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Autore: imnotadirectioner    04/07/2014    1 recensioni
Ci siamo noi quattro, no?, noi povere sceme che volevamo solo sbronzarci e invece abbiamo imparato la libertà.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, c’è una canzone, no? C’è una canzone che è Wonderwall degli Oasis, che la sanno tutti e la suonano tutti. Ecco, e c’è una chitarra, e un ragazzo che la suona e che ci canta sopra.
C’è un bar, con i tavoli fuori. E ci sono i turisti che li occupano tutti quanti. C’è una piazza con una fontana.
Quindi, ricapitolando: c’è una piazza con una fontana e un bar con i tavoli fuori pieni di turisti e davanti a loro c’è un ragazzo che suona una chitarra e canta gli Oasis.
E c’è un mojito che costa cinque euro. C’è una canna che invece è gratis. Ci sono i ragazzi che hanno passato la canna, sono seduti per terra e ascoltano il ragazzo che suona.
E poi ci siamo noi. Che siamo in quattro e pensavamo di andare a sfasciarci tre settimane in Spagna e tornare a casa uguali a prima, solo un po’ più abbronzate. E invece siamo lì, in quella piazza, davanti a quel bar con i turisti, a fumare con quei ragazzi e ad ascoltare Wonderwall.
Quando abbiamo messo piede a Granada la prima impressione è stata quella di una città fantasma. Ci sono venti minuti di tragitto a piedi dalla stazione degli autobus al centro della città. Noi ce li siamo camminati sotto il sole cocente delle 3 di pomeriggio, zaini e tende in spalla. Per strada il deserto, che è l’ora della siesta, fa troppo caldo e la gente sana di mente non esce a quell’ora.
Siamo impazzite per cercare l’ostello giusto, quello che –così aveva detto l’amica dell’amico della mia amica che ha vissuto lì per mesi- costa solo 8 euro a notte e insomma ‘Se risparmiamo sul dormire possiamo prendere più erba da fumare!’.
Inutile dire che non l’abbiamo mai trovato.
E meno male.
Era sera quando i ragazzi ci hanno avvicinate in Plaza Nueva.
“Avete un posto dove dormire o restate qui per strada? No perché noi stiamo in una casa occupata qui dietro, se volete c’è posto...”
Non ha fatto in tempo a finire la frase, poverino, eravamo già partite. Sì, lo so, non si seguono gli sconosciuti in case abbandonate; ma Granada è un posto speciale e lì si può fare.
E meno male.
Niente fretta, niente soldi, niente elettricità, niente aggeggi elettronici, niente internet, niente social network, niente estetista, niente vestiti carini, niente specchi, niente pressioni, niente puttanate per apparire, niente stronzate. Cellulari a terra dopo il primo giorno, genitori che ci davano per disperse, peli sulle gambe da far paura, doccia fatta con il costume in cortile perché quello è l’unico attacco dell’acqua e anche se gli altri ti vedono ‘che ti frega, siamo tutti uguali’.
E poi?
Poi allegria, amicizia, una bottiglia di vino, la migliore erba mai fumata in vita mia, qualcuno sempre pronto a suonare una chitarra, racconti e storie di gente da ogni parte del mondo, risate, sorrisi fatti con gli occhi, chiacchiere serie e chiacchiere inutili, cani grandi e cani piccoli, abbuffate di cibo cucinato a meraviglia, giocolieri, attori, cantanti, arte ovunque e in chiunque, creatività, verità, la serenità di un lento scorrere della vita, la felicità di stare tutti insieme; la libertà. E poi sole, sole, sole e calore. Ma calore umano, che poi è l’unico che ti scalda anche da dentro.
E insomma non è mica poco.
Quindi ora torniamo a quella piazza, in quella sera così strana, con l’aria diversa, quasi densa, tangibile; perché quella è l’ultima notte a Granada e domani si riparte verso Valencia.
Ci siamo noi quattro, no?, noi povere sceme che volevamo solo sbronzarci e invece abbiamo imparato la libertà.
Ecco, noi stiamo lì con il nostro mojito e gli occhi rossi –non per il cannone, fidatevi- a cantare Wonderwall sperando di coprire il rumore dei nostri cuori che battono forte. Perché io lo so, lo sento, che i cuori delle altre in questo momento stanno impazzendo come il mio.
“Javier, buttateci fuori di casa, ti prego. Cacciateci via, altrimenti noi domani quell’autobus lo perderemo e resteremo per sempre qui.”
Sì, è vero. Andarsene a vivere nelle cuevas con i gitani non è esattamente qualcosa che va ad arricchire la sezione ‘esperienza lavorativa’ nel tuo curriculum vitae. E’ vero che forse non è uno stile di vita che puoi fare per sempre.
Ma chi se ne fotte.
Voglio dire, siamo giovani. E siamo bellissimi, cazzo, non ci sarà mai più in tutta la nostra vita un momento in cui saremo più belli di adesso. E siamo forti, che davvero non ci rendiamo conto di cosa voglia dire faticare a muoversi. E le barriere cascano una dopo l’altra, puoi girare il mondo in molto meno di 80 giorni e insomma come cazzo si fa a nascere e morire nello stesso posto?
E, soprattutto, come si fa ad annoiarsi a vent’anni?
Non si può. Non si deve.
Va bene fangirlare, va bene Tumblr, va bene Benedict Cumberbatch e va bene che a leggere ci sto comodissima sul letto di camera mia.
Ma vuoi mettere farlo in cima a una montagna? O davanti a un tramonto infuocato, di quelli con il sole che sembra una palla gigante? E su una scogliera con l’oceano che si agita qualche metro più giù?
E, soprattutto, vuoi mettere la tristezza di quelli che si perdono lo spettacolo perché ‘Aspetta che faccio una panoramica con l’iPhone così la posto su Facebook’?
Cristo santo, io la magia di Granada non l’ho mai più ritrovata in vita mia. Ho trovato altre magie, bellissime a modo loro, ma non mi sono mai sentita così potente e piena di possibilità come in quei pochi giorni di luglio 2011.
E allora fanculo. Fanculo i curriculum e l’esperienza che non hai perché non ti assumono se non hai esperienza. Fanculo i social network e la nostra dipendenza, il bisogno di informare  gli altri sulle minchiate che ci passano per la testa ogni momento e quello –ancora più penoso- di sapere quali michiate passano per la loro. Fanculo alla pazienza che non abbiamo più, perché siamo nell’era della tecnologia ed ‘esigo che tutto sia super veloce’. Fanculo anche a me che non so più scrivere a mano ma solo su uno stupidissimo foglio Word.
Volete essere felici? Uscite.
Via, zaino e sacco a pelo, non morirà nessuno se non avete prenotato per la notte, i barboni non vi mangeranno vivi e il peggio che può succedere è che vi rubino l’iPod. Sì, è pericoloso lo stesso, e quindi? Che avventura è se non c’è un po’ di pericolo? E che vita è se non c’è un po’ di avventura?
Andate, correte, scappate, saltate, volate e sfondate il muro del suono per quanto mi riguarda, ma fermatevi solo e soltanto quando avrete trovato la vostra magia, la vostra Granada, la vostra piazza con i turisti e la vostra versione di Wonderwall.
L’ansia, la competizione, la monotonia, il senso di responsabilità che ti incatena a un lavoro di merda, rincoglionirsi davanti alla tv: abbiamo tutti gli anni a venire per questa roba.
Ma adesso, adesso è il momento, adesso abbiamo vent’anni e il resto davvero non conta un cazzo.



Salve a tutti (?)
ci sono mille parolacce e non l’ho ricontrollata ma sono le 3.14 di mattina e questo è come mi sento.
   
 
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