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Autore: SusanTheGentle    04/07/2014    12 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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22. Un regalo per Susan
 
 
Ci sono mille miglia fra noi, ora
Mi domando come sia possibile…
 
 
Shanna si svegliò a metà di un sogno. Si rigirò nel letto, non riuscendo a muoversi bene, c’era qualcosa che le impediva di voltare il busto e mettersi ben dritta. Aprì gli occhi, sbadigliò, ed era ancora a bocca semi aperta quando si ritrovò naso contro naso con Edmund. Subito, la fanciulla arrossì violentemente.
Anche il viso di lui si accese d’imbarazzo, ma lo mascherò dietro un sorriso.
“Ciao”
“C-ciao”. Shanna si coprì svelta con le lenzuola, anche se indossava ancora l’abito del giorno prima e, in ogni caso, lui non avrebbe visto proprio nulla.
Edmund sorrise ancora di più. La sua pelle sembrava brillare alla debole luce del mattino, i capelli biondi spettinati le incorniciavano il viso dai lineamenti delicati, i profondi occhi blu scintillavano come gioielli.
Una fata. Una creatura da fiaba.
“Dormito bene?”
“Sì”
“Sei ancora stanca?”
“No”
Edmund non trattenne una risata. “Perché mi rispondi a monosillabi?”
“Scusami” Shanna nascose il viso nelle coperte.
Edmund si allarmò, alzandosi su un gomito, allungandosi verso di lei per scostarle un lembo dal volto. “Ehi, che succede?”
“Ho dormito nel tuo letto” rispose lei, la voce quasi inudibile.
Edmund si schiarì la gola. “Sì…bè…non è stato tanto male, no?”
Shanna scosse piano il capo, accennando un timido sorriso. Fece scorrere lo sguardo su di lui: gli occhi scuri, i capelli neri, la mascella dritta, i muscoli del petto e delle braccia. Quelle braccia l’avevano stretta dolcemente mentre dormiva.
“Stavi sognando, vero? Mugugnavi nel sonno, prima” disse Edmund, facendole l’occhiolino.
“Sì, io…”
“Cosa sognavi?”
“N-non mi ricordo”
Non era vero: aveva sognato Edmund. Si trovavano ancora sulla torre, lui la prendeva tra le braccia, ma prima di trasportarla in camera…la baciava.
Purtroppo, nella realtà era andata diversamente.
Questo pensiero le fece assumere un leggero colorito aragosta, che risaltava come non mai sulla sua carnagione nivea.
“Sei buffa quando arrossisci” disse lui. “Ma sei sempre bellissima”
Era sincero, più sincero che mai, e gli era costato una certa fatica esternare quel pensiero in un momento del genere. Quella notte, purché non fosse accaduto assolutamente nulla, era crollata una barriera e Edmund sperava con tutto il cuore che Shanna non l’innalzasse di nuovo. Tutte le volte che lui cercava di avvicinarsi, lei si allontanava, intimorita da quello che provava. Era un’arma di difesa.
Era così candida, così pura…
“Ti ringrazio” sussurrò Shanna dopo un po’. “Sei sempre molto galante”
“Solo galante?”
“E anche affascinante…”
Lui fece un’espressione soddisfatta. “Affascinante? Sì, bè, anche le ragazze sulla Terra mi dicevano che lo ero, sai?”
Lei assunse un’espressione smarrita, sentendo il cuore sprofondare nel petto.
Certo, Edmund era stato lontano per tanto tempo e lei non poteva davvero aver pensato che l’aspettasse. Dopotutto era un uomo.
“Hai una ragazza?” chiese, titubante.
“Certo che ce l’ho”
“Nel tuo mondo?”
Lui la fissò insistentemente. “Sei tu la mia ragazza, Shanna”
Lei sgranò i grandi occhi di zaffiro, sentendo il cuore martellarle in petto.
“Ma hai appena detto che…”
“Sì, ci sono state delle ragazze, sono uscito con qualcuna di loro, però...”
“Uscito?”
“Insomma, ho dato loro appuntamento, le ho…portate a passeggiare, ecco. Ma non ero interessato a nessuna”
“Erano carine?” chiese Shanna, un’ombra d’irritazione sul volto.
“Se ti dicessi di sì, saresti gelosa?”
“Sì”
Edmund si chinò verso di lei. “Gelosa quanto?”
“Molto” Shanna arrossì di nuovo, specchiandosi negli occhi di lui.
Edmund portò il proprio viso a pochi centimetri da quello di lei, piano, la vide socchiudere le palpebre. Mancava pochissimo perché potesse baciarla, lei non stava ritirandosi. Ancora un istante e…
Qualcuno bussò alla porta e senza aspettare risposta entrò:
“Ed, sei sveglio?” disse la voce di Caspian. “Gli altri vorrebbero sapere se…Oh, chiedo scusa”
“NO!” fu l’urlo unanime del Giusto e della Stella.
Edmund schizzò in piedi. “No, no, frena! C’è un equivoco!”
Caspian sorrise. “Ma io non…”
“Già, non è assolutamente come sembra!” fece Shanna, scuotendo il capo, gli occhi spalancati come in preda al più puro terrore.
“Ragazzi, guardate che…”
“Invece credo che sia assolutamente come sembra” disse infine una quarta voce, proveniente dai pressi della finestra.
I tre ragazzi si volsero, e videro un falchetto dal piumaggio nero e bianco spingere con il becco la persiana semi chiusa, svolazzare nella stanza ed iniziare a beccare Edmund ovunque le capitasse.
“Shira!” esclamò Shanna. “Smettila subito!”
“Tesoro, quante volte te l’ho detto di stare attenta agli uomini poco onorevoli? E voi, Re Edmund, siete un mascalzone! Come avete osato approfittare così della mia ingenua padroncina?!”
“Non ho approfittato di nessuno! Ahi!”
Caspian rise, un po’ frastornato dall’assurda ed esilarante situazione.
Numerosi pensieri di diversa natura si agitavano nell’animo di ogni membro del gruppo di Narnia. Ognuno con i suoi problemi, con le sue paure, con il suo dolore. Non meno importanti di questi, vi erano anche quelle angosce che riserva il cuore ad ogni essere vivente, umano o meno che sia: l’amore.
L’amore era il più grande, meraviglioso e complicato di tutti i sentimenti. L’amore faceva venire meno il sonno e l’appetito, costringeva a dimenticare per un attimo che nel mondo c’erano problemi assai più gravi. Quando il cuore batte forte, nulla e nessuno può distoglierti dal tuo unico pensiero: la persona che ami.
Era accaduto a Caspian quando aveva incontrato Susan, era accaduto a Peter e Miriel, a Emeth e Lucy, ed ora era il turno di Edmund e Shanna.
“Che diavolo sta succedendo qui?” fece la voce di Peter poco dopo.
Dietro di lui, tutti gli altri: non mancava proprio nessuno.
Piena di vergogna, Shanna avrebbe voluto che una voragine si aprisse e la inghiottisse. Visto che non fu possibile, schizzò fuori dalla stanza coprendosi gli occhi con le mani.
“Shanna, aspetta!” le gridò dietro Edmund, scansando i compagni e inseguendola nel corridoio.
Shira fece per seguirli ma Caspian l’afferrò nel pungo. Lei era così piccola che spuntava solo la testa.
“Maestà, cosa state facendo?”
“Ti impedisco di impicciarti in affari che non sono tuoi”
“Ciao Shira” la salutò Miriel. “Che ci fai qui? E’ accaduto qualcosa a Bosco Gufo?”
“Salve a tutti. No, non accade nulla, ero solo venuta a controllare come state. Sapete, Lord Rhoop e tutti gli altri animali erano in pensiero. A quanto pare sono arrivata al momento giusto... Mi lascereste andare, Re Caspian?”
“No”
Gli altri vollero sapere cosa fosse accaduto, perché Shanna sembrava così sconvolta e, soprattutto, perché si trovava nella stanza di Edmund.
“Mio fratello deve aver fatto il cretino, non ci sono dubbi” fu il commento di Lucy.
“No, Lu, non credo sia colpa di Ed” le rispose Caspian, scoccando un’occhiata a Shira.
Lei ruotò la testolina. “Mh? Bè, cosa c’è?”


Shanna si chiuse nella stanza dove avrebbe dovuto dormire insieme a Miriel, e nemmeno le insistenze della altre ragazze riuscirono a persuaderla ad aprire la porta. Non uscì se non un’ora più tardi, quando la compagnia fu pronta per lasciare il monastero di Cornelius. Non fece nemmeno colazione.
Edmund, dal canto suo, era più che mai determinato a riprendere il discorso da dove era stato interrotto.
Al diavolo tutto, pensò il Giusto: se non si dichiarava adesso, non ci sarebbero state altre occasioni adatte. Probabilmente, quello era l’ultimo momento di tranquillità che si concedevano. Così, bussò insistentemente alla porta della stanza.
“Shanna, per favore, aprimi”
Dopo un attimo, la maniglia si abbassò e si aprì uno spiraglio.
La fanciulla lo sbirciò di sottecchi e poi aprì un po’ di più. Non aveva il coraggio di guardare in faccia nessuno, tantomeno Edmund, temendo fosse in collera con lei per il mancato bacio.
“Perché sei scappata di nuovo?” chiese lui, guardandola serio. “Perché ti allontani da me?”
Lei tirò un sospiro e poi parlò, ma ancora senza guardarlo.
“Shira mi ha insultato. Ha detto che ho la reputazione rovinata e che, se si sapesse, mio padre morirebbe dal dispiacere. Oh, e poi il Re! Re Caspian ci ha visti, proprio lui! So che è il tuo migliore amico ma cosa penserà di me, adesso? Mi premetterà ancora di entrare a corte? E io cosa dovrei fare se…”
D’improvviso, Shanna si sentì afferrare per le spalle e dopo un secondo era stretta al corpo di Edmund, le labbra di lui sulle sue.
Tremò, ma dopo un istante si aggrappò al ragazzo, abbandonandosi al suo abbraccio, al suo bacio. Un bacio vero.
Dapprima, lasciò che fosse Edmund a condurla in quella nuova sensazione, poi ricambiò il bacio, schiudendo la bocca sotto quella di lui, dolcemente.
Quando il giovane si allontanò da lei, i loro occhi s’incatenarono. Quelli della Stella splendevano come non mai.
“La vuoi smettere con tutte queste paranoie, una volta per tutte?” le disse Edmund. “Nessuno pensa che tu abbia fatto qualcosa di male. Shira è solo una piccola guastafeste. Quella apre becco solo perché può parlare”
Shanna rise. “Ha un bel caratterino, sì”
“Mi dispiace di averti messo in imbarazzo” disse ancora il ragazzo, serio.
“E a me dispiace reagire sempre in questo modo. Non voglio respingerti Edmund, io…io...”
Lui accenno un sorriso. “Sì anche io. Insomma, se è quello che intendi tu”
Shanna arrossì di nuovo ma sorrise a sua volta. “Hai detto che sono la tua ragazza”
“Lo sei” affermò Edmund. “Pensavo fosse scontato ma evidentemente non lo è, e credo sia meglio che io mi muova se non voglio che arrivi qualcun altro o che tu ti stanchi di me”
La fanciulla scosse il capo. “Questo non accadrà mai”
Edmund le lisciò i capelli sulle spalle, lucenti come fili d’oro, posando poi una mano sul suo viso.
“Sono innamorato di te, Shanna. Penso di esserlo sempre stato, fin da quando ti ho sognata la prima volta”
Shanna, incapace di parlare tanta era l’emozione, si allungò verso il viso di lui, provando una nuova, improvvisa sicurezza.
Edmund abbassò la testa e la baciò ancora. Non gli servirono risposte.
 
 
Shanna consegnò le Sette Spade agli Amici di Narnia poco prima di partire. Erano divenute splendide, di una bellezza e  robustezza incomparabili, affilate come gli artigli di un leone, resistenti come il ferro ma leggere come stagno, così che si potevano maneggiare anche con una mano sola.
Perfino Jill, che non aveva mai impugnato una spada in vita sua, sentì che non sarebbe stato difficile imparare ad usarla perché la Spada stessa, in un certo senso, avrebbe dato loro un aiuto per capire come sfruttare il potere nel migliore dei modi.
Non sarebbero state pesanti nemmeno da trasportare: Caspian, Emeth, Eustace e Peter le portarono dietro la schiena; Edmund, Lucy, Jill – e probabilmente Susan – le avrebbero legate al fianco (poiché sulle spalle avevano già arco e frecce, e Edmund la sua seconda spada). Erano così leggere che non pareva neppure di averle addosso.
Ci si sarebbe aspettati di vederle scaturire un’energia immensa ora che i Sette Amici erano finalmente insieme. I ragazzi ricordavano la forza straordinaria che era scaturita dai talismani la prima volta che erano stati riuniti sulla Tavola di Aslan. Ma, come ripeté la Stella Azzurra, gli effetti si sarebbero visti davvero quando tutti gli Amici di Narnia avessero impugnato le Spade insieme. Purtroppo, senza Susan o senza Caspian, questo era impossibile.
“Quindi, per vedere di nuovo gli effetti speciali dobbiamo aspettare che la maledizione venga annientata, giusto?” chiese Eustace, facendo roteare la Spada di Octesian tra le mani.
Shanna fece un sorrisetto alla battuta. “Sì, ma non necessariamente. Ti assicuro che le Spade vi riserveranno grandi sorprese anche individualmente, questa volta”
Shanna era raggiante quel mattino e nessuno faticò a capire il perché. Tutti lanciavano occhiate a lei e Edmund, mano nella mano. Anche il Giusto aveva un’espressione diversa e sorrideva a tutti.
Prima di andare, Cornelius consegnò ai ragazzi una sacca per uno colma di provviste e disse una preghiera per loro.
Tutti ringraziarono, Caspian fece appena un cenno con la testa; Shira, invece, non scambiò nemmeno una parola con il vecchio precettore: anche lei incolpava Cornelius di una parte delle disgrazie del Re e della Regina.
“Pensate attentamente a quel che vi ho detto, Maestà” disse Cornelius a Caspian. “Non dovrete tornare a Narnia prima del solstizio d’inverno, quando…”
“Ho capito perfettamente, non c’è alcun bisogno che vi ripetiate”
“Allora tenete bene a mente le mie parole, e che Aslan vi assista”
Caspian gli diede le spalle senza aggiungere nient’altro, aprendo la strada al resto della compagnia.
Gli altri ragazzi porsero i saluti a Cornelius, raccomandandogli prudenza. Lucy, soprattutto, gli diede coraggio:
“Io vi credo, professore, credo nella vostra previsione. Pregate Aslan e abbiate fede. Lui vi ha già perdonato o non vi sarebbe apparso”
“Grazie, mia Regina e buona fortuna”
Il gruppo di Narnia ripartì così attraverso Ettins. Shira li accompagnò per un tratto.
Il cielo era di nuovo di un bianco accecante ma la neve ancora non si faceva vedere.
Sulla strada rincontrarono Scompiglio, il quale si rallegrò molto della guarigione del falco. Insieme al piccolo Gigante - come gli altri avevano temuto- c’era anche sua madre: la Gigantessa Baraonda.
Sebbene i Giganti non erano quei tipi di creature fatate di cui ci si poteva fidare ciecamente, i ragazzi scoprirono con piacere che non avevano da temere dalla famiglia di Scompiglio. Si scoprì infatti che si trattava nientemeno che del figlio di Tormenta, uno dei Giganti che avevano combattuto al fianco di Caspian e dei Pevensie nella Guerra della Liberazione. Poco dopo, ecco arrivare anche lui.
Peter, Edmund e Lucy furono felici di rivederlo dopo tanto tempo.
“Permetti una domanda, Tormenta” esordì Caspian. “Come mai non vivete più sulla Collina dell’Uomo Morto?”
“Purtroppo, Maestà, molti di noi non si fidano più a vivere laggiù” spiegò il Gigante. “Lord Erton e i suoi bazzicano troppo insistentemente da quelle parti. Hanno trovato il coraggio di venire a interrogare anche noi”
“Interrogare su cosa?”
“Su di voi, Sire, su dove siete, se qualcuno vi ha visto e dove siete diretto. Lord Erton e il principe Rabadash offrono grandi ricompense a chi darà loro queste informazioni”
“Mi auguro che nessuno abbia osato farlo” s’infervorò Pozzanghera.
“Eh, purtroppo, signor Paludrone, devo deludervi” disse la Gigantessa Baraonda con aria mortificata. “Mio marito mi ha sempre messa in guardia da un certo tipo di creature, anche se io non volevo credergli. Mi diceva: ‘guardati dai Nani Neri moglie mia, perché sono doppio giochisti e ingannatori’. Aveva ragione, perché un gruppo di Nani Neri è stato visto recarsi al castello, l’altra notte, e portar via un baule pieno di oro”
“Non posso crederci!” esclamò Peter.
Tormenta annuì. “Invece sì, Maestà Suprema. Queste informazioni arrivano direttamente da Grande Quercia. Lui sa tutto ciò che accade al castello”
I ragazzi guardarono Caspian, il quale dopo un attimo si rivolse a Shira.
“Dovresti tornare indietro subito” le disse. “Te la senti di andare a Cair Paravel e spiare Lord Erton e Rabadash per me?”
“Ma certo” il falchetto arruffò le penne in un gesto d’importanza. “E’ per questo che non sono voluta partire con voi: sono la vostra informatrice, Sire, vi terrò al corrente su tutto”
“Te ne vai di già, quindi?” fece Shanna, un po’ delusa.
Shira volò tra le braccia della padroncina. “Amica mia, perdonami per averti detto quelle brutte cose, ma il comportamento di Re Edmund è stato davvero…”
“Io e Edmund adesso stiamo insieme”
Shira aprì il becco senza emettere un suono. Shanna sorrise.

Con Shira se ne andò anche la famiglia di Scompiglio, ma non prima di aver indicato ai ragazzi una scorciatoia per arrivare più in fretta al Ponte dei Giganti.
“Le vedete quelle rocce che formano la lettera M?” disse Tormenta. “Ecco: laggiù si apre un sentiero piuttosto difficile da percorrere, ma che vi farà giungere alla Gola in metà del tempo, e di lì al Ponte. Mi raccomando, prudenza con i miei cugini della Brughiera. Non tutti sono…come dire…civilizzati”
“Sì, questo lo sappiamo” disse Pozzanghera.
Il gruppo di Narnia ringraziò per l’aiuto e poi si salutarono tutti.
Per tutta la mattina, i ragazzi proseguirono attraverso la landa desolata, con i sensi all’erta, nel caso fosse ricomparso qualche soldato. Per fortuna non accadde. Il primo giorno incontrarono solo un branco di cavalli selvatici.
Durante il cammino, Caspian continuava a ripetere tra sé la breve conversazione avuta con Cornelius. Era così immerso nei propri pensieri, la mente così distante che, varie volte, quando gli altri gli rivolsero la parola, non rispose. Era molto più taciturno del solito, di cattivo umore, e nessuno si sentì di disturbarlo ulteriormente.
Quando arrivò la sera e comparve Susan, gli altri la misero al corrente della profezia di Cornelius. La Regina, a differenza di suo marito, ascoltò in silenzio e con molta attenzione, ma la sua opinione in merito non differì da quella del Re.
“Purtroppo, nemmeno io posso fidarmi di Cornelius” disse alla fine. “Forse verrà il giorno in cui sia io che Caspian torneremo a farlo, ma per adesso è troppo presto. In ogni modo, ho paura che il dottore abbia travisato le parole di Aslan: non può esistere una notte senza il giorno e un giorno senza la notte. Non ha alcun senso”
Anche la Dolce, come il Liberatore, non riusciva a vedere quella profezia come una possibilità. Susan pensava che se almeno Aslan fosse apparso a lei o a Caspian, o a chiunque altro dei suoi compagni, sarebbe stato più facile credere alla predizione. Benché fosse Regina di un mondo incantato, se c’erano cose che andavano oltre la sua comprensione, non riusciva ad accettarle. Aveva bisogno di prove concrete, lei era fatta così.
 

Il giorno seguente raggiunsero le rocce a M e presero il sentiero indicato da Tormenta. Era una stradina ben nascosta tra i massi, i quali formavano una specie di barricata ai due lati, dando un senso di protezione.
“Probabilmente ci romperemo l’osso del collo su queste rocce” commentò Pozzanghera, mentre aiutava Caspian a condurre Destriero, i cui zoccoli scivolavano spesso sopra i massi. “Vedrete che qualcuno di noi si romperà una gamba o ruzzolerà di sotto prima di sera”
Il sentiero era malagevole e tutto in salita, ma Tormenta aveva avuto ragione: raggiunsero la Gola molto prima che se avessero seguito la strada in mezzo alla Brughiera, e nessuno si fece male.
A fine giornata conclusero la salita e si ritrovarono sulla cima della Gola. Il Ponte dei Giganti era proprio al di là, di un bianco immacolato, possente, antico come il tempo. Sembrava vicino ma mancava ancora almeno mezza giornata di cammino per arrivarci.
Il terzo giorno, proseguirono su un nuovo sentiero lungo la Gola, decidendo di attendere il pomeriggio per compiere l’ultimo tratto. Pozzanghera ricordò che era meglio aspettare l’ora della siesta dei Giganti.
E il terzo giorno, Peter affrontò Caspian.
Mentre il Liberatore puliva gli zoccoli di Destriero da terriccio e pietruzze, il Magnifico gli si avvicinò.
“Sono due giorni che non parli con nessuno”
Caspian, accovacciato sui talloni, non si voltò. “Mi dispiace, so di essere insopportabile, ma ho un sacco di cose per la testa”
“Pensi di essere l’unico?” disse seccamente Peter. “Tu non credi a una parola di quel che ha detto Cornelius, vero?”
Caspian si fermò un momento. “E’ difficile per me avere ancora fiducia in qualcuno o in qualcosa” rispose, spostando per un attimo lo sguardo sul cielo bianco e gonfio di neve, in cerca del falco.
“Cornelius ha fatto tanto per te, dovresti avere un minimo di riconoscenza” continuò Peter, con il suo solito tono di superiorità. “Ricordo quando lo salvammo dal castello di Miraz: pensavi a lui come a un padre e so che non hai mai smesso di farlo”
Caspian abbassò il capo, i capelli gli finirono sul volto. Era tormentato da sentimenti differenti di rancore, nostalgia, incertezza. Doveva essere sincero con sé stesso: non aveva pensato di rivedere Cornelius vivo. L’averlo rincontrato gli aveva fatto provare una stretta al cuore perché, in fondo, gli voleva ancora bene, ed era questo a fare più male. Se avesse imparato ad odiarlo sul serio, non si sarebbe sentito così.
“Tu puoi capirmi, Peter” disse Caspian alzandosi in piedi. “Tu sai cosa vuol dire essere traditi da una persona a cui vuoi bene e quanto può far male”
Peter strinse la mascella.
Sì, lo sapeva. Rammentava ciò che lui Susan e Lucy avevano provato quando avevano scoperto che Edmund era passato dalla parte della Strega Bianca. Era stato terribile, inaccettabile.
“Sì, ti capisco” disse il Magnifico. “Ma oltre alla delusione ho avuto la possibilità di conoscere la gioia del vedere quella persona tornare sui suoi passi e riunirsi ai suoi cari”
Il Re Supremo si volse indietro solo un istante, osservando Edmund seduto sulle rocce insieme agli altri, mano nella mano con Shanna.
“Cornelius mi mentì già in passato” riprese Caspian. “Per anni mi tenne nascosta la verità sulla morte di mio padre. Non vedo perché non potrebbe farlo di nuovo”
Peter parve incredulo. “Pensi che direbbe il falso sull’apparizione di Aslan?”
“No…no, non credo lo farebbe. Ma una volta avrei prestato fede alle sue parole senza esitazione, ora, invece…” Caspian scosse il capo. “In ogni caso è un’assurdità: una notte senza il giorno e un giorno senza la notte. Che diavolo vorrebbe dire?”
“Molto spesso, Aslan parla per enigmi” rispose Peter. “Sono certo che col tempo lo capiremo”
“Tempo…quanto tempo ancora?”
“Ha detto fino al solstizio d’inverno. Manca poco più di un mese e mezzo, non è molto”
“E’ un sacco di tempo, dal mio punto di vista”
“Il tuo punto di vista è distorto”
Caspian si trattenne dal ribattere. Come al solito, Peter credeva di avere già capito tutto.
“E va bene, ammettiamo pure che Cornelius abbia ragione: ha detto che io e Susan dovremo affrontare Rabadash insieme, e per farlo dovremo tornare a Cair Paravel, ma cosa succederebbe se non riuscissimo a raggiungere il castello in tempo?”
“E’ qui che ti sbagli” ribatté Peter. “Ci riuscirete. Ogni cosa è stata stabilita da Aslan perché accada a suo tempo e a suo modo”
Caspian scosse di nuovo il capo con decisione, iniziando a spazzolare il manto di Destriero. “Non posso aspettare a lungo. Dovrei tornarmene subito indietro come avevo deciso dall’inizio”
“Allora perché sei ancora qui?”
Il Liberatore si voltò verso il Magnifico. “Non mi sarei spinto fino a questo punto se lei non fosse rimasta ferita” disse, lanciando uno sguardo al falco, che si era appena posata su una roccia accanto a loro. “Avevo detto che vi avrei accompagnato fino a Pozzanghera, ma poi Shanna mi ha incastrato con quella storia delle Spade…”
“Smettila” sbottò Peter. “Non cercare scuse, lo sai qual è il motivo del perché alla fine hai accettato di seguirci: è perché hai voluto credere che i tuoi figli sono vivi e li vuoi ritrovare. So che avevi perso le speranze e so cosa ti ha permesso di cambiare idea: la fede. Devi fare la stessa cosa con le parole di Cornelius, avere fede”
Caspian sentì che Peter lo guardava insistente mentre aspettava una risposta, ma il Liberatore tenne gli occhi fissi sul manto nero del suo cavallo, mentre si perdeva in nuove riflessioni.
“Non vorresti credere che ci sia una soluzione anche per te e per Susan?” insisté Peter.
Sì, Caspian lo voleva. Era la cosa che desiderava di più. Scioglierla dalle catene della maledizione, poterla vedere di nuovo con i suoi occhi umani, e liberare i suoi bambini ovunque si trovassero.
Forse Peter aveva ragione, forse era tutto stabilito. Ogni cosa combaciava: il viaggio attraverso le Terre del Nord poteva durare il tempo necessario per permettere loro di adempiere la missione affidata da Aslan a Jill, ed era altamente probabile che quella missione, oltre al salvataggio di Rilian e Myra, comprendesse l’annientamento della maledizione. Il tutto avrebbe potuto svolgersi nell’arco di sei settimane, dopodiché, le circostanze li avrebbero portati tutti a Cair Paravel. Doveva solo credere al significato di quattro segni e di una profezia, eppure esitava.
“Che sia la prima e ultima volta che te lo dico” disse infine Peter “Se sei ancora dell’idea di andartene, è meglio che tu lo faccia adesso, ma non ti azzardare a tornare”
“Mi stai minacciando?” chiese il Liberatore, fulminandolo con un’occhiata.
Il Re Supremo sostenne lo sguardo. “Ti sto accusando. Di vigliaccheria. Io non sopporto i vigliacchi e non voglio averne uno per amico”
“Da quando siamo diventati amici io e te, Peter?”
“Un tempo abbiamo cercato di esserlo. Avevo molta stima di te”
“Non ho bisogno della tua pietà” disse Caspian a denti stretti “Né della tua stima, tantomeno della tua amicizia. Di quella di nessuno. Comunque, sappi che non me ne andrò, non più”
“Bene”
“Bene”
I due ragazzi restarono in silenzio alcuni minuti. Caspian si aspettava che Peter lo lasciasse solo e invece rimase lì, alle sue spalle.
“La maledizione non ti ha privato solo del tuo aspetto umano” disse ancora il Re Supremo, “ma anche di un cuore”
Caspian ripensò alle parole che aveva rivolto a Cornelius quel mattino: gli aveva detto che il suo cuore era divenuto pietra. Non era esatto.
“Il cuore dei morti non batte” sul volto del Liberatore si dipinse la disperazione più pura.
Il Re Supremo rimase molto turbato da quell’espressione e dalle parole che seguirono.
“Non parlarmi di vigliaccheria, Peter, parlami piuttosto di morte e desolazione, comprenderò meglio quello che vuoi dirmi, perché anch’io sono morto e la mia vita è distrutta. Il mio cuore è di Susan e se non ho lei non ho niente, neppure me stesso. Sono un fantasma che cammina”
Da quel momento in poi, Peter non aveva più fiatato.
 
 
I due Re non si rivolsero più la parola per tutto il giorno. Si consultarono un paio di volte su cosa fare una volta sulle montagne, su come comportarsi se avessero dovuto affrontare i Giganti, ma nulla di più. L’antica antipatia era riaffiorata, come c’era da aspettarsi. Cercarono di evitare altre discussioni e l’unico modo per riuscirci era quello di ignorarsi, il che non giovava granché all’armonia della squadra.
Quando fu l’ora, ripresero il cammino per attraversare il crinale della Gola.
Ed ecco i Giganti! Finalmente potevano vederli coi loro occhi, stesi laggiù sul fondo, dormire della grossa come contadini durante la siesta del dopo pranzo. Ce n’erano a decine.
“Ora silenzio” intimò Pozzanghera. “Cercate di non svegliarli, o certamente si arrabbieranno. Non fiatate, camminate svelti a senza fare troppo rumore. I Giganti hanno orecchie enormi e perciò un udito finissimo”
“Scusa tanto, Pozzanghera” disse Emeth, “ma se c’è comunque il rischio che si sveglino e ci facciano a fettine, non sarebbe stato più semplice passare di qui a un’altra ora del giorno? O magari di notte?”
“Assolutamente no! Non ti ricordi cosa ho detto? Ci lasceranno in pace finché non sapranno che siamo entrati nel loro territorio. Non sono mica tutti gentili come Tormenta e la sua famiglia. Seconda cosa, tu te la sentiresti di passare di qui di notte? Con la paura che una di quelle rocce si muovesse rivelandosi un Gigante in agguato e non una roccia?”
Il soldato impallidì all’improvviso. No, la notte non era decisamente il momento migliore…
E così proseguirono a passo sostenuto, prudenti come ladri, tenendo lo sguardo dritto avanti a loro, fingendo di non vedere quei colossi addormentati che avrebbero potuto svegliarsi da un momento all’altro.
Infatti, purtroppo, ecco un movimento che provocò un rumore come di una frana. I ragazzi guardarono appena verso il basso e…
Se non avessero imparato a mantenere la calma davanti a situazioni imprevedibili e spaventose, sarebbero scappati a gambe levate. Jill per poco non si mise a gridare, ma Eustace fu pronto e le tappò la bocca in tempo.
Un enorme facciona senza espressione venne su dallo strapiombo. Il Gigante, con gli occhi ancora semi chiusi, si grattò la testa e si appoggiò con i gomiti sul bordo della Gola, come fosse affacciato a una finestra.
“Non curatevi di loro” bisbigliò ancora Pozzanghera. “Qualunque cosa accada, non mettetevi a correre per nessun motivo”
Il Gigante si accorse subito delle piccole figure che camminavano sul ponte laggiù, e sbatté le palpebre, perplesso.
“Oh, io sento che sto per svenire” disse Jill, tremando tutta.
“Non ti azzardare, Pole” le disse Eustace. “Se lo fai, io non vengo a raccoglierti, chiaro?”
“Fate silenzio” li riprese Caspian.
Il Gigante aveva richiuso gli occhi, la testa ciondolante. Si era riaddormentato.
Ma se pensavano che la calma fosse tornata, si sbagliavano.
Quando furono quasi alla fine del Ponte, ci un sibilo e qualcosa di pesante fendette l’aria, atterrando alle loro spalle e facendo tremare tutto.
“Cercano di colpirci? Ci hanno visti?” fece Miriel, spaventata.
“No, milady” spiegò Pozzanghera. “Sono i bambini che giocano a bersaglio. Guardate: cercano di colpire quel grosso masso laggiù. Non preoccupatevi, continuate a camminare”
Ma non era facile non preoccuparsi. Le rocce continuavano a volare sopra di loro, provocando fischi assordanti, una volta quasi li colpirono. D’un tratto, i piccoli Giganti si misero a litigare tra loro, svegliando gli adulti, i quali brandirono le clave.
“Ora possiamo correre?” fece Lucy.
“Direi di sì, Maestà” rispose Pozzanghera.
Nessuno se lo fece ripetere.
 
 
“E’ stata un’esperienza spaventosa!” disse Lucy a Susan quella sera. “Davvero, non credevo di poter provare una paura simile per una creatura di Narnia, ma quei Giganti erano proprio terribili!”
Susan ascoltò i racconti del giorno senza parlare, un leggero sorriso sulle labbra, facendo tesoro di quei momenti. Quando era falco non se ne rendeva conto ma le mancavano i suoi fratelli, la compagnia di tutti gli amici più cari. Benché il sole tramontasse presto in quella stagione, le ore che trascorreva con loro in forma umana erano comunque meno rispetto a quelle che trascorreva Caspian.
Più di una volta, capì che Lucy avrebbe voluto accennare ancora alla profezia di Cornelius, ma non osava per il timore di dare il via a nuove discussioni, proprio come era accaduto tra Caspian e Peter quel pomeriggio. Susan si trovò silenziosamente d’accordo con lei: non dovevano discutere, non dovevano litigare. Perciò, con Lucy parlò di tutto tranne che della maledizione o della profezia.
La Regina Dolce aveva riflettuto molto, ma non riusciva ancora a credere in una soluzione concreta. Tuttavia, tenne per sé i pensieri più cupi, si mostrò cauta ma fiduciosa, sapendo che i suoi fratelli e gli amici sarebbero stati presto contagiati dal suo stato d’animo. Decise che, almeno lei, avrebbe fatto di tutto per non guastare l’armonia del gruppo, importantissima per la buona riuscita della missione. Intendeva fare la sua parte nel modo che le riusciva meglio, ossia dando la forza interiore a tutti. In quanto a robustezza fisica non poteva paragonarsi ai compagni maschi, ma aveva imparato che poteva dare agli altri più con le parole che con arco e frecce. Susan era sempre stata la forza emotiva del gruppo, così come Lucy. Possedeva una forte empatia e trasmetteva il giusto conforto e coraggio a chi ne aveva bisogno, placando gli animi con le sue parole e i suoi modi fermi ma gentili.
Ad un tratto, mentre erano tutti seduti attorno al fuoco, il lupo ricomparve dalle ombre in cui sempre si nascondeva, mettendosi a ringhiare in direzione nordest.
Le chiacchiere si spensero immediatamente, Emeth, Peter, Edmund e Eustace saltarono in piedi, le spade sguainate.
Qualcuno arrivava dal sentiero che portava sulle montagne. Era la figura di un uomo, con un ampio cappuccio sul viso e un mantello che strisciava a terra. Di primo acchito, credettero si trattasse di Cornelius (forse li aveva seguiti), ma guardandolo meglio videro che lo sconosciuto era molto più alto del professore.
La figura si fermò a qualche metro dal gruppo. “Mettete via le armi, miei signori, sono qui per portare sorrisi, non battaglie, le quali, a mio avviso, sono davvero orribili faccende per delle signore”
La voce dell’uomo era robusta ma buona, e quell’ultima frase suscitò in Susan ricordi di una vita passata.
“Ti conosciamo?” chiese Lucy. Anche a lei sembrava di aver già sentito quella voce.
L’uomo rise e si abbassò il cappuccio. “Lo spero bene”
“No, non posso crederci!” esclamarono i Pevensie in coro. “Babbo Natale!”
Era proprio lui, in carne ed ossa. E per la seconda volta, quel giorno, Jill quasi svenne.
Egli avanzò di qualche passo e alla luce del fuoco non ci furono più dubbi: la gran barba bianca come la neve, il mantello rosso bordato di pelliccia, gli alamari d’oro e l’aria bonaria erano per forza i suoi.
“Aspettavo con impazienza che giungeste sul confine del Monti del Nord” disse, le mani sui fianchi, guardandoli tutti. 
Dopo un attimo di smarrimento, Susan capì immediatamente cosa stava per succedere e non poté trattenere una lacrima.
“No, no, cara, non piangete” disse Babbo Natale. “Ho saputo cosa è accaduto al vostro arco, Maestà, e sono qui per aiutarvi. Non potete partire per il nord senza la vostra arma, vi pare?”
“E’ Aslan che ti manda, vero?” chiese la Dolce, ricacciando le lacrime indietro. Babbo Natale annuì e l’espressione della giovane donna divenne di rimprovero. “Perché adesso e non prima? Perché dopo due anni? Io e Caspian venimmo a cercarti per lo stesso motivo per cui ora sei qui, ma tu non comparisti mai”
“Lo so, lo so, ma non potevo” sia affrettò a spiegare Babbo Natale. “La maledizione che vi tiene prigionieri mi teneva lontano, sapete? Proprio così. Dovete fare del vostro meglio per annientarla, o la nostra Narnia potrebbe…”
Un silenzio pieno di cupi presagi pervase l’aria.
“Narnia potrebbe…che cosa?” chiese Lucy tremante.
Il rubicondo viso di Babbo Natale divenne cupo come non si era mai visto. “Le potenze infernali sono scese su di noi. Se il sortilegio dovesse sussistere in eterno, il regno ne risentirà gravemente”
Edmund parve atterrito. “Vuoi dire che… cadrà in rovina?”
“Peggio: Narnia morirà”
“E’ terribile!”
“La maledizione la sta consumando. Narnia soffre come soffrono il suo Re e la sua Regina, sente il vostro dolore. Ma noi creature fatate crediamo in voi, Sette Amici di Narnia, nostri Sovrani, e nei vostri più cari amici. Vi ho detto che mi è stato impossibile scendere a Narnia per un pò, ma se ora sono qui è perché siete finalmente riuniti” Babbo Natale tornò a sorridere e allargò le braccia, quasi volesse abbracciarli tutti. “Noi sappiamo che presto ridonerete la speranza e la luce al nostro mondo. Ed ora, Regina Susan, datemi il vostro arco, mi metterò subito al lavoro”
Pozzanghera glielo consegnò immediatamente, spiegando che aveva cercato di fare qualcosa per aggiustarlo ma con scarsi risultati.
Babbo Natale lavorò quasi tutta la notte. Estrasse dal mantello una serie di strumenti dai manici dorati delle più svariate forme, più una nuova corda che legò intorno al legno finemente decorato. Scalpellò, intagliò, levigò e, infine, l’arco fu pronto.
Susan allungò una mano e lisciò piano la superficie lucida del suo Dono, tracciandone i delicati intagli, la corda tesa. Sembrava nuovo.
“Grazie” disse con un filo di voce. “Non so come altro esprimermi. Grazie, grazie veramente!”
Liberò un bellissimo sorriso e poi li abbracciò uno per uno: Jill, Eustace, Pozzanghera, Lucy, Peter, Edmund, Miriel, Shanna, Emeth, Ombroso e Babbo Natale.
Il lupo osservava da lontano. Non si era avvicinato, e solo quando lo sconosciuto dalla barba bianca se ne andò si accostò alla sua Regina, sedendo accanto a lei, annusando l’arco e guardandola come se avesse capito. Susan lo accarezzò e lo strinse a sé.
Ormai quasi tutti dormivano, solo loro due erano ancora svegli.
“Dobbiamo provare a credere ancora una volta nell’impossibile, amore mio” gli sussurrò in un dolce soffio. “Narnia sta morendo, come noi. Ma io non voglio morire. Voglio vivere. Voglio tentare ancora”. Susan lo guardò negli occhi. Anche lui la guardava. “Io so che tu sarai con me e questo è tutto quello che mi serve”
Susan ripensò alle parole di Babbo Natale. Lui credeva. Aveva detto che era necessario disfarsi al più presto della maledizione, ed aveva in un certo senso confermato le parole di Cornelius. Poteva davvero esserci un modo, dunque?
Un rametto scricchiolò nell’oscurità immobile. Il lupo drizzò le orecchie e Susan si voltò svelta. Ma era solo Jill.
“Posso sedermi un momento con te?” chiese timida.
Susan le sorrise e annuì.
Il lupo si alzò e andò incontro a Jill, leccandole la mano. Lei lo accarezzò sul capo e insieme a Susan lo guardò allontanarsi, trotterellare intorno al loro piccolo accampamento, sparendo e riapparendo tra le rocce e i cespugli.
“E’ strano pensare che sia Caspian” disse Jill.
“Lo so, per voi che la vivete dall’esterno non dev’essere facile”
“Non la viviamo affatto dall’esterno, siamo molto più coinvolti di quanto credi” Jill strusciò i piedi a terra, imbarazzata.
Susan cercò di metterla a suo agio. “Dimmi, hai già imparato a maneggiare la tua Spada?”
“Uhm…no, purtroppo. Eustace mi sta dando un po’ di lezioni. Lui dice di averle apprese dal suo amico topo, Ripicì”
Susan fece un sorriso amaro, ricordando giorni lontani. “Sei molto amica di Eustace, vero?
Jill arrossì un poco. “Sì, è vero”
“E so che vai molto d’accordo anche con Caspian”
“Già, anche se è un po’ scontroso a volte”
“La maledizione ci ha cambiati molto” mormorò la Regina. Il suo sguardo s’intristì. “Mi fa piacere che parli con lui”
“Cerco di spronarlo a non perdere le speranze, come fanno anche gli altri”
Susan la guardò un momento. “Lo sai, Jill, io mi ricordo di te”
La ragazza la fissò perplessa.
“Ti ho sognata una volta…anche se a dire il vero non era proprio un sogno…Credo che Eustace ti abbia parlato delle prove cui ci sottopose la Strega Bianca durante il nostro viaggio sul Veliero dell’Alba”
“Sì, l’ho letto nel suo libro”
Susan annuì. “Vedi, la Strega mi imprigionò in un incubo e mi mostrò cosa sarebbe accaduto se non fossi rimasta a Narnia. Ho visto un possibile futuro durante quell’incubo, un futuro che fortunatamente non si è avverato. Mi vidi adulta, come sono ora, ma ero un’altra persona e in quella visione c’eri anche tu. All’epoca non capii chi tu fossi, ma ora lo so”
Jill rimase a bocca aperta. “Incredibile”
“E’ vero, ma non così tanto: anche se ancora non ti conoscevo, tu eri già la Settima Amica di Narnia, per questo ti vidi”
“Ehm…scusa, sai, ma io non credo tanto nel destino scritto”
“Non è scritto, infatti. Tu sei stata scelta, come tutti noi, ma avresti potuto non accettare il tuo incarico. Se su quella montagna avessi detto ad Aslan che volevi tornare a casa, lui ti ci avrebbe rimandata”
“Ma io non volevo tornare a casa”
“Esatto. Sei stata tu a scegliere, lo capisci?”
“Credo…di sì”. Jill guardò la Regina, seria in viso. “Susan, noi due non ci conosciamo troppo bene, ma volevo dirti che per qualsiasi cosa puoi contare su di me. Come Settima Amica di Narnia intendo fare del mio meglio”
La Regina Dolce le prese una mano e gliela strinse. “Allora potresti dire una cosa a mio marito da parte mia?”
“Certo” annuì Jill.
“Digli che deve provare ad avere fede anche se non sempre è facile. Digli di ricordare come ha fatto a diventare l’uomo che è. Non ha mai lasciato cadere una sfida, non ha mai avuto paura, non ha mai ceduto di fronte a niente, non ha mai evitato nessuna responsabilità. Digli che io credo in lui, completamente, e che lo amo come il primo giorno, ora e sempre, qualsiasi cosa accada”
Jill sentì lacrime di commozione pizzicale gli angoli degli occhi. “T-tutto qui? Nient’altro?”
Susan inclinò leggermente la testa da un lato. “Ci sono un mucchio di cose che vorrei dirgli, ma se continuiamo a parlare rischieremo di svegliare gli altri”
Jill si portò le ginocchia al mento, rannicchiandosi ben bene nella coperta di lana che si era avvolta attorno al corpo.
“Se parliamo a bassa voce non li disturberemo, e tanto io non ho sonno”
 
 
Alle prime luci dell’alba, la temperatura scese quasi sotto lo zero. L’intera landa era ricoperta da uno strato di ghiaccio che faceva scricchiolare l’erba sotto i piedi.
Ormai erano arrivati al limite settentrionale di Narnia. Si ritrovarono davanti un pendio scosceso che si affacciava su una terra triste e cupa. In fondo vi erano delle formazioni rocciose e poi montagne altissime, precipizi bui e terribili, valli coperte di massi e pietraie, burroni così stretti e profondi che non si riusciva a guardarci dentro, cascate che sgorgavano da gole paurose e confluivano in fiumi dalle acque buie e insondabili. Sui pichi più alti c’era già la neve.
“Le Terre del Nord, signori. Siamo arrivati” disse Pozzanghera. “Attraversato il Ponte dei Giganti saremo fuori dai confini di Narnia”
La compagnia si fermò un momento, voltandosi a guardare il profilo della loro terra che si stavano lasciando alle spalle. Ignorando la stretta al cuore, iniziarono la discesa.
Laggiù in basso scorreva un fiume che procedeva fra i dirupi, colorandosi di un verde cupo che si rischiarava quando veniva toccato dai deboli raggi del sole. C’erano un’infinità di rapide e cascate, il rumore dell’acqua era ovunque, il gorgoglio del fiume era un tuono che sembrava far tremare la terra. Era un luogo selvaggio, dove pochi erano stati, dal quale molti non erano più ritornati, nel quale non c’erano città né persone, ma solo orsi, volpi e lepri artiche, gatti selvatici e altre bestie simili. C’era molta incertezza nel trovarsi lassù al Nord, dove non ci sarebbero state creature fatate ad aiutarli, dove avrebbero dovuto contare solo sulle loro forze, gli uni sugli altri.
Finalmente, eccoli sull’orlo del precipizio che veniva tagliato in due dal famigerato Ponte dei Giganti. Era un arco a dir poco gigantesco che collegava le due parti dello strapiombo. 
“E’ altissimo, enorme” commentò Miriel osservandolo. “Da lontano non sembrava così. Mette paura in un certo senso”
Peter le strinse la mano, rassicurandola, camminando a fianco a lei. “Non temere. Se dovesse accadere qualcosa, io ti proteggerò”
“Secondo voi chi può averlo costruito?” chiese Emeth ammirato. “I Giganti o qualcun altro?”
“Non saprei” gli rispose Lucy. “Quando eravamo Sovrani noi, nell’Età d’Oro, esisteva già. Peter, secondo te chi può essere stato?”
“A me sembra improbabile che siano stati i Giganti” rispose Ombroso. “Non sembrano tanto svegli”
“Quelli di oggi forse no” disse il Re Supremo, “ma la loro antica civiltà era molto più avanzata”
“Oh, allora potrebbe darsi che sia stato eretto dagli stessi Giganti che costruirono l’Antica Città che cerchiamo noi. Giusto, Peter?”
“Ottima osservazione, Jill. Sì, credo che sia possibile”
“Chissà” fece Shanna pensierosa, “forse il Ponte ci condurrà proprio là”
Iniziarono ad attraversarlo, con Pozzanghera che tesseva la loro malasorte ad ogni passo, convinto che non appena avessero messo piede sulla superficie del Ponte, questo sarebbe scomparso nel nulla e tutti loro sarebbero precipitati di sotto.
Ovviamente non fu così. La costruzione era solidissima, benché consumata dal tempo. In alcuni punti, le pietre di sostegno erano cadute, lasciando enormi voragini dalle quali si poteva guardare il fiume che scorreva molto più in basso. Le balaustre erano sbeccate e sgretolate ma le figure incise erano ancora ben identificabili: centauri, minotauri, giganti, più altre strane e spaventose creature, forse esistite nei tempi antichi ed ora estinte. Il vento soffiava forte lassù, tanto erano in alto. Videro persino un’aquila sfrecciare sotto di loro.
Jill corse avanti a tutti, affiancandosi a Caspian e a Destriero, che trasportava le sacche con le coperte e le provviste.
“Ho un messaggio di Susan” esordì la ragazza.
Il Re si volse incuriosito verso di lei. “Di Susan?”
“Sì. Dice di tenere duro, che devi ricordarti chi sei e come lo sei diventato, tutte le prove che hai affrontato, e che non devi mai perdere la speranza. Lei ne ha molta, sai? Credo che voglia credere alle parole di Cornelius, dopotutto. E’ rimasta molto turbata da quel che Babbo Natale ha detto su Narnia, come tutti. Secondo lei, tu dai troppa importanza al passato e non ne dai abbastanza al presente”
Il Liberatore aggrottò la fronte.
“No, non adirarti, ora” lo pregò Jill. “Non dovresti trascurare le probabilità solo perché non nutri abbastanza fiducia in te stesso, e in questo momento è così che stanno le cose, è inutile che cerchi di negarlo. Credi che ormai sia tutto inutile perché hai fallito nel proteggere le persone che ami quando hanno avuto più bisogno di te, ma a volte nella vita bisogna rendersi conto di quando è il momento di lottare e quando è invece il momento di scappare. A vote è necessario, però non sempre scappare è sinonimo di sconfitta. Devi credere nell’ arma che ti è stata data”
Caspian posò la mano sull’elsa di Rhasador, ma Jill scosse il capo.
“No, non quel tipo di arma”
“Stai parlando della Spada di Revilian?”
“No, nemmeno di quella. Sto parlando di un’arma più potente di qualsiasi spada, più della vendetta, più della forza fisica”
“Che cos’ho più di questo?”
Toccò a Jill aggrottare la fronte. “Sei stupido o cosa?”
“Ehi!”
“Hai Susan, Caspian. L’amore che nutri per Susan è più forte di qualsiasi cosa. Quella è la tua vera forza. Ha detto che ti ama come il primo giorno e che continuerà per sempre ad essere così”
Caspian posò lo sguardo sul falco, comodamente appoggiato sulla sella di Destriero.
“Queste cose te le ha dette tutte lei?” sorrise.
“No, qualcuna è mia” ammise Jill un poco vergognosa. La ragazza osservò il Re chiudere un momento gli occhi. “Ti ama più della sua vita, Caspian”
“Lo so”
Jill si turbò, osservando i suoi occhi neri inumidirsi all’improvviso.
“Sei una vera amica, Jill, ti ringrazio. Ora, però, lasciami solo, per favore”
La ragazza comprese il suo stato d’animo e non disse nulla, facendo un paio di passi indietro.
“Dille che…” riprese Caspian d’improvviso. “Dille che sto cercando di capire cosa è meglio fare e che tra poco lo saprò. E che la amo, ora e sempre”

 
 
 
 
Come state, cari lettori, siete in vacanza?
Finalmente sono arrivata con il capitolo 22! Ho idea che sia un po’ vuoto…succedono varie cose ma non questo granché, e siccome sono già 13 pagine e mezzo non ho inserito il pezzo della Strega e dei bambini, che slitta nel prossimo. Non so…ditemi voi cosa ne pensate :/ A proposito: fan della Shandmund, siete contenti??? E bacio fu!!! XD
Ah, avete visto la mappa di Narnia qua sotto? :D Stavolta l'ho messa tutta intera, anche se ancora non ho avuto modo di sistemare il colore e le scritte, sorry...
Un piccolo doveroso avviso: alcune descrizioni delle terre del nord sono prese dal libro originale.

 
Veniamo ai ringraziamenti!
Per le seguite: Aesther, aleboh, Araba Shirel Stark, battle wound, BettyPretty1D007flowers, Christine Mcranney, english_dancer, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, Friends Forever, G4693, HarryPotter11, HikariMoon, Jordan Jordan, lucymstuartbarnes, LucyPevensie03, lullabi2000, Mia Morgenstern, Mutny_BorkenDreams, piumetta, Queen Susan 21, Robyn98, Shadowfax, Starlight13, SuperStreghetta, Svea,  SweetSmile, TheWomanInRed, vio_everdeen, Zouzoufan7,_faLL_ _joy
 

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Per le recensioni dello scorso capitolo:  Christine Mcranney, FioreDiMeruna, Ma_AiLing, Queen_Leslie, Shadowfax, vio_everdeen,  _joy
 
Angolino delle Anticipazioni:
La prossima volta, i nostri eroi faranno un incontro molto misterioso. Vedremo la Strega e i bambini, e forse ancora Rabadash. Infine, per i fan di Peter e Miriel è in arrivo un momento tutto loro, anche se le circostanze non saranno delle migliori…

 
Come sempre, vi ricordo che gli aggiornamenti li trovate alla mia pagina facebook.
Vi ringrazio immensamente, tutti quanti, che continuate a seguirmi, a sopportarmi, a consigliarmi e sostenermi, perché grazie a voi Night&Day ha raggiunto e superato le 200 recensioni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Continuate così!!! Vi adoroooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!
Susan♥

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