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Autore: Dama degli Intrighi    06/07/2014    2 recensioni
“Vi ringrazio per essere entrati nel mio blog e perché mi state leggendo.
Ah, vi do anche il benvenuto e vi ringrazio ancora. Io sono -Invisible Girl-, non dico il mio nome perché forse sono troppo timida o sono semplicemente stufa della mia condizione; questo lo lascio decidere a voi. Non sto cercando di fare la solita persona interessata di gossip, sbandierando a tutti i segreti delle persone più in vista.
Ho iniziato a scrivere questo blog perché cerco un amico, un amico che mi possa aiutare…”
[...]
-Invisible Girl- “Sapete come possono essere duri i giovani di oggi con gli altri loro coetanei, con me è peggio! Sono presa di mira dal bullismo da sempre e ora sono stufa… Non voglio più ricevere scherzi telefonici da quelli del football, non voglio più essere presa di mira da quelle arpie delle cheerleader solo perché loro hanno una stupida divisa mini e io no… Non ne posso più, ma non so nemmeno come uscirne.
Se qualcuno non mi aiuta ho paura di finire come la maggior parte delle ragazze americane prese di mira dal bullismo. Chiunque stia leggendo, Help me”
---
Alcuni episodi sono tratti da fatti veri...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blog of an InvisibleGirl'
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***

Il sole sorge e la sua luce inizia ad entrare dalla finestra della mia camera. Quando arrivano le sette la mia sveglia suona. Non ho nemmeno il coraggio di far uscire un braccio da sotto le coperte per spegnerla. Mentre continua a suonare incessantemente, io mi tengo riparata dal sole mattutino sotto al mio piumone, come un vampiro con la sua fotofobia.
Siccome mi sono addormentata piangendo, come al solito, sono sicura che avrò un aspetto orribile, con gli occhi gonfi e arrossati. Non mi sorprende che tutti mi evitano, io lo farei se vedessi una ragazza che sembra avere la depressione cronica. Tra l’assordante squillo della sveglia riuscii a distinguere i passi frenetici sulle scale prima che la mia porta si aprisse. Non mi mossi comunque.
-Santo cielo!- urlò mia madre spegnendo la sveglia. -Alzati che è tardi, devi andare a scuola. Possibile tu non abbia sentito la sveglia?-
Mi rigirai nel letto senza scoprirmi e mugugnando.
-Tesoro? Stai bene?-
Annuii restando sotto al piumone, non doveva vedermi così o mi avrebbe obbligato a dirle cosa era successo la notte scorsa. Per fortuna mio padre mi salvò chiamando mia madre dalla cucina.
-Arrivo amore!- rispose lei. -Tesoro, vestiti e vieni a fare colazione che fra poco passa lo scuolabus-
Sentii che mia madre scendeva e dopo aver contato lentamente fino a tre venni fuori da sotto il piumone. La luce mi accecò per qualche minuto. A tentoni mi misi in piedi e cercai le pantofole. Dopo qualche tentativo riuscii anche a reggermi in piedi senza sbattere contro il comodino e mi diressi in bagno con gli occhi aperti a fessura.
Mi lavai il viso con l’acqua gelida e finalmente riuscii a mettere a fuoco la mia immagine riflessa allo specchio. Quella che vedevo non era una ragazza, era solo un’immagine triste di quella che doveva essere una persona nel fiore degli anni. Mi pettinai e tornai in camera per vestirmi. Una normale persona della mia età e del mio sesso, avrebbe impiegato minuti per scegliere come vestirsi.
Io ero arrivata alla conclusione che non avrebbe fatto alcuna differenza se mi fossi messa un vestito firmato o quel maglione preso al discount per mezzo dollaro: “loro” mi avrebbero comunque preso in giro e mi avrebbero rovesciato qualcosa di appiccicoso addosso. Identificare un “loro”, oramai, era diventato più difficile che fare un compito a sorpresa di chimica. Ora come ora era coinvolta tutta la scuola.
Mi avvicinai alla scrivania dove il mio computer era ancora accesso sulla pagina del mio nuovo blog. Nessun commento, nessun mi piace. Ero ancora una blogger alle prime armi, una di quelle che nessuno si prende la briga di considerare. Come nella vita reale. Non mi scoraggiai, forse era un bene in fin dei conti. Mi sedetti e appoggiai le dita sulla tastiera.
-Invisible Girl- “Buongiorno a tutti, o almeno spero che per voi lo sia. Ieri sera non è stata quel tipo di sera che una persona etichetta come -buona- o -stimolante-. Di sicuro non potrò dimenticarmela mai, per mia sfortuna. Anche se ci provassi, a scordarla intendo, non potrei farlo perché di sicuro qualcuno ha fatto un video o ha registrato tutto e in men che non si dica, forse giù ora, è stata pubblicata sul web.
Ogni volta mi ripeto che dovrei esserci abituata, eppure ogni volta è un colpo diretto al mio cuore. Ridono di me, vorrei che per una volta io potessi ridere con loro, sarebbe una conquista. Ma forse non ne vale la pena. Oggi è un altro giorno… Vorrei poter sperare che sia un giorno fortunato, ma ho perso anche la speranza.
Sarà un giorno pieno di sorprese, non so cosa mi faranno oggi, forse riuscirò ad entrare in classe senza aver pianto, sarebbe una conquista. Forse riuscirò a non saltare nessuna ora perché i miei vestiti sono fradici, o forse no. La mia vita è piena di incertezze, lascio il blog acceso in caso ci siano novità. A chiunque stia leggendo auguro una mattina migliore della mia!”

Presi il mio cellulare da terra e lo accesi. C’era un messaggio con numero privato e senza aprirlo lo cancellai direttamente, nessuno mi scrive mai. Mi connessi alla pagina del blog e mi infilai il telefono nella tasca dei pantaloni, presi la cartella e scesi giù. Non avevo voglia di parlare con i mie, così presi un toast e con un “ciao” mugugnato uscii fuori dalla porta di casa prima che potessero fermarmi.
Era consapevole che i miei si erano guardati un po’ spaesati e che quella sera mi sarebbe aspettato un interrogatorio, il problema è che so che sono brava a nascondere il mio dolore solo per una volta al giorno. Voglio tenere questa opportunità per sta sera, mi servirà. Camminai fino alla fine del mio quartiere e arrivai alla fermata dell’autobus.
Sull'unica panchina c’erano seduti una banda di ragazzi con lo skate che vengono alla mia stessa scuola. Mi tenni a debita distanza da loro e mi appoggiai al palo, quasi come se credessi che questo gesto potesse nascondermi alla loro vista. Sono un po’ patetica, lo ammetto, ma è questo che sono spinta a fare dopo essere braccata come una preda di caccia.
Per fortuna lo scuolabus arrivò in orario. Lasciai che la combriccola salisse per prima, poi a testa bassa, salii anche io. Come finii di salire la piccola scalinata interna al mezzo, le risate e le urla di tutti finirono. Anche se continuavo a guardare a terra sapevo che la maggior parte dei passeggeri guardava me.
Avevano forse già condiviso la chiamata di ieri? O erano tutti stati testimoni in prima persona? Avanzai in mezzo alle prime file prima di trovare due sedili vuoti e mi ci sedetti. Sentii dei sussurri, malgrado la prima fase di mutismo, quel continuo sussurrare non era normale. Con buone speranze forse avevano scoperto il mio blog, o forse stavo cadendo in una qualche sorta di trappola.
Le chiacchiere ripresero poco dopo. Il brutto di essere sempre il centro del mirino è che anche negli istanti di tranquillità ti sembra di essere sempre la vittima. Ti giri e vedi persone che parlano e tu sei convinta che stiano parlando di te, che ti stiano prendendo in giro e tu non puoi farci niente, se non stare a guardare e basta.
Quando, finalmente, lo scuolabus fermò davanti a scuola aspettai che tutti scendessero per evitare sgambetti e spinte. Come al solito Bob, il conducente, mi sorrise e mi augurò una buona giornata. Ricambiai con un timido sorriso, anche se non si abbinava ai miei occhi gonfi. Lentamente percorsi il cortile in direzione dell’entrata della scuola.
Il piano era entrare e nascondersi in bagno fino al suono della campanella e andare in classe dove sarei stata al sicuro. In quel momento sentii il telefonino vibrare. Non potei resistere e lo tirai fuori e lo guardai. C’era un messaggio dal blog. Ancora prima di poter solo pensare di leggerlo il solito gruppo di sportivi mi venne in contro.
-Ciao sfigatella- quella era la voce che avevo sentito la scorsa notte al cellulare, quella era la voce del ragazzo più gettonato e più stronzo della mia scuola. -Vedo che ti sei degnata di onorarci con la tua presenza-
Non gli risposi e non alzai nemmeno lo sguardo. Mi ero solo fermata davanti a lui stringendo le dita per evitare di scoppiare in lacrime davanti a lui. Non gli avrei dato tutta questa soddisfazione. Si avvicinò di più a me e iniziò a giocare con una ciocca dei miei capelli.
-Ti ho mai detto che hai dei bei capelli per essere una sfigatella? È un vero peccato che abbiamo deciso di fare una piccola variazione alle tue giornate- sorrise trionfante alzando una mano come per avvertire i suoi amici di stare pronti. -Sai cosa facciamo ai novellini nerd in questa scuola?-
Annuii leggermente. Sapevo cosa lui e gli altri osavano fare a quei poveri ragazzini impauriti nel loro primo anno alla Jefferson High School.
-Allora avrai capito cosa ti aspetta ora- la mano del quarterback si abbassò e quattro ragazzi con la felpa della squadra di football si avvicinò a me con in mano degli enormi bicchieroni pieni di chissà quale bevanda.
-Ehy, amore- stridette una voce.
Alzai il volto appena, solo per vedere le tre figure candide che si avvicinavano con la coda dell’occhio. In verità di candido non hanno proprio niente se non le divise da cheerleader. Comunque eccole lì, tanto fiere e sicure, pronte a demolirti ogni convinzione con poche parole.
-Jennifer? Sei arrivata in tempo per vedere la doccia della sfigatella-
-Proprio adesso, tesorino?-
La vanitosa cheerleader si avvicinò al capo della squadra di football per affondare i suoi artigli laccati tra i capelli di questo e per scoccargli un bacio sulle labbra. La guardai meglio e mi scoprii a pensare quanto sarebbe stato bello romperle quel bel nasino rifatto.
-Come sarebbe “proprio adesso”?- le chiese lui. -Direi che è il momento perfetto, ne avevamo già parlato piccola-
-Si, lo so- gli fece la “boccuccia a cuore”. -Ma io aspetterei l’ora di pranzo, così facciamo anche un’opera pia e la facciamo dimagrire. Un pasto in meno ti può fare solo meglio, balenottera-
Con aria da innocente miss barbie mi guardò e mi fece un occhiolino. Quella era la mia vera rivale, se non fosse stato per lei avrei meno problemi.
-Ok, va bene tesorino- si lasciò convincere il ragazzo. -Ci vediamo a pranzo, sfigatella. E portati un cambio se lo hai- rise allontanandosi con la squadra di football.
Jennifer e le sue due copie si avventarono su di me.
-Spero che tu sia contenta di essere venuta anche oggi nella mia scuola. Ti avevo promesso tutto questo, non hai voluto ascoltarmi. Se vuoi che finisca hai una semplice via di fuga- detto questo, sorridendo, fece il solito gesto per schermirmi. Fece finta di bere qualcosa e sghignazzando se ne andò con le sue due amichette. Ovviamente era ovvio che non avrei dovuto bere un bicchiere di latte, ma un’altra cosa bianca.
Misi via il cellulare ringraziandolo per avermi fatto fermare e incontrare quei… Non so nemmeno come definirli. Sospirando e con un senso di vuoto in petto, entrai a scuola.
-Invisible Girl- “Sarà una dura giornata.”
  
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