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Autore: marybru    25/08/2008    0 recensioni
Un racconto con cui spero di riuscire a trasformare un'espressione di perplessità in un tanto agognato sorriso di apprezzamento! Scritto col cuore dedicato ad una persona speciale. Lasciatemi un commento e sorriderò anch'io!
Genere: Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L

L’Eremita

 

Lentamente si stava risvegliando. Con una grazia decisamente inumana si eresse dolcemente in tutta la sua delicata fierezza. Il biondo capo che, rivolto verso il sole, le conferiva un’aurea di spontanea regalità era sorretto da un busto esile, fragile quanto il più pregiato dei cristalli, ma anche altrettanto prezioso ed elegante. Si stiracchiò, facendo ondeggiare il suo corpo sottile e sinuoso, cullata dal ritmo tangibile di una brezza leggera, che dirigeva con maestria la danza spensierata dell’erba di campo. Ogni suo movimento, ogni suo particolare, erano così limpidi, così puri.

Armata di quell’innata, spiazzante semplicità, era splendida.

Infine, si scrollò infastidita quelle impertinenti perle di rugiada mattutina che le appesantivano i petali e accolse con gioia la vivace farfalla che le si posò sulla candida corolla succhiandone con avidità il polline.

La margherita era sbocciata, in tutto il suo incantevole splendore.

 

L’uomo, con il volto illuminato da un sorriso infantile, distolse lo sguardo da quel miracolo mattutino che, pur rinnovandosi ogni giorno, lo estasiava tutte le volte.

Si accasciò al suolo supino, con la mente ora  rapita dalla fugacità delle nubi che solcavano il cielo, impreziosito dai cangianti colori dell’alba.

I piedi nudi si facevano solleticare dall’erbetta giocosa, schiacciata con prepotenza dalla sua veste, ormai sudicia e strappata, testimonianza inattaccabile degli anni di trascuratezza e noncuranza che avevano scandito la vita del vecchio.

Anche il suo volto, così pallido da sembrare scolpito nel marmo, era logorato dall’azione del tempo. Eppure, sebbene guarniti con innumerevoli rughe ed incorniciati da una folta barba bianca lunga ed incolta, i suoi lineamenti avevano conservato la rotondità dell’infanzia. O forse, l’incoerente sensazione di avere di fronte un eterno bambino era dettata, piuttosto, dall’incontaminata serenità del suo sguardo bonario.

Si alzò e si diresse verso il cesto pieno di provviste che gli veniva recapitato ogni mattina da una gentile signora del villaggio che giaceva sotto la sua montagna.

Perché era quella montagna il suo unico mondo, che non abbandonava ormai da incalcolabili anni.

Solo quando fosse stato sicuro di conoscerne alla perfezione ogni singolo, anche apparentemente insignificante particolare, allora si sarebbe spostato.

E, dopotutto, non gli mancava nulla, lì e sarebbe comodamente sopravvissuto anche senza le premurose attenzioni degli abitanti del villaggio che, tuttavia, erano ben fieri di poter vantarsi di ospitare un personaggio di tale rilievo culturale, nel loro modesto territorio.

Infatti, cos’era un cesto di pagnotte in confronto al contributo che potevano dare le riflessioni dell’eremita allo sviluppo socio economico del villaggio?

Chi erano quei contadinotti per ostacolare la nascita di qualche corrente filosofica che avrebbe dato una svolta al pensiero collettivo?

Come avrebbero potuto interrompere lo sbocciare di un’illuminante risposta ad uno qualsiasi dei tanti interrogativi esistenziali che da sempre assillano l’uomo?

Quegli ambiziosi sempliciotti non si sarebbero mai permessi di fungere da freno al parto di un’innovativa teoria scientifica.

Così erano felicissimi ed orgogliosi di contribuire al sostentamento dell’eremita con una razione giornaliera di viveri, così che il vecchio non dovesse interrompere la sua assorta meditazione a causa di operazioni così futili come procurarsi il cibo.

Eppure, il vecchio non aveva mai chiesto nulla e tantomeno cogitava su uno qualsiasi degli ampollosi pensieri che la gente si aspettava da un eremita.

Perché, lui, era solo un vecchio. Un vecchio che amava guardar sorgere il sole e sbocciare un fiore.

Un vecchio che aveva imparato ad apprezzare e rispettare ogni più piccolo e scontato miracolo della vita.Un vecchio che sapeva gioire del volo di una farfalla. Un vecchio a cui bastava questo per essere entusiasta della vita. Era solo un vecchio, quel caro, vecchio eremita.

 

  
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