opponendo scarsa resistenza. Le due coppie percorsero la famigerata strada del mondo magico, Nocturn Alley, fino a raggiungere l'incrocio con Diagon Alley.
Anche nella più florida strada della Londra magica si respirava un'aria dimessa, conseguenza della logorante guerra che stava devastando il Paese. George teneva la Pansy del ricordo sottobraccio, quasi trascinandola per farla restare in piedi. Non si scambiarono una parola durante il tragitto. Giunsero al Paiolo Magico e lì Pansy parve riprendere a camminare con maggiore sicurezza.
George la condusse all'interno del locale, dove Fred e l'altra Pansy li raggiunsero.
Qui la ragazza si piantò prima che George la spingesse con decisione oltre la porta d'ingresso. Appena varcata la soglia, Pansy si gettò con urgenza contro il petto di George.
« Fammi entrare dentro, sto per vomitare. » lo implorò.
George si scansò e Pansy raggiunse in trafelati passi una porta che spalancò rumorosamente. Non si preoccupò di richiuderla e si trattenne un paio di minuti all'interno del bagno, mentre un mormorio perplesso dei pochi avventori commentava la scena.
« Sei idiota esattamente come pensavo. » berciò Pansy all'indirizzo di George, appena rientrata nell'atrio della locanda. « Dove accidenti intendevi portarmi? »
« Al San Mungo. » rispose semplicemente George, « Stavi male ».
« Non mi pare che siano affari tuoi, sbaglio? » osservò lei di rimando.
« Giusto. » convenne George, girandosi in modo da mostrarle le spalle, « La prossima volta ti lascerò spargere il contenuto delle tue viscere per Nocturn Alley ».
« So badare a me stessa. » dichiarò Pansy « E per tua informazione è il puzzo dei Babbani che mi da il vomito. Per questo li evito ».
George le diede un'occhiata di sbieco volgendo il capo.
« Scegli meglio i tuoi fornitori. » replicò, iniziando a camminare verso la porta che conduceva a Diagon Alley.
« Se Mortenson è un mago purosangue » ribatté Pansy, « è verosimile che non abbia nulla da temere dal Signore Oscuro ».
Il ragazzo non diede cenno di avere sentito. Solo quando raggiunse la porta, con un ultimo sguardo a Pansy chiosò « Purezza di sangue... dubito che in questo caso faccia differenza ».

Il ricordo di Pansy svanì, come la nebbia quando soffia il vento. Fred e la ragazza ritornarono faccia a faccia seduti al tavolo. Pansy aveva le sopracciglia aggrottate. « Perché hai voluto che vedessi questo ricordo? » chiese.
Fred fece una smorfia.
« Non hai capito quello che ti disse quel giorno mio fratello, vero? » suggerì.
« Riguardo a cosa? » insisté Pansy.
« La sua raccomandazione, l'accenno a quel tal Mortenson. » le rammentò Fred.
Pansy aspirò con gusto dalla sua pipa.
« La purezza di sangue è qualcosa che voi Weasley non riuscite a capire. Direi addirittura a percepire. È qualcosa che senti dentro dalla nascita, oltre che venire dalla tua famiglia. Sai che ogni cosa ha un'importanza diversa se sei tu e non un altro a farla ».
Concluse con uno sbuffo di fumo azzurro. Fred alzò gli occhi al soffitto.
« Ricominci con questa cantilena. Ma chi ti ha detto che George si stava preoccupando del tuo sangue? »
Il ragazzo allungò una mano e le strappò la pipa. La rovesciò con un gesto secco sul tavolo e la lanciò dietro le sue spalle.
Un mucchietto di polvere nera e calda cadde sul tavolo.
« Biancoscuro. » annunciò Fred, « Da quanto tempo lo fumi? »
« Che ti importa? » tagliò corto la ragazza.
« Il fumo del biancoscuro porta una dolce ebbrezza. » illustrò il ragazzo, « Un appagamento pieno in cui le sensazioni dolorose sono attenuate e quelle piacevoli amplificate. Sfortunatamente l’uso abituale porta assuefazione... e naturalmente dipendenza. Ah, il peggio è che è un composto alchemico di difficile realizzazione. Se non è preparato correttamente, fumarne porta ad un lunghissimo sonno senza interruzioni, talvolta alla morte. Non è saggio comperarne da mercanti di pochi scrupoli, per quanto nobile sia la loro o la tua genealogia ».
« So badare a me stessa. » lo rimbeccò Pansy, « Non hai sentito o fai proprio finta di non capire ».
« Oh, » osservò Fred con aria stupita, « non mi era sembrato affatto, sai? Come distingui chi cerca di aiutarti da chi sta sfruttandoti, per esempio? Sono interessanti le tue scelte di campo. Immagino che la purezza di sangue sia più importante della tua rovina, giusto? »
« Quando è necessario, Weasley, » replicò sferzante Pansy, « bisogna tagliare le parti malate ed aver cura di quelle sane. Un concetto semplice, direi ».
« Sempre che tu sappia distinguere il malato dal sano. » intervenne Fred, « Per te Tu-Sai-Chi rappresenta il più degno rappresentante di un mago, giusto? Tanto da schierarti contro Harry e una larga parte del mondo magico. Quella pronta ad accoglierti, nonostante tutto, alla sua sconfitta ».
« Stai parlando di quelli che mi hanno tolto la bacchetta? » insinuò Pansy.
Fred prese nuovamente la sua bacchetta dalla manica e la portò alla tempia di Pansy. La ragazza lo guardava torvo, ma lasciò fare. Un nuovo filamento di pensiero fu lasciato cadere nel recipiente. Fred lo indicò a Pansy, invitandola a guardare.
« Sto parlando di quelli che te l'hanno restituita. » concluse.

Doveva essere vicino il tramonto, perché le ombre fuori si stavano allungando sempre più rapidamente. Pansy le guardava attonita dopo quelle ventiquattro ore in cui tutto quello che riguardava il mondo magico era cambiato più volte, a partire dal suo stesso stato d'animo.
Prima c'era stata la rabbia, quando la McGranitt l'aveva messa a capofila tra coloro che abbandonavano la scuola di Hogwarts, prima della battaglia. Poi c'era stata la frustrazione al voltafaccia di Lumacorno che le aveva sottratto la bacchetta e l'aveva destinata a restare chiusa in una stanza, impotente prigioniera della fazione avversa, guardata a vista da un paio di tredicenni ansiosi di rendersi utili a suo danno. Le voci allarmate che commentavano la battaglia le avevano dato speranza. Hogwarts resisteva a stento e Pansy sperava che il tempo della sue liberazione fosse giunto. Pregustava la sua vendetta, la sua soddisfazione, mentre coglieva descrizioni della furia dei giganti scatenati dal Signore Oscuro, il timore tra i suoi carcerieri.
Poi, mentre la notte volgeva al termine, si era infuriata. Nonostante tutto, nonostante non venisse chiesta altro che la resa di Harry Potter, nonostante la battaglia sembrasse senza speranze, seppe che altri si preparavano ad aggiungersi al fronte avverso ai Mangiamorte.
Poco prima dell'alba era venuta l'euforia. La voce dello stesso Signore Oscuro annunciava la fine di Potter. Un'euforia che aveva lasciato il posto allo sconcerto quando la battaglia era ricominciata. D'altra parte al primo chiarore del giorno era sopraggiunta anche una strana sensazione, di cui Pansy non si era avveduta subito, ma che diveniva sempre più chiara con il passare dei minuti. Una sensazione di imminente disfatta. La percezione di un ineludibile potere magico che avrebbe determinato la sconfitta dei Mangiamorte. L'azione di un incantesimo antico e non riproducibile da una formula magica.
Così, mentre le giungevano le voci della caduta del Signore Oscuro e poi del fatto che lo stesso Potter ne aveva causato la fine, si era sentita svuotata, incapace di provare altre emozioni.
Sorda alle grida di giubilo e di festa era rimasta attonita nella stanza assegnatale, senza nemmeno tentare di attirare l'attenzione dei suoi carcerieri. Nell'attesa che qualcuno decidesse della sua sorte e senza sapere cosa aspettarsi.
Le avevano portato il pranzo, ma non lo aveva toccato. Si era assopita per buona parte del pomeriggio, mentre si contavano le vittime della battaglia e si soccorrevano i feriti. Risvegliatasi a metà pomeriggio, aveva continuato ad attendere, abbattuta e costernata, senza curarsi del tempo che trascorreva.
Pansy ricordava con precisione quella altalena di emozioni, mentre osservava da un angolo il suo ricordo. Ricordava il suo strano moto di gratitudine verso la persona che aveva aperto la porta, mentre la luce del sole iniziava a sfumare. George Weasley.
La guardò e, preso un respiro, le parlò.
« Puoi andare, adesso. » annunciò, « La battaglia è finita. Tu-Sai-Chi non esiste più ».
Pansy lo guardò con disprezzo.
« Alcuni Mangiamorte sono ancora in fuga. » continuò George, « Ma gli Auror li stanno già braccando. Chi era sotto Imperius è nuovamente in sé. Presto avremo un nuovo Ministro e un nuovo Preside ad Hogwarts ».
« Che ne è del professor Piton? » ringhiò Pansy.
« È stato ucciso. » rivelò George, « Da Tu-Sai-Chi ».
Pansy si alzò lentamente in piedi. « Non può essere. » sentenziò.
« Davvero? » replicò George, « Ancora non ti è chiaro come Tu-Sai-Chi ricompensi i suoi servitori? Ancora dubiti che la fedeltà dei suoi sudditi non ha mai avuto alcun valore, di fronte ai suoi scopi. Come non ne ha mai avuto la tanto decantata purezza di sangue ».
« Deve averlo tradito! » esclamò Pansy.
« Segretamente, aveva smesso di essergli fedele da molto tempo. » precisò George, « Ma su Tu-Sai-Chi hanno cambiato idea in molti. Anche i Malfoy ».
Pansy soffocò un singulto. « Non Draco! » sentenziò.
George scosse le spalle.
« Lo preferisci traditore della propria famiglia, piuttosto che traditore di Tu-Sai-Chi? » domandò con tristezza, « Rinnegheresti i tuoi sentimenti, purché sia affermata la superiorità di un purosangue nei riguardi di un Nato Babbano? »
« I Malfoy. » insisté Pansy incerta, « Sono dei traditori del loro sangue ».
George prese dalla veste una bacchetta. Pansy riconobbe subito la propria. Il ragazzo si avvicinò tenendola tra il pollice e l'indice. La porse con una smorfia a Pansy.
« Se è questo che pensi, prendila. » la invitò George, « Continua la battaglia che ha già portato la sconfitta e aggrappati ad una causa che è sempre stata persa. Sei sola, lo sei sempre stata. Renditene conto e cerca qualcosa o qualcuno per cui vivere ».
Pansy prese la bacchetta strappandola delle dita di George.
« Odio te e tutti i Babbanofili. » ringhiò, « E vivo benissimo per me stessa ».
George alzò lo sguardo al soffitto. Poi volse le spalle a Pansy, avviandosi verso la porta.
« Perché mi lasci andare? » domandò la ragazza adirata, « Sono tua nemica. Non mi rassegnerò mai a vivere in mezzo a creature ibride e maghi con il fango al posto del sangue ».
George si voltò verso Pansy.
« Oggi molti sono morti. » ricordò, « Ho visto cadere anche mio fratello. Sono stanco di violenza. Tutti lo siamo. Tutti tranne te. Non sei ancora stanca di vivere cercando di importi agli altri? A dispetto di te stessa? Non hai nemmeno il minimo dubbio? »
La luce del sole fuggiva, mentre gli occhi di George attendevano anche un solo cenno da parte della ragazza. Pansy tuttavia rimase immobile. Come immobile era la Pansy entrata nel ricordo, ormai sul punto di svanire.

« Se stavi aspettando il momento giusto... era quello. » commentò Fred quando il si trovò faccia a faccia con Pansy in quel Paiolo Magico, ancora innaturalmente vuoto e silenzioso.
Pansy era assorta, tacque un paio di secondi prima di replicare « Il momento giusto per cosa? »
Fred alzò le spalle. « Non lo so esattamente. » spiegò, « Però potevi dire a George che non lo odi affatto e che sei sgradevole solo per abitudine. Ma un semplice “grazie” sarebbe stato già qualcosa ».
« Gratitudine? » lo schernì Pansy, « Cosa avrebbe fatto per meritare la mia gratitudine? »
« Ha cercato di salvarti, Parkinson. » replicò Fred, « Due volte. Tre, se contiamo oggi ».
« Io non ho bisogno di essere salvata! » esclamò Pansy, « Io... »
« ...sai badare a te stessa. » completò Fred con sarcasmo. « Non ti è venuto il dubbio che ci sia qualcosa di più di se stessi? Qualcuno per cui valga la pena di vivere, o di morire se necessario? »
« Beh, » rise isterica Pansy, « mi piacerebbe incontrare uno di quelli che è morto in quella battaglia, per chiedergli cosa ne pensa davvero ».
« È per questo che sono qui. » spiegò Fred, « È di me che parlava George. È allora che sono morto ».
Pansy tacque. I battiti del cuore le arrivavano alle tempie. Abbassò lo sguardo, impaurita.
« Sei un fantasma? » chiese, aspettandosi già la risposta.
Fred scosse la testa.
« Vuoi dire che... anche io...? »
Fred alzò lo sguardo verso il soffitto e poi lo spostò sulle mura, sul bancone, sulle porte e sulle scale della locanda.
« Credo di capire perché tu abbia scelto questo posto. » le confidò, « Un crocevia tra due mondi, quello dei maghi e quello dei Babbani, ha dato l'aspetto ad un crocevia tra altri due mondi. Quello dove sei e quello dove sei destinata. Solo qui io posso incontrare chi non è ancora andato... oltre ».
« Incontrare... me? Che vuoi da me? » chiese Pansy cautamente battagliera.
« Per due volte la strada giusta da prendere te l'ha indicata direttamente George. Oggi lo fa tramite me. So che lo farebbe ».
« Perché? »
« Deve esserci un perché? » replicò Fred, « Presumo che quanto una persona abbia a cuore il destino del mondo cerchi anche di salvare le singole persone. Oppure George si è reso conto che perfino tu potevi cambiare, guardare verso un altro senza pensare alla tua convenienza. Lo ha sperato, credendo possibile per te uscire dall'inferno di vita che hai sempre fatto ».
« La mia vita? » berciò Pansy, « Che ne sai tu della mia vita? Potevi occuparti della tua, invece ».
Fred sorrise.
« Ma io l'ho fatto. » osservò, « Quando sono morto, sapevo esattamente in nome di cosa. Per George, per Ginny e gli altri miei fratelli, per Harry, per i più deboli, per i Mezzosangue, per i Nati Babbani che tu disprezzi, un po' anche per gli elfi domestici. Parkinson, tu sei ad un passo dalla morte. Perché? E per chi? »
Pansy tacque immobile. Per la terza volta, Fred avvicinò la bacchetta alla sua tempia ed un terzo filamento argenteo fu precipitano nel recipiente. Pansy si tuffò nuovamente in un suo ricordo.

La stanza era ampia. Tende di seta e merletti coprivano la parete su cui si trovavano le finestre. Oltre le tende e le finestre si intravedeva un ampio terrazzo. Il letto aveva un baldacchino e sotto le coperte in tessuto ricamato non si faticava ad immaginare lenzuola di seta. I mobili erano di legno massiccio e ciascuno intarsiato nel medesimo stile, con motivi che spesso
La ragazza nella stanza era sola.
Seduta sul letto, armeggiava con l’allacciatura di un sacchetto di pelle di drago, guarnito di pietre preziose. Pansy riconobbe se stessa, vestita del medesimo abito bianco che portava ancora.
« Che cosa sta succedendo? » chiese a voce alta, « Questo non è un ricordo. Non ho mai aperto quel sacchetto ».
« E’ a questo che serve un Pensatoio. » spiegò Fred, « Riporta a galla memorie sopite, che noi non abbiamo ancora assimilato. Questo è il momento in cui ti sei quasi uccisa ».
La Pansy seduta sul letto prese dalle tasche della sua veste la lunga pipa d’argento. Verso con sicurezza il contenuto del sacchetto fino a colmare la pipa.
« Non avevo affatto intenzione di uccidermi. » sottolineò Pansy.
« Vedi, Parkinson, » illustro Fred, « stai caricando una dose tripla di Biancoscuro. Tripla per un maschio adulto, per l'esattezza. Sai che avevo un negozio di scherzi con George e non ti dico le ricerche per creare i nostri prodotti. Niente Biancoscuro. L'abbiamo valutato troppo pericoloso mentre eravamo al sesto anno di Hogwarts ».
« Dubito che ve lo siate potuto mai permettere. » osservò velenosa Pansy.
« Oh, » replicò Fred, « credimi, riuscimmo a trovare il denaro per averne di ottima qualità. Ma tu chiaramente preferisci andare da un fornitore che ti ha venduto Biancoscuro preparato da un pozionista troll. Beh, Mortenson è un purosangue, quindi gli è permesso anche darti una mano ad ammazzarti ».
« Non intendo affatto ammazzarmi, Weasley. » ringhiò Pansy.
Fred scosse la testa. La Pansy seduta sul letto misa la pipa in bocca e con un rapido gesto di bacchetta la accese.
« D'accordo, Parkinson. » disse Fred con un riso sarcastico. « Non vuoi ammazzarti. Stavi solo fumando una dose più che tripla di una sostanza di per sé già pericolosa, che già ti aveva dato la nausea quando l'avevi provata a Nocturn Alley. Immagino che questo per te significhi proteggere la propria vita. D'altronde sai badare a te stessa ».
Pansy avvampò.
Fred riprese. « Non so perché Mortenson ti abbia rifilato quella roba. Probabilmente dopo il servizio eseguito per i Mangiamorte si sentiva al sicuro da ogni rischio. Purtroppo non aveva valutato il costo del primo servizio al di sotto delle aspettative di Tu-Sai-Chi. Lo hanno trovato morto qualche mese fa ».
La Pansy accanto a Fred sentì mancarle il fiato. Quella sul letto inalava con gusto le prime boccate di Biancoscuro.
« Perché sentivi tanto bisogno di fumare, dimmi? » domandò Fred.
Pansy deglutì.
« Draco... » borbottò.
« Ti ha piantato, allora. » insinuò Fred.
« Io gli ho scritto, dopo quella notte. » spiegò Pansy, « Gli ho scritto di non dimenticare l'orgoglio di avere servito il Signore Oscuro. Gli ho scritto che l'avevo sempre amato, avevo amato i suoi ideali ed avrei continuato ad amare entrambi ».
« Ma a quegli ideali, » suggerì Fred, « ormai non crede nemmeno lui ».
Pansy annuì.
« Non mi sono mai rassegnata a credere che lui avesse davvero abbandonato il nostro signore. Gli ho scritto decine di lettere. L'ho esortato, implorato, supplicato, lusingato di restare quello che conoscevo ed amavo. Ha smesso di rispondermi ».
« D'altro canto, » osservò Fred, « tu non hai mai tentato di capirlo e di appoggiarlo ».
« Io sono quella che sono, Weasley. » chiosò Pansy. « Dovrei essere quella che gli altri mi impongono di essere? »
Fred alzò le spalle.
« Credi di poter restare per sempre quella che sei? » domandò, « Che siano gli altri ad adattarsi a te? Parkinson, nessuno è disposto a tanto per te, come tu non lo sei per altri ».
Pansy si allontanò dal ragazzo.« Vuoi farmi la lezione, Weasley? »
« No di certo! » la contraddisse il ragazzo, nuovamente sarcastico. « Tu sei quella che sa badare a se stessa. D'altra parte sono sei mesi che dormi senza interruzione, dopo quella pipa di Biancoscuro. Un modo esemplare di restare come sei ».
La Pansy che era sul letto lasciò che il bocchino scivolasse dalle sue dita, tintinnando sul pavimento di marmo. Si accoccolò lentamente sul letto e chiuse gli occhi.

« Sei... mesi... » balbettò Pansy.
Era nuovamente seduta in quel luogo che precede l'aldilà, a cui aveva dato la forma del Paiolo Magico. Fred, di fronte a lei, prese il Pensatoio dal tavolo e lo ripose nuovamente sotto di esso. Annuì.
« Ma ora le tue condizioni stanno peggiorando. » le illustrò, « Adesso sei quasi arrivata alla fine ».
« Non c'è modo di tornare indietro? » chiese Pansy, trepidante. « Tu puoi indicarmi come fare, vero, Weasley? »
« Per risvegliarti tra i vivi? » chiese Fred, « In un mondo che non vuoi? Decisa a restare quella che sei, da sola, ed a cercare l'ebbrezza negli stupefacenti? Ci tieni tanto? »
Pansy strinse le labbra.
« Forse... » suggerì con tono piatto, « Potrei tornare cercando di non badare da sola a me stessa ».
« E... » la esortò Fred beffardo.
Pansy fece una smorfia.
« Cercando di pensare anche agli altri, vuoi dire? »
« È essenziale. » precisò Fred, « Se vivi per te stessa, tornerai a fumare il Biancoscuro. Per avere l'ebbrezza che tu desideri ».
« Non sono mai vissuta per gli altri. » sottolineò Pansy.
« Mi pare che di questo abbiamo discusso a lungo. » precisò Fred, « Ma se non trovi questo desiderio, tornerai presto in questo luogo, anche se la prossima volta potrebbe avere un aspetto diverso ».
« Intanto sono imprigionata qui. » osservò la ragazza.
Fred la contraddisse agitando una mano.
« Questo posto e quello che c'è qui, escluso il sottoscritto si intende, dipende da quello che tu desideri. Se vuoi raggiungere Diagon Alley, troverai la bacchetta che cerchi ».
Pansy abbassò lo sguardo verso il tavolo ed incontrò la familiare sagoma della sua bacchetta, che pareva essere stata lì da sempre.
« Il punto, » continuò Fred, « è se tu voglia raggiungere Diagon Alley ».
Pansy aggrottò le sopracciglia. « Che intendi dire? »
« Questo devi capirlo da sola, Parkinson. » decretò Fred.
« Ebbene, Weasley, » dichiarò Pansy, « io non voglio certo restare in questo... posto. Meno che mai in tua compagnia. Quindi posso solo andare verso Diagon Alley... »
Il viso della ragazza si illuminò di comprensione e timore.
« ...o la Londra Babbana ».
Fred incurvò le labbra accennando ad un sorriso.
« Questo posto è un passaggio. » proseguì Pansy, « Da una parte c'è il luogo dove voglio andare, dall'altra quello dove non andrei mai. L'aldilà che attende e il mondo da cui sono rifiutata... »
« Ti senti rifiutata. » la corresse Fred.
Pansy fissò la porta dietro le spalle del ragazzo.
« La bacchetta è apparsa quando ho accettato l'idea di essere vicina alla morte ». sussurrò.
« La Londra dei Babbani! » esclamò improvvisamente con raccapriccio, lanciando un'occhiataccia a Fred.
Il ragazzo sorrise. « Sei tu a decidere tutto qui. Il mondo magico senza Tu-Sai-Chi ti da la nausea come quello dei Babbani? »
« Pressappoco, Weasley. » convenne Pansy, stringendo e sollevando la bacchetta.
Si alzò con grazia e si avvicino a Fred.
« Ma è il solo mondo che conosco. » aggiunse, « E non ho alcuna fretta di andare oltre. Specie perché laggiù ci sei di certo tu. E sono rimasta in tua compagnia abbastanza da non desiderarla per tutto il resto dell'eternità ».
Fred rise.
Pansy si incamminò verso la porta di Londra, mentre Fred rimaneva seduto ed in silenzio. Toccò la maniglia. Improvvisamente si sentì incerta.
« Salutami George, Parkinson. » le raccomandò Fred dalla sua sedia.
Pansy, suo malgrado, sorrise. La porta si spalancò su una strada buia e un vago odore di sudore e sporco giunse fino alla soglia del Paiolo Magico.
« D'accordo, Weasley. » promise.
Poi uscì.

   
 
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