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Autore: seasonsoflove    05/07/2014    15 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Brings up suspicions 
And alibies 
But I can see blue 
Tear-blinded eyes 
Lies, lies, lies





Quando Belle arrivò a casa, ancora piuttosto arrabbiata con l’universo, si tolse la giacca, la lanciò sul letto e si guardò allo specchio.
Le parole di Zelena le risuonavano ancora nelle orecchie, rimbombavano per la sua testa riempendola di dubbi.
Era davvero troppo per Gold? Lui si meritava qualcosa di meglio?
Osservandosi attentamente si chiese in effetti cosa Robert ci trovasse in una come lei. Non era alta, non era ricca, non si vedeva particolarmente bella…
Un momento dopo si vergognò di sé stessa.
Sua madre non l’aveva cresciuta così. Poteva non essere ricca, poteva non essere alta e poteva vedersi non particolarmente bella, certo.
Ma se Robert aveva scelto lei, un motivo c’era. Ed era semplicemente così e nessuno aveva il diritto di mettere in dubbio ciò che c’era tra loro.
Neanche la bella, alta e benestante Zelena Greenie.
 
 
Nello stesso preciso istante, dall’altra parte della città, Tink ed Ariel erano acquattate dietro uno scaffale della biblioteca, e controllavano la loro preda.
Regina Mills studiava e sembrava molto concentrata: la fronte leggermente corrugata, le mani alle tempie, la bocca contratta.
Questo suo stato garantiva a Tink di poterla raggiungere passando relativamente inosservata dietro i vari scaffali di libri.
“Sembra proprio che abbia perso la sua corona!” disse Ariel “Guardala, due mesi fa non l’avrei riconosciuta!”
“La leonessa ha ancora gli artigli però…(*)” mormorò Tink pensierosa.
“Eh?” chiese l’altra spaesata.
“Non guardi Game Of Thrones?”
Ariel la guardò disorientata.
“Che cos’è?”
“Lascia perdere” disse Tink scuotendo la testa.
“Perché non la possiamo semplicemente lasciare in pace?” domandò Ariel per quella che a Tink risultò essere la quinta volta in quel pomeriggio.
“Te l’ho detto. Può tornarci utile. Poi guardala, è sola, ha bisogno di nuovi amici. E noi abbiamo bisogno di lei. Ora vado. Aspettami qui. Ricorda, se-“
“Se ti sento urlare devo correre e chiamare la polizia, sì.”
“Bene.”
Tink si alzò, e si diresse quatta quatta verso Regina.
 
Ariel non sentì urlare, ma le due ragazze ci andarono molto vicine.
La scena si concluse con Regina che camminava svelta verso l’uscita della biblioteca con un’espressione a dir poco infernale stampata in faccia.
 
“Regina” la salutò allegramente Emma Swan.
“Come ha potuto dirlo!?” ringhiò l’altra entrando in classe.
La bionda la fissò costernata.
“Innanzitutto modera i toni, stai parlando con una professoressa. E seconda cosa, ti sarei grata se mi dessi una spiegazione.”
“Le avevo chiesto di non dirlo a nessuno!” continuò l’altra rabbiosamente, sbattendo la borsa sul banco.
“Di cosa stai parlando!?”
“Della lettera!” esplose Regina. “Le avevo chiesto espressamente di non dire a nessuno che era opera mia, e di tenersi ciò che sapeva per sé. Ma a quanto pare la segretezza è qualcosa che in questa cittadina nessuno conosce!”
Emma continuò a guardarla estremamente perplessa.
“Non ti seguo.”
“E’ venuta da me quella cretina del giornalino, Tink e-“
“Non chiamare ‘cretina’ una tua compagna.”
“Sa quanto me ne importa? Beh, a quanto pare ha capito perfettamente che la lettera è la mia. Ha detto che lo sa da un po’ ma aspettava il momento giusto per dirmelo. Quando le ho chiesto da quanto lo sapesse, ha detto qualche settimana. Lei l’ha scoperto qualche settimana fa!”
“E quindi pensi che io gliel’abbia detto!?”
“Chi altro potrebbe averlo fatto? Nessuno lo sapeva! Nessuno a parte lei.”
Si sedette, aprì la borsa, afferrò i libri e l’astuccio e guardò la professoressa con disgusto.
“Mi fidavo di lei. Ma è esattamente come tutti gli altri.”
Dopodiché iniziò a ricopiare gli appunti.
“Non l’ho detto io a Tink Glocke.” Disse poi Emma, lentamente.
Regina sbuffò incredula e scoppiò in una risata amara.
“Certo che no.”
“Non hai pensato che magari potrebbe esserci arrivata da sola?”
“Non è così intelligente. Come avrebbe fatto!?”
“La sottovaluti. Ma perché non glielo chiedi direttamente?”
“Cosa crede che abbia fatto?!” sbottò furiosamente “
“E lei cosa ti ha risposto?”
“Che non importa come lo ha saputo, l’importante è che lo sappia.”
“E ne deduci che…?”
“Che lei ha vuotato il sacco!” concluse Regina.
“Non l’ho fatto. Non ho detto niente a Tink. Mi ferisce pensare che tu creda possibile una cosa del genere. Non solo tradirei la tua fiducia, ma anche la professionalità del mio lavoro.” disse semplicemente Emma.
Regina continuò a guardarla, arrabbiata.
Una parte di lei voleva crederle. Ma l’altra parte, quella con cui era abituata ad avere a che fare, quella diffidente e spietata, le diceva di non darle retta.
“Davvero, Regina. Non le ho detto assolutamente niente.”
La mora scosse infine la testa, senza sapere cosa pensare.
“Vuole che mi unisca al giornalino, comunque” disse poi.
“E’ una buona idea.”
“No, non lo è. Ma non ho scelta.”
“Perché…?”
“Perché sennò mostrerà a tutti quella stupida lettera.”
“Te l’ha detto lei?”
“Sì. Le persone non perdono mai l’occasione di ferire e vendicarsi.”
“Non molto gentile da parte sua devo dire. Quindi?”
“Quindi scriverò per quel suo stupido giornalino.”
Ci fu qualche minuto di silenzio.
“Credo che potrebbe farti bene, sai. E’ una nuova esperienza. Hai bisogno di fare nuove esperienze, di lasciarti andare e conoscere nuove persone.”
Regina non rispose.
“Potresti trovarti sorprendentemente bene!”
“Io sto già bene. Adesso sto bene.” disse con forza la mora.
“Adesso?”
“Adesso che ho iniziato a…fare le cose per conto mio. E a concentrarmi su me stessa invece che sui giudizi degli altri e adesso che ho lei che-“
Si interruppe imbarazzata rendendosi conto di aver parlato troppo.
“Che…?”
“Che mi aiuta con… l’ammissione a Yale.” concluse rossa in viso.
Emma le sorrise calorosamente.
Adesso che ho lei che mi aiuta e mi è amica.
Regina non lo disse ad alta voce ma entrambe sapevano che era così.
 
 
 
Nei giorni che seguirono l’incidente in palestra, Belle fece attenzione a non incrociare Zelena nei corridoi.
Aveva optato per una strategia da fuggitiva. Non le andava di finire di nuovo nei guai, non le andava di beccarsi altre punizioni, non le andava di farsi prendere in giro né di attaccare briga.
Purtroppo Belle French non era una ragazza fortunata. O forse era Zelena ad essere molto fortunata.
Pareva che il destino le facesse incrociare di continuo.
Difficilmente, se la incontrava, Belle riusciva a togliersi il suo sguardo di dosso.
Zelena non era come sua cugina; era meno diretta, forse meno fastidiosa sotto un certo punto di vista. Ma era più cattiva.
Il modo in cui la guardava, il modo in cui la faceva sentire sempre fuori luogo, in cui scoppiava a ridere ogni volta che la incontrava nei corridoi.
Non la minacciava, non la prendeva in giro apertamente. Si limitava a ridere di lei con le sue compagne.
 
“Vuoi che le tiri io uno schiaffone?” disse Tink un giorno, osservandola con odio dal tavolo dell’aula studio sul quale lei e Belle si erano appollaiate.
“Lascia perdere.”
“Uno schiaffone bello forte. Sulla faccia.” mormorò la bionda.
In quel momento entrò Killian Jones.
“Oh no…” gemette Tink.
“Scappa, ti coprirò. Gli dirò che sei dovuta correre in bagno a causa di un improvviso malore. Gli dirò che è colpa delle crocchette di patate della mensa.”
“Non servirebbe a niente. Mi aspetterebbe qui.”
Il ragazzo le individuò, e si avvicinò al loro tavolo con fare baldanzoso.
Zelena distolse lo sguardo.
“Signore.” esordì Killian.
Belle riprese a ricopiare i suoi appunti ed ignorò completamente il nuovo arrivato. Ancora non gli aveva perdonato le cattiverie dette in mensa.
Tink lo scrutò attentamente.
“Posso sedermi?” Continuò lui, sorridendo allegramente.
“Con che coraggio chiedi se puoi sederti con noi?” sbottò Tink.
“Tesoro, non essere così astiosa, ti ricordo che abbiamo un passato romantico insieme io e te. Cosa succede?”
“Passato romantico!?”
“Devo ricordarti come mi hai trattata l’ultima volta che mi hai rivolto la parola?” si inserì Belle.
Lui aggottò le sopracciglia.
“Non ricordo.”
“Mi hai chiesto se mangiavo dai bidoni della spazzatura.” Disse Belle acidamente.
“Davvero? Beh, saranno state delle circostanze estreme.”
“E mi hai dato della pezzente. E hai insultato mio padre.”
“Oh. Beh, scusa.” Disse lui, senza mai perdere il sorriso.
“Molto sentite come scuse” commentò Tink.
Senza più attendere, Killian si sedette.
“Stavo pensando” cominciò di nuovo “Ora che siamo tutti amici, potremmo uscire a quattro. Tu e Gold” indicò Belle. “E io e…te” finì guardando amabilmente verso Tink.
Non ottenne risposta.
“Dai ragazze, è per fare qualcosa di emozionante!” provò di nuovo.
“Ha ripreso a guardarci” disse Tink poi, rivolgendosi a Belle e indicando Zelena.
“Chi?” si intromise Killian.
“Ma vuoi farti gli affari tuoi?”
“Sono solo curioso!”
“Quella tizia là. Rossa di capelli, con la divisa.”
“Ah. Sì, è quella che si scarrozza in giro Gold.”
“Cosa intendi?” chiese subito Belle.
“Le fa da tutor, da quello che ho capito. Le fa vedere le aule, la aiuta coi compiti, cose del genere.”
Qualcosa nello stomaco di Belle si agitò follemente.
Rabbia. Odio. Gelosia.
Ma soprattutto paura.
Robert le aveva detto che non aiutava i nuovi studenti. Le aveva detto che non faceva parte del comitato di accoglienza della scuola. Eppure…
A quanto pare Zelena era entrata nelle sue grazie.
La ragazza cercò di restare indifferente e di ignorare la voglia di alzarsi e prendere a pugni la cheerleader.
“A me comunque sta sulle palle.” Riprese Jones. “Se volete mi alzo e le dico di smetterla di fissarci.”
“Che galanteria” commentò Tink.
“Sono sempre pronto a difendere delle principesse.”
“E da quando?”
“Da quanto conosco delle princ-“
“Scusate, esco un attimo.” Disse improvvisamente Belle.
Voleva trovare Robert, voleva parlargli, e voleva farlo subito.
Inoltre non sopportava di trovarsi in mezzo a quei due con Zelena che la guardava con le sue amiche e ridacchiava di continuo.
“Sicuro! Torna presto!” esclamò Killian.
“Belle…tutto bene?” chiese Tink.
“Io…sì. Sto bene. A dopo!”
Ed uscì dalla biblioteca.

 
Trovare Robert fu relativamente facile.
Quello che Belle non si aspettava, dopo avergli mandato un freddo messaggio in cui gli chiedeva di vedersi, era di vederlo arrivare con due thè alla pesca incastrati alla meglio tra le braccia, e due coni gelato, in equilibrio precario, in mano.
“Eccomi, scusa, c’era fila.” Disse ansimante.
Belle lo guardò interrogativamente.
“Perché?” chiese indicando le provviste.
“Comincia a fare caldo” disse lui allegro “Ho pensato che potevamo fare merenda insieme. Hanno aperto il baracchino dei gelati vicino al negozio dei pegni!” (**)
“Oh” esclamò lei semplicemente.
Questo non l’aveva messo in conto quando aveva pensato di discutere con lui.
“Però non su quei gradini. Vieni, cerchiamo una panchina. Se mi dai una mano poi evito di far cadere tutto!”
Si sedettero non poco lontani da lì, ed iniziarono a divorare il loro gelato.
“Magari da grande farò il gelataio.” Disse lui scrutando pensieroso verso la torre dell’orologio di Storybrooke.
Belle osservava silenziosa il profilo di Robert.
Si chiese come sarebbe diventato da vecchio. Probabilmente sarebbe stato affascinante come da giovane, con quei suoi grandi occhi, il naso lungo ed appuntito, la fronte ampia, i capelli lisci e morbidi che lentamente sarebbero passati dal castano chiaro al grigio e poi al bianco. Chissà quale donna avrebbe avuto l’onore di invecchiare accanto a lui. A lei non sarebbe dispiaciuto invecchiare accanto a lui, pensò fugacemente.
Mentre continuava a guardarlo, notò che sole gli illuminava gli occhi e li faceva apparire quasi ambrati; si rese conto che più che un pensiero fugace, era una speranza. Se qualcuna doveva appartenergli, perché non lei?
“Stai bene?”
Belle interruppe il flusso dei suoi pensieri e si voltò dalla sua parte.
“Sì, sto bene” mentì lei.
“No, non è vero. Mi sembri pensierosa.”
“Sto bene” ripeté. Poi senza aggiungere nient’altro, gli si avvicinò e lo baciò lentamente, godendosi quella sensazione di improvvisa felicità e speranza.
Era vero, stava bene. Perché doveva soffrire inutilmente e sospettare di lui?
Zelena la odiava, era appurato. Ma di questo Robert non aveva colpa.
Se le dava una mano ad integrarsi sicuramente c’era qualche motivo, e non stava a lei giudicare. Voleva credere che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, e così fece.
Si staccarono, e Robert sorrise felice.
“Sicura di stare bene?”
“Sicura!” affermò decisa.
Gold appoggiò la mano sulla sua, le scoccò un altro rapido bacio, ed insieme continuarono a gustarsi la loro merenda nel tiepido sole di marzo.
 
 
 
Lentamente passò anche marzo. Ormai la primavera si faceva prepotentemente sentire.
Abbandonati i cappotti e le sciarpe, l’umore generale era decisamente più alto, anche se iniziavano tutti a sentire la pressione degli esami finali e delle fatidiche ammissioni nei college. Belle evitava di pensarci. I soldi non le sarebbero mai bastati per andare al college, o per lo meno, in uno dei college che avrebbe voluto. Poteva sempre provare a vincere una borsa di studio, ma lei era una, e i candidati erano tanti, veramente tanti.
Si era rassegnata all’idea che molto probabilmente avrebbe semplicemente continuato a vendere fiori a Storybrooke per il resto della sua vita. Una prospettiva non molto allettante, ma almeno evitava di farsi illusioni.
Diverso era il discorso per Tink, che, infervorata come non mai, aveva preso il suo giornalino scolastico come il suo vero punto di forza per essere ammessa alla facoltà di comunicazione e giornalismo della Boston University.
Per questo motivo, la giovane stacanovista, continuava a tampinare Regina nei corridoi, ogni volta che poteva. Era fermamente convinta che lei fosse la chiave del suo successo.
“Devi mandarmi ancora un articolo!” si lamentò un giorno.
“Ancora uno!? Te ne ho inviati tre questa settimana!” esclamò Regina furibonda, sbattendo l’anta dell’armadietto.
“Devi inviarmene un quarto!”
“Ma cosa te ne fai di tutti quegli articoli!”
“Devo entrare alla Boston University. Per entrare ho bisogno di un buon curriculum. E per averlo ho bisogno di avere un progetto valido e consolidato alle spalle e di buone referenze. Sono già rappresentante d’istituto e faccio parte del comitato degli studenti del Maine. ”
“E a me cosa dovrebbe importare?”
“Penso che questo progetto potrebbe darmi credito se voglio entrare al college. E penso che potrebbe dare credito anche a te. E’ un lavoro per la comunità, le università hanno un occhio di riguardo per questo genere di cose.”
Regina sbuffò.
“Non è vero. Alle università interessa quanto puoi pagare e qual è la tua media.”
“Alla mia interessano anche i progetti extrascolastici”
“Ma non puoi rompere le scatole a qualcun altro?”
“Tu scrivi meglio degli altri” disse semplicemente Tink.
“Cazzate!”
Regina prese a camminare spedita per il corridoio con un mucchio di appunti in mano.
“Tu dove hai fatto domanda?” le chiese poi la biondina, cercando di tenere il passo.
“A Yale”
“Wow. Sei ambiziosa. Pensi che ti prenderanno?”
“Mi auguro di sì. Magari se tu la smettessi di ricattarmi potrei lavorare alla mia ammissione invece che ai tuoi inutili articoli.”
“Beh, se posso darti una mano sono felice di farlo.”
 Regina si bloccò incredula.
“Vorresti darmi una mano? E in cosa?”
“So che ci sono già la Swan e la Blanchard ad aiutare quelli dell’ultimo anno con questo tipo di questioni, ma se ti va…ecco insomma, potremmo lavorare insieme alle nostre lettere di ammissione, dovrebbe essere divertente e costruttivo!”
Tutto quello che Regina riuscì a dire fu:
“Perché?”
“Perché mi sembra che tu non abbia molti amici da quando sei uscita dalla squadra delle cheerleader. E perché nonostante tutto…credo che tu sia una persona migliore di ciò che vuoi mostrare. E mi sembri intelligente. E io sono intelligente. E trovo che il tuo senso dell’umorismo non sia male, anche se a volte sei un po’ scorbutica e leggermente perfida. Perciò credo che potremmo lavorarci su.”
Le tese la mano.
“Vuoi…intendi diventare mia amica?”
“L’idea è quella.”
“Sono settimane che mi ricatti con quella schifosissima lettera!” sibilò Regina. avvicinandosi “E ora osi chiedermi di essere amiche?”
“Quanto la fai tragica…è per il bene superiore che ti ricatto.”
“Il ben- il bene superiore!?” esclamò furibonda la mora.
“Senti. Io oggi pomeriggio studio in biblioteca. Belle non c’è, so che hai paura di affrontarla e di chiederle scusa, anche se prima o poi dovrai farlo.” Si interruppe un momento mentre Regina la guardava costernata. “Sono sola, ecco. Se ti va puoi venire; anche perché ho qualche novità interessante e mi piacerebbe condividerla con te.”
 
 
Ciò che Tink aveva in mente, o meglio, la sua novità che non vedeva l’ora di divulgare, era il fatto che i suoi genitori sarebbero partiti quel venerdì e sarebbero rimasti fuori città per tutto il week-end.
La folle idea le era balenata in testa mentre chiacchierava con Belle, Ariel ed Aurora, la vignettista del giornalino.
E pian pianino quest’idea le era parsa sempre meno folle e sempre più interessante.
Tink Glocke avrebbe dato un party.
Non un party qualunque.
Un party enorme. Avrebbe invitato tutti i suoi amici, i colleghi del giornalino, i ragazzi del consiglio studentesco.
Aveva una bella casa a due piani con un giardino enorme e un grande gazebo.
Prima di allora non aveva mai avuto abbastanza amici da organizzare una festa come si deve, ma ora era arrivato il momento.
Purtroppo nessuno della squadra di football sembrava interessato all’evento.
E quindi neanche la squadra di basket o quella di nuoto. E nemmeno il club delle belle arti.
“Qual è il problema!” aveva esclamato Tink furibonda.
“Sempre lo stesso” aveva replicato Belle. “Noi siamo noi, e delle nostre feste non importa nulla a nessuno.”
Ma Tink Glocke sarebbe scesa a patti col diavolo pur di fare quella dannata festa.
Aveva la sua dannatissima e grandissima casa tutta libera, i suoi dannati genitori erano fuori città e nulla l’avrebbe fermata.
Così, piena di determinazione, il mercoledì prima della fatidica festa, chiamò Killian Jones per comunicargli le sue intenzioni.
“Tesoro, che bella sorpresa!”
“Non chiamarmi tesoro!” Forse era meglio essere gentili però. In fondo aveva bisogno di lui “Non ancora per lo meno” aggiunse.
“A cosa devo l’onore?”
“I miei genitori sono fuori casa per il week-end”
Silenzio.
“Ho capito cosa vuoi fare…”
“Vorrei organizzare una festa.”
“Io e te?”
“E molti altri”
Killian parve un po’ deluso.
“Ma io e te siamo la festa, giusto?”
“Ovviamente. Senti, puoi portare un po’ di gente e un po’ di alcool?”
Ancora silenzio. Sembrava che Jones stesse facendo un rapido calcolo.
“Sì.” Disse infine. “Posso farti una discreta pubblicità e occuparmi delle provviste.”
“Ma…?”
“Ma voglio qualcosa in cambio.”
Tink strinse i denti e si preparò a contrattare.

Una volta convinto Killian, toccava a Robert. E dopo Robert…Regina.
Poteva non essere più la capo-cheerleader, ma era ancora qualcuno.
E una volta convinti loro, il resto della scuola li avrebbe seguiti e si sarebbe semplicemente presentata di fronte alla porta di casa Glocke.
 
 
 
“E quindi è come se i miei genitori mi avessero chiamata con lo stesso nome e cognome!” (***)
Robert scoppiò a ridere, e Zelena lo seguì, con la sua risata cristallina.
“Non è stato molto carino da parte loro.” Disse poi, tornando serio.
“No, non molto, ma trovo che sia una cosa divertente.”
“Lo è.” replicò lui sorridendo.
Era venerdì pomeriggio, il fatidico venerdì della festa, e i due erano placidamente appoggiati al muro vicino all’aula studio.
“Scusami per questo pomeriggio inutile” proseguì poi Zelena, sorridendo colpevole. “Sono una frana in matematica e tu sei molto gentile, non ho mai incontrato un ragazzo così…non dovrei approfittarne.”
“Non dovresti.” Confermò Robert sorseggiando il suo thè “Ma quel che è fatto è fatto” concluse poi sorridendo.
“Comunque mi diverto a darti ripetizioni.”
“Ti diverti eh? E cosa ci sarebbe di divertente?”  disse lei fingendosi offesa.
“Un mucchio di cose.”
Accadde in un lampo.
Qualcuno, osservando la scena, potrebbe sostenere che forse non fu del tutto casuale; un movimento brusco da parte di Zelena e il contenuto del suo bicchiere di thè si riversò sulla camicia di Robert Gold.
“Cazzo, mi dispiace, ti giuro che non volevo io-“
“Zelena…”
“Cristo santo che figuraccia. Aspetta che prendo un fazzoletto. Ti prego, scusami.“
“Calma!” esclamò Robert. La ragazza continuava a farfugliare cercando qualcosa nella borsa.
“Davvero! E’ thè! Non si vede neanche, la mia camicia è nera! Ora vado un attimo in bagno, la sciacquo e-”
“No, aspetta, ti aiuto, insisto” continuò lei. Prese il pacchettino di fazzoletti dalla borsa, né estrasse uno e si avvicinò a Robert.
Fu un momento, un momento nel quale ad entrambi parve che il mondo si fosse fermato.
La ragazza appoggiò le mani sul petto di Gold e cercò di asciugare il thè gocciolante col fazzoletto. Alzò lo sguardo.
Robert valutò che la distanza tra i loro visi era molto poca. Davvero molto poca.
Sentì le gambe molli mentre i loro occhi si incontravano.
Il corridoio era vuoto e silenzioso.
La distanza era così poca, e le mani di Zelena avevano smesso di muoversi, ora erano delicatamente appoggiate sul suo petto.  Si avvicinò, le loro fronti si sfiorarono appena. La ragazza aveva dei bei capelli rosso chiaro, e delle belle labbra e dei bellissimi occhi azzurri…
Fu come uno schiaffo in faccia.
C’erano già degli occhi azzurri che lui amava e voleva, e li aveva. E non erano quelli.
Si allontanò bruscamente, deglutendo, mentre Zelena lo fissava a bocca aperta.
“Io…penso che ora dovrei andare.” Disse poi semplicemente, fissando il pavimento imbarazzato.
“Da-davvero? E’ presto…insomma…”
“Lo so. E’ che…devo…c’è una festa questa sera. A casa di Tink Glocke. Devo passare a casa e fare…delle cose.”
“Una festa?”
“Sì. Ma è solo per quelli del giornalino.” Mentì spudoratamente.
“Ah” concluse lei. Sembrava pensierosa, quasi triste e delusa “Ci vai da solo?” chiese poi.
“No. Con la mia…con Belle.” Concluse. “Bene, allora ci vediamo la settimana prossima.”
La salutò velocemente. Camminò svelto verso l’uscita di scuola e si mise a correre. Si fermò solo quando ebbe messo due isolati buoni tra sé e l’edificio.
Non si era mai sentito così male in vita sua.
Aveva…quasi baciato Zelena. Non l’aveva fatto. Ma ci aveva pensato, più che pensato: per un breve istante era stato intenzionato a baciarla.
Solo per il fatto che lei era una bella ragazza e che era lì, davanti a lui, a pochi centimetri dalla sua bocca. Ci aveva pensato e Belle di questo non sapeva niente, la sua Belle, la sua Belle con cui sarebbe andato alla festa e che non vedeva l’ora di poter tenere per mano davanti a tutti.
La sua Belle con cui trascorreva tutti i momenti liberi, la sua Belle con cui mangiava i migliori gelati della città, la sua Belle con cui passava ore disteso a letto a baciarla o semplicemente abbracciato a lei.
Non era successo niente. Respirò di sollievo e smise di tremare. Non aveva fatto nulla di sbagliato. Ma si sentiva male, e poteva fare due cose.
Dire la verità a Belle ed essere onesto, o rimuovere semplicemente l’accaduto.
Una persona coraggiosa avrebbe scelto la prima opzione, ma lui non era coraggioso.
Robert Gold non era mai stato coraggioso.
 
 
Aveva continuato a pensarci. Ci aveva pensato per tutto il pomeriggio.
Voleva davvero dirglielo e fare la cosa giusta, per evitare che magari lo venisse a scoprire da qualcun altro, per evitare qualsiasi bugia.
Ma quanto Robert vide Belle uscire da casa sua, nel suo vestitino bordeaux, entrò totalmente nel panico. Era così bella, così radiosa e poteva solo immaginare lo sguardo ferito e deluso che avrebbe avuto se le avesse raccontato la verità.
E poi cosa poteva dirle?
“Ciao Belle, scusami ma oggi ho quasi baciato un’altra. Mi dispiace davvero, io voglio solo te, sei bellissima e perfetta per me, non riaccadrà più che io quasi-baci un’altra.”
Era stupido. Non era successo niente. Non doveva dirle niente.
Eppure…
“Ciao!” esclamò lei contenta.
“Ciao!”
“Tuo…padre è in casa?”
“Sì.”
“Okay. Pensi ci stia spiando dalla finestra con un fucile puntato sulla mia testa?”
“Lo ritengo probabile.”
“Suppongo che dovrò salutarti in macchina per prudenza.”
“Supponi bene!” rispose Belle con una mezza risata.
Una volta in macchina si voltarono l’uno verso l’altra simultaneamente e le loro labbra si incontrarono in un rapido bacio.
“Sei stupenda.”
“Grazie. Anche tu stai molto bene. Mi piace questo tuo modo di vestire, è diverso dalla solita camicia nera e dal gilet.”
Robert sbuffò mentre Belle lo guardava con un mezzo sorrisino.
“Andiamo?” disse poi lei.
“Andiamo!”
 
Davanti a casa Glocke, dopo aver parcheggiato poco lontano dietro alcuni alberi nella via, videro come prima cosa Ariel con un copricapo da indiana in testa e una coda da sirena attaccata al sedere, che di fronte al vialetto nel giardino, indicava agli ospiti dove andare.
“Ma…perché?” chiese dubbioso Robert guardandola.
“Non saprei. E’ un po’ eccentrica.”
In quel momento due ragazzi del terzo anno si lanciarono giù dalla finestra del primo piano ed atterrarono sul gazebo.
“Ma non dovevano esserci solo ‘pochi invitati del giornalino’?”
“Dovevano” mormorò Belle osservando il tutto con perplessità.
“Senti, potremmo ancora andare al cinema. O a casa mia. O al parco. Insomma, potremmo ancora evitare questa specie di orrida festa che-”
“Smettila di essere così negativo! Io penso…penso che ci divertiremo.”
“Non posso bere, ricordi?” disse lui facendo un gesto eloquente indicando il volante.
“E quindi?”
“E quindi come dovrei divertirmi ad una festa simile?”
“Ci sono io.” Rispose Belle come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Ma tu starai con Tink. E con Ariel.”
“E con te! Credi che ti lascerò da solo con Jones?”
“Lo farai. E io dovrò tenergli la testa mentre vomita, come sempre! ” Disse amaramente Gold, fissando con disperazione crescente la casa.
“Con un po’ di fortuna riusciremo ad accoppiare Tink e Jones almeno per questa sera. Quando beve tende ad essere più aperta nei suoi confronti. Così sarà lei a tenergli la testa, e io potrò stare con te.”
“Ma io odio le feste. Mi piace stare a casa, mi piace la tranquillità, i vecchi film e vorrei stare da solo con te.”
Belle sorrise e senza trovare un’adeguata risposta, si limitò a catturare le labbra del ragazzo e a baciarlo.
In fondo erano ancora in macchina e nessuno li poteva vedere o disturbare.
Robert sospirò e le passò una mano dietro alla schiena, attirandola a sé, mentre lei, lasciandosi andare contro le sue labbra, si avvinghiava ai suoi capelli morbidi, stringendosi a lui.
“Vedi” disse lui staccandosi brevemente “Queste cose non possiamo farle alla festa.”
Belle scoppiò a ridere.
“Scusami? Non sono un’esperta ma credo che alle feste la gente non si faccia problemi per questo genere di cose!”
Si issò quindi sulle braccia e si sedette a cavalcioni sopra il ragazzo, fissandolo.
Gold aprì la bocca a vuoto, dopodiché la strinse semplicemente a sé, baciandola.
Le mani di Belle gli graffiarono la schiena, audaci, e si intrufolarono sotto la camicia per andare a posarsi sulla pelle calda.
Forse in effetti avrebbero potuto andare al cinema…o da qualche altra parte. Magari anche rimanere lì, da soli, pensava Belle mentre sentiva la bocca di Robert sul suo collo e gemeva leggermente.
“Vuoi ancora andare alla festa?” disse Gold, soffiando contro le sue spalle lasciate nude dal vestitino rosso.
“Magari…magari tra un po’” sussurrò lei in estasi.
Improvvisamente si udì un forte bussare contro il vetro ed entrambi sobbalzarono, staccandosi immediatamente.
La faccia barbuta e i grandi occhi azzurri di Killian Jones li guardavano dall’altra parte del vetro. Un ampio sorriso gli si aprì sul volto.
Fece un gesto molto eloquente, facilmente interpretabile e molto poco signorile con le mani, picchiò ancora sulla macchina, fece l’occhiolino e sparì verso casa di Tink, trascinandosi dietro una cassa di birra.
“Uomo di merda” ringhiò Gold pieno di odio.
Belle scoppiò a ridere.

 
Regina era davvero arrabbiata.
“Che si fotta Tink. Che si fotta la Swan.” Pensò furente.
Chi mai gliel’aveva fatto fare di decidere di andare a quella stupida festa?
Mentre davanti allo specchio si sistemava il trucco, continuava a borbottare tra sé e sé, sempre più infastidita.
Senza contare che non aveva la più pallida idea di cosa indossare.
Tink le aveva semplicemente accennato che i suoi erano fuori città e che quindi dava un party occasionale per festeggiare il definitivo decollo del suo progetto.
E a Regina cosa importava? Nulla.
Ma poi la Swan le aveva detto di andare.
Le aveva consigliato di andare, che in caso se le faceva proprio orrore la festa, poteva tornarsene a casa dopo dieci minuti. Le aveva detto che quelle feste in genere sono davvero divertenti e poi ti ritrovi a ventotto anni a ricordarle con estrema nostalgia.
Emma Swan continuava a sconvolgerle l’esistenza con le sue parole, la sua fiducia, la sua gentilezza.
La ragazza si guardò perplessa allo specchio. Forse un vestito nero era troppo per l’occasione…prese in mano il cellulare senza pensarci.
 
Cosa devo indossare per la tua stupida festa.
 
Aspettò un qualche, intanto gironzolò nervosa per la camera.
 
Qualcosa di comodo per ballare.
 
Regina sentì un brivido d’orrore lungo la schiena.
Probabilmente quella sarebbe stata una di quelle tipiche feste tra diciottenni ubriachi, dove tutti si agitano forsennati, sudati e puzzolenti in mezzo ad un giardino o ad un soggiorno e il tutto finisce con l’arrivo della polizia e una fuga nei boschi in mutande o peggio.
Non ci voleva andare, pensò Regina disperata. Non ci voleva proprio andare.
Ma la voce della Swan ancora parlò nella sua mente.
Doveva fare nuove esperienze, conoscere nuove persone e divertirsi.
Rabbiosa aprì l’armadio, afferrò un paio di jeans che non indossava da circa tre anni e li guardò con perplessità, poi li indossò decisa.
In fondo poteva sempre andarsene dopo dieci minuti.

 











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(*) Riferimento a Game of Thrones *coff coff non sono drogata coff coff*, in particolare a questa canzone (la consiglio a tutti, anche a chi non segue la serie!) https://www.youtube.com/watch?v=kmRWVZ5ny0I 
"The lion still has claws"
(**) Non ricordo se l'avevo già accennato, ma Bobby Carlyle ha detto che il banchetto dei gelati di Storybrooke è proprio vicino al negozio dei pegni (ha detto inoltre che Gold non fa altro che mangiare gelati, continua ad uscire dal negozio apposta); il banchetto dei gelati c'è per davvero e, secondo le testimonianze degli abitanti di Steveston (la città che ospita il set di Storybrooke), molto spesso Bobby compra gelati per i fan che vanno a trovarlo sul set. 

(***) Zelena significa verde in bosniaco. Huh.


Dunque. Conscia del mio IMMONDO ritardo nel pubblicare questo capitolo mi accingo a ...pubblicarlo.
Come avevo accennato, questo è un periodo intenZo per me. Ora finalmente ho trovato il tempo e l'ispirazione per continuare questa totale follia. Mi erano mancati. 
Mi sieeete mancati. Spero di esservi mancata!
Mi dispiace davvero per questo hiatus di un mese, ma ne avevo bisogno. Ora conto di tornare a pubblicare molto più spesso :) 
Perciò vi ringrazio per aver atteso il mio ritorno, ringrazio le persone che mi hanno mandato messaggi su EFP / tweet e si sono assicurati che la storia stesse proseguendo, ringrazio chi ha recensito, chi segue, chi legge silenziosamente, insomma. RINGRAZIO.
Alla prossima dearies!
Un bacione a tutti
Seasonsoflove

 
   
 
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