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Autore: Shannonwriter    05/07/2014    0 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Quando Alice aprì gli occhi per un momento tutto era come al solito. Come ogni mattina si era svegliata nel suo letto e si sarebbe preparata ad affrontare una nuova giornata. Ma un secondo dopo la consapevolezza la colpì: non era un giorno come gli altri, era il suo compleanno. Si mise a sedere. Era sempre una sensazione strana quella che sentiva ogni anno in quella data. Alice era preparata ad essere trattata con tutti i riguardi, a ricevere sorrisi e regali, e poi come nulla fosse la giornata volava via. Ma questo compleanno era il suo diciottesimo. Quanto tempo aveva passato ad immaginarselo? Quanti progetti ideati con Hartley? Il numero 18 per lei rappresentava la libertà, l'indipendenza. E ora finalmente ci era arrivata. Era ufficialmente adulta. Credeva che avrebbe provato immediatamente un'immensa gioia, che si sarebbe sentita soddisfatta. Ma non era proprio così.
Molte cose erano cambiate nel corso degli ultimi mesi e ora compiere gli anni non rappresentava più questo grande traguardo. Sin da quando era iniziato il nuovo anno scolastico era stata preoccupata della sua eventuale entrata alla Juilliard, non sapeva se era o meno la cosa giusta da fare, se studiare lì fosse più un desiderio suo o quello del padre defunto. La madre condizionava ogni sua mossa, la sua vita non era veramente sua e l'unico vero amico che aveva era Hartley. Ora alcune cose si erano fatte più chiare; era stata accettata alla Juilliard ed era meraviglioso perché avrebbe studiato con i migliori insegnanti e avrebbe passato tutto il suo tempo a suonare e migliorare. Fare la pianista sarebbe stato il suo destino? Forse, era tutto nelle sue mani ed era anche troppo presto per saperlo per certo. Sua madre aveva progressivamente accettato che avesse una vita propria, pur non approvando sempre ciò che ne faceva parte. Ma la donna algida e severa che era comparsa dopo la morte di suo padre si era rivelata più una maschera che la verità. Alice e la madre avevano imparato a parlare invece che urlare e ignorarsi, e soprattutto ad ascoltarsi. Procedevano a piccoli passi ma avrebbero presto ricostruito un bel rapporto, Alice ci sperava tanto. Per quanto riguardava Hartley, l'unica cosa che sapeva era che avevano dei programmi per la giornata, li avevano da sempre, e non importava cosa stava succedendo intorno a loro, se la sarebbero goduta. I sentimenti di Alice verso di lui erano alle volte confusi ma poteva comunque contare sul suo migliore amico.
L'unica ombra su quella giornata era il pericolo che correva. Aveva scoperto molte cose da Jeff circa Wonderland ma ancora non sapeva perché la gente che ce la voleva portare la stesse cercando. Era pazzesco trovarsi in quella situazione. Era arrivata a tagliarsi i capelli per non farsi riconoscere dato che avevano in loro possesso un suo ritratto, e a chiudersi in casa invece di uscire. Aveva avuto paura ed era ancora così ma aveva deciso che per un giorno poteva divertirsi. Chi l'avrebbe mai cercata in un Luna Park? La suoneria del suo cellulare attirò la sua attenzione. Allungò il braccio verso il comodino dove era appoggiato e lo prese in mano. Un messaggio, da Hartley. Buon Compleanno Alice! Ci divertiremo un sacco oggi!
Erano i primi auguri che riceveva ed era felice che fossero i suoi.

La Signora Abrhams già l'aspettava in soggiorno in piedi accanto al divano. Mentre si richiudeva la porta dietro si sé Alice la guardò cercando di interpretare il suo sguardo. Sorrideva, gli occhi sulla figlia forse le brillavano un po'.
 “Buon giorno” la salutò la ragazza.
 “Buon giorno a te Alice e buon compleanno!” rispose la madre offrendole un abbraccio.
Alice se lo prese. Quando le due si staccarono la Signora Abrhams la guardò in volto di nuovo come se cercasse dei cambiamenti rispetto alla sera prima. “Oh, non posso credere che questo giorno sia arrivato così in fretta.”
Alice sorrise “A me non è sembrato così veloce”
 “Per i figli è sempre così. Ma un genitore ha un'altra prospettiva. Sembra ieri che iniziavi la scuola e ora...sei grande”
Alice sospirò. “Non sarai mica triste? È quello che hai sempre voluto, no? Che io finissi il liceo e andassi alla Juilliard.”
La donna annuì. “Si, certamente ma non vuol dire che non mi dispiaccia pensare di perdere la mia unica figlia”
 “Ma quale perdere, mamma! Il college è qui a New York, non sarò lontana” obiettò Alice.
 “Si ma non sarai più sotto questo tetto, sarai sola contro il mondo. Vorrei soltanto poter continuare a vegliare su di te, tutto qui” spiegò la madre scrollando le spalle.
Alice tacque per un po'. Era il solito discorso che le faceva, solo che ora era privo della durezza delle altre volte, rimanevano solo le sue sincere preoccupazioni da mamma. Alice le mise una mano sulla spalla. “Non devi stare in ansia mamma. Andrà tutto bene, non sarò sola” quest'ultima frase non avrebbe dovuto lasciarsela scappare perché stava pensando a Hartley e la madre ancora non aveva una buona opinione di lui, forse non l'avrebbe mai avuta.
Ma la donna si rallegrò. “Ma certo che si, Justin sarà al tuo fianco quando io non potrò” disse. Alice si sentì sprofondare. Già, Justin, quello che aveva lasciato diventare il suo fidanzato. Era inutile girarci intorno, era così e persino sua madre lo riteneva tale. Ma lei non sapeva proprio come portarla avanti una relazione in quel momento, né ricambiava gli stessi sentimenti di Justin. Aveva sbagliato, si era rifugiata dai Van Horten quando si era sentita sola e spaventata e ora questa era la conseguenza. Come avrebbe potuto lasciarlo con delicatezza?
 “Ma ora è tempo del tuo regalo” disse la Signora Abrhams distogliendola da quei pensieri.
La donna si allontanò di poco e prese una scatola grande e sottile che stava nascosta appena dietro la poltrona. Gliela porse. “Per te”
Alice la prese tra le sue mani. Era un po' pesante ma non tantissimo. La scatola era avvolta da carta da regalo rossa con un bel fiocco blu.
 “Grazie mamma. Posso aprirlo?”
 “Devi” rispose la madre pronta ad osservare la reazione della ragazza.
Alice si sedette sul divano e scartò il suo regalo. Sotto la carta riusciva ora a vedere la marca di un computer stampata sul cartone. Le sembrava strano ma una volta liberato del tutto dalla carta vide che aveva proprio ragione, si trattava di un computer. Guardò la madre senza capire. “Mamma, ma io ho già un pc portatile”
La Sig. Abrhams si andò a sedere accanto alla figlia. “Si, ma questo è speciale. Ci puoi registrare la tua musica, leggere e creare spartiti e un sacco di altre cose. È perfetto per la tua nuova vita alla Juilliard.” spiegò.
Alice era incredula di fronte al dono ricevuto. Non sapeva cosa aspettarsi ma questo era davvero bello. “Grazie mamma, non avresti dovuto” riuscì a dire.
 “Oh si, invece. Te lo sei meritato. Hai sacrificato molto per riuscire ad arrivare fin qui, hai studiato duramente e volevo ricompensarti in qualche modo. Naturalmente se avrai bisogno di qualsiasi altra cosa dovrai solo chiedere.”
Aveva senso. Era vero quello che aveva detto sua madre, aveva tanto lavorato per entrare alla Juilliard ma se l'aveva fatto era perchè lei non le aveva mai dato vita facile. Si erano sempre scontrate e certe volte era stato difficile andare d'accordo ma sorprendentemente tutte quelle cose avevano dato un grande risultato. Alice abbracciò la madre. “Grazie davvero.”
La donna ricambiò l'abbraccio in maniera un po' impacciata. Quando si concluse sembrava incerta. “Anche...anche tuo padre sarebbe fiero di te oggi” disse.
Alice non voleva piangere, lui non avrebbe voluto. Sorrise invece, pensando a lui che forse dall'alto la guardava e faceva lo stesso.

-

La Signora Abrhams, come da tradizione, aveva portato la figlia a pranzo fuori, nel loro ristorante preferito in centro. Avrebbero ordinato quello che voleva Alice e alla fine ci sarebbe stata la torta. In realtà la ragazza era già pronta a trascorrere il pomeriggio con Hartley a Coney Island dopo pranzo e non vedeva l'ora che finisse. Non si poteva dire che la madre ne fosse felice, ci erano stati un sacco di sguardi di disapprovazione e sbuffi, ma in definitiva non poteva farci niente. Ora Alice era ufficialmente padrona della sua vita e la decisione di come passare il compleanno era la prima che prendeva autonomamente. L'aveva accettato e almeno questa era una vittoria, si disse Alice.
Dopo aver ricevuto il benvenuto dal metrè, le due donne si fecero condurre al tavolo riservato.
 “Ho una piccola sorpresa per te” disse la Signora Abrhams all'orecchio di Alice.
 “Cioè?”
 “Lo vedrai in un attimo”
Appena mise piede nella sala dove c'era il loro tavolo trovò subito la risposta alla sua domanda. Justin e Anne Van Horten. Erano intenti in una conversazione ma quando videro che Alice e la madre erano arrivate smisero subito e si alzarono.  “Sorpresa!” esordì Anne con voce squillante. “Buon diciottesimo compleanno!”
Proprio non se l'aspettava. La sua faccia era certamente sorpresa, cosa che ci si aspettava da lei in quella circostanza, ma sperava solo che sembrasse piacevolmente sorpresa. Diede un veloce sguardo alla madre che appariva fiera di sé. Non era mai successo che invitasse qualcun altro ai loro pranzi di compleanno, erano sempre e solo loro due. Si affrettò ad andare incontro ad Anne per abbracciarla. “Grazie Anne! Che bello che sei qui” ed era vero, non era così male avere una sua amica lì con lei, il problema era chi le stava vicino.
Posò gli occhi su Justin. “Ciao”
 “Tanti auguri” disse con un sorriso e si avvicinò per baciarla, fortunatamente sulle guance.
 “Grazie anche a te”
Nel frattempo anche la Signora Abhrams si era avvicinata. “Ho pensato ti avrebbe fatto piacere avere qualcuno della tua età a festeggiare con noi” spiegò.
Alice le sorrise. “Sei stata carina” rispose. Certo, avrebbe anche potuto pensare di invitare Hartley già che c'era ma no, solo i Van Horten, perché erano persone di buona famiglia e perché  sapeva della sua relazione con Justin. Ma non voleva avercela con lei, dopo tutto se lui fosse venuto davvero come avrebbe gestito entrambi i ragazzi nella stessa stanza?
 “Molto bene, allora sediamoci” disse la Signora Abrhams.
Alice era riuscita a prendere posto accanto alla madre mentre i due fratelli Van Horten erano dalla parte opposta. Justin non le staccava gli occhi di dosso.
La Signora Abrhams parlò con disinvoltura di come quel giorno fosse importante, del regalo fatto alla figlia e di quanto era emozionata per i suoi studi alla Juilliard. Alice sorrise come ci si aspettava da lei per tutto il tempo ed evitò lo sguardo di Justin. Sperava di non dover affrontare una conversazione imbarazzante proprio nel giorno del suo compleanno. Per ora, mentre erano tutti insieme, era al sicuro.
Mangiarono il primo e il secondo seguiti finalmente dalla torta. Quando entrò portata su un carrello da un cameriere Alice la guardò ammirata. Era una torta a tre piani, quasi come un dolce nuziale, bianco e con graziosi decori a forma di roselline di zucchero. In cima vi era la scritta “Felice 18^ compleanno, Alice!” con diverse candeline intorno, sicuramente tante quanti i suoi anni.
 “Mamma, ma è meravigliosa!” esclamò Alice.
 “Ringrazia Anne, ha voluto dare precise istruzioni al pasticcere su come dovesse essere.”
la ragazza si voltò verso l'amica. “Non avresti dovuto!”
Anne scrollò le spalle. “Non mi hai lasciato organizzare la festa, dovevo pur fare qualcosa per te” disse come se nulla fosse.
Alice le sorrise. Era bello avere un'amica oltre ad Hartley che era pur sempre un maschio.
Procedettero con la consueta canzoncina e alla fine Alice spense le candeline sulla torta soffiando un paio di volte. I Van Horten e la Sig. Abrhams applaudirono brevemente e poi si risedettero per una fetta di dolce ciascuno.
Alice si rilassò, in fin dei conti non stava procedendo così male. Ma dovette ricredersi. Dopo aver a mala pena toccato il suo dolce, la Signora Abhrmas si alzò da tavola e scusandosi si assentò per prendere una telefonata. Buffo, Alice avrebbe giurato di non aver sentito il cellulare squillare ma d'altra parte poteva aver tolto la suoneria. Quello che era davvero buffo però, per non dire sospetto, fu che cinque secondi dopo anche Anne si scusò per andare ai servizi. Forse la madre doveva davvero telefonare ma conoscendo Anne doveva averne approfittato per lasciare lei e Justin da soli.
Nel momento in cui questo accadde Alice si sentì in imbarazzo. Teneva gli occhi fissi sulla sua forchetta e sul pezzetto di torta appena separato da resto.
 “Ti abbiamo rovinato il pranzo?” chiese Justin anche se non suonava tanto una domanda.
Alice si vide costretta a guardarlo. Sembrava incerto, un po' triste anche. “No, certo che no” si affrettò a negare.
 “Tua madre voleva farti una sorpresa, dato che oggi sarai impegnata” aggiunse.
Alice si morse il labbro inferiore. Aveva dovuto chiamare Anne qualche giorno prima per comunicarle che non avrebbe avuto bisogno di una festa poiché aveva altri programmi. Ovviamente la ragazza aveva anche voluto sentire quali fossero questi programmi e quando scoprì che aveva preferito un giro al Luna Park a un party ci rimase un po' male. Alice le aveva spiegato che non c'era nulla di personale e che era stato deciso da anni e alla fine Anne non si arrabbiò. Subito dopo si fece passare Justin per informarlo direttamente della cosa. Al contrario di Anne non aveva fatto trapelare la sua insoddisfazione in maniera così evidente ma non voleva dire che non gli dispiacesse. Probabilmente avrebbe voluto passare almeno una parte della sua giornata con lei dato che era la sua ragazza ma...lei aveva bisogno di una distrazione e di un giorno che fosse esattamente come aveva sempre desiderato. Le serviva Hartley per questo.
 “Non sentirti in colpa” aggiunse Justin. “è il tuo giorno, puoi fare ciò che vuoi” ma ancora non sembrava del tutto sincero.
 “Sei qui adesso e questo è quello che conta, no?” disse Alice cercando di salvare la situazione.
Justin sospirò. “Già. Ho il tuo regalo” disse prendendo una sacchetto di carta da terra. Alice sentì un groppo alla gola. Qualsiasi cosa fosse come avrebbe potuto accettare senza sentirsi in colpa? Stava per lasciarlo e lui aveva appena speso dei soldi per lei.
Lo prese con un sorriso forzato. Guardò nel sacchetto e vi trovò una scatolina incartata con un fiocco azzurro. Aveva l'aria elegante, Alice aveva un paio di ipotesi su cosa fosse ma sperava tanto di sbagliarsi.
 “Coraggio” la incitò Justin. “Non morde, giuro” scherzò facendole l'occhiolino.
La ragazza fece come chiedeva e tirò via il fiocco. Tolse il coperchio e scoprì di aver indovinato. Era una cosa elegante, un gioiello, per la precisione un braccialetto. Era fatto di pietre che immaginò essere Swarowski accompagnati da altre decorazioni in argento, una scarpetta da ballerina, un paio di note musicali, un cuore, un pennello, un quadrifoglio. Era semplicemente bellissimo. Alice guardò Justin piena di stupore. “Justin, mi piace un sacco. Ma non dovevi disturbarti! Andava bene qualsiasi cosa!”
Il ragazzo sorrise. “Sei sempre così modesta. Non si direbbe che sei cresciuta nel lusso.” commentò. “Ad ogni modo non sono bravissimo coi regali ma ho pensato che con un gioiello non si sbaglia mai e ci ho fatto aggiungere dei decori che avessero un significato.”
Alice li osservò ancora, catturata dal loro luccichio.
 “Le punte stanno a simboleggiare la Juilliard dato che è famosa soprattutto per la danza, le note musicali perché tu adori il piano, un pennello per la tua passione per l'arte, il quadrifoglio per portarti fortuna. E il cuore...per ricordarti di me”
Oh wow. Era davvero troppo ora che gliel'aveva spiegato. Alice non trovava le parole per rispondere alla sua ultima affermazione.
 “Alice, so che quello che c'è tra di noi non è ben definito ma sappi che per me sei importante. Il bracciale è solo una piccola dimostrazione di ciò”
Justin aveva parlato col cuore in mano. Alice era ancora incapace di dire qualcosa.
 “Il tuo silenzio sta diventando preoccupante. Che c'è?” chiese Justin mezzo scherzando e mezzo serio.
Alice prese un respiro. “Apprezzo molto il tuo regalo e quello che significa ma...non credo di poterti dare quello che vuoi”
Ecco, l'aveva detto e si sentiva malissimo per averlo fatto. Proprio dopo quel bel momento? Dopo che lui le aveva esposto i suoi sentimenti? Ma non era cattiveria però, era solo ora di essere sincera. La rivelazione prese in contropiede Justin che non rispose subito. Alice si affrettò ad aggiungere qualcos'altro. “Sei una persona fantastica, davvero, e tu a Anne siete diventati degli amici veri per me negli ultimi tempi..”
 “Io ero un po' più che un amico però” controbatté il ragazzo. Era evidente che il tentativo di Alice di risollevare tutto era fallito.
 “Voglio dire, ci siamo frequentati per un bel pezzo e poi dal nulla mi baci e sei a casa mia tutto il tempo, che cosa avrei dovuto pensare?”
 “Hai ragione Justin, è solo che stavo passando un brutto momento e...”
 “E hai deciso di ripiegare su di me? Per quale motivo? Perché il tuo Hartley non era disponibile?” chiese acido.
Fu come una frustata per Alice. “Tra me e Hartley non c'è mai stato nulla, lo sai” disse lentamente senza perdere la calma come invece stava facendo lui.
Justin rise per nulla divertito. “Già, non ancora, non ancora”
 “Senti, capisco che tu sia arrabbiato ma non vuol dire che mi lascerò trattare così da te”
Justin si alzò. “Come vuoi. Passa un felice compleanno Alice” e con questo se ne andò. Il braccialetto era ancora tra le mani di Alice, brillante e splendido.
Anne ritornò proprio mentre il fratello le passava accanto velocemente. “Ehi, dove sta andando?”
Presto avrebbe perso anche lei, era inutile prenderla in giro. “Ci siamo lasciati” rispose Alice in tono neutro.
Anne spalancò gli occhi e tornò immediatamente al tavolo. “Che cosa?? Ma che è successo? Non ti è piaciuto il bracciale?” chiese posando lo sguardo su di esso.
 “No, ovviamente non è per questo. Anzi credo dovresti ridarglielo” rispose Alice avvicinandolo a Anne. La ragazza rimase interdetta, incerta se prenderlo o meno. Non lo fece. “Aspetta, aspetta, forse si è trattato solo di un'incomprensione, succede no?” chiese aggrappandosi a una piccola speranza.
Alice scosse la testa. “No, mi dispiace”
L'espressione scioccata di Anne non accennava ad andarsene. “Non capisco, che cosa ti ha fatto?”
Era carina a suggerire che fosse stato lui a causare la rottura ma presto avrebbe preso le parti del fratello.
 “Nulla, è solo che non siamo innamorati” cercò di spiegarle.
A queste parole Anne si fece meno comprensiva. “Non è vero. Lui ti ama” affermò sicura.
Alice sorrise della sua ingenuità. “Stavamo insieme da troppo poco, Anne, di certo gli piacevo molto ma da qui all'amarmi...”
Anne sbuffò e apparve pensierosa. “Pensala come vuoi, ma lui ci teneva un sacco. Il problema ce l'hai tu ” si arrese. Andò al suo posto e prese la borsetta e un pacchetto.
Glielo diede. “è il tuo regalo” disse. “Salutami tua madre” e anche lei si allontanò lasciando Alice da sola.
Non c'era più niente che potesse dire o fare per farla restare. Aveva ottenuto quello che voleva all'inizio, il pranzo a due con sua madre che facevano sempre, solo un po' troppo tardi e a caro prezzo.  Tanto valeva aprire il regalo che le aveva fatto. Era una cornice con dentro una foto delle due ragazze scattata la sera in cui si erano conosciute, alla festa. Avrebbe mai trovato un modo per preservare la loro amicizia anche se non stava più con Justin?
 

La Sig. Abhrams rimase un po' delusa nel non trovare più i Van Horten al loro tavolo ma Alice salvò la situazione spiegando che erano dovuti scappare a causa di un contrattempo. La donna ci credette per fortuna e ritornarono a casa. Una volta davanti al palazzo Alice vide con sua sorpresa che Hartley era lì. Non le piaceva molto l'idea di lui e sua madre che si incontravano ma a quanto pareva avrebbe dovuto superare anche questo.
Non appena scesa dall'auto Alice gli sorrise e lui fece lo stesso. Si vedeva che anche lui non vedeva l'ora di andarsene da lì. A quel punto anche la Signora Abhrams si fece vedere e gli riservò il solito sguardo di sufficienza. Certe cose non cambiavano mai. “Hartley” lo salutò.
Il ragazzo fece una specie di inchino. “Signora Abrhams. È splendida quest'oggi”
Alice si trattenne dal ridere. Era tipico di Hartley comportarsi in maniera esageratamente ossequiosa con lei, un po' per dimostrarle che era una persona a posto e un po' per essere buffo. In questo non falliva mai.
 “Lo dici ogni volta” commentò la donna per nulla impressionata.
 “Perchè è la verità” disse Hartley deciso.
 “Va bene, va bene. Alice, devi prepararti, non vorrai uscire così?” si rivolse alla figlia riferendosi al vestito fin troppo formale che aveva indossato per il pranzo al ristorante.
 “Hai ragione, ci metto un attimo” disse a entrambi.
 “Voi donne non ci mettete mai 'un attimo'” commentò Hartley sarcastico mimando delle virgolette con le dita. “E io che faccio nel frattempo?”
 “Forse non avrebbe dovuto arrivare in anticipo...” sussurrò la Signora Abhrams ma non abbastanza piano da non farsi sentire.
 “Ehm, potresti aspettare di sopra mentre mi cambio” suggerì Alice, consapevole subito dopo che le parole erano uscite dalla sua bocca che stava giocando col fuoco. Hartley non era mai, mai entrato in casa sua.
Come previsto la madre assunse un'espressione indignata. “Alice, non mi sembra il caso...”
 “Con molto piacere!” rispose Hartley entusiasta tagliando di netto le obiezioni della donna. Come poteva rifiutare un'occasione per farla irritare?
 “Bene! Allora andiamo!” disse Alice senza dare il tempo alla madre di aggiungere altro. Forse dopo tutto se la sarebbe cavata, era pur sempre il suo compleanno e aveva il diritto di avere qualcosa che voleva.
La salita in ascensore fu imbarazzante da parte della Signora Abrhams che non si trovava a suo agio in uno spazio tanto ristretto insieme alla figlia e a Hartley che per tutto il tempo le faceva boccacce cercando di non farsi beccare dalla donna. A sua volta Alice trovava sempre più difficile non ridere.
Arrivati al piano la Signora Abhrams entrò in fretta in casa e allo stesso modo si dileguò nel suo studio, raccomandando nel mentre alla figlia di offrire da bere al suo amico se lo voleva. Anche nella sua antipatia verso di lui la donna ci teneva comunque ad essere educata. All'ultimo secondo prima di chiudere la porta dello studio, aggiunse di rimanere entrambi  in soggiorno.
Finalmente Alice poteva abbandonarsi a una risatina e Hartley la guardò divertito. “Davvero non sono il benvenuto in camera tua? Perché sarei curioso” chiese.
Alice scrollò le spalle “Devo comunque cambiarmi quindi tu puoi stare qui nel frattempo ma quando avrò finito te la mostrerò.” rispose.
 “Ottimo. Non mi offri da bere ora?”
Alice rise. “Ma certo! Che padrona di casa sarei se no?”
Andò verso la cucina con Hartley al seguito che a ogni passo si soffermava su un nuovo dettaglio dell'arredamento.
Alice aprì il grande frigo. “Allora abbiamo acqua naturale, succo d'arancia, vino bianco e uno strano frullato di esclusiva proprietà di mia madre. Scegli”
 “Vino bianco, prego”
 “Come no!! A mia madre verrebbe un infarto se ti vedesse e dopo saresti bandito da qui a vita!”
 “Ah, non lo so. Direi che ha fatto un grosso passo avanti lasciandomi entrare in casa tua. Avevi detto che si comportava meglio ma ora ci credo anch'io.”
Alice sorrise prendendo il succo d'arancia dal frigo. “è così, davvero. Saranno i diciott'anni.”
 “Giusto, come ci si sente?” chiese Hartley appoggiandosi casualmente al tavolo della cucina.
 “Come sarebbe a dire? Dovresti saperlo, non li hai compiuti molto tempo fa” rispose Alice.
Hartley aveva diciannove anni e andava per i venti, non era poi così vecchio da non ricordarselo.
 “Si ma magari per te è diverso. Sei una femmina”
Alice posò un bicchiere sul tavolo insieme all'apposito sottobicchiere. “Ah, grazie di averlo notato!” disse scherzosa.
Anche lui ridacchiò. “Voglio dire, è tutto quello che ti aspettavi? Ti senti già più libera?”
Alice tornò un po' più seria. “Ci stavo pensando stamattina appena sveglia. Non so, alla fine è solo un giorno, sai? Delle cose sono cambiate ma è successo prima, non è il numero 18 che ha modificato la mia vita come per magia.”
Hartley annuì. “Mi sembra sensato. Ma la giornata non è ancora finita. Aspetta a dire che è solo un giorno, perché sarà speciale!” disse il ragazzo sicuro di sé.
 “D'accordo, mi fido di te. Sarà meglio che mi sbrighi a prepararmi allora. Resta qui o in soggiorno, ci metto poco” disse lasciando la cucina.
 “Le ultimi parole famose!” urlò Hartley facendola ridere ancora una volta.



Note: come avevo già annunciato questo è tutto per ora. è l'ultimo capitolo che ho scritto e devo dire che sono abbastanza soddisfatta, ci avevo lavorato un pò. Mi dispiace molto di non poter continuare, spero di poter concludere la storia prima o poi. Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto :)
 

   
 
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