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Autore: Advrian    05/07/2014    3 recensioni
“Non puoi semplicemente rinunciarci e starmi lontana?” mi domanda lui, scocciato.
“No.”
“E perché no? E’ così semplice! Basta che torni da dove sei venuta” ribadisce.
“Non voglio. Non sono quel tipo di persona!” esclamo.
“Lo so, l’ho già capito” poi la sua voce diventa un sussurro “Conosco le persone come te.”
“E se conosci le persone come me, e sai come sono, perché fai di tutto per allontanarmi?” domando.
“Perché…” inizia, ma vedo i suoi occhi dubitare “…perché l’ultima volta che una persona come te mi si è avvicinata, mi ha fatto soltanto del male.”
“Quindi è questo? Hai paura che ti faccia del male?” domando ironica.
“No.”
“Allora continuo a non vedere il problema.”
“Il problema è che se ti lasciassi avvicinare, sarei sicuramente io a fartene.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che è la prima storia che scrivo su Michael,
o sui 5 Seconds Of Summer in generale.
Cosa voglio dire con ciò?
Sono sicura che ogni fan dei ragazzi si è fatta la propria 'idea' su ciascuno di loro, 
quindi spero di non deludervi con questo mio Michael.
Spero che il prologo vi intrighi così da poter continuare a postare questa storia.
Mi farebbe un piacere immenso ricevere le vostre recensioni,
negative, neutre, o positive che siano. Lo dico davvero!
Quindi recensite! Please e.e
A presto, AB


Prologo

“Ti aspetto ai tavoli Jo” mi dice Anne prima di andarsene “, vedi di sbrigarti.”

Esce dalla camera così io sistemo i vestiti nell’armadio il più in fretta possibile, ma dopo un bel po’ di roba caduta a terra ci rinuncio e indosso direttamente un paio di pantaloncini jeans e la maglietta viola del campeggio. Siamo al Dave’s Adventure, un campeggio estivo dove i genitori troppo indaffarati a sentirsi giovani mandano i loro figli adolescenti e pieni di problemi durante l’estate così da liberarsene. Ci vengo da tre anni di fila e con tutta sincerità affermo di stare molto meglio qui che a casa, dove quando ero più giovane non mi prestavano mai attenzione e mi sentivo esclusa da tutti e in disparte. Qui ho conosciuto Anne, l’anno scorso, abbiamo legato subito anche se abbiamo personalità del tutto diverse, e non esagero nel dirlo. Esco dalla stanza e percorro il piccolo corridoio che da sull’entrata del bungalow femminile, poi corro il più in fretta possibile verso i tavoli dove pranziamo di solito, sul lato ovest del lago. Dave, il direttore, terrà il solito discorso di inizio anno al campeggio e non posso perderlo, no se voglio arrivare a fine giornata viva.

Dopo due minuti, come minimo, intravedo tra gli alberi i lunghi tavoli fatti in legno verniciato e mi butto a capofitto sulla sedia vicino a quella di Anne dove finalmente riprendo un po’ di fiato. Un ragazzo molto carino vedendomi mi passa una bottiglietta d’acqua che accetto volentieri, poi gli rivolgo un sorriso e lui ricambia. Ha i capelli rossicci e corti, lentiggini e dei grandi occhi verdi contornati da ciglia lunghissime che rendono il suo sguardo molto seducente. E’ decisamente carino, così decido di parlagli una volta dopo aver sentito il discorso. Innanzi tutto Dave racconta la storia del campeggio, l’organizzazione, le attività usuali, la disposizione dei luoghi come l’area nautica, il campo da corsa, i bungalow e i bagni, la cucina e il campo da paint-ball. Poi passa a spiegare il programma della giornata. Di solito siamo suddivisi in tre squadre, rossi, bianchi e blu, e gareggiamo tra di noi nelle varie attività sportive e culturali proposte, durante tutta la durata del campeggio, e a fine estate si decreta una squadra vincitrice in base ai punti totali raccolti durante le varie attività svolte. Poi ci sono anche giorni come questi, dove le attività sono a coppie.

Tra quindici minuti faremo il maraja, che consiste in attività a coppie ma non scelte da noi, bensì a sorte. Lo svolgimento è questo: sul palco vengono appoggiate due grandi brocche di vetro che contengono ciascuna dei foglietti con un numero corrispondente nell’altra. Siamo centoventidue ragazzi quest’anno, per cui in ogni brocca ci saranno sessantuno bigliettini con il numero scritto sopra, e la persona che pesca un determinato numero farà coppia con quella persona che ha pescato lo stesso numero nell’altra brocca. Dave scende dal palco così da lasciarci qualche minuto libero.

“Come ti chiami?” mi domanda il ragazzo che poco prima mi aveva offerto l’acqua.
Gliela restituisco. “Jo” rispondo “,e tu?”
“Io sono Levi” mi dice lui.
“Non ti ho mai visto” gli dico.
"Nemmeno io” risponde lui “Da quanti anni vieni qui?” mi domanda.
“Da tre, tu?”
Sorride “Io invece da due.”

Poco dopo risale Dave sul palco e posiziona le due brocche alle estremità del palco.

“Adesso, cinque alla volta e in ordine verrete a pescare il vostro numero” inizia a dire “e non voglio che facciate casino perché la persona o partener, se così volete definirlo, che avrete rimarrà quello per tutta la durata del campeggio per i giochi di coppia! Ragione per cui, ripeto, che voglio che siate umani e ordinati, so che potete ragazzi credo in voi” dice lui, facendo salire qualche risa nel pubblico, ma non da me.

Di solito le coppie sono state solitamente a scelta e, durante il trascorso delle attività, cambiavano.  Se erano state formate per maraja almeno si mantenevano solamente quel giorno, non per tutta l’estate. Fatto sta che dopo mezz’ora siamo tutti seduti, di nuovo,  con il nostro bigliettino in mano. Io ho il numero diciassette e nessuno dei ragazzi vicino a me pare avere il mio stesso numero.

“Molto bene ragazzi, la prima prova di oggi sarà trovare la persona corrispondente in mezzo a tutti e poi, dirigervi alle canoe perché, farete canottaggio a coppie!” esclama Dave, e tutti prorompono in un’ acclamazione di gruppo.

Fare cannottaggio non era una cosa da tutti i giorni. Così dopo che lui ebbe dato il via, tutti ci alzammo e fu il caos più totale, persi di vista Anne subito e ogni persona che vedevo non aveva il numero diciassette. Dopo poco più di mezz’ora le coppie iniziarono a dirigersi verso il centro del lago così da lasciare i pochi che non avevano trovato la persona corrispondente indietro, solo che allora loro trovarono il rispettivo compagno, ma io rimasi da sola vicino ai tavoli.

Possibile che non ci fosse un altro diciassette? No, probabilmente lui o lei che sia si sarà già diretto alle canoe sperando di trovarmi li, così inizio ad avviarmici anch’io. Arrivata li mi guardai un po’ in giro sperando di scovare qualcuno disperso o che mi sta cercando, ma invece vidi solo ragazzi intenti a chiacchierare a coppie e a conoscersi l’un l’altro. Nessuno senza coppia, nessuno tranne me. Scorgo Dave vicino alle canoe così mi dirigo verso di lui per domandargli perché fossi l’unica senza coppia. Magari c’era stato un errore con i bigliettini.

“Ciao Dave” lo saluto.
“Ciao” risponde lui “il tuo nome?”
“Sono Jo” gli dico.
“Bene Jo, cosa succede?” mi domanda lui.
“Be, io non ho trovato la mia coppia” gli dico “sono tutti già impegnati e non c’è nessuno tranne me senza partner.”
“Oh capisco, che numero sei?” mi domanda.
“Il diciassette” rispondo. 
Prima che lui possa dire qualcosa, un animatore impegnato a tirare giù le canoe lo interrompe rivolgendosi a me “Diciassette dici?”
“Si perché?”
“Be” risponde lui “Dave quel numero l’ho pescato io e l’ho portato a..” lui si interrompe e mi guarda, poi continua “..a lui” finisce. A lui?
“Ah..” esclama Dave “…lui.” L’animatore annuisce, e io non ho capito chi sia lui.
Dave mi guarda “Vedi, molti ragazzi che sono qui non vorrebbero trovarcisi, e fanno storie. L’altro diciassette è uno di questi, per cui trovalo e… non so, poi vedi tu” lui mi sorride, ma prima che possa replicare lo chiama qualcun altro e lui è costretto ad andare via.

Sono dispersa, come faccio a trovarlo? Il campus è immenso!
L’animatore mi sorride “E’ andato verso i bungalow, prova in quelli maschili del terzo anno, probabilmente è nella sua stanza” detto questo se ne va, e io sono una statua.

Insomma si, sapevo che molti ragazzi mandati qui all’inizio non piaceva l’idea di esserci, ma qualcuno che addirittura si rifiutava di partecipare alle attività e si rintana nei bungalow? E per l’aggiunta un ragazzo abbastanza grandicello da essere, seppur in minima parte, maturo e pensare che così avrebbe occasionato problemi. Ma io cosa posso fare, andare da lui e cercare di convincerlo ad uscire e poi? Senza pensarci più su mi incammino sul sentiero verso i bungalow, trovato quello del terzo anno entro.

“C’è nessuno?” domando.

Ma quanto posso essere idiota? Se mi hanno mandato a cercarlo qui è perché ovviamente qualcuno, vale a dire lui, c’è. Però non ricevo risposta, così passo alle porte e, inizio a bussare una ad una. Non risponde mai nessuno. Busso a quella che mi pare la settima –ormai ho perso il conto- e allora la porta si spalanca, così da farmi indietreggiare per lo spavento. Appoggiato allo stipite c’è un ragazzo molto più alto di me, capelli neri con delle sfumature viola, e un sorriso scherno sul viso. Tralasciando il fatto che è davvero sexy, i suoi occhi, molto verdi, hanno un cenno interrogativo, per cui so che devo iniziare a parlare.

“Io sono Jo” dico. Lui continua a fissarmi, e io mi sento più idiota di prima.
“Michael” dice semplicemente. Poi rientra nella stanza e fa per chiudere la porta, allora reagisco d’impulso e la blocco con una mano.
Lui mi guarda, ancora, e confuso. “Si Jo?” domanda. Mi sento la gola secca, cosa starà pensando adesso. “Ti hanno portato un numero?” gli chiedo.
E lui mi guarda ancora più spaesato.
“Dal maraja” e lui sembra ancora non capire. Prendo il mio e glielo mostro, allora lui mi sorride.
“Si si. Nate me l’ha portato giusto un’oretta fa. Pure il mio è il diciassette” mi dice lui.
“Sei il mio partner allora” dico, e mi mordo subito la lingua visto che lui non sa nulla dell’organizzazione, viste le reazioni alle mie parole di prima. Però al posto di qualche battuta vedo che il suo sguardo è diventato impassibile.
“Partner? Non credi di correre un po’ troppo Jo..?” mi domanda lui, e posso giurare di aver sentito il sangue affluire alle guance.
“Nei giochi, intendo!” ribadisco subito, cosa che lo fa sorridere. Probabilmente starà pensando che sono molto stupida, anche se non sembra.
“Oh, in questo caso allora…” dice, poi incrocia le braccia sul petto e io sono ancora più agitata di prima.

Insomma ma perché? Di solito con le persone mi viene facile fare amicizia, parlare e farmi capire. Invece da quando Michael ha aperto la porta non faccio altro che sentirmi più in imbarazzo ogni secondo che passa.

“Allora.. andiamo?” gli chiedo.
“Dove?”
“A fare canoa” rispondo “, è la prima attività.”
“Um in questo caso mi dispiace ma io passo” dice, e poi rientra in camera.
“Perché?” domando, entrando pure io ma soltanto di qualche passo.
Lui si sdraia sul suo letto e mi guarda. “Perché non sono venuto qui di mia volontà e non parteciperò a quelle stupide attività.”
Comprensibile. “Michael… non posso fare canottaggio da sola.”
“Wow ti sei sprecata con le suppliche” dice lui ironicamente “, quasi quasi e mi convinci sai?”
“Devo passare questa prima giornata con te. Vuoi che stia rintanata qui a guardarti?” questa volta l’ironia viene dalla mia parte.
“L’idea mi alletta molto Jo, sai?” risponde lui.
“Non scherzare. Per piacere?” chiedo.
“Non ti conosco” risponde, e posa di nuovo lo sguardo su di me “Perché dovrei farti un piacere?”
“Per gentilezza magari?” sussurro.
“Aw, in questo caso lasciami dirti una cosa…” il suo tono è diventato dolce “…io non sono una persona gentile.”

E non so perché, ma il tono che ha utilizzato mi ha fatto quasi pensare, che la gentilezza fosse il suo opposto.

   
 
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