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Autore: Emelyee    04/07/2014    4 recensioni
"Un giorno suo marito le aveva chiesto del colore dei suoi occhi e lei, sorridendo dolcemente, glielo aveva rivelato lasciandolo piacevolmente stupito. Anni dopo Didyme avrebbe scoperto che i fiordalisi erano i fiori preferiti di Marcus, gli stessi che lo aveva pregato di far crescere perché non si dimenticasse mai di lei. Sperava che bastasse a tenerlo legato a lei abbastanza da non cedere al potere di Aro."
La storia della morte di Didyme. Cosa stava pensando mentre suo fratello la uccideva?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aro, Didyme
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cornflower eyes
 
Didyme sapeva quel che stava per accadere eppure seguiva senza esitazione Jane, così giovane e benvoluta da Aro che si poteva credere facesse parte dei Volturi da molto più tempo di lei. La vampira dai capelli color del grano si passò le mani sulle pieghe dell’abito azzurro fiordaliso, lo stesso colore dei suoi occhi da umana, e sorrise triste. Non si sarebbe tirata indietro, avrebbe guardato suo fratello negli occhi mentre la uccideva. Guardò per l’ultima volta i lunghi corridoi bui del palazzo di Volterra intervallati, di tanto in tanto, da un mazzo di fiori che doveva servire a rallegrare chiunque l’avesse visto. Didyme ci teneva molto ed era sempre assecondata da Aro, complice anche il fatto che lei fosse la compagna di Marcus, uno dei tre sovrani della razza dei vampiri.
Sospirò a quel pensiero. Marcus, il suo unico amore, sarebbe stato anche il suo unico rimpianto. Non era riuscita a salvarlo dalle manie di grandezza di suo fratello e ora sarebbe rimasto solo. Gli aveva scritto una lettera in cui gli ripeteva quanto lo amava, che doveva essere forte e andare avanti anche senza di lei, che non doveva lasciarsi andare ma rimanere vicino a quello che sarebbe presto diventato il suo assassino oltre che suo fratello per cercare, un giorno, di spodestarlo. Didyme era convinta che fosse stato proprio quello ad indurre Aro ad ucciderla: la paura di perdere tutto ciò che aveva creato.
Aveva lasciato nella loro stanza anche dei semi.
Un giorno suo marito le aveva chiesto del colore dei suoi occhi e lei, sorridendo dolcemente, glielo aveva rivelato lasciandolo piacevolmente stupito. Anni dopo Didyme avrebbe scoperto che i fiordalisi erano i fiori preferiti di Marcus, gli stessi che lo aveva pregato di far crescere perché non si dimenticasse mai di lei. Sperava che bastasse a tenerlo legato a lei abbastanza da non cedere al potere di Aro.
Le porte della Sala dei Troni erano a pochi metri da loro che, a passo umano, stavano percorrendo i corridoi del palazzo, probabilmente l’ultima concessione del fratello ad una sorella particolarmente romantica. Didyme respirò l’aria che permeava quei corridoi e riconobbe la scia di suo marito.
Sorrise.                                            
Avere nei polmoni il profumo della persona che amava mentre moriva le sembrava un buon modo per andarsene. L’ultimo modo che aveva di portarlo con se.
Jane spalancò le porte che rivelarono la Sala dei Troni in tutto il suo splendore. Il lieve pallore dell’alba illuminava gli affreschi sulle pareti e le statue negli angoli; un angelo con le ali spalancate faceva bella mostra di sé sulla parete dietro al piedistallo dove sedevano Aro e Caius. Il primo si alzò dal suo scranno e allargò le braccia come se volesse accoglierla e con un lieve sorriso sulle labbra disse: «Didyme, sorella mia»
La giovane vampira piegò il capo facendo scivolare i lunghi boccoli chiari sulla spalla destra e aggrottò le sopracciglia, infastidita da quelle parole. «Aro, mi stupisce che tu riesca ancora a considerarmi come tua sorella. Non stai forse per mettere fine alla mia esistenza, di nuovo?»
Il signore dei vampiri fece un’espressione stupita che irritò la sorella più del dovuto.
«Le tue parole mi feriscono, Didyme cara. Dici questo come se dessi per scontato che quel che sto per fare mi rechi piacere,» disse con una nota di dispiacere nella voce «mentre invece questo gesto è per me una fonte di dolore immenso, sorella»
«Non mentire proprio a me, Aro. Non mentire all’unica che riesce a svelare le tue menzogne» rispose Didyme intrecciando le mani davanti a sé e raddrizzando il capo e la schiena, fiera «Perché le parole che pronunci non sono altro che vili menzogne per indurre i vampiri che comandi ad eseguire ogni tuo ordine convinti che ciò che stanno facendo sia giusto» continuò «E io ho sempre detestato i bugiardi, fratello» disse calcando particolarmente sull’ultima parola perché il vampiro capisse che, per lei, quel legame di parentela non esisteva più.
Aro strinse le labbra. Il sorriso era svanito.
«Ma guarda,» indicò con la mano a Jane di uscire e non continuò finché non ebbe la certezza che lei fosse abbastanza lontana da non poter sentire le parole che stava per rivolgere alla sorella che aveva condannato a morte «la mia sciocca sorellina ha scoperto i miei piani. Evidentemente non sei così inutile come credevo. Poco male, tuo marito è molto più necessario di te per il mio impero; spero che lo capirai» si guardò le unghie che, naturalmente, erano perfette «Vedi, Didyme, non era nei miei piani ucciderti, anzi: io volevo che tu vivessi una vita felice con Marcus all’interno di queste mura. Ed è proprio questo il problema, che voi avete ideato quel piano di andarvene del palazzo e... io non potevo permetterlo, sorella. Non potevo assolutamente, sarebbe stato un disastro su tutta la linea» allargò le braccia con espressione convinta mentre Didyme lo osservava sprezzante.
La giovane ricordava quanto, da umani, suo fratello fosse ossessionato dalla sete di potere. Desiderava diventare il re della zona nella quale vivevano un giorno e fare vivere la sua famiglia in maniera dignitosa come aveva sempre sognato. Tuttavia, quando arrivò il suo trentasettesimo compleanno e si accorse di essere ancora bloccato nella sua vita da contadino, iniziò ad impazzire: cominciò a trattare tutti in famiglia come se fossero suoi schiavi, si rifiutava di muovere un dito in casa, pretendeva di mangiare carne tutte le sere e se non era possibile si infuriava e correva fuori casa sotto lo sguardo preoccupato dei loro genitori e del fratellino minore, Isaia. Didyme allora si allontanava e andava a cercarlo per tranquillizzarlo dicendogli che lui sarebbe stato un bravissimo sovrano, un giorno e che lei sarebbe stata al suo fianco a supportarlo in qualsiasi momento. Aro allora si rasserenava a tornava in casa portando la sorella al braccio, orgoglioso.
Non si era mai sposato; nessuna famiglia avrebbe mai lasciato la propria figlia con un pazzo. Ma Didyme sì e quello fu un duro colpo per il fratello. Minacciò il suo giovane marito il giorno in cui si sposarono che, se non l’avesse trattata come una principessa, ne avrebbe dovuto rispondere a lui personalmente. Quando scoprì di essere incinta Aro impazzì di felicità, soddisfatto di avere un erede per il suo ruolo di sovrano, anche se mal sopportava il marito della sorella e sperava con tutto il cuore che il bambino che portava in grembo somigliasse a lei. Aro organizzò una festa quando Didyme partorì e scoprì che erano gemelli, un maschio e una femmina che vennero chiamati Balthazar e Charity. Didyme era felice e la sua vita scorreva tranquilla fino a quando suo fratello scomparve.
Era inverno e i bambini avrebbero presto compiuto tre anni quando sua madre bussò alla sua porta dicendo che Aro non era tornato, quella notte. Cercò di tranquillizzarla dicendo che sicuramente sarebbe tornato presto ma non lo fece e, dopo una settimana, fu dichiarato morto e venne celebrato il suo funerale. Didyme pianse molto e i suoi figli la consolarono anche se dispiaciuti per la morte dello zio che li viziava come se fossero più che semplici contadini.
Passarono due anni prima che Aro si presentasse alla porta di casa della sorella trasformato in un vampiro. Le spiegò cos’era diventato e le disse che voleva farla diventare come lui, che la trasformazione sarebbe stata dolorosa ma avrebbe permesso loro di vivere insieme per sempre. Didyme rifiutò, pensando alla nuova vita che aveva appena scoperto di portare in grembo, sperando che suo fratello non se la prendesse e se ne andasse, stavolta per sempre. Ma lui si infuriò, le disse che avrebbe atteso solo fino alla nascita di suo nipote e poi l’avrebbe trasformata. E così fece. Due giorni dopo la nascita di Abel, un bellissimo maschietto con i capelli neri e gli occhi azzurri della madre, Aro la rapì e la trasformò, impedendole di vedere i suoi figli.
«Un disastro...» sibilò Didyme «Sarebbe stato un disastro vedere tua sorella, il sangue del tuo sangue, finalmente felice?!» sbraitò, furiosa con il fratello «Sarebbe stato un disastro farmi vivere farle vivere la vita che vent’anni fa mi hai rubato?! Un disastro Aro?» chiese senza aspettarsi una parola. La sua rabbia travolse come un’onda Aro e Caius impedendo loro i movimenti per qualche minuto mentre lei continuava ad urlare la sua rabbia.
«Te lo dico io cos’è un disastro. È un disastro che nessuno abbia ancora capito che tipo di persona crudele e meschina tu sia. È un disastro che tu continuerai a portare avanti questo tuo piano malato di conquista del mondo senza che nessuno ti fermi. Ed è un disastro che io ti credessi diverso, che io mi sia fidata di te anche dopo che mi hai tolto la mia famiglia, mio marito, i miei figli, che abbia creduto che mi volessi bene, in qualche modo contorto» sputò, quasi delusa «E invece guardami, guardati! Mi stai per uccidere perché voglio rifarmi una vita con mio marito invece che sottostare alle tue regole dispotiche» rise, amara e scosse il capo facendo un passo verso suo fratello, stanca.
Aro la osservava immobile e, in qualche modo, stupito dalla reazione di sua sorella. Ricordava i suoi occhi azzurri pieni di paura quando gli aveva aperto al porta dopo averlo creduto morto. Ricordava come cercava di proteggere Charity e Balthazar, così uguali a lei, due piccoli angeli biondi, quando era tornato cambiato e di come voleva nascondergli Abel, quasi la fotocopia del padre, per paura che gli facesse del male. Ma ricordava anche con quanta fiducia si fosse riavvicinata a lui quando si era svegliata e di come gli avesse immediatamente comunicato di quando si era innamorata di Marcus, il suo braccio destro. Di come era stata felice che l’accompagnasse all’altare il giorno del suo secondo matrimonio e di come lui l’aveva tradita. Aggrottò le sopracciglia come se ci fosse un errore in tutto questo quadro dove lei era la colpevole. E invece sembrava quasi fosse lui ad avere torto marcio.
«Non importa Didyme, non importa più» disse con voce ferma, quasi arrabbiato con sua sorella, quella che gli era sempre stata vicino «Diremo a Marcus che ti hanno uccisa mentre cacciavi e che ti abbiamo già vendicata noi. Ti ricorderemo sempre, Didyme» disse. Si avvicinò a lei che lo sfidava con lo sguardo.
Si era ripromessa che non avrebbe ceduto, che non avrebbe avuto paura, ma mentre suo fratello si avvicinava a lei con occhi di ghiaccio ebbe un’esitazione. Tremò quando le sue mani si posarono sul suo collo ma poi tornò a fissarlo, fiera come una leonessa.
«Io credevo in te, Aro» disse mentre suo fratello metteva fine alla sua vita.
 
Il sovrano dei vampiri rimase per ore a fissare le ceneri della sorella e a ripensare alle sue parole, quelle che l’avrebbero tormentato per il resto della sua esistenza.
«Chiamate Marcus» disse alle guardie dopo quel che parve un tempo infinito e, lanciando un’occhiata alle vetrate poste in alto nella Sala del Trono, aggiunse: «E togliete quei ridicoli fiori. Non siamo in un parco giochi»

 
 

Spazio Autrice:

Salve! Questa è la mia prima storia e ho voluto dedicarla al personaggio che più mi affascina dell'intera saga: la povera Didyme. Ho sempre immaginato come dovesse essere andato questo particolare momento, ma oggi Didyme ha chiesto vendetta e ho dovuto accontentarla. Volevo inoltre dare una motivazione in più al fatto che Aro adora i gemelli Alc e Jane (ora avete capito perchè secondo il mio unto di vista). Beh.. spero che vi sia piaciuta la storia.. non sono brava con i discorsi. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate quindi, se volete, lasciate un commentino.
Un bacione, Elena.
  
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