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Autore: antirockstar    06/07/2014    0 recensioni
"Per qualche strana legge non scientificamente provata, le anime folli si seguono e si spintonano in una danza ipnotica, si travolgono in un amore disperato e poi si rompono a vicenda. E il destino non può far nulla per impedire a queste di raggiungersi."
Harry/Louis ; Zayn/Louis ; 4.5k (Yoko)
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Blu Oltre Mare

 

 

all’Amore tossico,
a Patricia e a Te

 

“Mi sono sempre uccisa da sola”
(Alda Merini)



È inverno quando Louis incontra l’amore e si lascia alle spalle, come se fosse un dettaglio irrilevante, la sua vita. Il punto è che non lo è, non è qualcosa che si può abbandonare, nemmeno per un secondo e lui l’ha fatto, magari anche involontariamente, ma un attimo prima la sua vita da 23 enne londinese andava avanti a singhiozzi e l’attimo dopo era sparita, come volatilizzata nel nulla. Tutto in un battito di ciglia. Quell’attimo infimo in cui Louis perde la testa, sta tornando a casa da un’altra giornata di lavoro passata dietro al bancone a sorridere ai clienti e a scottarsi le mani con il caffè. Sono le 8 meno un quarto e l’aria tagliente lo costringe a nascondere la bocca sotto il bavero del cappotto. Le labbra screpolate sfiorano il tessuto di lana e le sua gambe cercano di fare velocemente perché rischia di congelarsi da un momento all’altro. Mentre corre per strada non nota davanti a sé un ragazzo che lo sta aspettando. Quando alza lo sguardo, trova lo sconosciuto che lo fissa e gli sorride. Rallenta il passo e cerca di riordinare i suoi pensieri che sono scoppiati in un caos totale : magari vuole derubarlo e in quel caso è meglio correre, oppure è un semplice turista bisognoso di un’informazione. Oppure non sa cosa credere perché nessuno gli ha mai sorriso in quel modo : ha davanti un bambino intrappolato in due fossette profonde ed eterne e, allo stesso tempo, un ragazzo con un corpo slanciato e maturo, coperto da un giubbotto di jeans e da dei pantaloni strettissimi. Ha dei capelli ricci che ricadono scomposti sulla fronte. I piedi di Louis si muovono verso quel corpo, accorgendosi solo dopo dell’imbarazzante distanza che li divide. Lo sconosciuto ride ed è una risata sporca di tabacco e di notti passate a parlare sotto il cielo.
“Hai così freddo?”. Una voce che non tradisce la sua risata, una voce impastata da risveglio mattutino. Chiede, notando come Louis sembra voler sprofondare nel suo cappotto.
“Scusa?”
“Ho chiesto se hai così freddo” sillaba ogni parola con un’attenzione esagerata e con uno cipiglio quasi preoccupato, ma il luccichio furbo nei suoi occhi urla chiaramente che si sta prendendo beffe del suo corpo minuscolo che si rimpicciolisce ad ogni folata di vento.
Louis sposta una ciocca di capelli dai suoi occhi con fare impaziente e guarda altrove, per esempio, pensa alla sua casa che dista 20 metri, insieme al riscaldamento, al te caldo e ad un piumone. Eppure è ancora per strada, ingarbugliato in una conversazione senza capo e senza coda.
“Si da il caso, chiunque tu sia, che fa freddo quindi ho freddo”
Lo sconosciuto ride della sua voce dolce che è ghiaccio, freddo come i suoi occhi sotto quel cielo capriccioso. È bello, bellissimo, ciò che attende da sempre : una bellezza senza eguali.
“Sono Harry” allunga una mano che Louis non stringe. La guarda sospettoso e poi lo supera “Io mi chiamo Louis, la pronuncia è quella francese”. Se ne va, lasciandolo con quell’informazione apparentemente senza senso che illumina il sorriso di Harry. L’avrebbe aspettato anche il giorno dopo e il giorno dopo ancora, si promette.


Al loro primo appuntamento Louis ha pulito ogni angolo della casa, lavato tutti i piatti e i bicchieri e cambiato la disposizione dei mobili in salotto. Dopo di che si è detto un paio di volte di respirare profondamente e di mantenere la calma, mentre le unghie gli si conficcavano con forza nei palmi delle mani. Poi Harry è arrivato e ha tirato un sospiro di sollievo quando l’ha visto aprirsi in un sorriso in cui si stava perdendo, ma che purtroppo è caduto subito, come i tasselli del domino. Come loro.
L’ha fatto sedere, gli ha preso la giacca e gliel’ha appoggiata sul divano. Ha chiesto se voleva qualcosa da bere ed Harry, non togliendogli gli occhi di dosso, fermandosi sulle sue gambe toniche, ha detto che un caffè sarebbe stato perfetto. Così due ore dopo sono li, seduti uno di fronte all’altro ad un tavolo di legno di noce dell’Ikea : Louis parla della sua vita, gli confessa che viene dallo Yorkshire, marcando ancora di più il suo accento del nord. Harry lo guarda portandosi la tazzina alla bocca, si nasconde dietro quel pezzo di ceramica, si lecca le labbra un paio di volte. Sono secche, così come la sua gola ma non trova un motivo valido per interrompere quella voce melodica ; lascia allora che le parole escano da quelle labbra piene nel mezzo, color pesca. Vorrebbe mordergliele. Non si sente nemmeno un po’ in colpa se non lo sta ascoltando ma quei due fili sottili di carne attirano la sua attenzione e gli occhi le percorrono sognanti. Harry trova che Louis sia adorabile : sorride e delle rughe increspano i suoi occhi, il suo viso sembra accartocciarsi su se stesso ma in un modo dolce che lo spiazza davvero. È adorabile, lo pensa sul serio, ma è più forte di lui mettere fine a tutto quello con un bacio veloce : è sulla porta che si china sul suo volto che si imporpora quando nota la loro vicinanza, Harry non si ferma, gli respira sulle labbra prima di farle combaciare. Non si volta, si ricorda della giacca, la riprende sotto braccio ed esce da lì, notando con la coda dell’occhio Louis, che è rimasto sulla porta e lo saluta con una mano alzata, un mezzo sorriso. L’attenzione viene catturata dalla linea pallida fra la maglia e i pantaloni ma lascia che quest’immagine sfumi in altri mille pensieri. Se ne va.


Nel petto di Louis dei putti suonano musica celestiale, in quello di Harry divampa la peggior guerra della storia. In tutto questo, il suo cuore rimane gelido.


Per qualche strana legge non scientificamente provata, le anime folli si seguono e si spintonano in una danza ipnotica, si travolgono in un amore disperato e poi si rompono a vicenda. E il destino non può far nulla per impedire a queste di raggiungersi.


Funzionano per un po’, poi succede che si rompono, come gli elettrodomestici ed è probabilmente uno dei paragoni più tristi mai sentiti. Le cose vanno avanti fra appuntamenti, fra baci rubati all’ultimo secondo e messaggi, tantissimi messaggi in cui Harry parla poco e Louis sembra voler evidenziare quanto la sua vita fosse monotona prima che lui entrasse a farne parte. Il riccio sorride imbarazzato, fissa lo schermo o lo specchio del bagno di casa sua e si chiede perché, vorrebbe amare Louis, vorrebbe riuscirci davvero ma non ce la fa. Si sforza per un po’, ma sembra che l’unica cosa che gli riesca bene sia farsi odiare, con gli altri è sempre stato così. Quindi lo fa, o almeno ci prova.
Il problema è che Harry non si rende conto di quando perde il controllo della situazione e quella sera non fa eccezione. Louis ha preparato la cena ma lui non mangia.
“Scusami, non ho fame” e non gli dice nulla, annuisce e divide in bocconi il pollo, è un lavoro che richiede molta pazienza e ad Harry quello spettacolo urta terribilmente. C’è questa voce che non smette di martellargli che Louis è così bello, così bello e non può fare a meno di pensare che farsi odiare sia la cosa migliore per entrambi. Dopo cinque bicchieri di vino a stomaco vuoto, si sistema meglio sulla sedia, lasciando perdere la posizione rigida di prima perché non deve apparire amabile. Si scosta dal tavolo ed è un attimo in cui Louis cammina a gattoni verso di lui dopo il suo “Inginocchiati” suonato più come un ringhio. Inizialmente pensava l’avrebbe mandato a quel paese ma poi l’ha visto deglutire l’ultimo boccone soppesando una risposta, è stato un attimo ed Harry si è già calato i pantaloni, insieme ai boxer. Louis non lo guarda, fissa le scarpe laccate nere.
Mette le mani dietro la nuca di Louis, lo solletica quella pressione, a tal punto che sembra stia per abbozzare un sorriso ma no, non sono quelli i piani, quindi lo spinge più vicino al suo membro. Rivolge lo sguardo al soffitto perché ha appena sentito le labbra di Louis distendersi sulla sua cappella e le mani piccole accarezzarlo in tutta la sua lunghezza, lo bacia, sente la sua bocca schiudersi piano e la sua lingua disegnare piccole forme concentriche. È un colpo secco ed è tutto dentro alla sua cavità rosea, è a fondo nella sua gola. Avanti, indietro, non lo vede più il suo membro perché Louis sembra così concentrato e può sentire le ciglia solleticargli i testicoli quando lo scopa talmente forte in bocca che ha pure dimenticato come funzionano i suoi polmoni. Le mani non hanno abbandonato la sua nuca, raggiungono i capelli e cominciano a tirargli delle ciocche per incalzarlo a fare veloce, sempre più veloce. Finché Harry non fa cadere i suoi occhi in quelli glaciali di Louis, il cazzo sepolto in quelle pareti calde e lo riempie di sperma. Non osano interrompere quel contatto. Harry è inebriato, leggermente ubriaco e trema quando si alza, anche le gambe di Louis sono molli. Cerca un orologio ma non lo trova, però sa che è tardi, che non ha più niente da fare lì. Trova Louis poco distante da lui, lo sta osservando con le labbra arrossate e le guance a fuoco, i capelli scompigliati e le mani che si torturano a vicenda. Non gli importa in fondo, lo bacia veloce. Sente il sapore dello sperma ma non quello dell’odio, come aveva sperato. Ha fatto i suoi calcoli male. Louis ha lo sguardo profondo e da amante. Ha sbagliato di nuovo.
“Devo proprio andare ora” e si abbassa sulla patta dei pantaloni di Louis, notando l’erezione soffocata dal tessuto, ci preme le labbra così forte che può sentire un brivido scuotere quel corpo sottile. Ci lascia la forma della sua bocca, un bacio lascivo sui pantaloni blu.
Esce, la porta sa dov’è, si catapulta fra la gente e solo dopo che il freddo lo schiaffeggia si rende conto di aver lasciato il suo cappotto là. Ma nessuno si precipita in strada ad urlare il suo nome, nessuno che sia Louis Tomlinson.

 

"Singin’ please, please, please
Come back and sing to me
To me, me"
(In My Place - Coldplay)

 

Il presente non è un luogo felice per Louis. E’ triste, molto cupo. Si alza, mangia due fette biscottate e beve il caffè, si veste e va a lavorare. La sua routine è interrotta solo quando dopo il lavoro Harry suona alla porta di casa sua e indossa quel profumo di sandalo che ama terribilmente. Gli sorride e lo abbraccia. Per delle notti gli dedica attenzioni quasi maniacali, lo bacia ovunque, gli accarezza il viso per ricordarne i contorni e gli spigoli, canta per lui canzoni di band indie. Ma è quando Harry se ne va che diventa la sua nemesi, la persona il cui petto dovrebbe squarciare ma che continua ad amare.


Non ne parla con nessuno. Cosa potrebbe mai dire ad alta voce? Che si è innamorato di una persona che lo usa come un contenitore da riempire di sperma e di parole dolcemente false? Cosa potrebbe dire senza rischiare di lacerarsi il cuore? Quindi tace, lascia che la verità viva sul fondo di una vita che non è più degna di essere chiamata tale. Se usasse la bilancia saprebbe che segna cinque chili in meno rispetto ad una settimana prima, se si guardasse di più allo specchio capirebbe che si sa trascurando e che non può aspettare Harry accanto alla porta tutte le sere. Ma non lo fa, perché Louis vive in funzione di Harry e se è lontano, lui cessa di esistere.


Poi lui torna. E tutto ricomincia da capo. Gli sussurra sul collo che lo vuole. Mai che gli è mancato, ad Harry non manca mai Louis perché non lo ama. Lo guarda, il verde iniettato di desiderio e allo stesso tempo le unghie mangiucchiate gli percorrono la schiena. Louis non oppone resistenza, come una bambola irrigidisce gli arti ma poi si lascia andare, perché lui ama Harry, lo ama così tanto che quando il riccio viene dentro di lui, non può far altro che piangere silenziosamente per pochi secondi e chiedersi perché. Però sono secondi piccolissimi, subito torna a sorridere e a cedere alle dita nodose che gli artigliano i polsi.


Dopo l’orgasmo, Harry lo osserva, ha il labbro inferiore stretto fra i denti. Guarda Louis, lo fa sentire miserabile perché quegli occhi dicono tutto ciò che la sua bocca gli sta impedendo di urlare, mordendosi. Dicono : tu non sei l’unico, non lo sarai mai.
È quando esce del sangue dal labbro torturato che Louis sussulta e gli si fa più vicino, cercando di trattenergli il viso fra le mani per guardare meglio quel piccolo danno. Ma Harry lo spinge via, lo fa delicatamente eppure lo sente, il coltello dalla lama affilata penetrare fra le costole. Le labbra ormai sono socchiuse e le parole si rovesciano l’una sopra l’altra.
“Non serve, Louis, dormi”. Cadono come sassi innocenti, giù da una scarpata e infrangono il mare con dei tonfi silenziosi, ad ogni tonfo però il mare si spezza piano piano : più fili che si strappano in contemporanea e tutto si rovina, il mare cessa di essere una distesa e diventa sempre più un semplice lenzuolo. Louis chiude gli occhi, si volta dall’altra parte e cerca di ricordare come si rimane in equilibrio su una fune ma non lo sa, non l’ha mai saputo. Così cade.
 

La mattina dopo si sveglia, si da dello stupido per essersi addormentato e per aver lasciato andare via Harry, pensa sia come le altre volte ma questa, invece, sarà per sempre. Harry non tornerà. Si è lasciato alle spalle dei cocci, dei lembi di pelle e il suo cuore che pompa ancora sangue. La vista gli si annebbia, crolla sul pavimento e non vede più nulla.

 

Continua una vita senza Harry, respira ancora ma a volte sente qualcosa bloccarlo. Non riesce ad essere arrabbiato con l’unica persona che l’ha rovinato, non riesce a sentirsi in colpa per essersi fatto travolgere ed usare perché l’amore che ha provato, per quanto tossico e doloroso, l’ha anche nutrito.
Sa, in cuor suo, che non riuscirà mai più a provare qualcosa di così forte, che ti annulla e ti fa rinascere. La consapevolezza che delle gambe chilometriche non avvolgeranno più le sue curve lo demolisce ma cerca di sopravvivere ai vuoti. Aspetta solo che se lo mangino in un sol boccone. Aspetta accanto alla porta perché non ha ancora perso il suo vecchio vizio.

 

My black fire’s burning bright,
Maybe I’ll go out tonight.
We can paint the town,
In blue.
(Serial Killer - Lana Del Rey)

 

Conosce Zayn, un fotografo di 21 anni che ha gli occhi più scuri che abbia mai visto. Non riesce a distogliere lo sguardo da quei due pozzi neri, gli serve il caffè ammaliato. Si riscuote, con le mani ancora protese in avanti, mentre il ragazzo accenna un sorriso, Louis si scusa, inciampando quasi nei suoi stessi passi per andare alla cassa. È arrossito, ne è sicuro, si sente andare il viso il fiamme e gli occhi pungere. Fragile : se fosse un pacco, su un lato spiccherebbe quella parola nel nero più indelebile che esiste. Ma Louis non è un pacco o uno scatolone, è una persona in carne ed ossa, forse stanca e mal ridotta ma rimane pur sempre tale. Ricaccia indietro le lacrime e nota con sua sorpresa che il ragazzo a cui ha fatto l’ultimo caffè è ancora lì, con una mano posata sul ripiano, chiusa attorno agli spiccioli. Lo sta aspettando.
Ed è quella la prima consapevolezza a colpire Louis in faccia, sulla guancia, perché il destino sa solo prendere a schiaffi. Si tocca il viso come se sentisse davvero il dolore, lo sguardo livido si posa sul ragazzo che gli paga il caffè senza voler sentire il prezzo.
“Ciao” lo saluta come se fossero vecchi amici ma Louis si limita ad un buongiorno sussurrato piano e a mettere in cassa i soldi, contandoli velocemente e restituendo il resto. Il ragazzo tuttavia chiude una mano attorno a quella di Louis.
“Non lo voglio, non mi interessa” e Louis pare esitare, il tocco è così caldo nonostante la stagione fredda non sia ancora finita “Davvero, puoi metterlo via”. Ride come se lo trovasse divertente.
“Io sono Zayn Malik, stasera faccio una mostra qui vicino, ti andrebbe di venire?” sorride ancora, molto probabilmente non smette mai di farlo. Louis pensa al fatto che Harry potrebbe tornare, ha sempre fatto così, quindi non vorrebbe uscire di casa e correre un rischio del genere ma, la sua bocca è più veloce della sua mente.
“Sì, volentieri” se ne pente subito dopo, forse. Zayn estrae dal cappotto un foglietto stracciato e glielo porge. Louis se lo rigira fra le mani e sente a malapena l’altro ragazzo salutarlo e sgusciare fuori dal bar.

 

La sera stessa si fa una doccia fredda per risvegliare il torpore in cui il suo corpo è stato immerso per due mesi. Solitamente non fa attenzione alle sue ossa sporgenti del bacino quando si lava o alle sue clavicole, però è attratto da come le sue mani sembrino sfiorare la pelle, sembrino percepire ogni cosa sotto i polpastrelli. Butta indietro la testa, si appoggia malamente alla parete e si tocca. Gli è mancato così tanto sentirsi, prima era tutto così apatico e non sa cosa gli sia successo, nell’arco di poche ore, ma ha di nuovo voglia di esplorarsi. Le dita scivolano sul suo membro, spegne l’acqua con un colpo maldestro dei fianchi e comincia a masturbarsi con forza, quasi il bisogno di sentirsi sia così violento e necessario. Mentre sta per venire scoppia a piangere ed è così che finisce, come una bambola rotta, a gambe incrociate sul pavimento con lo sguardo fisso sul suo palmo ricoperto di sperma. È così scosso dai singhiozzi che non si riconosce più. Vuole che Harry torni, gli baci la fronte e lo faccia stendere fra le lenzuola, fra le sue gambe. Ma lui non c’è, non ci sarà e tutto ciò che ha, che deve tenersi stretto, è se stesso.

 

Alla mostra non c’è molta gente, riconosce qualche viso, soprattutto quello del ragazzo biondo platino che prende sempre al bar una cioccolata calda con panna. Lo saluta timido e l’altro ricambia, scambiano due parole. Viene dall’Irlanda, dove la birra è buona. Louis ride sentendo alcuni aneddoti di quella figura così vivace che gli ricorda un piccolo folletto. Una terza persona li interrompe. È Zayn, indossa dei pantaloni neri che sembrano una seconda pelle e un maglione dello stesso colore che ricade sulle sue forme morbidamente : è bellissimo. Non ci aveva fatto molto caso quel pomeriggio, ma ora che ha la possibilità di guardarlo meglio, si accorge dei tratti androgini che seducono gli sguardi di chiunque si trovi nella stessa stanza, compreso Niall che ha la bocca leggermente spalancata.
“Allora, vi piace la mostra?” ed entrambi confabulano qualcosa all’unisono, delle frasi sconnesse che nemmeno loro capiscono visto che non si sono guardati intorno, troppo occupati a parlare di quella volta che Niall aveva allagato la scuola di Mullingar.
Zayn non sembra offendersi, ride di gusto. Louis rimane ipnotizzato da quella risata cristallina. Niall va alla ricerca di un cameriere che serva dello champagne e li lascia soli. Le pareti sono bianche, su cui riposano delle foto stampate su tela. La maggior parte sono in bianco e nero, ma una attira l’attenzione di Louis più della altre. Ritrae una donna, bella, con i seni prosperosi mentre allatta la sua bimba e guarda dritto nell’obiettivo, non è la nudità meravigliosa, una vera opera d’arte, a colpirlo, bensì il colore dei suoi occhi. È un verde così inteso, è un verde che Louis non riesce a fissare per più di 10 secondi senza essere catapultato indietro, a quando era felice.
Zayn segue il suo sguardo, lo osserva attento, sceglie con cura le parole che dirà perché ha l’impressione che se sbaglierà con Louis, il ragazzo scapperà. E lui gli piace così tanto, non riesce a pensare ad altro che alla sua voce fine e dolce, ed è un peccato che sia così silenzioso.
“Perrie è la mia migliore amica, sua figlia Elizabeth è nata un paio di settimane fa e lei ha accettato di posare per me. È stata la mia musa, lo è ancora, è uno splendore”. In effetti, la maggior parte delle foto ritraggono in pose diverse la ragazza, un’evoluzione attraverso il tempo : da quando aveva i capelli lilla e sorrideva spensierata fumando a quando è diventata madre e una dolcezza le decora i tratti sciupati del viso.
Louis riesce ad articolare un banale “Sono tutte bellissime” che si guadagna, però, un sorriso gigantesco da parte del fotografo che non perde tempo, e prendendolo per mano, gli fa fare un giro dettagliato di tutta la mostra. Non ha rifiutato quel contatto, anzi, la sua mano si è fatta ancora più piccola nel palmo dell’altro e ha lasciato che la inglobasse.
L’ultima foto che vedono è quella di una finestra aperta sul mare, c’è un ragazzo che è seduto sul cornicione con un cappello di paglia calato sul volto e una sigaretta tra le labbra. Sorride con tutto il viso. A Louis piace terribilmente ed è così preso dalla sua espressione sognante che non si accorge di stare tirando la manica del maglione di Zayn.
Come al solito le sue labbra sono piegate all’insù e si avvicina a lui, quasi poggiando il mento sulla sua spalla. Gli sussurra come fosse un segreto “Quello è Liam, il mio primo vero amore” e Louis sente la crepa del suo cuore creare uno squarcio ancora più grande. Vorrebbe piangere, spingere lontano Zayn ed uscire di lì, trovare Harry e farci l’amore finché le loro pelli non si consumano. Però rimane lì. Cerca la mano dell’altro e la trova aperta, trattiene il pianto e, come il peggiore degli attori ma il migliore degli amanti, fa combaciare le loro labbra alla perfezione. Si poggiano veloci, si allontanano subito ma i loro sguardi ormai sono affamati.
“Louis, vorrei fotografarti” se lo schiaccia addosso mentre preme con forza le sue labbra sui capelli e gli accarezza piano la schiena, si muovono su un ritmo lento come se stessero ballando una musica che sentono solo loro “Nudo, sul mio letto”.

 

Louis si nasconde dietro Zayn quando la mostra finisce e il moro saluta un paio di persone con una stretta di mano e un sorriso felice. Anche Niall si avvicina e li abbraccia di slancio, provocando la risata di entrambi, che lo aiutano a non cadere. Zayn parla con una donna dalla bellezza canonica, le dice di chiudere e di ridare le chiavi al proprietario. Lo aspetta fuori e guarda barcollare Niall su un taxi, lo saluta dal finestrino come un bambino. Sente una mano premergli delicatamente sul fianco e sa a chi appartiene, è quasi rincuorato quando, abbassando lo sguardo, vede le dita di Zayn adornate da qualche anello rovinato. Ma due mani grandi, percorse dalle venature lo scuotono così prepotentemente che non riesce a scacciare via quell’immagine.
“Andiamo” e lo segue, a braccetto mentre l’artista parla della sua vita, di quanto fosse disastrosa prima di trasferirsi nella capitale. Il timbro di voce macchiato da ciò che i suoi occhi hanno visto e da ciò che la sua pelle ha vissuto, incantano Louis che non può far altro che seguire ogni suo parola e farne tesoro come fosse nettare caldo.

 

Entrano poi in un supermercato aperto 24h e si guadagnano l’occhiata annoiata del cassiere che segue ogni loro passo dalla sua postazione. Prendono un carrello per togliersi un capriccio, lo spingono a turni e litigano davanti ai surgelati perché non riescono a decidersi se siano meglio i piselli o le patate. Ovviamente ha la meglio Zayn, che gongolante, per togliere l’adorabile broncio di Louis, lo bacia davanti ai detersivi. Si aggrappa talmente forte al suo collo che teme di lasciare l’impronta delle sue dita ma, non importa perché Zayn vuole baciarlo per tutta la notte. Dovrebbero pagare la loro spesa da finta famigliola felice, eppure decidono di nascondere il carrello in qualche corsia e raggiungono l’uscita, spingendosi a vicenda, e salutando il commesso, ora dall’aria stralunata, con un buongiorno.

 

Sono le 5, l’aria è gelida e l’alba sembra ancora lontana. Camminano mano nella mano, Louis insiste per accompagnare Zayn sotto casa e così fanno incontrare le loro labbra a metà strada. Buongiorno, anche se è ancora buio.

 

Se Louis fosse una nave, Zayn sarebbe la sua ancora. Ed è quando questo pensiero naufraga sulla spiaggia della sua mente che i granelli di sabbia lo accecano e gli fanno perdere l’equilibrio, di nuovo. Perciò fa l’unica cosa che non è stato in grado di fare in tutti quei mesi: va a casa di Harry. È buffo pensare al fatto che Louis ha sempre saputo dove il riccio abitasse e non gli sia mai andato a chiedere spiegazioni.
Ma ha voluto rispettare la sacralità della loro routine : andarsene per poi tornare. Così entra nell’edificio, si rifiuta di prendere l’ascensore e corre per cinque piani di scale, mentre il petto minaccia di esplodere. Quella strada se la ricorderà per tutta la vita.

 

Poi dove vai?
E quando torni?
Quanto manchi?
(31/07 - Mecna)

 

È davanti alla porta di casa sua, è socchiusa ma non osa entrare perché non ne avrebbe il coraggio. C’è una voce che sibila nella sua mente che non ci saranno verbi da coniugare al futuro e pronomi personali alla prima persona plurale. Louis fissa la soglia che lo divide dal mondo che c’è fuori : i taxi che sfrecciano, le persone sui marciapiedi, la donna che urla ad un paio di metri di distanza, rincorre il suo cane e lo chiama, il mondo fuori scorre. Una soglia, una semplice linea invisibile lo divide dal mondo che avrebbe voluto costruire tanto con Harry, invece dopo 9 mesi si è ritrovato fra le mani : lacrime, preservativi buttati e una vita in frantumi. Cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno, cerca di essere forte e se potesse, se ci riuscisse ancora, ridirebbe ma di gusto, farebbe crollare anche quelle pareti. Ma non ce la fa, nessun suono esce dalla sua gola, non parla, mugola. È così triste starsene lì fermi ad aspettare che qualcuno si accorga di te, è così triste rimanere sul tappetino su cui c’è scritto Welcome e non sentire due braccia che ti accolgono. Piange, allora, si permette due lacrime perché lo ha sentito tossire, si sarà svegliato ora. Si starà grattando la natica sinistra come tutte le mattine. Sente uno sbadiglio, una canzone canticchiata per metà ed è proprio quando passa dalla cucina al salotto che si ritrae di un paio di passi per scomparire dagli occhi verdi che sembrano fissare il punto dov’era prima. Va all’indietro, non nel tempo, purtroppo. Si sposta quel poco per sfuggirgli. Lo vede nella sua mente avvicinarsi alla porta, osservare il pomello rovinato e aggrottare le sopracciglia non ricordandosi di averla lasciata aperta. Una distrazione che spesso Louis gli rimproverava.
La porta si chiude lenta, ogni spiraglio di quella che vita che non toccherà più si offusca finché non si eclissa del tutto e Louis è di nuovo solo, senza sogni e senza stelle. E la voce che prima lo pugnalava, ora lo squarcia. E’ solo lì che lo sente, quell’urlo sordo, quello spiffero rumoroso. È una mancanza che sta scavando sempre di più dentro di lui, lo divora famelico ed è l’unica amica che gli è rimasta, così ci va a braccetto, stringendole le mani, pregando di fare in fretta.

 

 

 

N.d.Y :

Scrivo le note solo per ringraziare la mia Beta, Mella (o Maya) che è un sole personale. Ora è a Torino a vedere gli 1D ma le ho promesso che avrei pubblicato stasera quindi eccomi qui. Senza di lei non avrei scritto questa os e forse sarebbe stato anche meglio per la mia sanità mentale. Ma grazie, honeyboo!
Poi vorrei spendere due parole sul titolo, visto che sono stata disperata per delle ore a cercarne uno decente e mentre mi stavo lavando i denti, prima di uscire, ho pensato al film La Vita di Adele, o anche conosciuto come Blue is The Warmest Colour e al colore blu che è il mio colore preferito, non che simbolo della tristezza, in un certo senso (e nel senso che piace a me) e da qui è nato il titolo.
Una riga (o forse di più) la vorrei spendere per una persona che spero abbia apprezzato questa storia, perché sei anche nelle dediche, tu e sì, una parte di me sa che i tuoi occhi stanno scorrendo queste righe e credimi, in vino veritas e questa (non) è una dichiarazione d’amore.
Per le persone che hanno letto e amato/odiato questa os vorrei dire grazie e nient’altro. Dio, quanto sono logorroica! Penso di aver finito e ah, è stato doloroso scrivere dei Larry in questo modo ma dovevo rimanere fedele all’angst, spero di esserci riuscita e di non avervi annoiate!
Bacini e tante cose belle!

Se volete contattarmi, cosa che dubito fortemente, fatelo qui o qui.

   
 
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