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Autore: Death Lady    06/07/2014    3 recensioni
Poco dopo la morte di Sherlock, Molly riceve una visita da parte del maggiore dei fratelli Holmes, Mycroft. Le porta da firmare un accordo di riservatezza che le permetterà di tenere il lavoro al Bart’s, nonostante abbia falsificato la cartella clinica di un corpo. Molly, contro ogni previsione di Mr. Governo Inglese, si arrabbia.
[–Cosa sono?– domandò lei con tono circospetto.
–Un accordo di riservatezza. Metterà nero su bianco la sua dichiarazione e noi provved-
–Lei crede ... lei crede davvero che serva un accordo di riservatezza per farmi stare zitta? Crede seriamente che andrei in giro a raccontare a qualcuno di … questo?– disse indicando il cadavere.]
Pochi giorni dopo si reca al cimitero per far visita alla tomba di Sherlock dove troverà una sorpresa ad aspettarla.
[Una mano ossuta e grande le si posò sulla testa, che in quel momento era a meno di un metro da terra visto che la donna si era accovacciata. –Molly Hooper– disse il proprietario della mano, con una voce bassa e calda. L’anatomopatologa si voltò e, forse per la sorpresa, forse per lo spavento, trattenne il respiro sbarrando gli occhi umidi di lacrime. –Molly Hooper, non pensarlo neanche per scherzo–]
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fedele

 

Era strano da pensare, anche per lei a volte, ma l’obitorio era l’unico posto dove riuscisse a mettere in ordine i pensieri. Forse perché era la sala d’ospedale dove da piccola s’era rintanata a piangere quando aveva scoperto che sua madre era morta, o forse perché era il luogo dove aveva detto addio a suo padre; non lo sapeva nemmeno lei.
–Dottoressa Hooper, la ringrazio per essersi messa a disposizione del Governo Inglese–
La voce di Mycroft Holmes emerse dal fondo della stanza, interrompendo il silenzio in cui Molly si era rintanata.
Era accanto alla finestra con la testa poggiata sul vetro freddo. Aveva appena finito di preparare il cadavere che di lì a poche ore sarebbe stato sepolto sotto il nome di Sherlock Holmes. Non riusciva a guardare quel corpo, quel viso. Gli assomigliava così tanto, anche grazie al trucco, che per fino lei che sapeva la verità aveva tremato quando l’aveva visto per la prima volta.
–Come sta?– chiese lei, distogliendo lo sguardo dal panorama grigio che offriva il cielo di Londra e puntandolo sul minore dei fratelli Holmes, a cui ovviamente non era rivolta quella cordiale domanda.
Mycroft aveva il viso tirato e pallido, l’aria stanca. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, perfino lui era stressato da quella storia della finta morte di suo fratello. Avevano organizzato tutto nei minimi dettagli, ma aver incontrato John Watson che gridava e urlava contro la sua persona accusandolo di aver tradito l’unico fratello che aveva mai avuto, lo aveva sfinito sia fisicamente che mentalmente. Magari avevano fatto male a tenere l’ex militare fuori da tutta questa messinscena ma, dopotutto, era anche per il suo bene se non sapeva la verità e poi, ora come ora, metterlo davanti ai fatti compiuti sarebbe stato controproducente. Non era mai stato devastato tanto da un’emozione. Forse in quel momento provava rimorso? Non lo sapeva, non voleva saperlo. “Mycroft Holmes non prova emozioni” pensò tra sé e sé.
–Lui sta bene– rispose dopo un po’ indossando uno dei suoi falsi sorrisi –È solo grazie a lei se … –
–Quando tornerà?– lo interruppe l’anatomopatologa avvicinandosi al tavolo dov’era steso il finto cadavere dell’uomo che più di tutti contava nella sua vita. Dopo suo padre, era stato la figura a cui rivolgersi nei momenti di bisogno, anche se questi le rispondeva con frasi schiette e anche offensive, o non le rispondeva affatto.
Anche lui si avvicinò al tavolo operatorio, evitando accuratamente di posare lo sguardo sul viso del cadavere.
–Miss Hoop-
–Non sono una “Miss”, Signor Holmes– lo corresse dura, facendo spuntare sul volto dell’uomo un’espressione di fastidio.
–Mio fratello sta bene e tornerà a Londra non appena avrà terminato di fare quello che sta facendo–
–Quando?– non avrebbe dovuto insistere, sapeva bene com’era la pazienza, o forse era meglio chiamarla tolleranza, degli Holmes verso tutti i “comuni mortali”; tuttavia non poteva trattenersi, il pensiero che lui potesse essere da qualche parte da solo, senza nessuno con cui parlare e probabilmente ferito, le metteva ansia.
–Appena finito, Dottoressa Hooper– rispose secco per poi, come da suo solito, cambiare argomento –Sono passato per farle firmare questi– disse mostrandole dei fogli che teneva in mano, di cui lei in un primo momento non si era nemmeno accorta.
Molly passò lo sguardo da lui, ai fogli, per poi ritornare su di lui.
–Cosa sono?– domandò lei con tono circospetto.
–Un accordo di riservatezza. Metterà nero su bianco la sua dichiarazione e noi provved-
–Lei crede ... lei crede davvero che serva un accordo di riservatezza per farmi stare zitta?– lo aggredì lei guardandolo con occhi pieni di rabbia, allontanandosi come se Mycroft avesse appena preso fuoco. Quei giorni erano stati stressanti per lei, la notte non dormiva, il giorno non riusciva a mangiare e quella proposta, che in un momento di calma e lucidità le sarebbe parsa anche ragionevole e, sicuramente, dettata dalle più buone intenzioni, in quel momento le parve solo un affronto. –Crede seriamente che andrei in giro a raccontare a qualcuno di … questo?– disse indicando il cadavere.
–Sono solo form-
–Li ha visti gli altri? Ha visto John? Ha visto com’erano distrutti? Crede davvero che solo per il mio ego potrei fare una cosa del genere?– urlò.
–Miss Hooper per favore si-
–Non sono una Miss, Signor Holmes– lo corresse di nuovo, questa volta con voce più alta –Ho fatto una promessa a Sherlock, direi che come garanzia basta. Non le servono di certo le sue capacità deduttive per capire quanto gli sia fedele. Direi che è piuttosto evidente–
Mycroft la guardò con un’espressione stupita. Aveva sempre visto Molly Hooper come una dolce, gentile e riservata anatomopatologa, non si sarebbe di certo aspettato una reazione del genere da parte sua. Prese un grosso respiro e la guardò, anche con un pizzico di irritazione.
–Ha ragione, Dottoressa Hooper. È fin troppo evidente il suo amore per mio fratello– disse –Ciononostante lei è tenuta a firmare questi documenti se non ci tiene perdere il suo lavoro ed essere trasferita da qualche altra parte– disse porgendole i documenti come se non avesse detto nulla di troppo grave –Tornerò tra poche ore, spero che lei prenda la decisione giusta, Dottoressa– concluse andandosene.
 
 
 
 
****
 
 
 
 
La Dottoressa Hooper ha firmato l’accordo. MH
 
Ci hai messo tanto. SH
 
È una persona difficile da convincere. Specialmente quando si parla di te. MH
 
È Molly. SH
 
 
 
 
****
 
 
 
 
La pioggia bagnava le strade asfaltate di Londra cadendo con violenza giù dal cielo, quasi volesse lavare le strade e i marciapiedi da tutto lo sporco che le incrostava. “Dovrebbe lavare via me” pensò Molly Hooper, mentre camminava sotto il suo piccolo ombrello lilla, in direzione del cimitero. Non ci era mai andata, nemmeno al funerale. Sarebbe stato solo da ipocriti presentarsi lì a far finta di piangere la morte di Sherlock accanto a chi lo credeva morto davvero.
Sulla lapide di marmo nero, nessuna scritta o foto faceva compagnia al nome del brillante detective. A pensarci bene, era proprio in stile Sherlock: a lui non piacevano le frivolezze sdolcinate. Si fermò lì davanti.
–Ciao Sherlock– disse posando una mano sulla lapide e dandosi subito della stupida.
–Sono sicura che se tu fossi qui mi diresti che parlare a uno stupido pezzo di marmo è una cosa sciocca e inutile, un modo per sprecare il tempo che, invece, è fondamentale nelle nostre vite– cominciò lei con voce tremante e un leggero sorriso –Ma devo farlo. Devo parlarti e questo è l’unico modo che conosca– fece un respiro profondo per mantenere il controllo sulla sua voce, mentre dietro di lei i cespugli si muovevano –L’altro giorno è venuto tuo fratello al Bart’s, ma probabilmente tu questo lo sai già. Sai sempre tutto … Comunque, tuo fratello “Mr. Governo Inglese” mi ha portato un accordo di riservatezza da firmare. Capisci, Sherlock? Un accordo di riservatezza, come se io potessi mai tradire una promessa fatta a te– sorrise con amarezza –Non avevo mai pensato che tu potessi avere ragione nei confronti di Mycroft, sinceramente ho sempre pensato a una specie di rivalità tra fratelli ma dopo oggi condivido appieno tutto quello che pensi di lui: mi ha minacciata dicendo che se non avessi firmato avrei perso il lavoro al Bart’s. Io non posso perdere il lavoro, Sherlock. Amo fare il mio lavoro e … e soprattutto amo stare lì con te. Se perdessi il lavoro sono sicura che tu non … – le scappò un singhiozzo e le lacrime cominciarono a bagnarle il viso –Sono sicura che se perdessi il lavoro tu non verresti più da me, non verresti più a trovarmi e io non potrei vivere senza di te. Quindi, Sherlock, per favore … per favore torna presto. Io … –
Una mano ossuta e grande le si posò sulla testa, che in quel momento era a meno di un metro da terra visto che la donna si era accovacciata. –Molly Hooper– disse il proprietario della mano, con una voce bassa e calda. L’anatomopatologa si voltò e, forse per la sorpresa, forse per lo spavento, trattenne il respiro sbarrando gli occhi umidi di lacrime. –Molly Hooper, non pensarlo neanche per scherzo–
L’uomo di fronte a lei le porse una mano e l’aiutò a rialzarsi, mentre lei lasciava cadere per terra l’ombrellino lilla e si rifugiava tra le sue braccia, che l’avvolsero e le fecero rifugiare il viso nel petto muscoloso, mentre i singhiozzi la scuotevano violentemente.
–Non pensarlo neanche per scherzo. Verrei sempre a trovarti– le disse cullandola e accarezzandole la testa con movimenti circolari, mentre nascondeva il naso nei capelli di lei che in quel momento profumavano di pioggia e vaniglia.
–Sei tornato– disse contro il tessuto del suo pregiato cappotto, dopo un po’.
L’espressione rassicurante e forse anche felice di Sherlock vacillò –Non sono ancora effettivamente in missione. Mi dispiace, Molly, ma questo è solo l’inizio. Ci vorrà tempo– disse con tono grave. La sentì stringersi a lui ancora di più, per poi allontanarsi in modo tale da guardarlo in viso.
Era pallido, gli occhi cerchiati di nero come se non dormisse da giorni, lo sguardo triste. Sembrava solo. Gli occhi le si riempirono di lacrime ancora di più.
–Non preoccuparti– le disse, capendo il pensiero che aveva appena formulato come se le potesse leggere la mente. E forse, si disse, Sherlock poteva farlo.
Sollevò una mano e la poggiò sulla guancia di lui bagnata di pioggia, che li stava infradiciando da capo a piedi vista la mancanza di ombrelli, anche sotto quello strato di acqua gelida, la sua pelle era calda e liscia.
–Non trascurarti così. Londra ha bisogno di te– disse.
Sherlock sorrise –In realtà Londra se la caverà benissimo senza di me, sebbene il tasso di criminalità salirà del 10% in poco più di un mese e mezzo. Sei tu che hai bisogno di me– la corresse lui, facendola arrossire. –Mi dispiace tanto di non poter tornare subito. Non sai quanto mi manchi tutto quanto: Londra, Baker Street, John, Miss Houdson e … tu– disse stringendola a sé, bisognoso di un contatto fisico.
–Io rimarrò ad aspettarti, Sherlock. Tutti noi aspetteremo il tuo ritorno– lo confortò lei, facendogli una carezza sulla guancia e puntando gli occhi nelle iridi blu-grigio-verde che le stavano di fronte.
–Grazie– Si chinò piano piano su di lei, mantenendo il contatto visivo, facendo infrangere i loro respiri l’uno su l’altro e avvicinando sempre di più il suo viso spigoloso, triste e malinconico a quello di lei che era dolce, gentile e allo stesso modo distrutto dall’infelicità che quei giorni avevano portato con loro; poi la baciò. Un bacio dolce, pieno di tristezza, significato, dolcezza e promesse. Promesse di un futuro, promesse di una felicità, promesse per un tempo che prima o poi sarebbe arrivato e che, in un modo o nell’altro, avrebbero passato insieme. Molly portò una mano tra i capelli di lui, stringendoli e saggiandone la morbidezza come avrebbe voluto fare tante altre volte. Si staccarono solo per necessità d’aria e rimasero a fissarsi negli occhi, con le fronti appoggiate.
–Questo sì che avrebbe bisogno di un accordo di riservatezza– sussurrò Molly dopo un po’ con un tono tra il divertito, l’emozionato e il triste, facendo scappare un sorriso al consulente investigativo.
–Non farti sentire da Mycroft–
   
 
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