Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Gio_Snower    06/07/2014    0 recensioni
[KasamatsuxKise] [dedicata a @tobioammazzati su twitter]
Kasamatsu è un testardo e lo sa bene.
E' irascibile e lo sa bene.
E sa bene che dovrà star dietro a quell'idiota del suo Kohai: Kise.
Eppure conosce bene anche il valore di Kise così come la sua arroganza e la sua completa disponibilità.
E come dovrebbe reagire allora quando Kise gli ruba un bacio? Quel Kohai strafottente che, ne è sicuro, vuole solo prendersi gioco di lui.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Idiota
 


Uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo.
Giovanni Bosco, Il sistema preventivo nell'educazione della gioventù


 
«Deficiente!» urlò calciandogli la schiena violentemente «Che cazzo ti piangi?!»
Vedere le lacrime negli occhi quel buffone che aveva sempre sorriso strafottente lo faceva incazzare.
Come avrebbe potuto sorridere di nuovo con quel suo fare arrogante se s'era messo a piangere come una femmina qualunque per aver perso?
Dov'era la sua dignità di uomo? Come Capitano non poteva permettergli di insozzarsi né di dare occasioni di scherno verso l'Asso della squadra, cioè lui.
«Ouch!» esclamò Kise, dopo aver ricevuto i calci. 
Kasamatsu lo guardò in cagnesco.
«Anzi,» gridò «il fatto che tu non abbia mai perso mi fa incazzare ancora di più!! Ti prenderò a calci!!» lo minacciò, continuando a tirargli dei violentissimi calci, attento però a non fargli troppo male, ma un male moderato. 
Sarebbe stato stupido se il Capitano avesse danneggiato l'Asso della squadra perché arrabbiato.
D'altronde, con un Asso idiota e frivolo come il loro, non in molti gli avrebbero dato torto.
«Per situazioni del genere, farai meglio ad aggiungere la parola “vendetta” al tuo dizionario!» lo rimproverò tirandogli un pugno d'avvertimento sulla spalla.
E Kise lo guardò come se fosse pazzo.
Sentì la seconda vena spuntargli sulla testa e l'aura dell'istinto omicida conquistarlo.
Sospirò, cercando di ritrovare la calma ed andò a fare il saluto e l'inchino, così da poter andare a casa e riflettere.


Tutti se ne erano già andati, o almeno così la pensava Kasamatsu, mentre leggeva i dati delle partite precedenti. 
Era seduto sulla panchina dello spogliatoio, davanti ad armadietti di un grigio uniforme, ed indossava solo un paio di boxer.
«Mi dispiace.» disse una voce piena di rammarico.
Kasamatsu alzò la testa e vide Kise.
La sua faccia contrita e la sua espressione triste, fin troppo triste per una partita di basket, eppure lo capiva.
Aveva capito molto tempo che Kise non era frivolo come sembrava né pazzo, sebbene gli mancasse di certo una qualche rotella, probabilmente sostituita da qualche tipo di potere speciale che lo faceva apparire figo agli occhi delle ragazze.
«Deficiente!» urlò nuovamente, improvvisamente arrabbiato con lui «Con le tue scuse stai insultando la squadra!»
«Ma è colpa mia se...» provò a protestare Kise. Kasamatsu si alzò e lo buttò a terra con uno spintone, poi si sporse verso in basso per incontrare i suoi occhi. 
«Non è colpa tua! Siamo una squadra e tu, stupido idiota, ti stai dando troppa importanza! Coglione!» lo fissò malamente.
Possibile che non capisse? 
E lì, per la prima volta, Kise gli raccontò il suo passato alla Teikou e dei suoi compagni di squadra, e per la prima volta capì.
Ascoltò pazientemente tutto il racconto, con le braccia incrociate mentre stava seduto a gambe divaricate sulla panchina, e Kise a terra raccontava con fare triste e sconsolato, serio ed amaro.
Alla fine non poté più trattenersi.
«Siete tutti degli imbecilli!» urlò. «Possibile che non capiate che il basket è un lavoro di squadra?! E voi sareste dei “geni”?! Mi fate ridere!» 
Kise lo guardò sorpreso per poi scoppiare a ridere.
«E te che cazzo ridi, deficiente?!» disse fulminandolo con lo sguardo per poi tirargli un pugno sulla testa. «Ma io ti pesto a sangue!»


Era arrivato il momento, una partita che aspettava da una vita.
Era il suo momento per redimersi, per dimostrare ed arrogarsi il diritto di essere un vero Capitano.
Si sentiva stranamente carico, invece che teso come s'era sempre aspettato. 
Arrivò Kise ad avvisarlo del tempo e si ritrovò a confidarsi con lui.
Non si domandò il perché, non era la prima che si confidavano a vicenda delle cose sul loro passato, Kise gli aveva raccontato del suo stesso passato alla Teikou e non solo, quel ragazzo aveva un qualcosa che ti portava al parlargli, parlargli delle tue paure, delle tue aspirazioni, dei tuoi sogni.
Ci sembrò riflettere un po'.
«Bé,» iniziò Kise con espressione seria e calma «a me basta vincere con Aominecchi.»
«Capisco.» rispose.
Una volta Kise gli aveva parlato di Aomine Daiki.
Gli occhi gli brillavano in quel momento, carichi di voglia di vincere, di un brillio animalesco e di un qualcosa simile all'attesa.
La sua voce, mentre descriveva il loro rapporto, vibrava di emozioni represse simili alla rabbia ed all'ammirazione.
Era come se Aomine fosse stato l'idolo e l'obbiettivo di Kise; e, forse, era davvero così.
«E...» disse voltandosi «Vincerò, a qualsiasi costo.»
«Ok.» rispose alzandosi con un sorriso.
“Grazie” pensò, ma non lo disse.
Non voleva cambiare il suo rapporto con Kise. 
Sorrise di sé stesso e di quegli inutili pensieri.
Da quando gli importava? Ora era l'ora di concentrarsi solo sulla partita.



C'è una cosa che non ha mai detto a Kise e che forse non dirà mai; ha fiducia in lui.
Kasamatsu ne parla con gli avversari che sottovalutano Kise, non capisce come osino anche solo dire che Kise non è all'altezza dei suoi ex compagni  di squadra.
Lui lo vede in lui, vede quel “genio” tanto chiacchierato che contraddistingue i giocatori di quella squadra, ci vede il talento più puro.
Anche se su una cosa hanno ragione i suoi avversari, Kise è arrogante.
Per questo non può far altro che ammirarlo, ammirare la sua avidità, il suo sincero comportamento: lui vuole vincere. 
Ma non può fermare il pugno od il calcio di rabbia per rimproverarlo perché d'altronde non è consono dimostrarlo, no? Ed un po' quella rabbia, lo sa, è suscitata dall'invidia di non poter dirlo lui stesso.
Ora lo vede lì, steso a terra, ricoperto di sudore.
Ha fatto del suo massimo, per ora.
Dopotutto lui non lo sa, ma sta ancora crescendo. 
E questo è spaventoso pure per un genio come Aomine. Pensa Kasamatsu.
Abbiamo perso. E' il suo pensiero successivo.
«Senpai...io...» la sua voce incrinata e piena di dolore, la sua espressione sull'orlo delle lacrime, tutto questo gli fa stringere il cuore in una morsa.
Oh, al diavolo! Non c'è niente da piangere, specialmente lui non dovrebbe farlo né dovrebbe scusarsi! 
Lo tirò su e lo portò a far il saluto.

Negli spogliatoi si sfoga, da solo.
Urlò il suo dolore, la sua rabbia, la sua frustrazione.
Perché abbiamo perso?! Pensò. 
La cosa gli fa rabbia, una rabbia incredibile, e l'unico pensiero che lo aiuta è quello di Kise.
Lui e la sua crescita. Lui è l'orgoglio della squadra.
Dovremo allenarci. Pensò con le lacrime che gli rigavano il volto e  con la gola che bruciava.


«Senpai, stai davvero bevendo del latte con la cioccolata?» chiese Kise. 
«Sì.» rispose con tranquillità. Perché tutti si stupivano sempre? 
Il latte fa crescere.
Kise ridacchiò e Kasamatsu s'arrabbiò.
«E tu allora?! Cosa bevi di solito?!» gli urlò contro.
«Caffè nero.» rispose Kise alzando le spalle.
Kasamatsu lo guardò, sbigottito. 
Caffè nero, una cosa da “adulti”, una cosa “figa”.
Lui l'aveva sempre odiato quel caffè, era troppo amaro.
«Idiota!» urlò tirandogli un pugno sulla spalla. «Bere latte è mille volte meglio! Ti aiuta a crescere!!»
Kise lo guardò con uno scintillio negli occhi. Era più alto di lui.
Questo fece solo arrabbiare di più Kasamatsu. 
Sospirò, e si risedette sulla panchina dove era seduto.
Kise prese il suo caffè nero dalla macchinetta e gli si sedette accanto. 
«Ti fa davvero così schifo, Senpai?» gli chiese.
«Sì, il suo sapore è troppo amaro.» rispose con un broncio l'altro, pronto ad essere preso in giro.
«Uhm» disse saggiandosi le labbra Kise «forse hai ragione.» 
E poi fece una cosa inaspettata. 
Kise si sporse verso di lui e lo baciò. 
Kasamatsu era troppo shoccato per dire anche solo una parola o per far qualcosa.
Kise si staccò e leccandosi le labbra disse: «Ora ho il gusto del tuo latte e cioccolato in bocca.» e sorrise.
Kasamatsu abbassò la testa, livido di rabbia.
Come osava prendersi gioco di lui?! 
Gli tirò un pugno e se ne andò, pieno di rabbia e con il volto arrossato dall'imbarazzo. 


«Chi c'è ancora a queste ore--- Senpai?» domandò Kise sulla porta della palestra.
Kasamatsu si fermò dal palleggiare. 
Era tutto sudato e con il fiatone. 
«Ah, è davvero tardi... Vai tranquillo, chiudo io.» rispose rendendosi conto che si era già fatta sera.
Aveva perso il senso del tempo mentre si allenava.
Kise appoggiò a terra la borsa e si piazzò davanti a lui.
«Un uno-contro-uno, poi andiamo a casa insieme, no?» lo sfidò con quel sorriso strafottente ed affascinante.
Kasamatsu si arrabbiò e partì.
Cinque minuti dopo aveva perso, anche se per poco.
Ed ora era lì sul pavimento ansante e ricoperto di sudore.
«Sei davvero forte, Senpai!» si complimentò con lui Kise.
«Tch, deficiente!» lo insultò alzandosi dal pavimento.
«Va a lavarti, Senpai. Io intanto metto a posto e chiudo. Ti aspetto.»
Kasamatsu si alzò ed andò a farsi la doccia ed a vestirsi.
Quindici minuti dopo era fuori dalla palestra con Kise.
Si avviarono versa casa nel buio della sera.
«Posso venire a casa tua oggi?» gli chiese Kise sussurrandogli nell'orecchio.
Un brivido sconquassò tutto il corpo di Kasamatsu.
Gli tirò una gomitata nello stomaco. 
«Solo se non fai niente di strano.» lo avvisò, memore di quel bacio.
Kise ridacchiò.
«Ci proverò, ma non prometto niente, Senpai.» 
Kasamatsu arrossì leggermente. 
Che diavolo...

Ma Kise aveva mantenuto la sua promessa e non aveva fatto niente di strano.
Kasamatsu prese la chitarra ed iniziò a suonare delicatamente un motivetto    che aveva sentito alla radio; una canzone d'amore che probabilmente era la colonna sonora di qualche film sdolcinato pieno di cliché.
Kasamatsu chiuse gli occhi.
Kise si svegliò e lo osservò stupefatto.
Si mise ad ascoltarlo senza fare un solo rumore.
Alla fine Kasamatsu riaprì gli occhi ed arrossì imbarazzato vedendo che l'altro lo stava ascoltando.
«Sei davvero sorprendente, Senpai!» lo lodò Kise.
«Smettila, idiota!» 
«Di fare cosa?» gli chiese Kise avvicinandosi a lui.
«Non prendermi per il culo! Coglione!» urlò arrabbiato Kasamatsu appoggiando la chitarra.
Kise lo raggiunse e lo fermò, intrappolandolo con le braccia al muro.
Un sorriso arrogante gli incurvava le labbra.
Kasamatsu gli stava per tirare una gomitata, ma l'altro si abbassò e lo baciò.
Un bacio rubato, una seconda volta.
Kasamatsu gli tirò una ginocchiata in mezzo alle gambe. 
Il volto completamente arrossato e tremante dalla rabbia e dallo sconvolgimento. 
«Ti ci vogliono ancora duemila anni! Imbecille!» urlò, sperandolo, ma il suo cuore nel frattempo non smetteva di battere velocemente né il suo rossore spariva.
Scappò in bagno e, dopo essersi un po' calmato, si vide allo specchio.
«Merda...» sussurrò, finalmente consapevole.
Ritornò da Kise e gli tirò un pugno sul braccio. 
«Se stai giocando con me, sappi che ti farò a pezzetti e ti darò in pasto ai cani, idiota.» gli disse fissandolo negli occhi completamente in imbarazzo.
Kise lo agguantò e lo strinse a sé ridacchiando.
Era davvero felice.
«Non lo farei mai, Senpai.»
Oh bé, va bene così, no? Pensò Kasamatsu allora. 
Non aveva possibilità di scappare da Kise. Lo aveva sempre saputo. 
Però una cosa era certa: si sentiva proprio un'idiota.
   
 
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