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Autore: Daphne09    06/07/2014    2 recensioni
Katia Colombo, una diciannovenne alle prese con la Maturità, non sa che cosa fare del proprio futuro e, cercando di studiare con i suoi amici per quel grande incubo che possono definirsi gli Esami di Stato, vivrà tante piccole avventure che forse -prima o poi- l'aiuteranno ad auto-appellarsi matura.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo aver fatto una passeggiata con la Rebi, una ragazza della mia età che vive vicino a me, torno a casa e mangio quattro maccheroni alla rinfusa, per poi buttarmi sul letto a leggere. Ho intenzione di iniziare un nuovo romanzo, ma proprio non riesco a concentrarmi sulle parole. Ogni carattere che passa sotto il mio sguardo sfuma immediatamente come vapore al sole.

A questo punto, nel vano tentativo di uccidere la noia, mi butto sul divano a guardare qualche programma privo di senso in TV, non riuscirei a focalizzarmi su cose serie.

Niente da fare, a mia mamma è venuta la brillante idea di fare le pulizie di primavera al principio di luglio mettendo Renato Zero a palla.. Che allegria ragazzi!

Per evitare di ciucciarmi l'inquietante scena di lei che canta con lo spolverino in mano, fuggo a far la doccia. Sento un terribile senso di appiccicaticcio sulla pelle, non so se è solo una percezione psicologica o se è veramente colpa dell'umidità.

 

L'acqua corre tiepida sulla mia pelle rimuovendo ogni traccia di sporcizia.. Peccato che non possa ripulire anche i miei pensieri.

Devo ammettere che ora che non devo più studiare, gran parte del mio tempo è praticamente inutilizzato. Non ho la più pallida idea se continuerà così ancora per molto o riuscirò finalmente a trovare un lavoro.. Chi lo sa?

Tutto questo mistero mi mette ansia, sento un grosso vuoto dentro, come se in tutti questi anni di scuola non avessi assimilato niente; mi sento un corpo senz'anima.

Percepisco il mio sguardo vacuo colmarsi di lacrime che tentennano a scendere ma che, dopo aver chiuso le palpebre, non esitano a colare sul mio viso, confondendosi con l'acqua corrente della doccia.

Ormai sono un'adulta, non devo più comportarmi così.
Eppure, in tutta la mia vita non ho mai visto i miei genitori piangere, nemmeno mia madre. Mi fa molto strano, non credo che abbiano il cuore di ferro o qualcosa del genere. Mi sorprende che nemmeno al funerale del nonno qualche anno fa nessuno -tranne mio fratello, ancora piccolo- si sia fatto sorprendere in lacrime. Io stessa ho pianto mesi e mesi di nascosto, probabilmente lo hanno fatto anche tutti i suoi familiari adulti.

È così strano che le persone si vergognino di manifestare anche i loro sentimenti più primitivi, come la tristezza. Perché tutti -me compresa- una volta cresciuti, ci vergogniamo di versare lacrime davanti agli altri? Perché ciò è da sempre inteso come un segno di debolezza? Alla fine la malinconia è un insieme di sentimenti inevitabili da provare nella vita, dato che per apprezzare la luce bisogna conoscere l'oscurità.

Tutti ormai ci siamo omologati a questo modello conformista di pensiero e ci ostiniamo a non esprimere i nostri sentimenti in pubblico, ma solo a pochi intimi, per dar a vedere a tutti gli altri la nostra maschera da duri impassibili, inscalfibili ed invincibili ma.. In realtà lo siamo? E, meraviglia delle meraviglie, è proprio la risposta quella a far più male: tutti siamo vulnerabili finché saremo dotati di sentimenti, eppure ci ostiniamo a rimanere immobili, quasi insensibili, davanti a scene suggestive per dar forza a chi ci sta accanto. Ma che esempio da dare è quello di non provare emozioni e sentimenti? Quale idiota vorrebbe privare tale privilegio ad un'altra persona?! E da quando si vuole insegnare a non apprezzare il valore del dolore? La nostra sofferenza può essere uno dei maggiori omaggi per le persone che amiamo ma che ora ci hanno abbandonato, far finta di niente solo per mostrar la propria faccia tosta davanti agli altri è una cosa incoerente quanto ingiusta.

Nonostante ciò, continuo a piangere da sola, senza motivo, sfuggendo ad occhi indiscreti di persone che mi farebbero sicuramente domande a cui non saprei rispondere.. ancora accompagnata dalle note di Renato Zero, lasciandomi scivolare addosso tutta la giornata, nell'attesa di domani.

 

*****

 

Oggi è il giorno, quel giorno: Domenica, 6 luglio 2014.

Dopo essermi girata e rigirata nel letto per tutta la notte, vivendo un debole dormiveglia, il Sole ha iniziato a far capolino dietro i palazzi della periferia di Milano. A dire il vero mancano ancora due ore all'esposizione dei risultati, non so come farò a sopravvivere senza farmi venire una sincope.

Io e la Marti ci siamo messe d'accordo per fare colazione insieme, ha detto di dovermi raccontare tantissime cose nuove. Spero si tratti di qualche news allegra, dato che la mia vita non pullula di fatti positivi.

Non riesco ancora a crederci che oggi finirà tutto, ci sarà l'esito del mio Destino: potrò frequentare l'università che tanto mi piace? Potrò seguire la mia passione? Al momento mi tocca andare con i piedi di piombo su questa cosa.

 

*****

 

«..E poi mi ha chiesto di stare insieme! Ka, ma ti rendi conto?» Mi racconta la Marti gustandosi il suo cornetto alla marmellata. Almeno a lei le cose vanno bene.

«Forte..» Sospiro io, non riuscendo a dimostrare il mio più sincero entusiasmo.

«Che è successo? -Mi domanda lei, avendo colto il mio segnale- È da quando ti sei lasciata con l'Andrea che non ti vedevo così..»

«Bah, niente. Solite cose: il Carlo e l'università. -Sospiro- La sai l'ultima?»

«Sì?»

«Mia mamma mi farà scegliere la facoltà che più mi piace solo se uscirò con almeno ottanta.» Sbuffo io.

«Eh beh?» Domanda lei sbigottita, non capendo dove sia il problema.

«Il punto è che non ci arrivo a ottanta!» Sbotto io, dirlo ad alta voce fa più male di tutte le volte in cui l'ho ripetuto nella mente.

«Ma se hai preso trentotto agli scritti! -Mi fa ragionare lei- Io, te e la Merli siamo quelle che hanno preso i voti più alti nelle prime tre prove. Non potranno mica far uscire tutti con sessanta o settanta.. Sai che noia!» Nonostante tutti i suoi tentativi, io non riesco a calmarmi. Quando la posta in gioco è alta, temi anche che solo un'insignificante piuma nel vento possa incidere sull'esito.

«Non vedo l'ora che questo calvario finisca..» È l'unica cosa che riesco a sospirare.

 

*****

 

Dalla folla di persone che si ammassano come formiche sull'atrio, l'Ugo Foscolo sembra più un mattatoio che una scuola.

Noi delle quinte siamo tutti grandi e alti.. Tutti tranne me, costretta dietro ad uno spilungone di un metro e ottanta, a cercare di intravedere il bidello da dietro l'ingresso venire da noi ed aprirci la porta. Non ho mai desiderato così tanto andare a scuola, sono talmente nervosa da sentire una forte morsa allo stomaco.

Nel momento in cui si nota il mitico Giorgio avvicinarsi all'atrio con le chiavi in mano, tutti i ragazzi iniziano a vociferare sonoramente, trasmettendo una grande ansia quanto euforia.

Quando finalmente noto il flusso di gente muoversi in avanti, stringo la mano alla Marti per non perderci in mezzo a quella fitta folla di gente. Sento l'adrenalina percorrermi tutto il corpo, conferendomi una gran voglia di scattare verso i quadri alla ricerca del mio esito.

Guardandoci intorno, catturiamo ogni millimetro di quelle pareti colorate di un noioso marroncino pallido per un'ultima volta, facendolo diventare già un affettuoso ricordo.

Immediatamente vediamo il Cozzi correrci già incontro, ha uno sguardo euforico e sta saltando, causando il malcontento di chi ancora deve vedere i propri voti.

«Sessanta, cazzo! Sessanta! -Grida alzando i pugni al cielo- Campioni del Mondo, cazzo!» Esclama poi abbracciandoci. Non posso non sorridere alla sua felicità, paragonabile a quella di un bambino a Natale.

«Daje Cozzi!» Lo incitiamo io e la Marti, per poi correre verso quella cara e vecchia bacheca di sughero per un'ultima volta.

Tirando gomitate su gomitate nella folla, riemergiamo finalmente proprio con la faccia appiccicata ai quadri del quinto c.

Spostando il dito sull'intero elenco della classe, finalmente mi fermo nel punto in cui l'inchiostro ha stampato il mio nome, scorrendo in maniera ferma e decisa, ai fini di evitare quanto successo la volta scorsa, seguo la linea retta fino al risultato finale.

Oh merda, il mondo intorno a me si sta fermando. Non posso crederci, o forse sì?

«Cazzo! -Urlo all'unisono con la Marti alla vista del risultato- Ottantadue, merda! Ottantadue!»

Non riesco a non saltare alla vista della realizzazione del mio piccolo sogno. Ottantadue di per sé è un grande, grandissimo risultato.. Ma con quello che ne comporterà!

«Ragazze, che mi sono perso?» Interviene il Cozzi con il suo solito fare da galletto.

«Ho preso novantacinque!» Grida con isteria la Marti, saltandogli al collo e baciandolo.

«Com'è andata?» Ci chiede un esterno dalla voce assai familiare.

«Carlo! -Esclama la mia amica sempre più felice- Ho preso novantacinque!»

«Ma che cazzo te ne frega?! -Salta su il Cozzi riferendosi alla sua ragazza- Io ho preso sessanta e sono il più soddisfatto di tutti!»

«..E a te com'è andata?» Mi domanda, sforzandosi di comportarsi normalmente.

«Ho preso ottantadue, e tu?» Rispondo, non lasciando traboccare troppo entusiasmo. In fin dei conti non ho più tutta questa confidenza con lui. È amaramente ironica la facilità con cui da migliori amici siamo passati a sconosciuti.

«Settantaquattro.» Ammicca lui in risposta alzando le spalle, non gli è mai importato veramente del risultato che avrebbe potuto prendere alla Maturità.

Cinque anni fa eravamo tutti quanti dei perfetti sconosciuti, e nessuno si sarebbe mai aspettato che le nostre vite si sarebbero incontrate e che saremmo rimasti uniti fino a questo momento, nessuno sa mai nulla a dire il vero.

Ebbene no, nonostante Sole ed intemperie, non è detto che tutti i gruppi prima o poi si sfascino.

Noi quattro non costituiamo una combriccola perfetta, ma penso che un giorno le cose si sistemeranno e torneranno all'antico splendore.

Cinque anni fa non eravamo altro che quattro ragazzini impazienti di entrare nel mondo dell'adolescenza, ora siamo prototipi di donne e uomini alla scoperta della propria vocazione e del proprio futuro, nonché superstiti a quattro interminabili giornate di esami. Ora non abbiamo altro che l'inimmaginabile d'innanzi a noi e, finalmente, ho imparato ad accettarlo.

Io non ho idea su dove mi troverò domani, fra un anno o fra una vita, ma l'unica cosa di cui sono certa è che questi sono e resteranno per sempre i migliori anni della nostra vita.

Spazio autrice:
Eccoci qua con l'ultimo capitolo di questa storia. Cliccare su "completa" mi ha fatto sentire come una fitta al cuore.
Con questa storia innanzitutto saluto tutti i ragazzi che quest'anno sono stati maturandi e maturi
Ora passo a voi lettori: un ringraziamento speciale va a GiuliaAvril che, con la sua lettura supersonica, ha commentato tutti i miei capitoli, anche quando ho iniziato a pubblicarne uno dopo l'altro. Il programma recensioni te ne sarà grato. Un altro saluto va a Goran che è da un po' che non sento. Quando riaprirà efp scommetto che gli prenderà una sincope nel vedere tre o quattro nuovi aggiornamenti, ti faccio le mie più sentite condoglianze.
Un altro saluto un po' più sintetico va a tutti gli altri numerosi lettori silenziosi.. Sappiate che sono curiosa di conoscere anche la vostra opinione!
Questa è la prima storia originale (a capitoli) che scrivo, e sono contenta che, nonostante tutto, un buon risultato sia stato ottenuto. D'altro canto ho notato che molti si fiondano più sulle fanficition che sulle opere inventate di sana pianta, quindi non posso fare altro che continuare a ringraziare tutti per lo sforzo che avete fatto nel seguire una storia di cui non conoscevate letteralmente i personaggi e che avete dovuto imparare e comprendere.
Purtroppo ho finito le parole.. Non è strano detto da me?
Vi saluto con un forte, fortissimo abbraccio,
Daphne09
PS: Il riferimento alla madre di Katia che ascoltava Renato Zero non è casuale.

 

  
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